Quando la Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia tra '600 e primi del '700 era davvero un centro culturale di rilevanza nazionale ed internazionale [ nemmeno escluse le "Americhe" o "Mondo Nuovo" come qui si legge e con cui in forza anche della figura di Giovanni Botero di Benevagienna la Biblioteca ventimigliese fu in grado di tenere rapporti di rilievo sia grazie ad Aprosio che al suo discepolo Gandolfo (anzi, per certi aspetti, fu proprio il Gandolfo II Direttore della "Libraria intemelia" a manifestare il maggior interesse come qui si vede specialmente in rapporto al manoscritto 3 del Fondo Antico della Biblioteca Aprosiana cioè La vida del V. Juan de Castro derivato con altri testi dai rapporti con l'agostiniano Agostino Carillo de Ojeda , attivo nel "Mondo Nuovo" ma detto all'uso del tempo non ancora "Americano" e bensì "Indiano" )] continuarono anche sotto Domenico Antonio Gandolfo svariate relazioni che si temevano interrotte a causa della scomparsa di Aprosio, con la perdita, inevitabilmente, per morte, di vecchi fautori (ma non senza lodi di antichi sodali d'Aprosio ancora viventi) ma anche con l'aggiunta di nuovi = pur assentandosi spesso sino al definitivo trasferimento a Genzano sui Colli Romani il Gandolfo coninuò invece il potenziamento della Libraria con la finalizzazione di opere rimaste incompiute: un aspetto peculiare è che continuò anche a mantenere stretti i già celebri collegamenti aprosiani con l'Accademismo Meridionale e che in particolare fu onorato come si vede nel diploma qui sopra proposto dall'ascrizione alla Accademia degli Incuriosi di Rossano istituita da Giacinto Gimma, erudito e letterato all'epoca di grande rinomanza [non stupisca che il Gandolfo sia detto, nella scrittura a mano, Genuae cioè "cittadino di Genova": capitava all'epoca che si indicasse la provenienza non dalla città natia, quindi Ventimiglia, ma dallo Stato cui questa apparteneva e nel caso la "Serenissima Repubblica di Genova" (Venezia ebbe per prima la denominazione di Serenissima ma nel 1580 l'ambasciatore Giorgio Doria aveva ottenuto dall'Imperatore, Rodolfo II -nella richiesta era il riconoscimento del principio medievale che poneva nell'Impero la suprema fonte del diritto- la concessione del titolo di Serenissimo per il Doge, per il Senato e per tutta la Repubblica di Genova) ]
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