INF. B. DURANTE

Sopra l'abbazia di Nervesa in un'immagine antiquaria: vedila ora in una STAMPA D'EPOCA

















"...Le vicende nel territorio di NERVESA si intrecciano indissolubilmente con quei due elementi che per secoli ne sono stati, e continuano ad esserne, le caratteristiche: il Montello e il Piave.
Le prime presenze umane sono testimoniate da ritrovamenti di manufatti litici (cuspidi di freccia, punteruoli, raschiatoi, coltelli) a Bavaria (70.000-40.000 anni). Si tratta di reperti tra i più antichi della provincia. Dopo un lungo periodo di assenza, grazie a condizioni climatiche estremamente favorevoli, gli uomini tornano nella zona a partire dal V millennio a.C., insediandosi in molte aree del Montello. I ritrovamenti sul terrazzamento sopra la grotta del Tavaran Grando sono riferibili ad un villaggio agricolo.
Ulteriori testimonianze, risalenti al IV ed al III millennio, compongono un quadro affascinante di prolungata frequentazione preistorica della parte nord-orientale del colle. Dal greto del Piave sono emersi asce, pugnali, spade e pani di metallo dell'Eta' del Bronzo (1.800-900 a.C.) che, insieme con i ritrovamenti di ceramica del terrazzo sopra il Tavaran, testimoniano la presenza di una comunità ed il suo sviluppo in quell'epoca.
Durante l'Eta' del Ferro la zona venne abitata dalle popolazioni Venete antiche e Montebelluna fu un centro di grande importanza; il territorio di Nervesa, invece, non ci ha restituito che pochissime e labili testimonianze. Numerosi reperti sono conservati nel Museo di Storia naturale di Nervesa .
Durante l'età romana (I° secolo d.C.), Nervesa divenne probabilmente un piccolo insediamento agricolo, posizionato all'estremo nord della centuriazione settentrionale di Treviso. I resti di una villa rustica, databile al IV secolo d.C., confermano anche per il territorio di Nervesa uno sviluppo degli insediamenti agrari simile ad altri nella Marca: merita una nota l'epigrafe sepolcrale che ci ricorda come sia vissuta qui una Tertulla, liberta della famiglia dei Ragonii.
NERVESA ricompare con il proprio nome (Nervesia) in un documento del 994 di Ottone III° , imperatore di Germania, che conferiva ai CONTI DI COLLALTO il dominio feudale su NERVESA e sul Montello.
Nei primi anni dopo il Mille la contessa Gisla e suo figlio Rambaldo III fondarono l'ABBAZIA DI NERVESA dei BENEDETTINI, che verso la fine del secolo ottenne da Rambaldo IV ricche donazioni, e successivamente dai Papi tutta una serie di privilegi ed esenzioni.
Una storia meno fortunata ebbe la Certosa, anch'essa fondata dai Collalto verso la metà del 1300.
Per la sua posizione, a Nervesa sono stati eretti nei secoli castelli e fortificazioni che hanno lasciato tracce nella toponomastica (Castelviero, Castelminardo) e vi si sono svolti numerosi fatti d'arme. Durante il Medio Evo nel territorio si insediarono nuove comunità di origine germanica (Bavaria e la scomparsa Villa Todesca).
L'elemento che maggiormente ha influenzato la storia della comunità è comunque sempre stato il fiume. Il Piave ha costituito per millenni una importante via di comunicazione per il trasporto di legname e dei svariati beni che dalle Alpi ed oltre venivano diretti alla pianura ed alle coste.
A partire dal Quattrocento, con l'unificazione politica del territorio veneto sotto la Serenissima, gli alberi provenienti dal Cadore e quelli tagliati dal bosco del Montello si incrociavano al porto di Nervesa ed al suo passo barca, per proseguire sul fiume, o su carri fino al Sile, verso Venezia.
Sotto il dominio della Serenissima, Nervesa si trasformò da villaggetto agricolo a cittadina arricchita di ville di nobili veneziani, con una popolazione dinamica dedita al commercio, all'artigianato ed alla famosa arte della zattaria , esportata per secoli fin sulla Drava e sugli altri fiumi del centro Europa. Con la costruzione di argini possenti venne infine risolto il problema della inondazioni del Piave, che periodicamente prendevano la via della Piavesella ed andavano ad allagare Treviso.
Anche la vita culturale ebbe un periodo interessante, quando Abbazia, Certosa e Borgo Piave (l'attuale centro) ebbero come ospiti intellettuali e studiosi. Mons. Giovanni della Casa, ospite dell'Abbazia tra il 1551 ed il 1554, vi compose il Galateo.
Nel Settecento Nervesa diede i natali al pittore ed incisore Gaetano Gherardo Zompini (1700-1778), autore delle incisioni dal titolo "Le arti che van per via", quadri di vita popolare di una Venezia ormai declinante.
Come per la letteratura, anche per la pittura, grandi artisti lasciarono la loro impronta. Soprattutto va ricordato il Tiepolo, che affrescò Villa Soderini e Villa Panigai.
Di villa Soderini non resta quasi nulla, come per l'Abbazia e la villa La Rotonda di Bidasio: solo poche rovine testimoniano la passata grandezza. Restano ancora alcune a ricordare questo periodo fiorente.
Il paese prosperò fino alla fine dell'Ottocento quando, nel breve volgere di pochi decenni, tutto cambiò. Il progressivo degrado del Bosco Montello si concluse con la sua spoliazione e l'azzeramento del suo valore economico (Legge Bertolini,1892).
L'imbrigliamento delle acque del fiume per la realizzazione di centrali elettriche ed i massicci prelievi ad uso irriguo portarono ad una considerevole riduzione d'acqua nell'alveo; questa nuova situazione, unita alla realizzazione delle ferrovie in montagna, portarono come conseguenza un repentino abbandono del trasporto su zattera, che cessò definitivamente negli anni Venti.
Ma il colpo di grazia venne tra il 1917 ed il 1918, quando il paese finì in prima linea nella Prima Guerra Mondiale ed i suoi abitanti vennero evacuati.
Nel giugno del 1918 lo Stato Maggiore austriaco, con un esercito ormai allo stremo, tentò l'ultima carta per vincere la guerra, sperando di rompere il fronte italiano del Piave così come gli era riuscito a Caporetto l'anno prima. Venne lanciato un attacco su tre direttrici, due sopra il Montello ed una su Nervesa. Gli austriaci passarono, ma non sfondarono.
La reazione italiana li costrinse a ritirarsi oltre il fiume dopo 5 giorni di violentissimi combattimenti (Battaglia del Solstizio), costati oltre 72.000 vittime tra morti e dispersi (57.000 austriaci e 15.000 italiani) e 96.000 feriti. Il paese fu praticamente raso al suolo.
Al termine della Guerra Nervesa venne ammantata di un'enfasi patriottica alla quale il Fascismo, di lì a poco subentrato, fornì una ridondante cassa di risonanza. Ma la ricostruzione fu dura e faticosa e costò un pesantissimo tributo di emigrazione.
Solo a partire dagli anni '60 il Comune ha sviluppato un nuovo volto industriale ed artigianale, nell'ambito della grande crescita economica del comprensorio pedemontelliano.
Negli ultimi 30 anni Nervesa è diventata meta di un forte turismo domenicale e molti sono gli itinerari che un turista può percorrere per scoprire le bellezze di questo territorio...".