Nell'IMMAGINE è proposta una visione della NECROPOLI nell'ipogeo di ROAIX (VAUCLUSE - EPOCA DEL CALCOLITICO - poco più di 4000 anni or sono) ove ben si riconosce uno strato di guerra visto che vi sono ammucchiati scheletri nelle cui ossa si sono rinvenute punte di frecce ancora infisse.
"Capita a volte, durante uno scavo preistorico, che si faccia il ritrovamento seguente: una punta di freccia di selce conficcata in un osso umano.
PREISTORIA - CLASSIFICAZIONE DEI PERIODI
PALEOLITICO INFERIORE
Si tratta del più antico MASSACRO scoperto in Francia: ed anche di una pietra miliare di riflessione sul controverso dibattito della GENESI DELLA VIOLENZA e quindi della GUERRA durante il PERIODO PREISTORICO (un argomento cui si è tentato di dare una risposta moderna riproducendo qui di seguito il saggio di Henri de Saint-Blanquat edito in "NS - Nuova Scienza", n. 7-8, 1989, pp.48-62).
Le RADICI DELL'ODIO si sono variamente evolute attraverso i MILLENNI assumendo forme ed aspetti sempre più variegati e sottili anche se, alla radice di tutto, risiedono sempre psicologicamente i temi dell'incomprensione, della superstizione, del razzismo (in ambito sia antropologico che cultural-religioso) quelli che variamente riconducono al NEMICO, qualunque esso sia, metamorfizzandone l'immagine in campo quasi onirico sino ai limiti dell'ANTRO DELLA BELVA UMANA e dell'angosciante tema delle DIVERSITA' da perseguire, per giungere in tempi relativamente recenti ad ulteriori esasperazioni fondate su quell'aperta avversione per i DIVERSI, intesi come individui di altra etnia o nazione, che si esaspera nei toni della XENOFOBIA, avversione per gli stranieri, di cui rimasero vittima anche gli ITALIANI allorquando, per esempio, furono perseguitati come INVADENTI E SCOMODI EMIGRANTI in alcune ottocentesche e tragiche manifestazioni nazionalistiche in Francia
Non è frequente ma accade.
E' difficile allora evitare di concludere con una diagnosi di morte violenta: seimila o diecimila anni fa si uccise.
Per quanto siano eccezionali -e forse per questo -tali osservazioni macabre e plurimillenarie ci inducono a interrogarci sugli inizi della violenza.
Sappiamo all'incirca che cosa è accaduto in seguito.
A1 tempo delle grandi civiltà, la violenza appare come un elemento del patrimonio, ma prima che cosa accadde? Dove, quando e in che modo è cominciato tutto cio? Possiamo dire che ebbe mai un inizio?
L'interrogativo merita di essere posto poiché rispondervi potrebbe significare l'apporto di un po' di luce sul processo stesso della
civilizzazione .
E' evidente che si tratta degli inizi visibili.
Meglio rimanere su terreno sicuro, cioè prima di tutto alle frecce, ai colpi, alle ferite e passare poi alle testimonianze indirette e infine alle immagini che possono essere anch'esse chiarissime.
Mettendo tutto ciò insieme e camminando in punta di piedi, riusciamo a tracciare una prima storia, certo poco edificante, delle più antiche violenze umane.
Dobbiamo innanzitutto fare pulizia dei miti e dei fantasmi di cui sono incrostate le idee comuni sulla preistoria.
Lo hanno fatto in questi ultimi anni due specialisti, un antropologo e un paletnologo.
L'aspetto interessante della faccenda è che non sono partiti all' attacco degli stessi cliché, non hanno analizzato gli stessi dati e sono infatti lontani dal trovarsi d'accordo.
Senza dubbio lo esige lo stesso argomento: spesso le violenze più antiche sembrano discutibili.
II cliché più noto e di maggior presa sul pubblico è quello che raffigura gli uomini preistorici nelle vesti di feroci bruti.
Lo ritroviamo un po' dappertutto.
Quando non affrontavamo i leoni nelle caverne, orsi o mammut i nostri irsuti paleolitici si precipitavano a sventrare i loro vicini.
