cultura barocca
 
 
 
 

Donne di Spettacolo

DONNE DI SPETTACOLO: LE RAGIONI REMOTE DI UNA CATTIVA REPUTAZIONE

Contrariamente a false credenze, il buon romano, il padre di famiglia, la morale generale condannavano con ribrezzo ogni forma di licenza. Si legga, tradotto, questo senatoconsulto del 19 d.C. scoperto nel 1978 in Apulia: "(per decisione del Senato) ai figli, alle figlie, ai nipoti, alle nipoti, ai bisnipoti, alle bisnipoti di senatore, a coloro il cui padre, il nonno paterno e materno o il fratello siano di rango equestre, è vietato di comparire su un palcoscenico teatrale, è vietato di firmare un contratto per lottare contro le belve, per partecipare a un combattimento di gladiatori, o a un'attività dello stesso tipo.
Che nessuno ingaggi questi uomini o queste donne, anche se si offrono... Nella stessa maniera, ci si attenga al senatoconsulto emesso sotto il consolato di Manio Lepido e Tito Statilio Tauro, in cui si stipula che: nessuna libera, in età minore di vent'anni, e nessun ragazzo libero, in età minore di venticinque anni, ha il diritto di impegnarsi come gladiatore, di comparire sull'arena ne su una scena di teatro, o di prostituirsi per denaro
" (cfr. V. GIUFFRE, Atti dell'Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli, XCI, 1980).
I Romani avevano un senso profondo della moralità e lo Stato si impegnò più volte nel tentativo di proteggere la buona gente e i giovani, in particolare, dai pericoli dell'adescamento e della corruzione.
L'aumento del benessere poteva tentare i più fragili, gli abbandonati, ma la famiglia, l'istituzione, l'Imperatore stesso [anche precindendo da un voluto programma di moralizzazione come quello di Augusto] lottavano contro gli eccessi, pur nella consapevolezza di inevitabili allontanamenti sociali dai sani antichi costumi. Questi contrasti tra pudicizia e licenze, tra pensieri onesti di gente comune e iniziative lucrose ma discutibili dal lato morale, non debbono stupire.
La prostituzione (che occasionalmente esercitavano anche le attrici,
danzatrici, mime e suonatrici che operavano nei tanti teatri dell'immenso impero ) erano intese come attività disonorevoli od infami e da riprovare sempre sia per quanto concerneva la morale comune sia per tutte le norme legislative e gli ordinamenti di polizia. Peraltro nel Digesto , III, 2, 4 e XXIII, 2, 43 è sancito: "Esercita il mestiere di prosseneta colui che, facendo l'oste o il gestore di una locanda, ha schiave che, oltre alla loro attività di serventi, si prostituiscono... " ed ancora: "... noi affermiamo che si prostituiscono non soltanto quelle che sono pensionanti di un lupanare, ma anche le donne che traggono profitto dal proprio corpo in un'osteria... Ed esercita il mestiere di mezzana anche la locandiera che fa favori, offrendo le sue serve. Infatti molte di queste donne, con il pretesto del servizio d'albergo, impiegano prostitute". Il Digesto pone poi alla stessa stregua i gestori dei bagni pubblici che si servivano spesso di schiave, ufficialmente quali guardarobiere ma libere di esercitare la prostituzione. Poteva anche accadere che le taverne in cui si praticava la prostituzione fossero indicate da un'insegna raffigurante un "fallo" ma il suo significato di base era quello di proteggere dal malocchio e garantire la fortuna (cosa che si evince dalla semplice analisi visiva della taberna lusoria o casa da gioco scoperta a Pompei): la rappresentazione di un membro virile si coniugava prioritariamente a quelle funzioni scaramantiche tanto care ai romani, anche se, par fuor di discussione, che nel contesto dei frequentatori rappresentasse contestualmente un "segnale occulto" soprattutto indicasse l'attività "supplementare" sull'esercizio ufficialmente penalizzato del meretricio, in tal locale. La tradizione fescennina, mordace e satirica ereditata dai Romani dal mondo degli etruschi aveva sviluppato un rapporto con la sessualità esibita nelle sue varie provocazioni iconografiche infinitamente superiore a quella maturata in epoca posteriore, dal medioevo in poi: la moralizzazione cristiana finì quindi con l'abbattersi indiscrimanatamente su tutto un contesto di aspetti della romanità in cui il sesso (e più estesamente la fisicità: in Roma e nella grecità la deformazione fisica era peraltro vista come un limite, semmai causa di riso più che di compassione) non era inteso come fornicazione o devianza da qualche canone divino (non a caso gli dei pagani erano sempre stati effigiati in una sorta di suprema fisicità che semmai potenziava ed esaltava gli attributi sessuali).
