Capitale del Barocco austriaco e luogo di nascita di Mozart, Salisburgo si trova nei pressi del confine con la Germania ed è attraversata dal fiume Salzach e circondata da pittoresche montagne.
La Salisburgo più amata e conosciuta, ricca di pinnacoli, cupole, torri e torrette, è dovuta al mecenatismo di tre vescovi-principi e fu costruita tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. La città vecchia, sulla sponda meridionale del fiume, è un capolavoro barocco di chiese, piazze, cortili e fontane. Musei, case, piazze, cioccolata, liquori, tutto porta il nome del celebre musicista.
Il culmine (letteralmente e metaforicamente) di una gita a Salisburgo è costituito dalla visita alla fortezza di Hohensalzburg, una costruzione dell'XI secolo edificata su uno sperone roccioso che si trova circa 120 m sopra la città.
È quasi una città separata, con tutte le infrastrutture di un piccolo centro autosufficiente, come sale di rappresentanza, camere di tortura, una torre e due musei. Sul lato orientale della città vecchia, il Museo di Storia Naturale contiene le consuete mostre di flora e fauna, esposizioni a carattere scientifico con attività pratiche e alcuni raccapriccianti esempi di malformazioni. Per completare questa allegra esperienza, si possono visitare le catacombe del cimitero dell'Abbazia di S. Pietro (IX secolo).
LA GUERRA DEI TRENT'ANNI (1618-1648)
[testo, con integrazioni multimediali, ripreso dall'ottimo saggio
La guerra dei trent'anni (1618-1648)
di Andrea Cerioli]
1- 1555: Pace di Augusta
2- La guerra degli uscocchi
3- L'Europa e la guerra del Palatinato
4- L'intermezzo danese
5- Guerra totale
6- L'intervento della Svezia
7- La “guerra di diversione” della Francia
8- la morte di Gustavo Adolfo
9- Disfatta degli Asburgo - esaurimento delle forze - le operazioni per la pace
La guerra degli uscocchi
La difesa della frontiera austro-turca era parzialmente affidata ai rifugiati dei Balcani, che avevano trovato asilo nei territori asburgici.
Essi erano chiamati uscocchi (parola serba per “rifugiati”).
Alcuni di loro si insediarono nei piccoli porti della costa orientale e conservavano la zona libera dalle navi turche, ma sfortunatamente anche da quelle cristiane: nessuna nave era al sicuro dai loro attacchi pirateschi.
Il loro obiettivo privilegiato erano le navi dei mercanti veneziani.
La Repubblica di Venezia tentò prima di difendere le proprie navi con flotte più consistenti, poi decise di attaccare direttamente e nel dicembre del 1615 le sue truppe assediavano Gradisca.
Nello stesso tempo gli agenti veneziani organizzarono all'estero una campagna diplomatica per procurarsi alleati nella lotta contro Ferdinando.
La Repubblica Olandese invia allora aiuti militari ai veneziani; più tardi giunse anche un contingente di volontari inglesi.
Nel frattempo una flottiglia di navi inglesi ed una olandese presidiavano l'Adriatico impedendo così che arrivassero degli spagnoli di Napoli in aiuto a Ferdinando.
Anche per via terra gli aiuti a Ferdinando erano negati: nel ducato di Milano era scoppiata la “guerra di Mantova”: si era aperto il conflitto per la successione al feudo di Mantova.
I pretendenti erano il fratello del duca Francesco (sostenuto dagli Asburgo) e la figlia di Francesco (che chiese aiuto alla Savoia).
Solo la Spagna era in grado di fornire i rinforzi necessari ed ora la cessione dell'Alsazia e dei due enclaves imperiali (Finale Ligure e Piombino) alla Spagna sembrava un equo prezzo da pagare in cambio del riconoscimento spagnolo della legittimità di Ferdinando come erede di Mattia.
Nell'inverno 1617-18 Ferdinando venne nominato sovrano designato e la corte imperiale si ritirò a Vienna lasciando un governo di reggenti a Praga [L'elezione imperiale doveva essere poi confermata dal pontefice, che procedeva all'incoronazione ufficiale.
