Originariamente per Mansio ("Stazione stradale") si intendevano i luoghi di fermata (SVET.,Caes., 39) e, nel linguaggio militare, la stazione per il quartiere notturno dei soldati (SVET., Tib., 10> la Stazione stradale di COSTA BELENI o BALENA sulla Julia Augusta, oltre ad essere un nodo viario importante per lo smistamento prima delle truppe e, nel lungo, prosperoso tempo di pace, dei traffici, aveva anche il pregio di usufruire di uno scalo marittimo: sì che la sua valenza logistica era particolarmente rilevante)
Durante l'impero la parola venne in genere adoperata, come appunto nel caso di Costa Beleni o Balena, per indicare i luoghi per gli alloggi notturni posti sulle strade maestre a determinate distanze, dove i funzionari dello Stato o personaggi abbienti trovavano case per rifocillarsi e passare la notte e per ricoverare e pascere le loro bestie. Anche gli imperatori ne approfittavano (SVET.,Tib.,10; LAMPR., Alex. Sev., 45) in un tempo ancora successivo la parola finì per indicare la distanza standard da un posto all'altro (intorno alle Mansiones finirono spesso per svilupparsi delle piccole concentrazioni demiche ed accanto agli edifici pubblici o riservati a funzionari statali presero a fiorire, sulla spinta dell'iniziativa privata, popinae e cauponae cioè luoghi di ristoro e ricovero a pagamento accessibili a tutti ed in particolare necessari per i rifornimenti ed il riposo dei tantissimi commercianti e viaggiatori comuni sulle grandi strade imperiali).
A proposito della stazione stradale di COSTA BALENA il notaio di Cosio Castaldi nel XVII sec. redasse nel suo manoscritto Liguria, trascritto da G.L.Bruzzone ed in minima parte ripreso in Albintimilium, antico municipio romano, passim: Costabolene...bisogna che fusse quel luogo che resta distrutto alla marina a levante dove si vedono anchora le vestigia de alcune case, poiché in quella parte anticamente vi passava il fiume Craviolo (Capriolo, antico nome del torrente Argentina) > [nell'esemplare conservato a Torino dell'opera inedita del Castaldi sono indicati i danni causati dal torrente Craviolo dicendosi che "da anni in qua ha causato molto danno ma è pure segnalato il rinvenimento della LAPIDE MARMOREA "Victoriae...invicti Iovis" letta da Teodoro Mommsen nel 1873 e di recente studiata da G. Mennella (C.I.L., V, 7809 = I.L.S., 3070)].
Il più oculato Castaldi indubbiamente riprese e dimensionò alcune osservazioni di Giovanni Verrando di Montaldo, poi Parroco di Caravonica che, in una sua Cronaca del 1551 aveva annotato: "Nei tempi antichi, come dimostrano le stesse rovine, presso il lido del mare, presso le acque lambenti del fiume (di Taggia) sorgeva una città dove i mercanti dal mare ai monti portavano le merci".
Nonostante la fantasia e l'attribuzione delle rovine al mitico centro di Indicia, su cui pure scrisse il Lamboglia, questo Verrando risulta però il più antico testimone oculare delle rovine di un COMPLESSO COSTIERO E PORTUALE (nell'area di Costa Beleni o Costa Balena) su cui nel secolo scorso e poi in questo fecero osservazioni e rinvenimenti il canonico Vincenzo Lotti e soprattutto lo studioso F. MOLON
(vedi in Albintimilium antico municipio romano)
che riprese ed approfondì le osservazioni del Lotti.
I ritrovamenti nell'antico sito della STAZIONE ROMANA DI COSTA BELENI (più precisamente nel giro di CAPO DON) avvenuti di recente (grazie ad una campagna archeologica della Soprintendenza genovese) rimandano a strutture basilicali e ad una NECROPOLI PALEOCRISTIANA di una fase tra IV e VI secolo: sì che qualche ricercatore ha avanzato dei dubbi sulla reale identificazione, se non sull'esistenza stessa di Costa Beleni nella romanità: cosa che di per sè pare già contraddetta dall'indicazione della stessa sulle "carte geografiche" d'epoca tardo imperiale.
Vincenzo Lotti fu il vero archeologo del sito, ai primi dell'800 durante lavori d'ampliamento della Strada della Cornice già voluta da Napoleone.
Nel corso di quei lavori vennero alla luce sepolcri, resti, strutture murarie, reperti e minuterie, andate in gran parte dispersi.