In età cristiana sorse un' accesa polemica nei confronti dei musicisti conviviali, tra cui le psaltriae, che la Chiesa consigliava di sostituire con esecutori di inni e canti spirituali; a questo proposito apprendiamo dalle fonti letterarie che si ricorse anche a sinodi e concili per limitare il diffuso fenomeno dei banchetti musicali pagani, considerati pericolosi per l'integrità morale dei fedeli. Nella seconda metà del IV sec. d.C. San Gerolamo, in un' epistola, ammoniva i fedeli ad espellere dalle proprie case le suonatrici di lira e di cetra, definendole "coro diabolico". Successivamente l' imperatore Teodosio II emanò un provvedimento, rielaborato e maggiormente definito nel Codice Teodosiano [vedi = LIBRO XV - 5.10, DE SPECTACULIS - CAPO 7.10 dell' IMPERATORIS THEODOSIANI CODEX] con il quale si vietava a chiunque di comprare, istruire, vendere ed impiegare in banchetti o spettacoli cantanti e musicisti di sesso femminile.
Un' altra testimonianza su questo argomento è l' elogio di Sidonio Apollinare nei confronti di Teodorico II, re dei Visigoti (seconda metà del V sec. d.C.), che, discostandosi dall' usanza comune, non accoglieva a corte musicisti virtuosi e grandi complessi strumentali, ma, durante i banchetti, consentiva solo l' esecuzione di melodie al suono sobrio della lira.
Tutta una serie di restrizioni legislative avverso le donne teatranti e le cantanti professioniste sarebbe stata destinata a prolungarsi nel tempo, di volta in volta raggiungendo apici di aggressività antifemminista come nel caso di vari autori medievali.
Ancora nel nel 1858 (Paris, Brandus) Georges Kastener editò un volume emblematico di questo lunghissimo dibattito antidonnesco Les Sirènes, essai sur les principaux mytes relatifs à l'incantation, les enchanteurs, la Musique Magique, le chant de Cigne; et consideres dans leurs rapports avec l'histoire, la Philosophie, la litterature et les beaux arts. Suivi de "La Rève d'Oswald ou les Sirenes, grande simphonie dramatique vocal et instrumentale: dalla lettura del titolo si evince che non è opera specificatamente dedicata al tema del "CANTO MAGICO DELLE SIRENE" ma che piuttosto, affrontando una sinfonia drammatica dedicata a queste creature mitologiche (per ben 207 pagine di musica notata e incisa), finisce per costituire un repertorio di pp.4+8+157+12 (con svariate tavole litografiche) sul PERICOLOSO POTERE DI SEDUZIONE DEL CANTO FEMMINILE, indubbio retaggio del ruolo anticamente avuto dalle DONNE PAGANE nel CAMPO MUSICALE anche come CANTANTI e/o SUONATRICI DI PROFESSIONE
Questo lavoro finisce per costituire un discorso sospeso perennemente tra l'investigazione mitologica, l'indagine curiosa ed erudita (come vorrebbe suggerire il titolo stesso) ed un intrigante viaggio attraverso presunti percorsi del paranormale e del magico in merito ai presunti poteri incantatori e fascinatori del CANTO, di cui comunque risulta pressoché consequenziale la disanima attraverso lo "studio" delle SIRENE quasi "storiche" esponenti di queste capacità, sempre attuali, in quanto nell'ottocento in esplicita relazione con gli studi di MESMER SULLA ZONA MORTA e sull'idea di FASCINAZIONE.