In origine, tutti i principi dell'impero partecipavano all'elezione del re, ma nel 1263 il papa Urbano IV emise due bolle che limitavano tale privilegio a sette principi.
Tuttavia, l'autorità e la composizione di tale elettorato non furono stabilite definitivamente fino al 1356, quando con la Bolla d'Oro l'imperatore Carlo IV nominò gli arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri e quattro laici, il margravio di Brandeburgo, il duca di Sassonia, il conte palatino del Reno e il re di Boemia.
Nel 1623 il voto del duca di Baviera fu sostituito a quello del conte palatino del Reno, poi riammesso nel 1648.
Gli elettori salirono a nove nel 1692, quando fu ammesso anche l'Hannover, per tornare a otto con l'estinzione dei duchi di Baviera nel 1778].
Agendo sui reggenti di Praga, Ferdinando introdusse una serie di misure provocatorie: controllo dei libri stampati, vietò il ricorso a sussidi da fondi ecclesiastici per pagare i ministri protestanti e infine proibì l'ammissione di non-cattolici a cariche civili.
I leader boemi decisero di opporre resistenza all'imperatore e si attendevano una mobilitazione di massa per la loro causa da parte degli alleati stranieri, ma se le nazioni si potevano permettere di venire in aiuto di uno stato indipendente, non altrettanto potevano fare con dei ribelli.
La fase boema
Il 5 marzo del 1618 gli Stati rappresentativi del regno di Boemia convocarono un incontro per discutere la politica antiprotestante dei reggenti.
Il nocciolo era la predilezione del re per i prelati cattolici nella cessione di terre.
L'assemblea venne immediatamente sciolta da Mattia, ma due mesi più tardi se ne apri un'altra, chiusa anche quella.
L'ordine di chiudere un'assemblea sembrava incostituzionale e provenendo dal consiglio dei reggenti che sedeva a Hradschin i delegati protestanti si recarono a palazzo e defenestrarono due reggenti e un loro segretario.
L'esercito imperiale era impegnato nelle guerre contro gli uscocchi e Mantova e quindi non disponeva di uomini per sedare la rivolta di Boemia.
Gli Stati generali della Boemia, come seconda mossa, fecero domanda di essere ammessi nell'Unione protestante ed offrirono la loro corona a chi prestasse aiuto (un'offerta un po' doppiogiochista).
Comunque si fecero avanti il duca di Savoia, Bethlen Gabor di Transilvania, l'Elettore della Sassonia (Giovanni Giorgio) e Federico del Palatinato (sarà quest'ultimo a ricevere la corona).
Nell'estate del 1619 venne posto l'assedio a Vienna, ma grazie agli aiuti della Spagna e del Papato venne tolto quasi immediatamente.
Un confitto generale sembrava inevitabile allo scadere della tregua dei Dodici anni in Olanda.
L'impressione era che se la rivolta boema fosse stata repressa, sarebbe finita la libertà religiosa del regno.
Nell'agosto del 1619 Bethlen Gabor diede inizio alla conquista dell'Ungheria asburgica.
Il 28 settembre Federico accettò la corona boema.
In novembre le forze della Transilvania si unirono alle truppe di Thurn (capo dell'esercito dei confederati protestanti e uno dei protagonisti della defenestrazione) e posero il secondo assedio a Vienna.
Offerte di aiuti giunsero da molte parti: arrivò pesino l'offerta del sultano turco Osman II.
L'Impero si organizza
Tattica dell'Impero è acquisire aiuti e disperdere i nemici.
Figura di spicco è l'ambasciatore spagnolo conte di Onate.
Ferdinando II si recò a Monaco da Massimiliano di Baviera (capo della Lega cattolica) per valutare quale aiuto avrebbe potuto fornire alla causa asburgica.
Ma Massimiliano era titubante e Onate convinse Ferdinando ad offrirgli anche le terre conquistate in Palatinato dalla Lega e la promessa che la carica di Elettore sarebbe passata da Federico del Palatinato alla Baviera.