Secondo Jean Dastugue, che studia le ossa degli uomini preistorici da oltre trent'anni, è un'interpretazione senza basi concrete.
II laboratorio di antropologia, che lo studioso ha fondato alla facoltà di medicina di Caen, si occupa in particolare di malattie e traumi visibili sulle ossa degli antichi uomini.
Il dottor Dastugue è un esperto di paleopatologia riconosciuto in tutto il mondo. Ora, la sua diagnosi è netta: le ossa umane che ha esaminato, del paleolitico, del mesolitico o del principio del neolitico recano pochissime tracce di violenza.
Anzi, si può dire che non ne mostrano.
L'uomo della Chapelle-aux-Saint ha sì una piccola frattura e sembra sia morto dopo di essa, se dobbiamo giudicare dalla ridotta ricostituzione del tessuto osseo.
Ha dunque potuto subire altre lesioni, non visibili sulle ossa.
Ma si trattò di un incidente o di un colpo ricevuto? Impossibile dirlo.
Il nostro uomo aveva anche la falange di un dito spezzata.
La stessa incertezza regna a proposito di un altro Neanderthaliano, l'uomo della Ferrassie, che pare abbia avuto un trauma al femore destro e sia sopravvissuto.
In seguito si è verificata una notevole ossificazione.
L'uomo di Neanderthal stesso che ha lasciato altri resti oltre alla celebre calotta cranica sembra che abbia sofferto di una ferita traumatica complessa al gomito sinistro, non mortale e di causa ignota.
Per il paleolitico medio è quasi tutto, e nulla ci consente di dire che questi uomini siano stati vittime di violenza.
A proposito del paleolitico superiore, si è fatta giustizia del colpo d'ascia che, secondo certi autori, avrebbe ricevuto la donna di CroMagnon.
L'unica testimonianza di ferita risalente a quell'epoca pare sia la punta conficcata nella colonna vertbrale di uno scheletro di bambino a Grimaldi.
Una ferita mortale.
E sarebbe, a una distanza che va da 15 000 a 20 000 anni da noi, il colpo più antico dato e ricevuto del quale possiamo essere certi.
Ma riguardava un bambino di tre o quattro anni e pertanto si presenta probabilmente come la testimonianza di un incidente.
Anche se le fasi piu recenti del tempo dei cacciatori hanno lasciato un po' piu di testimonianze, colpi e ferite accertati sono eccezionali.
In tutta la popolazione inumata a Columnata, in Algeria, vecchia di 8000 anni e che poteva contare un centinaio di persone, rileviamo un unico caso di ferita: una punta, forse di freccia, a intaccare una vertebra lobare.
La punta e l'asta dovettero pemetrare nel fianco sinistro e forare il rene o l'intestino.
La ferita è stata mortale poiché non si vede alcuna ulteriore ossificazione.
Lo scheletro è femminile: guerra, allora?
Un altro caso perforazione del cranio con sollevamento di un frammento d'osso resta soggetto a discussione poiché potrebbe rivelare benissimo un tentativo di cura (conosciamo trapanazioni più antiche).
Una punta dello stesso tipo di quella di Columnata era infissa in un osso temporale rinvenuto a E1 Bachir, una grotta vicino a Orano.
Un caso analogo esiste a Meceta el-Arbi in Marocco.
E verso la medesima epoca, notiamo una punta di freccia in un osso a Abu Hureyra, sull'Eufrate.
Non è molto.
Piu a nord, la piccola isola di Teviec, nel golfo di Morbihan, ha fornito con la sua vicina di Hoedic, la maggioranza dei resti umani mesolitici conosciuti in Francia: quelli di 23 persone per la prima isola, di 14 per la seconda.
Uno degli scheletri di Teviec recava una punta di freccia in selce conficcata nella sesta vertebra toracica.
La freccia, in virtù della direzione che indicava, non solo aveva attraversato il torace ma senza dubbio aveva anche tranciato l' aorta.
E attraversando il torace, secondo il dottor Dastugue, era stata senz'altro all'origine di una lesione pleuro polmonare tale che e impossibile immaginare la sopravvivenza del ferito.
Un'altra freccia aveva colpito un'altra vertebra.
Qui non si può negare l'omicidio volontario.
Che cosa dobbiamo dedurre?