Questa prevenzione avverso le CANTANTI (e le ATTRICI come sopra si legge -in genere comunque verso la GENTE DI SPETTACOLO- attestata in epoca romana e pur diversamente ribadita dalla tarda romanità cristiana al medioevo) non equivalse in ambito laico ad un bando dall'attività teatrale di attrici, cantanti e musiciste: basta citare qui il caso di Anna Renzi (1620 circa - 1660) può essere considerata la prima cantante donna ad aver calcato in maniera continuativa i palcoscenici d'opera, romani e veneziani, città che la vide interprete della prima Ottavia nell'Incoronazione di Poppea di Monteverdi. La Renzi (peraltro elogiata apertamente dall'antifemminista A. Aprosio nel suo Scudo di Rinaldo p.I, p. 118) fu in scena, con enorme successo, in altre opere tra cui alcune musicate da Antonio Cesti ed in particolare L' Argia drama per musica, da rappresentarsi nella citta di Udine, nel teatro Contarini l'anno 1673. Consacrata all'illustriss. sig. Girolamo Ascanio Zustignano luogotenente generale della Patria del Friuli, In Vdine : per gli heredi Schiratti - 81, [3] p., [1] c. di tav. : antiporta xilogr. ; 12o. - Fregio sul front. - Per il nome dell'autore del libretto, Giovanni Apollonio Apolloni, cfr. ICCU Indice SBN - Pubblicata presumibilmente nel 1673, come si desume dal titolo - Segn.: A-Baa Ca8 - Impronta - e-o- c.ia r,te HoOn (3) 1673 (Q) - Localizzazioni: Biblioteca nazionale Braidense - Milano.
Le prevenzioni della Chiesa e dell'opinione corrente sulla scarsa moralità di siffatte ARTISTE non inibiva a loro la facoltà di raggiungere gloria, successo e denaro...certo non fruivano di nomea elogiativa in senso morale: ed in conseguenza di ciò le CANTANTI VENNERO ESCLUSE DALLA POSSIBILITA' DI ESIBIRSI NELL'AMBITO DELLE CHIESE, DELLE CANTORIE ECCLESIASTICHE E DELLE CELEBRAZIONI SACRE.
Bisogna però rammentare che la CHIESA CATTOLICA ROMANA, specialmente in epoche di grandi sconvolgimenti epocali (per esempio l' URTO FRA RIFORMA E CONTRORIFORMA o la TEMPERIE ILLUMINISTICA) se aveva preso posizione sulla LICEITA' O MENO DELLE RAPPRESENTAZIONI MUSICALI CANTATE ed ancora su CANZONI E DANZE PRATICABILI E NON aveva sempre esternato OPINIONI CONTRADDITTORIE in merito alla pur accettata fruizione di CASTRATI, SPADONI ED EUNUCHI (vittime sempre della miseria e dell'avidità dei genitori) quali CANTANTI dalle VOCI BIANCHE (SOPRANO) in luogo delle "DONNE CANTANTI PROFESSIONISTE O NON": del resto nonostante nella Cappella Pontificia ai primi del XX secolo si sia esibito l'Angelo di Roma, il Moreschi, meglio noto come ULTIMO DEI CASTRATI, il grandissimo ma ribelle settecentesco FARINELLI da non pochi religiosi e prelati fu accusato di sedurre e condizionare ai suoi appetiti sessuali, con la propria voce da SIRENA, donne altrimenti pudibonde ed estranee al fascino della sua persona).
Nell'IMMAGINE sopra riprodotta da TESTO CANONICO DEL XVIII SECOLO si può scorrere l' INDICE DELLE VOCI SULLA LICEITA' E NON DELLA MUSICA IN CHIESA: per leggere compiutamente i vari ARTICOLI è necessario CLICCARE QUI
Lo stesso INTERPRETE ECCLESIASTICO (in questo caso libro VI, voce luxuria alle col. II, nn.86-87) scrive poi: "Peccano in maniera mortale tutti quelli che redigono libri, canzoni o trattati di contenuto osceno, alla stessa stregua sono colpevoli coloro che compongono commedie turpi o effigiano dipinti che eccitano a lussuria e sensualità. Si rendono essi mortalmente peccatori atteso che, come essi sanno, diventano rovina spirituale per molti in forza delle loro opere e nello stesso tempo, cosa che debbono apprendere se non la sannjo, si eleggono a rovina dei moltissimi che se tentati, non possedendo animo fortissimo, possono cadere nel peccato. Di modo che tutti questi autori di opere blasfeme debbo ben esser messi al corrente che di fronte all'Eterno saranno imputati di tanti peccatimortali per tutte le persone della cui rovina si saranno resi colpevoli o variamente respondabili..." Ed annota "Per quanto CORI e DANZE CORALI non manchino di pericoli, di per se stessi non sono cose malvage nè libidinose ma ragioni di collettiva letizia a patto che si tengano sempre nei luoghi opportuni e nelle circostanze non proibite, evitando contatti e gesti lascivi come qualsiasi altra venerea tentazione..."