La Spagna aveva un quadro fin troppo chiaro della situazione: se la Spagna non fosse intervenuta in aiuto di Ferdinando II, i ribelli avrebbero affidato il controllo dell'Impero ai protestanti e ciò significava per la Spagna la perdita dei Paesi Bassi e delle posizioni in Italia.
Ma anche un aiuto significava provocare un conflitto destinato a durare per lungo tempo.
Allora Filippo III di Spagna decise che la via più efficace per far allentare la pressione su Vienna fosse quella di creare un attacco diversivo rivolto al Palatinato.
Un esercito di 20.000 uomini partì dai Paesi Bassi diretto verso il Palatinato e comandato da Ambrogio Spinola.
La rivolta dio Boemia si era trasformata nella “guerra dei Trent'anni”.
Ora i diplomatici degli Asburgo avevano convinto alcuni nemici a ritirare i loro sostegni alla causa dei confederati: il sultano turco Osman II, Bethlen Gabor di Transilvania.
Invece il Brandeburgo e la Sassonia vennero neutralizzati dal collasso finanziario.
Il colpo finale alla causa protestante fu inferto dalla Francia.
Anche Luigi XIII aveva affrontato rivolte e altre traversie per mano dei suoi sudditi protestanti, e perciò aveva all'inizio guardato con solidarietà alla situazione di Ferdinando.
Allora venne mandata in Germania una missione diplomatica plenipotenziaria guidata dal duca di Angolueme.
Egli convinse i comandanti dei due schieramenti (Lega e Unione) al cessate il fuoco (trattato di Ulm, 3 luglio 1620).
Ma la tregua aveva dato all'Imperatore un vantaggio decisivo di cui volle servirsi.
Un esercito comandato da conte Tilly si diresse nell'Austria superiore; a settentrione i Sassoni occuparono la Lusazia e ad occidente Spinola avanzò facilmente attraverso il Palatinato.
Perciò le truppe di Tilly e di Massimiliano di Baviera avanzarono inesorabilmente all'interno della Boemia.
L'8 novembre 1620 i ribelli tentarono una disperata resistenza alla Montagna Bianca, proprio sotto le mura di Praga.
Solo un'ora ci volle ai cattolici per assicurarsi la vittoria.
La rivolta boema era terminata.
L'Europa e la guerra del Palatinato
Alcuni sostenitori attivi di Federico in Germania abbandonarono la causa (Cristiano di Anhalt e Ansbach conclusero la pace con l'imperatore nel 1621).
Solo un manipolo di principi continuavano a sposare la causa del Palatinato: i duchi di Sassonia-Weimar e Cristiano di Brunwick-Wolfenbuttel.
Cristiano di Danimarca tendeva a non esporsi e nel 1621 proclamò che sarebbe intervenuto solo se sostenuto dall'Inghilterra.
In questo modo l'Inghilterra diventava fulcro della diplomazia del Palatinato, e di tutti i protestanti.
Nel 1621 Giorgio I d'Inghilterra tentò di negoziare una sospensione generale delle ostilità nell'Impero, come primo passo verso il riassetto totale, nel quale contava di ottenere la restaurazione di Federico nel Palatinato in cambio della rinuncia alle sue pretese boeme.
Ma Federico non si convinceva a rinunciare incondizionatamente alle proprie rivendicazioni boeme.
Nel maggio del 1621 l'Unione protestante si sciolse.
Alla fine dell'estate del 1621 Tilly guidò l'esercito della Lega nell'Alto Palatinato e lo occupò.
Alla fine anche Federico era pronto a negoziare, ma i cattolici vittoriosi non avevano tuttavia più interesse a intavolare negoziati.
L'imperatore aveva promesso grandi ricompense a Massimiliano di Baviera - soprattutto la cessione sia dell'Alto Platinato sia del titolo di Elettore - in cambio di assistenza militare contro Federico.