Secondo gli esecutori degli scavi Marthe e Saint-Just Pequart,
ciò indica che i costumi di queste ppolazioni non avevano nulla di idillico.
Si poteva quindi, scrivevano nel 1937, confinare tra le grandi illusioni lo pseudopacifismo delle popolazioni primitive.
Certo, ma si tratta anche di un caso unico, della sola osservazione di questo tipo fatta sui resti delle due stazioni.
E una morte violenta su trentasette non è in ultima analisi spaventosa. A Columnata ve n'era una o due su un centinaio.
Ma si può morire di morte violenta senza che si veda sulle ossa e ai pochi casi ipotizzati dovremmo pertanto aggiungerne altri, in proporzione sconosciuta.
Per Jean Dastugue, tuttavia, l'omicidio di Tevec, quello di Columnata e i pochi altri noti di questi tempi remoti, si presentano come casi isolati, come eccezioni.
Avendo studiato i resti di alcune decine di persone del paleolitico e di qualche centinaio per il mesolitico, ne conclude che queste genti facevano decisamente una vita pacifica, agli antipodi della 'guerra del fuoco'.
Una veduta, del resto, confortata dalle sue altre osservazioni di paleopatologo.
La vita paleo e mesolitica non doveva essere, egli afferma, solo pacifica ma addirittura molto tranquilla.
Lo provano le testimonianze di artrosi alla colonna vertebrale cervicale e spondilosi che, al contrario dei casi di violenza, sono assai numerosi.
Questa 'malattia della civilta', così di frequente chiamata in causa oggi, pare che fosse già molto diffusa all'epoca dei cacciatori-raccoglitori.
E da stagioni antichissime, poiché ne era già colpito il neanderthaliano di La Chapelle-aux-Saints.
I famosi resti rinvenuti nel 1868 nel riparo di Cro-Magnon alle Eyzies, e che rappresentano i primi uomini moderni dell' Europa occidentale, mostrano diversi casi di spondilosi.
Il paleopatologo ne deduce che simili lesioni denunciano un modo di vita piuttosto sedentario e l'uso frequente della posizione seduta.
Identiche lesioni nell'uomo di Chancelade, un altro fossile classico del paleolitico superiore.
In realtà, le spondilosi preistoriche sono innumerevoli, tante che la loro frequenza risulta impressionante.
A Taforalt, alla fine del paleolitico, ne sono colpite 32 persone su 86.
Il fenomeno continua nei contadini del neolitico.
Ne soffrivano circa due persone su tre nelle popolazioni sepolte a La Chaussee-Tirancourt e a Loisy-enBrie.
Questi uomini preistorici, poiché vivevano in capanne di rami, erano senza dubbio vittime di un clima troppo umido.
Tutte osservazioni che potrebbero dare consistenza al sogno dell' Era d'oro che costituisce l'altra tentazione, il cliché opposto.
Prima era meglio, e meglio ancora in quell' ancora prima che è stato il paleolitico.
Un sogno di durate indefinitamente tranquille che contrasta con il fracasso iniziato nel neolitico.
E' 1ì che nasce la guerra, il conflitto tra gruppi per la conquista del territorio.
Dopo l'Età dell'oro è la caduta.
Non sempre gli studiosi di preistoria hanno saputo resistere a una simile tentazione.
Libere e spensierate famiglie di arcieri, ha scritto qualcuno delle genti del mesolitico.
Ma, per esempio in Francia, a un neolitico accanito come Jean Courtin, si è domandato: la guerra nel neolitico? Resta da vedere, rispose.
Innanzitutto perché esistevano già dei conflitti prima del neolitico.
Courtin riprendeva i già citati casi di Teviec e Columnata, apportando ulteriori chiarimenti.
Li presentava non come casi eccezionali ma come innegabili testimonianze che consentivano di mettere da parte il luogo comune di un paleolitico paradisiaco.
E vi aggiungeva un'altra tessera: nel 1966, lo studioso di preistoria americano Fred Wendorf scavando nella necropoli di Jebel Sahaba, a monte di Assuan, vi trovava una sessantina di scheletri dei due sessi e di età diverse, inumati in fosse e appartenenti a una cultura di cacciatori-raccog!itori vecchia da 13000 a 10000 anni.
