La GALEA (detta anche Galera dal medievale lat. galea dal greco bizantino galaia e galea forse traslato dal greco classico galeh = "donnola, faina" e poi anche "lampreda di mare" fu una imbarcazione storica del mediterraneo strutturalmente in antitesi con il VASCELLO imbarcazione di ideazione più recente, tipica dei paesi atlantici [vedi qui comunque per ulteriori approfondimenti le importanti voci GALEA DI LIBERTA', GALEA DI CATENA: per inquadrare il trionfo e la crisi della flotta genovese visualizza anche MARINERIA GENOVESE NEL '500].
Gli Statuti si riferiscono alla galea sottile da guerra, mossa principalmente a remi, bassa di bordo e ben manovrabile, lunga circa 50 m. e larga 6, con dislocamento sulle 300 t.; sul ponte di coperta ai lati stavano i banchi pei vogatori, al centro era una passerella o corsia; ai due lati estremi dello scafo essa aveva delle mensole o baccalari, per sostenere a una certa distanza dallo scafo i correnti o travi lignee su cui erano gli scalmi pei remi. Alle estremità di prua e di poppa due correnti trasversali o gioghi si univano ai correnti longitudinali, sì da formare un telaio rettangolare in legno o posticcio che stava sopra la coperta e sporgeva dallo scafo. Sul giogo di prora si elevava la parte prodiera del castello o rembata. Ad un terzo della larghezza dello scafo, dalla prora, la galea sottile aveva un albero con antenna cui era inserita una vela triangolare: quella che gli arabi chiamarono alla trina e che fu poi detta latina. Poi gli alberi divennero due, quello di trinchetto a prora e quello di maestra al centro, cui in seguito s'aggiunse, per la galea grossa (alta di bordo, più lenta e di finalità mercantili) l'albero di mezzana a poppa. I banchi dei vogatori o GALEOTTI erano 25 per banda con 3 remi (donde la definizione di Triremi ) con 3 uomini a banco -uno ad ogni remo- secondo un sistema di voga detto alla sensile o a terzarolo: era un vascello che si dimostrò alquanto efficiente, specie nella sua versione più grande e più potentemente dotata di artiglieria detta GALEAZZA, ad affrontare le temute NAVI DA GUERRA dell'Impero Turco poi sbaragliate nel 1570 nella battaglia di Lepanto> v. v. Nave in FEDELE, XIV, 315 b, c.
La CARACCA si accostò poi alla galea come nave grossa, a vela ed a due o tre alberi, da guerra ma anche da carico, con 2 castelli a pria e poppa, armata di cannoni ed ideale per viaggi transoceanici: il CARACCONE era una nave di dimensioni ancora superiori e più potentemente armata, ideale per le missioni oceaniche, ed in qualche modo accostabile sia al GALEONE SPAGNOLO che al GALEONE INGLESE dominatori degli oceani nel XVI secolo.
GALEA DI CATENA> Usuale dal XV secolo. Tipo di Galea con equipaggi composti
da ciurme di forzati (galeotti) e Schiavi (abili al remo). Erano imbarcazioni molto
costose da armare e mantenere, specie per il vettovagliamento ed il rifornimento
delle ciurme: crescendo col tempo la dimensione dei vascelli ed abbisognando di
equipaggi sempre più numerosi, il costo di queste navi per lo Stato divenne altissimo anche ricorrendo sia alla permuta sempre più frequente di molte pene contemplate negli Statuti Criminali Genovesi del 1556 in pene temporanee od a vita dei rei quali galeotti sia all'assunzione di buonavoglia o bonavoglia.
GALEE DI LIBERTA'> Cadute in disuso da tempo le G. di libertà erano invece composte di equipaggi salariati a tempo determinato ("gente di remo" di Città e Riviere principalmente dedite alla pesca o alla navigazione di cabotaggio) e quindi
meno costosi degli equipaggi permanenti di galeotti e schiavi che si dovevano
spesso mantenere a vita. Lo Stato genovese ed i grandi armatori non avevano molta fiducia
nella Galee di libertà e, anche per l'onere di censire e retribuire tutti i remieri (bonavoglia) del Dominio.
L'apparato burocratico genovese collaborò quindi assai poco quando si ipotizzò un ritorno a questa tecnica di navigazione.