L'offerta era stata fatta avventatamente, dando per scontato che Massimiliano non sarebbe riuscito mai a mobilitare un esercito abbastanza forte da sedare una rivolta senza farsi aiutare: ma dopo la Montagna Bianca, prima o poi il debito andava pagato.
Ferdinando promise dunque di dare corso al trasferimento della carica elettorale nella successiva Dieta imperiale, con l'approvazione di Sassonia e Spagna.
Ma il governo spagnolo era ostile alla cessione del titolo.
Nonostante ciò a gennaio del 1623 una ristretta assemblea di principi si riunì a Ratisbona per ratificare la cessione: Ferdinando concesse a Massimiliano il titolo, ma a lui solo e senza possibilità di trasmetterlo ai suoi eredi; comunque il problema del Palatinato continuava ad essere irrisolto.
La cessione era più di quanto la maggior parte delle potenze europee fosse disposta a tollerare.
Federico, una volta deposto trovò più alleati che mai.
Federico progettò un nuovo attacco all'imperatore per riprendersi terre e titoli, Tilly glielo impedì (Stadtlohn, 6 agosto 1623).
Federico alla notizia della disfatta del suo esercito, rinunciò a ulteriori ambizioni militari, cedendo senza riserve la propria causa alla meditazione di Giacomo I d'Inghilterra.
Quest'ultimo cercava un'alleanza con la Spagna (attraverso il matrimonio spagnolo di suo figlio Carlo) per accomodare la questione del Palatinato.
Ma la Spagna in cambio chiedeva la riconversione al cattolicesimo di Carlo e dell'erede di Federico.
Le trattative si conclusero immediatamente e l'Inghilterra cercò di avvicinarsi alla Francia per organizzare una sedizione militare congiunta che riconquistasse il Platinato al deposto elettore.
Federico aveva sondato anche la possibilità di aiuto dalla Svezia: il re Gustavo Adolfo era notoriamente favorevole alla cosa, ma il resto del consiglio svedese, capeggiato da Oxenstierna, considerava più pericolosa la Polonia della Germania.
A questo punto la Francia si rese conto che stava per sostenere la causa protestante quando invece la sua confessione era quella cattolica e Richelieu respinse i tentativi di Massimiliano di Baviera di mettersi sotto la protezione francese in modo da sganciarsi dagli Asburgo.
Fu in parte per questo che Richelieu si risolse a concentrare i suoi sforzi in Italia piuttosto che in Germania.
In questa fase così delicata, una nuova potenza arrivò a salvare il Palatinato: l'ambizioso e ricco Cristiano IV di Danimarca.
Alla morte di Gustavo Adolfo gli obiettivi bellici della Svezia erano stati raggiunti.
Oxenstierna era convinto che la Svezia dovesse uscire dal conflitto, ma pace in che modo? Pace a quali condizioni?.
La Svezia doveva negoziare la pace da una posizione di vantaggio.
L'interesse principale della Svezia doveva essere quello di garantirsi da eventuali aggressioni da parte della Danimarca e soprattutto dalla Polonia.
Il rifiuto della Svezia alle sue pretese sulla Pomerania implicò il netto rifiuto di Giorgio Guglielmo del Brandeburgo di unirsi alla Lega di Heilbronn.
La strada per la disgregazione della Lega di Heilbronn era aperta.
A questo punto la Germania centrale era perduta e a Oxenstierna appariva evidente che l'unico sostituto valido a Heilbronn era la Francia.
Ma un'alleanza francese avrebbe sbarrato la strada a qualsiasi pace separata.
Fu questo il dilemma col quale Oxenstriena continuò a confrontarsi fino alla decisione finale del 1641.
Nel marzo del 1636 stipulò il trattato di Wismar che gli garantiva - se ratificato - l'alleanza francese; ma egli fece in modo di non firmarlo.
Solo nel 1638 il trattato di Wismar venne ratificato col trattato di Amburgo: vincolava ognuna delle due parti a non concludere paci separate per altri 3 anni, e dotò la Svezia dei sussidi di cui aveva urgente bisogno.