Su 60 fosse, 24 contenevano delle punte di selce quasi tutte racchiuse nella gabbia toracica dello scheletro lungo la colonna vertebrale, nel palato o conficcate talvolta in certe ossa.
Alcuni morti avevano ricevuto più di
una decina di punte.
Il fatto che circa una persona su due sia morta in modo violento non è indizio di costumi particolarmente imbelli, qualunque sia la durata di funzionamento della necropoli.
Courtin proseguiva contestando la nozione di sovente accettata senza riserve di conflitti aggravati al tempo dei contadini.
Non possediamo infatti testimonianze di morte violenta per gli inizi del neolitico europeo (V e IV millennio).
Appaiono, certo, delle palizzate e campi con recinti nel IV millennio ma la funzione di questi campi è discussa.
Lasciate dunque in pace i neolitici ; solo agli estremi limiti di questo periodo possiamo, e stavolta a colpo sicuro, parlare di CONFLITTI.
E qui Courtin è d'accordo con Jean Dastugue che non dice in sostanza cose diverse.
I due celebri ricercatori attribuiscono solo una illuminazione diversa ai casi più antichi, ossia paleolitici e mesolitici .
Uno dice: Sono casi eccezionali, mentre l'altro afferma che comunque ebbero luogo.
Ci siamo ad ogni modo disfatti di due stereotipi dalla vita tenace.
L'esistenza nel paleolitico non è stata né un'età di sangue né un'età d'oro.
Capitava di sventrarsi, ma in genere tali conflitti rimasero individuali e non ce ne furono molti.
Dopo tutto lo spazio era tanto.
Dobbiamo ora interrogarci sul ruolo delle frecce.
Le violenze sono attestate dalle punte rimaste nelle ferite.
Testimonianze di epoche e culture in cui si sapevano fabbricare armi composite e nelle quali esistevano in particolare l'arco e la freccia.
Occorre mettere in bilancio altre ferite dalle quali sarebbero state ritirate le armi, oppure questo progresso tecnico sarebbe stato associato a un deteriorarsi dei rapporti fra gli uomini?
Risalgono comunque all'epoca dell'arco le più antiche rappresentazioni di violenza in Europa: l'arte preistorica del Levante spagnolo, le cui date restano imprecise ma che deve essere mesolitica e datata da sei a novemila anni, illustra molti cacciatori con l'arco.
Vediamo degli uomini crivellare di frecce degli animali e danzare con l'arco in mano.
Una scena mostra un arciere, crivellato a sua volta di frecce. Un'altra ritrae una zuffa fra parecchi arcieri.
Dunque erano cose che capitavano.
Il problema, nel neolitico, assume un'altra dimensione.
Se è vero che non conosciamo tracce di violenze nel primo neolitico in Europa, vi sono testimonianze indirette a suggerire che i rapporti fra le collettività umane cominciano a mutare, almeno dal momento in cui il modo di vita
neolitico, produttore, si è diffuso su tutto il territorio.
Perché, ai primi del V millennio, si incominciano a costruire in Bretagna e nel Poitou, forse anche in Portogallo, quei massicci monumenti che chiamiamo megalitici?
Uno dei fattori ipotizzati di recente è il bisogno di marcare dei territori, il che presuppone vicini, parenti, residenti di fronte ai quali doversi affermare.
Certo nulla di più e neppure nulla di meno.
Alla medesima epoca avvengono del resto degli eventi sgradevoli.
Nel Medio Oriente, dal Mediterraneo al golfo Persico, esistono già dei piccoli agglomerati.
Nel V millennio, si sviluppa una civiltà in quello che più tardi sarà il paese dei Sumeri.
La ccramica della civiltà di Obeid si diffonde in fretta.
La ritroviamo sul litorale mediterraneo, a Ras-Shamra e Mersin, dove il suo arrivo produce parecchi strani mutamenti.
A Ras-Shamra vediamo lavorare una ceramica pseudo-Obeid mentre si edificano strutture difensive e le costruzioni di
ventano nel contempo povere e maldestre.
A Mersin, vi sono violente distruzioni delle difese e successivamente ciò accade anche a Ras-Shamra.
