cultura barocca
L'AGRONOMIA DELLA TRADIZIONE ROMANA E MEDIEVALE E IL SISTEMA MONASTICO DELLA GRANGIA BENEDETTINA UN MONASTICO GIARDINO DEI SEMPLICI = IL DIBATTITO SULLE PIANTE NUOVE IMPORTATE DAL NUOVO MONDO

La MEDICINA POPOLARE costituì da sempre un importante patrimonio di conoscenze anche se spesso essa entrò in contrasto coi contenuti della MEDICINA UFFICIALE. Le conoscenze empiriche degli individui, dopo il crollo dell'IMPERO DI ROMA e la dispersione della sua cultura compresa quella MEDICA, risultarono arricchite e razionalmente organizzate dall'avvento dei BENEDETTINI che portarono i contributi della loro sapienza agronomica avvicinando presto la gente alla rivoluzione ECONOMICA DELLA GRANGIA ed a quella "scientifica" di una riscoperta erboristeria per cui avevano imparato ad estrarre (catalogando negli ERBARI le loro acquisizioni) da PIANTE OFFICINALI ("ERBE CURATIVE"), tramite i loro moderni LABORATORI DI DISTILLAZIONE prodotti e derivati veramente curativi. In effetti già nel "CAPITOLARE DI CARLO MAGNO" era elencato il nome delle piante officinali da coltivare: l'opera in effetti era singolarmente ispirata dall'influsso esercitato nel Medioevo sulla medicina dall'erudito e medico teorico romsano Pedanio Dioscoride le cui ricette, sopravvissute alle devastazioni, restarono un patrimonio di sapienza cui si attinse volentieri nell'età di mezzo. Nel CAPITOLARIO vennero elencati i SEMPLICI cioè le piante base dell'erboristeria, quelle che raccolte dall'AROMATARIO [cui era anche dato nome di SEMPLICISTA] erano fondamentali per elaborare delle possibili cure. Erano 16: si trattava dell'assenzio, del crescione, del finocchio, della malva, del fienogreco, del giglio, del ligustro, della lunaria selvatica, del melone, della menta, del pulegro, della salvia, del tanaceto, della santoreggia e del rosmarino. Abitualmente i fermaci ricavati da queste piante, in unione con altre volta per volta utili, erano le TISANE da bere mentre avverso le costipazioni si faceva ricorso ai FUMENTI: affonda in queste radici, contro le affezioni delle vie respiratorie, l'abitudine popolare di far respirare al malato foglie di eucalipto e di tiglio messe nell'acqua bollente. Il finocchio e la genziana erano invece usate contro i disturbi gastro-intestinali. Per guarire dalle affezioni delle vie urinarie si ricorreva invece a tisane di zucca, di radici di canna, dell'erba parietaria o gambarossa, dell'origano e della gramigna.

RITRATTO DA STAMPA COEVA - RACCOLTA PRIVATA































La MEDICINA POPOLARE costituì da sempre un importante patrimonio di conoscenze anche se spesso essa entrò in contrasto coi contenuti della MEDICINA UFFICIALE. Le conoscenze empiriche degli individui, dopo il crollo dell'IMPERO DI ROMA e la dispersione della sua cultura compresa quella MEDICA, risultarono arricchite e razionalmente organizzate dall'avvento dei BENEDETTINI che portarono i contributi della loro sapienza agronomica avvicinando presto la gente alla rivoluzione ECONOMICA DELLA GRANGIA ed a quella "scientifica" di una riscoperta erboristeria per cui avevano imparato ad estrarre (catalogando negli ERBARI le loro acquisizioni) da PIANTE OFFICINALI ("ERBE CURATIVE"), tramite i loro moderni LABORATORI DI DISTILLAZIONE prodotti e derivati veramente curativi. In effetti già nel "CAPITOLARE DI CARLO MAGNO" era elencato il nome delle piante officinali da coltivare: l'opera in effetti era singolarmente ispirata dall'influsso esercitato nel Medioevo sulla medicina dall'erudito e medico teorico romsano Pedanio Dioscoride le cui ricette, sopravvissute alle devastazioni, restarono un patrimonio di sapienza cui si attinse volentieri nell'età di mezzo. Nel CAPITOLARIO vennero elencati i SEMPLICI cioè le piante base dell'erboristeria, quelle che raccolte dall'AROMATARIO [cui era anche dato nome di SEMPLICISTA] erano fondamentali per elaborare delle possibili cure. Erano 16: si trattava dell'assenzio, del crescione, del finocchio, della malva, del fienogreco, del giglio, del ligustro, della lunaria selvatica, del melone, della menta, del pulegro, della salvia, del tanaceto, della santoreggia e del rosmarino. Abitualmente i fermaci ricavati da queste piante, in unione con altre volta per volta utili, erano le TISANE da bere mentre avverso le costipazioni si faceva ricorso ai FUMENTI: affonda in queste radici, contro le affezioni delle vie respiratorie, l'abitudine popolare di far respirare al malato foglie di eucalipto e di tiglio messe nell'acqua bollente. Il finocchio e la genziana erano invece usate contro i disturbi gastro-intestinali. Per guarire dalle affezioni delle vie urinarie si ricorreva invece a tisane di zucca, di radici di canna, dell'erba parietaria o gambarossa, dell'origano e della gramigna.