Nel 1641 l'alleanza venne di fatto rinnovata e la Svezia, in cambio di sussidi più frequenti, si impegnò a combattere a fianco della Francia per l'intera durata della guerra.
Nel frattempo, il 15 febbraio del 1637 Ferdinando II morì, con la conseguenza che l'epocale tragedia nota sotto la denominazione di GUERRA DEI TRENT'ANNI perse un'altro protagonista di rilievo.
A Ferdinado II come IMPERATORE successe dunque il figlio FERDINANDO III, il quale pur proseguendo in Germania la politica del padre, fu sempre meno disposto ad impegnare i suoi eserciti e le sue finanze a favore della Spagna, che entrava proprio allora in una situazione di crisi interna.
A questo punto in merito alle vicende della Guerra dei Trent'anni stupisce che APROSIO, attento ad ogni evento, non abbia mai parlato di siffatta terribile guerra che andava insaguinando l'Europa ed anche le contrade che stava in quest'epoca visitando.
Il frate intemelio in effetti ne la sua Biblioteca Aprosiana parla, a pagina 75, di tempi di turbolenza ma non specifica altro, anzi trattando della sua città e quindi della frontiera occidentale ligustica, dà puttosto l'impressione di riferirsi al quasi perenne stato di conflitto tra la Repubblica di Genova e il Ducato Sabaudo, cosa peraltro logica, non potendo esser rimasto sordo l'agostiniano agli eventi guerreschi del 1672, proprio di pochissimo precedenti la stampa del repertorio bibliografico.
Questo suo atteggiamento apatista, in particolare per un personaggio curiosissimo e che ha operato in un'area strategica importante, tra Venezia ed i territori dell'Impero impegnato nella sanguinosa guerra dei Trent'anni, sorprende non poco davvero: per esempio, pur avendo soggiornato a lungo in Venezia ed aver operato nel contesto sempre incandescente del territorio dalmatico
E del resto data anche la morale controriformista cui sostanzialmente si ispira il frate intemelio ancora stupisce che nulla dica a proposito delle varie fasi di un
conflitto che contrappone riformati e cattolici anche tramite libelli, non di rado escrologici e riportanti postazioni, da entrambe le parti, sospese tra magia, stregoneria e mercenaria lussuria.
APROSIO, sfidandone anche gli impegni connessi ad un'epoca di turbolenze connessa alla Guerra dei Trent'anni (ma anche ai problemi interni della Francia con la rivoluzione della Fronda) conobbe molti personaggi di rilievo.
In particolare contattò il potentissimo CARDINALE GIULIO MAZZARINO, primo ministro e poi in pratica reggente assoluto di Francia: ma nella Biblioteca Aprosiana sono tante le pagine in cui risultano menzionati POTENTI UOMINI DI GOVERNO, a volte basta scorrere le PAGINE anche a caso.
Il contatto col MAZZARINO non avvenne però per ragioni politiche ma per gli interessi biblioteconomici che interessavano il CARDINALE per il potenziamento della sua biblioteca intitolata MAZZARINA, per la quale Aprosio, richiestone dall'emissario del MAZZARINO cioè GABRIEL NAUDE', prestigioso bibliotecario della "Libraria" del cardinale, stando a quanto si legge ne la
***Biblioteca Aprosiana (pp. 245 sgg.)***
procurò dei LIBRI RARI facendoli poi seguire da altre PUBBLICAZIONI per quanto suggerisce questa RISPOSTA DEL MAZZARINO ad una missiva purtroppo introvabile dell'Aprosio.
Come si legge in altre parti della Biblioteca Aprosiana (si veda al proposito quanto scritto alle pp. 392 - 393 a chiusa di un discorso iniziato a p. 391) Aprosio aveva un'estrema considerazione per la sensibilità culturale esibita ai suoi tempi dati potenti di Francia sia che fossero sovrani, ministri o reggenti.
Torstensson, uno dei comandanti più validi svedesi venne mandato in Germania per vincere la guerra.