Sono le più antiche istruzioni violente conosciute, segnate da incendio e da rotture nel modo di costruire e nella ceramica.
Jacques Cauvin si chiede se i cambiamenti non si debbano associare all'azione di nomadi che avrebbero accelerato gli scambi nella regione, causando brutali metamorfosi, privi di certe capacità tecniche dei sedentari.
Potremmo citare anche il possente bastione di pietre secche del villaggio neolitico di Khirikhidia, a Cipro, datato 6.000 anni a. C., che attesta preoccupazioni difensive nei primi agricoltori del Mediterraneo orientale.
I millenni successivi, in Europa, vedono innalzare strutture inedite.
Nel IV millennio, dopo i monumenti megalitici, appaiono infatti i recinti.
I villaggi più recenti della prima civiltà contadina d'Europa centrale e del Bacino parigino, e del Danubio, ne hanno già, mentre i più antichi non ne avevano.
Ci possiamo interrogare sull'esatta funzione di queste cinte, come pure lo facciamo a proposito delle recinzioni di certi campi allora costruiti.
I campi a fossati interrotti sono il tema di una antica polemica fra archeologi: perché mai costruire dei campi per circondarli di cinte e fossati punteggiati?
Si è parlato di luoghi di riunione, di scambi, di cerimonie e di parchi di bestiame.
Gli ingressi, nelle interruzioni, spesso sono molto stretti. Si hanno entrate a tenaglia. Spesso dei fossati.
Nelle ahitazioni si apre un ampio spazio centrale dove ci si poteva riunire, fare il mercato o parcheggiare il bestiame.
Ma se non fosse esistita nessuna preoccupazione di difesa, forse non si sarebbero costruiti quei campi su speroni rocciosi a volte molto ripidi (sbarrando la parte piu stretta) o all'interno di meandri (sbarrando il peduncolo).
Non è da escludere che i campi servissero un po' a tutto, in caso di necessità anche a difendersi.
La stessa epoca vede nascere i primi villaggi lacustri, i villaggi di palizzate, di cui l'archeologo Pierre Petrequin ha dimostrato che la costruzione non era per forza legata a casi climatici favorevoli.
Perché in luoghi
cosi strani?
Accostando tutte le strutture a recinto e le loro ubicazioni, Petrequin vi legge un effetto dei tempi nuovi: c'è piu gente, la competizione diventa più viva e, in collegamento con questi campi che esprimono un grosso lavoro collettivo, l'agricoltura diventa più sedentaria, più accanita e più distruttrice dell' ambiente.
Nel III millennio non c'e più discussione possibile.
In certe regioni si ritrovano popolazioni di accampamenti.
Tra Vandea e Gironda se ne contano una cinquantina, nel Marais del Poitou non meno di una ventina.
Molti sorgono a quattro o cinque chilometri gli uni dagli altri, certi sono
ancora più vicini.
Roger Joussaune, animatore delle ricerche in questo settore, ha diretto di persona gli scavi di uno di questi campi.
A Nieul-sur-l'Autize, il campo di Champ-Durand è stato fondato in riva a una scarpata che domina una piccola valle, non lontano dalla palude, che sebbene piu bassa di 4 o 5 metri all'epoca doveva essere un golfo.
Tre fossati concentrici, e interrotti, proteggevano il campo sul lato dell'altopiano.
Sono due chilometri da scavare.
Lo spazio interno, circolare, era vasto, di circa 250 metri di diametro.
In base alle pietre franate, possiamo dedurre che dietro ciascuna delle tre fosse si alzava una muraglia.
La muraglia interna aveva circa 3 metri di altezza.
Il fossato esterno può essere posteriore, ma non è già tanto male.
Si sono fatti scavi con attenzione particolare soprattutto nelle zone corrispondenti alle interruzioni dei fossati.
Due di esse hanno consegnato resti di torri, aggiunte al sistema difensivo.
Una di esse forse era più alta della muraglia e controllava un'entrata a zig-zag, essendo spostate le interruzioni dei tre fossati.
Nel terzo millennio, senza dubbio, le necessità di difesa erano diventate intense.
Dunque, lo si voglia o no, dopo le
aggressioni individuali del paleolitico e del mesolitico, il tempo degli agricoltori ci offre le prime manifestazioni di ostilità di gruppo.
