NINO GEROLAMO BIXIO
(Genova 1821 - Acien, Sumatra, 1873) da giovane fu marinaio e commerciante.
Quasi in concomitanza con la progettazione della Compagnia Transatlantica di Navigazione [espressione della tradizione assai più antica delle Compagnie genovesi per la commercializzazione oceanica (vedi indice e carte)]è da menzionare il tentativo di Nino Bixio di costituire una Società per il trasporto degli emigranti e l'avvio di un traffico con l'Australia, specie con le sue regioni meridionali: dallo Statuto della Società (qui riportato in APPENDICE) si evince che, nell'ipotesi di un successo, la Compagnia di navigazione detta
Nel 1846 fu a Parigi, introdotto dal fratello nei gruppi di opposizione a Luigi Filippo; nel 1847, tornato a Genova, entrò in rapporto con l'ambiente mazziniano e manifestò idee repubblicane moderate.
Volontario nella guerra del 1848, l'anno seguente, con Goffredo Mameli e Giuseppe Avezzana, difese militarmente la Repubblica romana.
Nel 1850 svolse attività repubblicana in contatto con Mazzini a Londra; nel 1851 entrò nel consiglio direttivo dell'Italia e Popolo e si trasferì a Torino.
Dopo aver tentato un'impresa commerciale in Australia, fu nel 1857 a Genova dissidente da Mazzini e sostenitore dell'aggancio delle forze rivoluzionarie alla politica di Cavour.
Seguì Garibaldi nella guerra del 1859; organizzò la spedizione di Sicilia e comandò il piroscafo Lombardo fino allo sbarco, legando poi strettamente il suo nome all'impresa dei Mille.
Ferito a Palermo (27-V-1860), attraversò l'isola per controllare la resistenza borbonica, represse con durezza la rivolta contadina a Bronte,
fu promosso colonnello e, a capo della 18° divisione, passò lo stretto di Messina (19 agosto) [Faccio sempre fatica a trattare di questo personaggio soprattutto per i terribili "Fatti di Bronte" per cui preferisco rimandare a fonti specifiche sia storiche che letterarie (essendo stato colpito da giovane studente e qual genovese da un giudizio di Cesare Abba, Da Quarto al Volturno. Noterelle d'uno dei Mille il quale si può leggere in questo rimando, precedendo immediatamente pareri di altri celebri letterati seguiti da adeguata bibliografia), che ne riportino compiutamente sfaccettature che non amo e probabimente non saprei trattare doverosamente = del Bixio ne sviluppo, sempre, quando ne devo parlare, la figura dell'esploratore e del commerciante come in questo caso, limitatandomi al minimo per inquadrarne l'operato militare: come piccola giunta posso solo riconoscere che anche nel settore commerciale rivela talora un carattere non facile ed in qualche caso nevroticamente autoritario].
Ebbe una parte importante nella vittoria del Volturno (10 ottobre).
Accettò l'unificazione monarchica sotto il Piemonte e nutrì fiducia nella politica cavouriana: fu deputato di Genova al primo parlamento italiano, sedendo a Sinistra, ma proclamandosi indipendente da ogni schieramento politico: è noto il discorso del 18-IV-1861 con cui tentò di conciliare Garibaldi e Cavour.
Nel 1862 entrò nell'esercito regolare con il grado di tenente generale.
Rieletto deputato di Castel San Giovanni (Piacenza) nel 1865 e nel 1867, si occupò di marina mercantile e di traffici commerciali.
Partecipò alla guerra del 1866, distinguendosi a Custoza.
Nominato senatore (1870) rinunciò alla politica attiva rassegnando il mandato per riprendere la via del mare: fece costruire il Maddaloni e il 6-VII-1873 partì da Messina per Batavia e Singapore.
In dicembre morì di febbre gialla e solo nel 1877 la sua salma fu trasportata a Genova.
[di Sofia Gallo, da: "G.D.E." UTET, Torino, 1992].
LA GENOVESE - SOCIETA' PER L'EMIGRAZIONE
ed operante sotto la "Ragione Sociale Pratolongo, Vignolo e C. (di cui per utilità scientifica, oltre che la RIPRODUZIONE DEL DOCUMENTO ORIGINALE si è ritenuto di proporre le sottoscrizioni dei singoli soci e cioè PRATOLONGO - VIGNOLO - NINO BIXIO - EUGENIO ROSELLINI - FRANCESCO E ANDREA DANERI - GIUSEPPE CARCASSI - FRATELLI DOMENICO E AGOSTINO CHIODO ) avrebbe esteso le sue rotte anche verso le Americhe.
N. Bixio, acquistato il brigantino, da 240 t., poi chiamato G. Mameli, realizzò una spedizione per la Società dallo scalo di Genova il 27/XI/1855: voleva approdare a Melbourne onde commerciarvi un variegato carico (quello che nell'articolo 4° dello Statuto della Società è definito paccottiglie) composto di "marmi, mattoni, liquori e altre mercanzie".
Nel suo Epistolario (a c. di E. Morelli, Roma, 1939, I, p.145) si individua una LETTERA con cui in data 24/V/1856 descrisse alla moglie la fine dell'impresa: "…E là all'orizzonte un'immensa città con una popolazione di 100.000 abitanti almeno, attivi, ricchi di tutte le comodità che la cadaverica Europa non ha saputo adottare, illuminata a gaz, con ricchissimi magazzini come Londra; con caffè che pagano 4 mila sterline all'anno. Quale sorpresa per chi credeva di venire in paese barbaro! E tutto questo fatto in quattro anni, né più, né meno! Da noi una generazione non vede finita una strada! Quale confronto!".