L' INTERPRETE ECCLESIASTICO (in questo caso libro VIII, voce processiones, p.1 col. I, n. 10) scrive inoltre : "Nella Festività del Corpo di Cristo non debbono cantarsi canzoni di argomento profano...".
Onde non cadere in luoghi comuni, occorre precisare che gli INTERPRETI ECCLESIASTICI (in questo caso libro VII, voce patria potestas, p.157, col. I, n. 27), prescindendo dalla fruizione di EVIRATI quali VOCI BIANCHE nelle CANTORIE in vece di DONNE SOPRANO, hanno sempre emesso giudizi riduttivi e comunque decettivi su CASTRATI, SPADONI, EUNUCHI pur facendo emergere una distinta classificazione. In merito al passo citato la loro figura risulta recuperata valutandone il diritto o meno di procedere all'ADOZIONE di altri.
Il testo, che commenta l'Instit. de adoptionibus, n.9, sancisce:"Da quanto scritto emerge che solo gli SPADONI hanno la facoltà di procedere ad un'adozione, cosa che al contrario non risulta consentita ai CASTRATI. E, proprio dalla continuazione di tale lettura, si evince la ragione di ciò, tenendo fermo che la denominazione di SPADONI è pertinentemente attribuita a quanti tramite coltelli o spade sono stati privati di testicoli o genitali mentre la definizione di CASTRATI spetta a tutti quelli che sono nati così malformati, risultando da sempre inetti alla generazione. La RAGIONE che coimplica tale differenziazione di trattamento a fronte della facoltà o meno di adottare, stante la citata distinzione innata fra SPADONI e CASTRATI, si intende soppesando i dettami della Glossa al summenzionato testo in forza della quale si precisa che senza dubbio è più formidabile e definitivo l'impedimento arrecato dalla natura rispetto a quello procurato da vari accidenti quali violenze o scelte particolari degli uomini...E' pur vero che, nell'accezione del parlar volgare, i termini CASTRATI, SPADONI ed EUNUCHI son tra loro SINONIMI. Ma a tal proposito è d'uopo avvertire che i Sacri Canoni espressamente vietano la VOLONTARIA CASTRAZIONE e conseguentemente dichiarano irregolari i Castrati...Il Pignatell. l. 7, consult. 66 e l' Ursaya, Inst. crim., lib 2, tit 5, a numer. 162 enumerano quindi le motivazioni per cui i Sacri Canoni detestano la CASTRAZIONE: I, In primo luogo perché la resezione dei pomi dell'amore avviene con gran pericolo di perdere la vita. II, Qual seconda motivazione per il fatto che alle persone sottoposte a tale menomazione o così nate finisce col difettare l'intelletto ed in sua vece subentrano piuttosto malignità e pusillanimità, indebolendosi parimenti la costituzione fisica, cosa che esperimentalmente si è potuta constatare in animali soggetti a castrazione.III, E quindi, quale ultimo e terzo luogo, occorre dire che la ricerca dei piaceri sessuali non scema affatto in questi individui ma semmai acquisisce impensabili energie atteso soprattutto il concorso delle donne che, frequentando lussuriosamente costoro, sanno ben d'evitare ogni pericolo di concepimento.















I TRINITARI (importante espressione del FENOMENO CAVALLERESCO RELIGIOSO) sono un Ordine religioso (nome ufficiale "Ordo SS.Trinitatis redemptionis captivorum") fondato da S.Giovanni di Matha e da S.Felice di Valois nell'eremo di Cerfroid (diocesi di Meaux-Francia) nel XII secolo.
Eretti i primi tre conventi i fondatori si recarono a Roma per ottenere da Papa Innocenzo III nel 1198 una propria REGOLA.
Nel 1213 esistevano già una quarantina di conventi tra Francia, Spagna, Italia, Portogallo, isole britanniche, Grecia, Cipro, Gerusalemme ecc.
Nel 1244 le case erano salite a 600.