Non è visibile immediatamente, ma si afferma per gradi.
Con i grandi campi del terzo millennio e le preoccupazioni difensive che denunciano, è certo che le società umane sono entrate in una nuova età, dopo tutto poco consolante.
Si toccherà l'apoteosi poco prima del 2000 (prima della nostra era) quando verranno sepolte in fretta e alla rinfusa le decine di corpi massacrati a Roaix, in Vaucluse.
Uomini, donne, bambini: sono state uccise decine di persone che sembrano appartenere a un tipo umano diverso da quello dominante nella regione.
L'Egitto, e vero, aveva indicato la via: datata un poco prima del 3000, la celeberrima stele di Narmer, che segna il grandioso inizio dell'arte e della civiltà nell'Egitto antico, raffigura su una delle sue facce il sovrano nell'atto di massacrare gloriosamente
i suoi nemici.
Da quell'epoca, non si sarebbe più fermato il progresso..."
-PALEOLITICO INFERIORE
-PALEOLITICO MEDIO
-PALEOLITICO SUPERIORE
-NEOLITICO
Il Paleolitico inferiore è il periodo più antico in cui l'uomo abbia lasciato delle tracce; queste tracce sono state rinvenute in Europa, in Asia ed Africa.
Le culture caratteristiche del Paleolitico inferiore sono quella Abbeviliana ed Acheuleana. I reperti fossili più importanti riferibili a questo periodo sono costituiti dalle Austalopitecine scoperte nella regione di Hadar in Etiopia, di cui Lucy ne costituisce il più famoso rappresentante. Altri fondamentali ritrovamenti sono stati poi effettuati in Tanzania e nel lago Turkana.
AFRICA
L'Africa ha fornito le più antiche testimonianze degli antenati dell'uomo. È possibile individuare un elemento costante di sviluppo dai più antichi fossili finora scoperti di ominidi che presentano locomozione bipede, a Laetoli Hadar attraverso l'Australopithecus Africanus del Sud Africa, fino alla comparsa del genere Homo e ai più robusti vegetariani australopitecini.
Ma non è facile stabilire con certezza i dettagli di questo sviluppo e l'esatto rapporto dei diversi fossili scoperti sia tra loro che con l'uomo.
E particolarmente difficile è valutare il significato dei più antichi fossili di ominidi rinvenuti in Africa sia per la loro scarsità che per la loro frammentarietà.
Gli antropologi, inoltre, non sono d'accordo, come spesso accade, su quali fossili debbano essere inclusi nella classificazione degli ominidi.
Convengono sul fatto che gli australopitecini e l'homo abbiano avuto un comune antenato, ma hanno opinioni diverse circa il momento in cui la linea degli australopitecini e quella dell'homo si sarebbero divise e avrebbero cominciato a svilupparsi separatamente.
E sono in disaccordo anche su chi possa essere stato il comune antenato e nello stabilire quali fossili siano da attribuirsi all'homo e quali all'Australopithecus.
Se l'homo primitivo risalisse fino al tempo, o oltre, di Hadar e Laetoli (circa 4000000 di anni fa) come ritengono Richard e Mary Leakey, la scissione tra l'uomo primitivo e la linea che conduce all'Australopithecus robustus e all'Australopithecus boisei dovrebbe farsi risalire ad oltre 4 milioni di anni fa.
Ma un'interpretazione alternativa dei reperti fossili di Hadar e Laetoli, proposta da Don Joanson, che diresse gli scavi nella regione di Hadar, suggerirebbe di datare la scissione a tre milioni di anni fa.
Altri antropologi ritengono che l'Australopithecus africanus, così come è rappresentato dagli esemplari del Sud Africa classificati con questo nome, è lo stesso tipo di ominide testimoniato dai più antichi fossili di Hadar e Laetoli.
Secondo questa opinione la scissione potrebbe esser fatta risalire soltanto a 2 milioni di anni fa.
EUROPA
In Europa, in questo periodo, si manifestano soprattutto due fenomeni: il primo dove c'è una diminuzione di strumenti a ciottolo rimpiazzati da bifacciali; il secondo, invece, dove c'è il perfezionamento tecnico e stilistico di bifacciali.
