cultura barocca
 
 
 
 

Bertelli Martini Camilla

BERTELLI MARTINI, CAMILLA

BERTELLI MARTINI, CAMILLA> Aprosio, in varie occasioni fu tacciato di antifemminismo e misoginia, ma in effetti la sua postazione antidonnesca, specie negli ultimi anni, risultò piuttosto mitigata. Negli ultimi anni della sua vita trovò anzi conforto proprio in una donna letterata, la poetessa Camilla Bertelli Martini che, nata a Roma, aveva poi sposato un Martini appartenente ad una fra le più nobili famiglie di Nizza, città in cui prese a risiedere, recandosi poi frequentemente a visitare la biblioteca Aprosiana sia per consultarne i rari volumi sia per contattare direttamente Angelico da lei ammirato come nome illustre della cultura italiana del tempo. Peraltro la casata Martini di Nizza aveva parecchi interessi economici in Ventimiglia: la Bertelli Martini, dapprima da sola e poi insieme al dotto figlio Giovanni Francesco Martini, ebbe occasione di conoscere la “Libraria intemelia” ed il suo prestigioso custode in occasione dei soggiorni estivi che faceva nella sua “villeggiatura di Latte”, dove cioè la sua nobile famiglia possedeva una residenza agreste idonea per le vacanze e per sfruttare la quiete e l’ottimo clima del luogo. Proprio nella prebenda o proprietà episcopale di Latte la colta signora ebbe occasione di contattare l’Aprosio, ivi convocato (forse su sua richiesta) dal vescovo di Ventimiglia Mauro Promontorio (1654-1685). Non è però da escludere che lo stesso Aprosio abbia caldeggiato l’incontro indotto dalla fama di letterata della donna citata in modo lodevole da Prospero Mandosio nella sua Biblioteca Romana (p.139) in cui viene definita autrice di una raccolta di poesie dal titolo Italicorum Carminum Volumen, posseduto e letto da Angelico.
Aprosio, col tempo, acquisì tanta stima per la Camilla Bertelli che in una lettera ufficialmente senza data (ma in realtà del 29 marzo 1672), rispondendo ad una missiva del 29-III-1672, scrisse ad Antonio Magliabechi : "...A proposito della Maschera Scoperta, supplico V.S. di farmi gratia di levare la Schurmans e di mettere in suo luogo Camilla Bretelli (sic! per Bertelli) nè Martini di Nizza” (in Biblioteca Nazionale di Firenze. Ms. VIII 141): era certamente un elogio notevole per la letterata romana, residente a Nizza, essere sostituita nel catalogo aprosiano delle donne letterate ad Anna Maria Schurman da Utrecht (1606-1678), dottissima in arabo, ebraico, greco, latino, francese ed italiano “...li cui caratteri veduti da me nella Filoteca di Gio. Friderico Gronovio (già professore nell’Accademia di Daventria, ed al presente di Leyda) fanno vergogna alle stampe de’ Plantini, de Blaew, degli Haelij, e degli Elzeviri...”(MS VI 29, in Biblioteca Nazionale di Firenze in Maschera Scoperta la soppressione del nominativo dal manoscritto fiorentino, gestito per la stampa dal Cinelli Calvoli ma in consegna presso Antonio Magliabechi , oltre che ad un’effettiva ammirazione da parte dell’Aprosio per la Bertelli Martini poteva però esser stato pesantemente suggerito dallo stesso Magliabechi irritato ufficialmente dal fatto che la Schurman, definita la “Saffo di Colonia” , si era nel frattempo fatta seguace di Jean Labadie che aveva fondata una setta ereticale di “quietisti”,, detti anche “labadisti” (Magliabechi -Biblioteca Naz. di Firenze, lettera del 23 marzo 1672- aveva scritto ad Angelico “....Nelle altre cose mi rimetto alla prudenza di Vostra Paternità Reverendissima, poiché poco importa che la Schurman fosse tale quando ella scrisse poiché...si ha da presupporre [cioè adattare le proprie poesie all’evoluzione delle sue idee religiose] che corregga l’opere nel tempo che le stampa, secondo lo stato...”. Aprosio nonostante una sincera ammirazione per la Schurman -non sarebbe stato impossibile mantenere il suo nome nel catalogo anziché cancellarlo ed accostarvi quello della Bertelli Martini?