Si ebbe un esperimento nella prima metà del
'600 con due Galee di libertà che andarono a costituire la Compagnia di Nostra Signora di
Libertà.
Contro lo scetticismo di tutti e l'opposizione degli "assenteisti" di Spagna (forse fiancheggiati dal Magistrato delle Galee) una Galea di libertà fu finalmente approvata dal Senato e contro la generale aspettativa (il Principe di Melfi
Gio. Andrea Doria aveva presagito un autentico disastro) questa nave, nel viaggio
inaugurale, umiliò la veloce Capitana della flotta della Repubblica (con equipaggio di forzati e schiavi) che era stata deputata a scortarla ma con il recondito
scopo di un confronto che, a giudizio di tutti, avrebbe dovuto vincere largamente
e non al contrario perdere in maniera tanto vistosa.
L'anno successivo a questo
esperimento, che ebbe anche buon successo economico nel commercio di sete in
Sicilia, furono armate due Galee di libertà ma la crescente opposizione dei conservatori, le difficoltà frapposte dal Vicerè di Napoli e Sicilia (sui cui porti si doveva
commerciare) ed il contrasto sorto tra i due capitani delle navi (G. Giustiniani e
Gio. B. Veneroso) determinarono un fallimento economico e la fine della Compagnia anche se, nella consapevolezza generale, si era fatta strada l'idea di una
nuova politica navale di riarmo volta a sfruttare la dimostrata efficienza delle Galee
di libertà.
GALEOTTO (deriv. da Galea)> BATTAGLIA,VI,s.v.,1,1:"...chi era condannato alla pena del remo sulle galee".> La richiesta di uomini pei banchi delle navi divenne alta nel XVI secolo per la rivoluzione economica connessa alle scoperte geografiche e per la ripresa di guerre di mare, soprattutto fra Cristiani e Musulmani nel Mediterraneo.
La condanna alla galera era come una sentenza capitale, la quale, più dei grandi criminali contro lo Stato, colpiva una maglia di vagabondi, piccoli malfattori e ladri, disertori ed eretici, contrabbandieri, prigionieri di guerra, contravventori all'ordine familiare, religioso e sessuale, falsari ecc. Sulle navi costoro, sotto il feroce controllo dell'aguzzino che dalla corsia li guidava a nerbate, erano ridotti come veri SCHIAVI: per quanto gli Statuti citino oltre quella a vita anche pene di ben minor durata i galeotti non erano rilasciati allo scadere esatto della punizione ma a discrezione delle esigenze di servizio> LEVRA, p. 108 (la caratteristica giuridica del Galeotto era panitaliana, fatte minime distinzioni formali: vedi a titolo d'esempio il Bando et Deliberatione di Gratie in favore dé Forzati, Scambi & buonevoglie, fuggitivi, & inobedienti delle Galee di loro Altezze Serenissime - Publicato in Fiorenza il 16 di gennaio 1572, Firenze, per G.Marescotti, 1573> in 4°, cartonato, pp. 4 con Stemma mediceo ai titoli ed in fine dicitura "bandito per me Matteo di Domenico Berlacchi").
La "MARINERIA GENOVESE NEL '500":
(I) Nel 1509 Genova era una delle maggiori potenze navali del Mediterraneo con una flotta che, senza contare le imbarcazioni di cabotaggio, ammontava a circa 15.000 tonnellate, pressapoco come quella di Venezia (con navi di gran tonnellaggio, destinate poi ad un ridimensionamento cercando gli armatori costi minori di gestione).
(II) A metà secolo la flotta raggiunse un tonnellaggio di circa 28.000 tonnellate, con navi di minor stazza e maggior numero che nel 1509: cifra che però, associata a quella della flotta veneta, non eguagliava quella della REPUBBLICA DI RAGUSA, dagli inizi del XVI sec. in espansione commerciale.
(III) Tra 1590-'95 la stazza della flotta scese a 10-12.000 tonnellate (la crisi della marineria data dal 1564 quando per la prima volta il traffico portuale di navi non nazionali superò quello genovese): dal 1568 al 1586 (colle eccezioni del 1576 e del 1582) i vascelli nazionali tornarono a prevalere nel traffico portuale ma il decadimento riprese dal 1593 quando la crisi della marineria fece sì che non oltre il 30% del traffico portuale fosse coperto da imbarcazioni di Genova.