La fase più antica del Paleolitico Inferiore Europeo comprende industrie ricavate da strumenti su scheggia.
Questi sono stati ritrovati nella grotta di Vallonet datata tra 900.000 e 860.000 anni fa.
Sono invece presenti in Italia choppers e schegge ritoccate datate oltre 700.000 anni fa.
Il Paleolitico Inferiore Europeo è indubbiamente meno rilevante di quello Africano.
ASIA
Dal Paleolitico Inferiore Asiatico abbiamo una rilevante scoperta con le tracce più antiche della presenza dell'uomo scoperto in Cina datato attorno ad 1.800.000 anni fa.
È importante anche il ritrovamento dell'homo erectus più antico a Yuamnoum datato a 1.700.000 anni fa.
PALEOLITICO MEDIO
Il passaggio da Paleolitico Inferiore a Paleolitico Medio non avviene improvvisamente ma attraverso forme di transizione che interessano sia i rappresentanti degli ominidi sia i relativi complessi industriali.
Il passaggio Homo Erectus-Homo Sapiens Neanderthalensis si verifica quindi gradualmente, al pari della trasformazione del complesso indusriale che vede il progressivo impoverimento dei bifacciali ed un parallelo incremento delle punte foliate derivanti da un perfezionamento del taglio bifacciale.
Possiamo immaginare che Erectus e Neanderthal per un certo periodo di tempo abbiano convissuto assieme come d'altra parte le stesse industrie spesso presentano una mescolanza di strumenti bifacciali e di strumenti ricavati da lame.
In questo periodo l'osso inizia ad essere utilizzato come materia prima e le ossa dei grandi vengono utilizzate nella costruzione di strutture per manenti quali capanne e case.
La caccia si specializza e si hanno le prime documentazioni di una ben affermata religiosità con le pratiche di sepoltura ed il culto dei morti.
Il rappresentante-simbolo del Paleolitico medio è l'uomo di Neanderthal, caratterizzato da una potente muscolatura, dall'ampiezza di spalle e torace e la struttura cranica dalle grandi dimensioni.
Il suo cranio è generalmente voluminoso e manifesta un vistoso rigonfiamento sopraorbitario che gli conferisce un inconfondibile aspetto.
PALEOLITICO SUPERIORE
Lo sviluppo culturale di Homo sapiens sapiens nel Vicino Oriente e nell'Africa nord-orientale presenta alcuni aspetti particolari che lo differenzia da quello di tutte le altre parti del Vecchio Mondo.
Occorre innanzitutto ricordare che è soprattutto in questo territorio che complessi del Paleolitico Superiore compaiono prima, parallelamente allo sviluppo del Paleolitico Medio.
Altro aspetto particolare è il fenomeno della comparsa, a partire dal XVI millennio a.C., di complessi lamellari a dorsi e a microliti che hanno proseguito il loro sviluppo fino all'inizio del Neolitico.
Questo sviluppo fu graduale, senza bruschi cambiamenti, con una specializzazione via via crescente nella caccia e con l'intensificazione della raccolta dei semi vegetali, che potrebbe essere alla base dell'origine dell'economia neolitica.
Possiamo così distinguere, in questo territorio, due fasi principali: una che costituisce il Paleolitico superiore in senso proprio, fino al XVII millennio; l'altra dal XVI millennio all'inizio del Neolitico (preceramico o ceramico secondo le regioni), che costituisce il Paleolitico finale o Epipaleolitico.
La fine di questa seconda fase è abbastanza differenziata dal punto di vista cronologico: infatti corrisponde alla fine del Pleistocene sugli altipiani del Vicini Oriente (dove il Neolitico preceramico d'origine locale inizia verso la fine del X millennio), ma cade nell'olocene già inoltrato in altre regioni (ad esempio nella Valle del Nilo, dove il Neolitico ceramico inizia soltanto nel V millennio).
Il Paleolitico finale inizia nel Vicino Oriente abbastanza presto verso 16000 anni dal presente, in corrispondenza del cambiamento climatico caratterizzato da un graduale e continuo miglioramento delle condizioni di temperatura e di umidità.
