In effetti Aprosio cerca di rivalutare, contro una vetusta opinione pubblica ed erudita, la nomea di Ventimiglia ritenuta città insalubre oltre che provinciale, nomea aggravata dal fatto che per le tracimazioni di Roia/Roya e Nervia la malaria è assai diffusa tanto che i benestanti specie in estate preferiscono lasciare la città per ritirarsi nei loro possedimenti della frazione di Latte certamente dall'habitat migliore ma ciò gli riesce difficile pur com si dice "arrampicandosi sugli specchi" dacché troppi hanno criticato il clima della città sì che lui stesso iniziandone la descrizione deve rifarsi ad un luogo comune scrivendo "[Ventimiglia] Giace sù la falda d'un promontorio imboccata dal vento Siloco, od Euro, il quale venendo a morire in essa, impedito daa monti vicini di passar'oltre, cagiona, che i di lei Cittadini godano aria poco salubre: cosa comune a più d'un luogo della Riviera. Non è però così cattiva, quanto altri se la figurano, e si predica da molti che pure la videro dalla lontana. Non si può negare che molti de' forastieri che ci vengono ad habitare, ci ritrovino la Sepoltura: mà sono di quelli che non si vogliono ricordare ddell'insegnamento del Savio nel Predicatore Cap. VII,. 18. Noli esse stultus, ne moriaris in tempore non tuo, facendo disordini nel mangiare e nel bere che ammazzerebbero un cavallo". Con un procedimento chiaramente erudito e funambolico, attribuendo le morti agli eccessi esistenziali, non può evitare di menzionare il vescovo Promontorio che giunto a reggere la Diocesi si ammalò gravemente dopo quattro anni, essendo però cagionevole di salute e comunque riuscendo a riprendersi conducendo vita sana e con grande riguardo (p. 30) ed anziché proporre immagini ambientali buone di Ventimiglia preferisce anteporle Albenga da lui reputata città decisamente più malsana (p. 32)
(e risultando Albenga danneggiata dallo sfruttamento del Centa per la canapicoltura non nega che tale coltura, causa di inquinamenti, non avvenga anche in area intemelia seppur creando assai meno danni, pur se cita soprattutto la carenza di igiene pubblica (quinta riga dal basso di pag. 37 e prime sette righe di pag. 38) dimostrando di avere coraggio e personalità nell'attaccare pubblicamente i potenti sì da scrivere "[Ma] a quello potrebbero porger rimedio li Capitani, li Commissari, o Governatori, che si appellino: o li Sindici, o siano Consoli della Città, e lo farebbero, se fussero così zelanti del publico, quanto del proprio interesse: Ma mi perdonino se non l'intendono. E che forse nel comune non c'entra l'interesse particolare?(p. 58)". Si appiglia quindi alla gastronomia intemelia citandone la qualità dei vini e la squisitezza delle trote (p. 39) negando, cosa da qualcuno suggerita, la presenza di tormentose nebbie sulla città (pag. 41).
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