Il Lotti, pur attribuendone parte a qualche struttura monastica, non potè evitare (vista la tipologia) di far cenno ai resti di una grossa struttura romana.
In una sua corposa "RELAZIONE" (vedi ancora in Albintimilium antico municipio romano) ) su questi ritrovamenti (dattiloscritta, una copia in Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia) il Lotti elencò una gran quantità di monete romane che coprono un vasto arco cronologico e che fanno pensare che, in questa zona, dovesse essere esistita una struttura insediativa non solo importante ma abitata e frequentata per lungo tempo: "1- Moneta consolare con la scritta Roma Invicta. Sul retro la Lupa che allatta i due gemelli Romolo e Remo (datata intorno al 160 a.C.)...2-Moneta di bronzo di Augusto ...la coniatura dovrebbe collocarsi a pochi anni prima dell'era cristiana in quanto richiama la Tribunicia Potestas consolidata ad Augusto nel 23 a.C. 3-Medaglia di bronzo di Vespasiano...riporta da un lato la testa dell'imperatore con le abbreviazioni Caes. Vespasian. Aug. P.M.P.R.- PPP (Vespasianus Augustus Pontifex Maximus Pater Patriae Consul III). Sul rovescio della medaglia è raffigurato un personaggio che con la destra rialza da terra una matrona romana genuflessa, con a fianco un guerriero che aiuta la matrona a rialzarsi. Nel giro della moneta la scritta Roma Resurgens. 4-Medaglia di Tiberio Claudio con la scritta Tiberius Claudius Caesar P. M. Trib. Potestatis Imperator. Sul rovescio la Libertà che con le mani sostiene una fascia sulla quale appare la scritta Liberta Augustus. Questi simboli molto probabilmente volevano ricordare la liberazione di tutti i prigionieri politici incarcerati dai suoi predecessori Tiberio e Caligola. 5 - Medaglia di Antonino Pio in bronzo, da una parte riporta la testa dell'imperatore con la solita dicitura, dall'altra parte un'aquila nella posizione di prendere il volo. 6 - Medaglia di Probo in bronzo mediocremente conservata, riporta la testa dell'imperatore e la leggenda abbreviata Caius Pius Felix Imperator. Sul retro un genio che con una mano regge un mazzo di spighe e dall'altra un tralcio di vite. Certamente la medaglia alludeva alla revoca del divieto di piantare viti sancito da Domiziano e le spighe all'opera svolta dall'imperatore a favore dell'agricoltura. Le lettere riportate tendono già allo stile gotico. 7- Alcune monete di Costantino riportanti simboli pagani che dimostrano che la coniatura sia stata fatta prima della conversione". In assenza di uno studio diretto vista la perdita del materiale (ma tenendo conto della riconosciuta onestà del Lotti al di là di certe sue personali interpretazioni) l'approccio migliore a questa documentazione resta quello di A. Sarchi in A.SARCHI-N.CALVINI, Il Principato di Villaregia, Sanremo, 1977, p.25, n. 48: ed indubbiamente pare sorprendente, vista l'abbondanza del materiale (ed il Lotti in altri punti della sua Relazione citò anche altre monete, pure greco-bizantine), che si possa negare che in questo sito non vi fosse stato un qualche importante insediamento romano> Tenendo conto del fatto che le monete furono ritrovate non in un unico contenitore (o "tesoretto") ma sparse sulla vasta superficie degli scavi (senza calcolare - a detta credibile del Lotti- quanto gli operai portarono via furtivamente).
Pare altresì interessante il fatto che si siano ritrovati molti medaglioni, curati da ottimi incisori, multipli di monete di egual metallo e forma di tesaurizzazione e capitalizzazione.
Pure questa segnalazione contribuisce ad indicare l'importanza e la solidità dell'insediamento e l'elevatezza della vita di relazione (a parte l'eventualità di futuri rinvenimenti, attese le ricerche in atto, gli sconvolgimenti ed i ripascimenti del terreno attraverso i secoli hanno indubbiamente alterato la stratigrafia del terreno agricolo): vedi anche G. FRISONE, Monete di Roma Imperiale..., Genova, s. d. (ma fine anni '60 di questo secolo)> Sulle medaglie, su monete di bronzo, rame rosso (ordinario) e rame giallo (ottone) vedi La scienza delle medaglie, Instruz. 2, Venezia, 1728, pp.26 e 35.