Invase la Sassonia e raggiunse la Moravia passando per la Slesia, infine cinse Lipsia d'assedio.
Il 2 novembre si scontrò con l'esercito imperiale e lo mise in rotte.
Dopo quasi un quarto di secolo di guerra, l'imperatore era stato alla fine abbandonato da quasi tutti i suoi alleati tedeschi.
Ora bisognava solo obbligare gli Asburgo a piegarsi all'inevitabile.
La disfatta degli Asburgo
Ferdinando III venne spinto a rispondere positivamente agli inviti di pace dal collasso improvviso e apparentemente totale della potenza spagnola.
I francesi comunque non erano gli unici nemici della Spagna.
La Repubblica Olandese continuava ad essere un avversario temibile, sia in Europa che nell'America del Sud.
Come se non bastasse nel 1640 la provincia di Catalogna si ribellò e di seguito il Portogallo fece lo stesso.
Ma anche la Francia stava ormai incontrando pesanti difficoltà nel sostenere il suo sforzo bellico.
A complicare la situazione francese nel maggio del 1643 spirò anche Luigi XIII dopo che il Richelieu era morto il 4 dicembre 1642: il sovrano ebbe comunque tempo e modo di sostituire il potente ministro con il fidato CARDINALE GIULIO MAZZARINO,
che presto dovette comunque affrontare il sempre più grave problema interno francese della
FRONDA.
Dovunque in Germania si moltiplicavano gli appelli alla pace.
Così per l'inizio del 1643, la pace era certo nell'aria respirata dai partecipanti alla guerra, tedeschi e non, e in breve si aprirono due sessioni di conferenze di pace.
A Francoforte le rappresentanze di molti principi tedeschi, inclusa la maggio parte degli Elettori, si riunirono nel gennaio del 1643 per discutere le questioni esclusivamente tedesche.
La Francia, la Spagna e altri stati cattolici stabilirono la propria sede a Munster; la Svezia ed i suoi alleati a Osnabruck.
L'intenzione di Ferdinando III era quella di tenere le assemblee separate, poiché sperava che i suoi inviati particolari sarebbero stati in grado di condurre trattative a nome di tutto l'Impero.
Ai principi cattolici stava bene, a quelli protestanti no e per questo le delegazioni protestanti si spostarono a Osnabruck.
Le deliberazioni della conferenza in Vestfalia vennero dotate dello status di Dieta, in modo che le decisioni prese in quella sede avrebbero goduto delle prerogative delle leggi emanate dall'Impero.
Nel 1643 la Svezia aveva dichiarato guerra alla Danimarca.
Cristiano IV, il cui desiderio di gloria non era svanito neppure dopo le sconfitte patite, aveva cercato di ostacolare sempre la Svezia occupando il porto di Amburgo, dando rifugio agli avversari politici del governo svedese e depredando le navi svedesi nel Baltico.
Quando si diffuse la notizia che Cristiano godeva di un'alleanza segreta con l'imperatore, la Svezia decise di attaccare per prima.
Le forze di cristiano furono sconfitte e il 23 agosto fu firmata la pace a favore della Svezia.
L'alto comando svedese decise allora di allestire un'operazione in grado di provocare l'immediato collasso della resistenza asburgica: l'invasione della Boemia avrebbe ferito l'imperatore dritto al cuore.
Nello scontro di Jankau (5 marzo 1645) gli imperiali furono sconfitti.
Ad agosto si raggiunse l'accordo secondo cui tutti i principi e le città con un seggio nella Dieta imperiale avevano diritto a una rappresentanza effettiva ai colloqui di pace.
In settembre l'imperatore concesse un'amnistia a tutti i suoi vassalli ribelli.
Il 29 novembre del 1645 il consigliere dell'imperatore nonché capo dei negoziati, il conte Trauttmannsdorf, arrivò a Munster.
I problemi squisitamente tedeschi vennero trattati per primi.
I punti salienti erano: il riconoscimento ufficiale del calvinismo; la restituzione dei terreni secolarizzati della Chiesa e la restaurazione dell'Elettore del Palatinato.