- nella lettera sopra citata -di poco posteriore a questa ambigua richiesta del Magliabechi- dà in effetti l’impressione (nulla aveva lasciato trapelare, dalle sue lettere, una qualsiasi sua damnatio memoriae della Schurman) d’essersi piuttosto piegato per convenienza (da Antonio Magliabechi lui e Cinelli Calvoli, in defintiva, si attendevano l’aiuto essenziale per la stampa della Maschera Scoperta) alla preghiera del grande bibliotecario mediceo la cui richiesta, data anche l’importanza del personaggio, aveva in fondo i toni di un ordine: valutando tali opportunità e siffatto “consiglio” forse Aprosio -ed è difficile dire quanto volentieri- accettò di inserire al posto di quello della letterata straniera il nome della Bertelli Martini> nell’edizione genovese del 1644 della Maschera Scoperta non compare comunque menzione di “Camilla Bertelli né Martini” che invece risulta citata ben due volte nell’edizione fiorentina del 1671 della Maschera Scoperta e sempre in termini elogiativi che lasciano intendere una conoscenza profonda ed una buona stima da parte dell’erudito bibliotecario di Ventimiglia).
Non è peraltro da sottacere come la Camilla Bertelli Martini (in due sue lettere ad Angelico conservate in Biblioteca Universitaria di Genova, “Fondo Aprosio”, Ms. E.V.27, una del 1676 ed una senza data ma posteriore alla precedente dagli indicatori del contesto) avesse espresso il desiderio d’esser menzionata nelle sue raccolte bibliografiche da Angelico. Quest’ultimo, del resto, in una lettera al Magliabechi (Bibl.Naz. di Firenze, Ms. VII 141), datata “Ventimiglia 27-VI-1678”) dimostrò notevole apprezzamento “per un di Lei galantissimo capitolo in terza rima” e sottolineò come Giacomo Maria di Sanremo, autore molto stimato dalla “Signora”, fosse stato dalla medesima pregato di recarsi all’Aprosiana, in particolare per la fama raggiunta in quanto autore dell’Oceano imboschito, libro in cui si narrava del naufragio del portoghese Emanuele Sosa e che era stato pubblicato a Milano nel 1672 presso la Stamperia Archiepiscopale. L’antifemminismo aprosiano, a rigor dell’esattezza scientifica, fu più umorale che istituzionale e certamente assai collegato all’umiliazione in qualche modo patita dalla Tarabotti: in effetti gli interessi per le “donne colte” non gli mancarono, pur sempre a patto -ben s’intende- che operassero nel campo ristretto della cultura donnesca e religiosa, delle istruzioni della buona madre e della spiritualità in auge (limiti certo ma che, in qualche modo -ad onta di limiti strutturali connaturati e connessi alla temperie socio culturale di appartenenza- dimensionano in termini più moderati -a fronte d’altre, ben più intransigenti postazioni- la misoginia e l’antifemminismo di Angelico). Aprosio, peraltro non mancando di far cenno a quelle “pie donne” che fecero lasciti -secondo l’uso del tempo- per i bene della collettività ed il potenziamento delle pubbliche scuole, si impegnò sempre molto nell’identificare le “donne letterate” antiche della sua Ventimiglia: grazie al Legati riuscì ad individuare in particolare dei versi di una certa “Signora Silvia Ventimiglia” intesa come “di Ventimiglia” a cui proposito il Legati (lettera ad Angelico del 1676 in Ms.E.VI.9 della Biblioteca Universitaria di Genova) annotò: "...della Signora Silvia Ventimiglia di cui sono questi versi stampati in Roma della gloriosa Vergine del Rosario...Tu sola sei la via del ben commune/ Per i nostri affanni sei giusto consiglio/ Tanto si levi il sol, quante si pone/ S’io dormo te contemplo...s’io veglio/ Con questo contemplar l’intenzione/ Teco mi salverà dal gran periglio..., Per lo qual stile mi pare assai antica. la seconda parte delle di Lei Rime sciolte vien citata nell’Indice del Rosario di 500 Poeti...”.

i testi di questo sito sono stati scritti dal Prof. Bartolomeo Durante
Si precisa inoltre in particolare che questo lavoro non è a scopo commerciale ma di divulgazione culturale e per uso documentario
- Professor Bartolomeo Durante