Si espande così l'habitat umano, marcato in questa fase dalla densità e dalla estensione dei siti (se paragonati a quelli del Paleolitici Superiore propriamente detto).
Tra le attività economiche la caccia si specializza ed acquista importanza via via maggiore la raccolta di semi di erbacee.
Il Paleolitico finale si distingue in due fasi: il Kebariano e il Natufiano.
Nella fase antica del Paleolitico finale l'economia era orientata prevalentemente alla caccia, soprattutto alla gazzella e al cervo.
La raccolta di erbe è scarsa, le strutture conosciute sono rare e i siti si trovano soprattutto all'interno di grotte.
Nel secondo periodo compaiono numerosi strumenti d'osso (arpioni ad un ordine di denti, punte losangiche, manici di falcetti, perforatori, spatole e ami) e l'arte si sviluppa: le migliori rappresentazioni sono figure di cervidi mentre le raffigurazioni antropomorfe sono meno realistiche e più rare.
Nell'Africa Nord Orientale il limite tra Paleolitico Superiore e Paleolitico finale non è così ben marcato come nel Vicino Oriente, dove è sottolineato da una brusca introduzione di numerose armature microlitiche a dorso.
In Africa questo processo fu più lento e graduale, probabilmente in corrispondenza di un evoluzione più lenta e meno accentuata delle condizioni climatiche.
Malgrado ciò vari Autori accettano anche per l'Africa Settentrionale l'età di 16000-15000 anni dal presente come limite inferiore del Paleolitico finale e l'altro limite è dato dalla Neolitizzazione.
Gli accampamenti sono piccoli (fino a 50 metri di diametro), tra gli animali cacciati sono presenti i grandi mammiferi della savana.
Appaiono anche le prime necropoli che dimostrano uno stile di vita più sedentario mentre l'economia dei siti si orienta verso la raccolta dei semi.
NEOLITICO
Il Neolitico (età della pietra recente o levigata) rappresenta una grande svolta dell'umanità.
È infatti il periodo in cui l'umanità vive la più grande delle trasformazioni culturali: si stabiliscono nuove relazioni tra l'uomo e l'ambiente naturale.
Esso cessa di intervenire unicamente in un senso distruttivo e diviene un produttore modificando con il suo intervento il gioco della selezione naturale delle specie animali e vegetali favorendo la riproduzione di quelle a cui porta un interesse alimentare.
Queste trasformazioni si realizzano con la domesticazione di alcuni animali (maiale, capra, pecora, bue e cavallo) e il susseguente allevamento e con l'agricoltura.
Ciò porta a forme di economia pastorale e di economia agricola (popoli di pastori e di agricoltori) e anche di economia mista.
Si aggiunga l'altra grande innovazione tecnologica rappresentata dalla ceramica.
Nel Neolitico si realizza il processo della sedentarizzazione, si formano cioè i primi villaggi nel Vicino Oriente, i quali, precedono l'agricoltura e offrono documentazione della pesca e della raccolta dei cereali selvatici.
Lo sviluppo della sedentarizzazione porterà ai villaggi agricoli, base della futura civiltà urbana.
Nel Vicino e Medio Oriente ha visto il sorgere dell'agricultura nell'VIII millennio a.C.
A quell'epoca è accertata la presenza di cereali, in varie stazioni preistoriche.
Secondo alcune ipotesi la coltivazione delle piante è cominciata con i cereali e legumi 7500-6000 anni a.C. nel Vicino Oriente per poi diffondersi nel bacino mediterraneo.
Anche l'allevamento ha avuto i suoi inizi nelle regioni della Mezzaluna fertile, con gli erbivori di piccola taglia, la capra e le pecore, nel VII millennio a.C.
Ciò è avvenuto prima della lavorazione della ceramica.
Si aggiunse poi l'allevamento dei suini e, in seguito, quello dei bovini.
Con l'allevamento si allarga anche la domesticazione del cane, il quale da cacciatore diventa pastore e si affianca all'uomo nel sorvegliare le greggi.
Un'altra grande novità nel campo della cultura neolitica è costituita dalla ceramica.
Essa rappresenta una risposta logica ai bisogni e alle posibilità derivanti dall'agricoltura e dalla sedentarizzazione.