L'Ordine fiorì soprattutto in Francia (100 conventi) e nelle isole britanniche (40): dalla PROVENZA l'Ordine esercitò un certo influsso sulla Liguria ponentina sì che tuttora a TAGGIA si può ammirare la CHIESA - ORATORIO INTITOLATA ALLA SANTA TRINITA' e per questo detto ORATORIO DEI TRINITARI ma sulle cui particolarità e sulla cui vera identità cultuale e culturale, con il vero nome di ORATORIO DEI ROSSI ha indagato e scritto con competenza Antonio Zencovich [non è comunque da dimenticare l'analoga, più recente ma altrettanto importante, CONFRATERNITA DEI TRINITARI istituita presso la CHIESA CONVENTO DI S. CROCE o SANTUARIO DEL MONTE CALVARIO IN PORTO MAURIZIO].
Specialmente nel XVII secolo la storia e la vita dell'ORDINE furono segnate da una serie pubblicazioni, alcune ormai piuttosto rare, come questo prezioso VOLUME del 1637 che racchiude fra le sue pagine le vicende istituzionali e storiche dell'ORDINE, l'elenco dei PREVILEGI e dei DOVERI dei Confratelli il regolamento e le sue modificazioni attraverso i secoli, la rassegna completa delle Bolle papali concernenti l'ORDINE con l'indicazione delle varie indulgenze, dei doveri degli ascritti, delle opportune indicazioni sulle manifestazioni processionali e liturgiche.
Le riforme illuministiche di Giuseppe II posero fine all'esistenza dei conventi di TRINITARI in Serbia, Polonia, Rutenia, Austra, Ungheria, Boemia ecc.
In Italia tali conventi vennero soppressi da Napoleone dopo le sue conquiste.
In Spagna e Portogallo la soppressione -per ordine dei Governi- data invece dal 1835.
L'Ordine è lentamente risorto in Italia dal 1870 (in Spagna dal 1879) e si è sparso in varie contrade del mondo.
SCOPO dell'Ordine era quello di RISCATTARE i cristiani caduti prigionieri dei musulmani e ridotti in SCHIAVITU'.
L'ORDINE ne otteneva la libertà sia pagandone il prezzo sia scambiandoli con prigionieri infedeli.
I mezzi forniti per il riscatto erano le elemosine raccolte da speciali collettori.
Un terzo di esse serviva per il mantenimento dei religiosi dell'Ordine, un terzo valeva per il riscatto degli schaivi dei musulmani ed un terzo ancora serviva per la manutenzione di quegli OSPEDALI che l'Ordine dapprima curò per il ristoro dei PELLEGRINI e quindi come vere e proprie STRUTTURE DI CURA E DEGENZA.
L'Ordine ebbe varie suddivisioni nei secoli.
Nel 1578 i padri Claudio Aleph e Giulio di Nantoville per desiderio di maggior perfezione vollero tornare all'austerità originaria ottenendo l'approvazione da Gregorio XIII.
Si costituirono le branche degli SCALZI e dei CALZATI.
Nel 1599 il beato Giovanni Battista della Concezione (1561-1613) si staccava dai CALZATI.
Papa Clemente XIV riuniva poi le varie branche sotto il nome di CANONICI REGOLARI DELLA SS.ma TRINITA'.
I TRINITARI vestivano di bianco e poratavano sul petto una croce rossa e azzurra mentre la cappa ed il cappuccio erano neri.
In Francia erano anche detti "Mathurins" visto che il loro principale convento era dedicato a S.Maturino.
Diversi furono i rami femminili dell'Ordine.
Le TRINITARIE OSPEDALIERE votate all'assistenza degli infermi sorsero nel XIII secolo e parteciparono del vasto fenomeno delle strutture ospitaliere collegate al fenomeno dei PELLEGRINAGGI DI FEDE.
Nel '500 queste si fecero suore di clausura prendendo nome di TRINITARIE CALZATE.
Le TRINITARIE SCALZE furono istituite nel 1609 dal beato Giovanni Battista della Concezione.
Le RECOLLETTE TRINITARIE furono poi istituite nel 1681 dalla Venerabile Angela Maria della Concezione.
Bibl: AA.VV., Dizionario degli Istituti di perfezione, Roma, 1978.



i testi di questo sito sono stati scritti dal Prof. Bartolomeo Durante
Si precisa inoltre in particolare che questo lavoro non è a scopo commerciale ma di divulgazione culturale e per uso documentario
- Professor Bartolomeo Durante