Ma un' ALTRA PIU' ESTESA ED IMPORTANTE LETTERA da Melbourne (16/IV/856), rinvenuta durante lavori di archiviazione nel MUSEO DELLA CANZONE di Vallecrosia (sconosciuta ad Emilia Morelli e quindi inedita), indirizzata ai titolari della società, costituisce un vero trattatello sulla situazione dell'Australia a metà '800: per tale ragione documentaria la si riporta qui TRASCRITTA E COMMENTATA.
Vera e propria anima de La Genovese - Società per l'Emigrazione, Bixio non cessò di finalizzare sempre nuove imprese: in particolare condusse il Mameli, che questa volta aveva imbarcato cento tonnellate di rotaie, alla volta di Newcastle, cittadina della costa orientale australiana, dove si attendeva quel materiale per la realizzazione della locale linea ferrata. Da questa località, quasi subito, Bixio partì con la stiva del bastimento piena di carbon fossile da trasportare a Manila, il cui porto venne raggiunto dopo una navigazione non priva di ostacoli e segnata da un'onerosa alternanza fra tempi di bonaccia e l'insorgenza di pericolosi fortunali.
Il Mameli, che aveva imbarcato ben 352 tonnellate di zucchero, rientrò nel porto di Genova durante il mese di settembre del 1857: aveva percorso una rotta travagliata che lo aveva portato a superare, via via, lo Stretto della Sonda, il Capo di Buona Speranza e finalmente lo Stretto di Gibilterra.
Dalla nave scese un Nino Bixio oltremodo soddisfatto che non impiegò troppo tempo a delineare nuove gesta commerciali. In particolare si soffermò su un ambizioso progetto di duplice portata: per un verso avrebbe voluto mettere la nave a disposizione sia degli emigranti tedeschi (che non si fossero valsi degli scali di Amburgo, Brema e Lubecca) oltre che di quelli italiani (liguri soprattutto e delle campagne padane) e, per altro verso, avrebbe inteso attivare interscambi mercantili con il Nuovo Galles del Sud trasportandovi marmi, olii, paste liguri, formaggi e salumi padani, ripartendone poi carico di prodotti australiani, in particolare lane, cuoi e pelli.
Una serie di sfortunate contingenze inibirono lo sperato sviluppo de La Genovese - Società per l'Emigrazione la cui attività venne meno verso il 1858. Come giustamente ha però scritto Francesco Surdich (I viaggi, i commerci, le colonie, in La Liguria in Storia d'Italia, le regioni dall'Unità a oggi, Einaudi, Torino, 1994, p. 462 e n.12) questa nuova esperienza di Società di navigazione diede frutti su cui vale la pena di spendere alcune parole.
In particolare gli esiti di tale iniziativa (ostinatamente pubblicizzata dal Bixio, uomo severo quanto tenace nel difendere le sue convinzioni) attirò l'attenzione del governo sabaudo sulla realtà geopolitica australiana, al punto che lo stesso Cavour, sia nell'ipotesi di scambi mercantili che per tutelare lo stanziamento degli emigranti italiani, vi fece istituire entro il 1859 un consolato per il disbrigo degli affari civili.
In secondo luogo è da rammentare che se La Genovese - Società per l'Emigrazione cessò di fatto la propria esistenza nel 1858, uno dei suoi istitutori, di cui si legge la firma in calce allo Statuto, Giuseppe Carcassi non si rassegnò al fallimento e cercò di dare una continuità all'iniziativa.
La meta australiana, proprio in forza delle scelte de La Genovese, aveva peraltro finito per assumere un discreto rilevo nel panorama imprenditoriale italiano e soprattutto di Genova. Già nel 1855, con lo pseudonimo di Alberto Libri, l'ancora ventenne Jacopo Virgilio redasse, stampata proprio nel capoluogo ligure, un'operetta dal titolo sintomatico de La guida dell'emigrante. Notizie storiche, economiche, statistiche sull'Australia e pressapoco nello stesso periodo la Casa Morganti, una Compagnia svizzero-italiana che teneva sede in Genova, avallò un piano di collegamento marittimo riservato al trasporto degli emigranti.
Neppure Nino Bixio, peraltro ormai volto verso dichiarati impegni politici e patriottico-guerreschi, non potè far a meno di tornare a più riprese sull'idea di un costruttivo rapporto con il "Nuovissimo Continente": anche per siffatta motivazione (assieme ad Eugenio Rosellini, altro dei soci azionisti de La Genovese) pubblicò, ancora in Genova nel 1857, un opuscolo che portava titolo de Riflessioni sulla pratica della navigazione (a guisa d'appendice completato da una Lettera sull'Australia meridionale di tale Newell W. Squarey, australiano conosciuto ad Adelaide) e dove si rivelava un convinto assertore che l'eventuale apertura del canale di Suez sarebbe stata di estremo giovamento per gli armatori italiani e genovesi in particolare, a patto che si impegnassero nella realizzazione di navi in ferro, di grande tonnellaggio e soprattutto a duplice forza matrice (vela e vapore). Questa giusta predilezione di Nino Bixio per bastimenti veloci e di grandi dimensioni (peraltro già sanzionata dai dettami dell'articolo 6° dello Statuto de La Genovese) fu riproposta dal Bixio in tante altre circostanze, anche ai tempi del suo impegno come politico militante del Regno Unito: a riguardo dei suoi interventi parlamentari sulla marina mercantile fu addirittura redatto un opuscolo, dedicato al ministro dei Lavori Pubblici, Giuseppe Zanardelli, che godette peraltro di un discreto credito (vedi Pietro Delvecchio, Nino Bixio e l'Indo-Cina, Genova-Torino, 1877).