I protestanti riuscirono a restare compatti fino a quando la frammentazione del Corpus Catholicorum non segnò la vittoria per loro.
Un accordo finale su tutte le questioni religiose venne concluso dal Congresso il 24 marzo 1648.
La data di decorrenza per tutte le controversie religiose diventava il primo gennaio 1624.
La tolleranza per il culto privato delle minoranze religiose sarebbe stata rispettata dovunque tali minoranze preesistessero alla data di decorrenza.
In questo modo il principio del cuius regio eius religio venne abbandonato.
Ora il congresso doveva affrontare le richieste delle potenze straniere.
La Svezia adesso voleva anche il Meclemburgo, Brema e Verden, non gli bastava più solo la Pomerania.
La Francia allora decise di rafforzare il Brandeburgo (sempre interessato alla Pomerania) per controbilanciare la potenza della Svezia.
Alla fine la Svezia decide di suddividere la Pomerania e gli restò la parte occidentale più Brema e Verden, cedutegli dalla Danimarca.
Le pretese territoriali della Francia erano più moderate.
Mazzarino chiedeva il riconoscimento delle conquiste fatte nel territorio del Reno e la legalizzazione del controllo francese su Alsazia e Lorena.
A settembre del 1646 fu conclusa la pace preliminare tra Francia e l'imperatore; ma la guerra continuò ancora per due anni.
Furono le nuove richieste di Mazzarino.
I suoi negoziatori a Munster cercavano ora di procurare a Luigi XIV lo status di principe dell'Impero, un'indennità di guerra e una soluzione per la questione del Platinato che non era do nessun vantaggio per la Baviera.
Allora Massimiliano di Baviera rinnovò nel 1647 la sua antica alleanza con l'imperatore.
Fu una mossa imprudente: l'esercito di Massimiliano non costituiva certo una minaccia per la Francia.
Nemmeno gli aiuti imperiali salvarono Massimiliano dalla sconfitta.
La Francia ora avrebbe sfruttato anche questa vittoria per ottenere altri vantaggi se non fosse scoppiata una grave rivolta in Francia (nota come “la Fronda parlamentare”: una serie di rivolte contro la corona francese, consumatesi tra il 1648 e il 1653, sotto il regno di Luigi XIV.
Iniziata come protesta del parlamento di Parigi contro la politica fiscale del primo ministro del re, il potente cardinale Giulio Mazzarino, la Fronda degenerò presto in insurrezione armata.
L'ordine fu ristabilito solo nel marzo 1649, quando le forze governative condotte da Luigi II principe di Condé stroncarono con la forza la rivolta, realizzando intanto un accordo tra parlamento e monarchia.
Nel 1650 fu la volta dell'aristocrazia a ribellarsi all'autorità centrale; l'insuccesso di questo tentativo finì per rafforzare l'immagine e l'effettiva autorità del re.
) Nonostante la Fronda Mazzarino era deciso a proseguire gli scontri finché gli Asburgo d'Austria non si fossero decisi ad abbandonare la Spagna.
Ferdinando crollò: non poteva permettersi di proseguire i combattimenti a solo beneficio della Spagna.
I legami tra Spagna e Austria erano finalmente indeboliti.
La “pace preliminare” tra Svezia e imperatore venne fatta dopo essersi messi d'accordo l'ammontare dell'indennità che spettavano all'esercito svedese: 5 milioni di talleri.
Le condizioni definitive per porre termine alla guerra vennero firmate a Munster il 24 ottobre 1648.
Nell'aprile del 1649, le città imperiali, costrette ad ammettere la parità delle confessioni, ottemperarono alle clausole del contratto.
L'amnistia generale venne proclamata e l'Elettore del Platinato riprese il suo posto nel consiglio degli Elettori.
Il 26 giugno del 1650 i delegati svedesi e gli imperiali firmarono un accordo di ritiro graduale di tutte le truppe, in giorni prestabiliti, dalle aree della Germania.
[Andrea Cerioli].