Ugo Foscolo Ultimo Viandante Antico del "Nervia".
La lettera che Ugo Foscolo attribuì a Jacopo Ortis, infelice protagonista del suo omonimo romanzo, non è fatto solo letterario ma nasce da un'esperienza autobiografica.
La lettera, del 19-20/II/1799, venne ideata sulla base di 2 viaggi foscoliani per le contrade liguri.
Uno avvenne nel giugno 1800 (Genova-Pietra Ligure-Nizza Monferrato-Alessandria) mentre quello che gli fece conoscere Ventimiglia si era svolto nel dicembre 1799 (Genova-Ventimiglia-Nizza): questo ultimo (causato da un grave momento politico, essendo GENOVA provvisoriamente caduta nelle mani delle forze antirivoluzionarie ostili alla Francia, e dalla conseguente fuga di tutti i filofrancesi e filonapoleonici alla difesa di Genova tra cui, assieme allo sfinito fratello Giovanni Dioniso, anche UGO FOSCOLO, che pure aveva avuto "tempo e voglia" di intrecciare una relazione amorosa e poetica con la nobile genovese LUIGIA PALLAVICINI) influenzò la stesura del romanzo, che essendo del 1802 risultò contaminato dall' esperienza del soggiorno foscoliano del 1800 a Pietra Ligure.
Nella lettera il Foscolo descrive un ambiente invernale: le piogge di fine '99 e dei primi mesi del nuovo secolo, con fenomeni alluvionali, sono fotografati nel quadro ambientale di Ventimiglia e terre circonvicine.
Dall'altura delle Maure egli contemplò le acque in piena del Roia, quindi raggiunse il ponte rinascimentale e da una rotonda all'inizio di questo, che tuttora esiste a fianco Sud dell' attuale ponte stradale e pedonale, egli contemplò, come oggi stesso risulta possibile, "i due argini di altissime rupi e burroni cavernosi" che rimandano alle "Gole di Saorgio". A Siestro ed alle Maure egli era giunto per sentieri di altura perché al suo Ortis fa parlare di un viaggio verso Ventimiglia "fra aspre montagne": dice anche che su quei monti sono "molte croci che segnano il sito dei viandanti assassinati": tale preromantica espressione non corriponde al vero sia perché non era consuetudine ligure di seppellire in tal modo sia per il fatto che nessun notaio ha mai registrato nulla di simile neppure in circostanze eccezionali.
Quelle che vide erano le croci disposte verso gli ultimi anni del '600 onde dirimere le controversie di confine tra Ventimiglia ed i borghi rurali o marinari di Camporosso, Vallecrosia, Bordighera, S. Biagio, Sasso, Soldano, Vallebona, Borghetto S.Nicolò: questi cippi a pseudotumulo correvano a fianco delle vie di altura che erano state contestate nel contenzioso, data la loro importanza (vedi "Storia della Magnifica Comunità...cit., Sezione II, 2).
Inteso che nel dicembre 1799 il Nervia in piena aveva tracimato e che il ponte non esisteva più o più non serviva, il Foscolo, giunto a Bordighera, deve aver intrapreso la direttrice interna di sublitorale per accedere da tal paese alla valle del Crosa e quindi giungere da Dolceacqua alla deviazione dal Convento della Mota.
Poiché nella lettera Ortis menziona un percorso su terra brulla, fra ruderi e macigni, è lampante che il tragitto seguito si inerpicasse fra i crinali fino a S.Giacomo e poi Siestro, che probabilmente era noto al poeta, ufficiale del genio, in virtù delle carte militari del GUIBERT, ideate nella Guerra di Successione al Trono imperiale, contro le truppe Franco-Ispane di Ventimiglia ma ancora indispensabili per viaggiare in queste contrade tormentate dalle conseguenze dei conflitti e dei saccheggi.
Stando alla consultazione del poco materiale d'archivio ancora superstite si può addirittura supporre che, FOSCOLO al pari di altri soldati francesi fuggiaschi da Genova destinata a cadere nelle mani del generale austriaco Melas, si sia valso per i suoi spostamenti di carte meno sofisticate della CARTA GUIBERT, per la precisione di MAPPE in cui, piuttosto che alla precisione dei dettagli, si dava credito all'indicazione precisa dei rifugi, delle rovine, dei ponti utilizzabili e non, delle isole fluviali, dei possibili guadi come si può ricavare analizzando, in un Archivio Privato, questa CARTA DELL'AGRO INTEMELIO steda nella II metà del '700 e sicuramente utilizzata da uomini d'arme di tempi e vicende diverse.
Ad una semplice verifica topografica la CARTA per quanto semplicistica rivela alcune utilità di fondo; in particolare avrebbe facilmente mostrato a viandanti, che come il Foscolo o comunque la maggior parte dei fuggiaschi filofrancesi fossero sopraggiunti da est e quind dall'area di Bordighera, una prima postazione fruibile, per quanto semiabbandonata sulla riva orientale del torrente Nervia (la "RIDOTTA ORENGO") con l'indicazione di un duplice possibile percorso: il SUPERAMENTO DIRETTO DEL TORRENTE NERVIA TRAMITE IL PONTE MILITARE IN LEGNO od in utile alternativa la DIRAMAZIONE VERSO LA MEDIA VALLE DEL NERVIA ALLA RICERCA DI UN GUADO PER SUPERARE IL TORRENTE EVENTUALMENTE IN PIENA E CHE PROPRIO IN MEDIA E ALTA VALLE RISULTAVA PIU' GUADABILE DATA ANCHE LA MINORE ESTENSIONE DELL'ALVEO.
L'analisi semantica del brano geografico visualizza comunque, una volta che "Foscolo-Ortis" superate queste difficolta logistiche giunge in prossimità o comunque in vista di Ventimiglia, due osservazioni cronologicamente e spazialmente distinte: precede, nella stesura del testo e nella realtà, quella dal colle di Siestro che lo obbliga ad abbassare lo sguardo verso la città nel fondovalle ,(" laggiù " è il testimone linguistico guida), mentre dal ponte vecchio Foscolo guarda in linea retta, sia al "sentiero" (malamente sopravvissuto sui resti d'un ramo della Giulia Augusta) che Napoleone avrebbe poi trasformato nella STRADA DELLA CORNICE od Aurelia sia alle " Gole": la cosa è peraltro logica in rapporto al complesso viario per cui da Siestro sarebbe dovuto scendere alla frazione rurale della BASTIA-BASTITA, prossima al Convento di S.Agostino donde avrebbe imboccato quel sentiero verso il ponte, che ci descrive come ormai lasciato alle spalle.
Foscolo fu "l'ultimo viandante antico" perchè, seppur indirettamente ed in maniera poetica, ci informa che, dopo gli eventi bellici di metà '700, la via Ventimiglia-Bordighera era " pessima ", come aveva scritto nel'600 Vincenzo Imperiale: in tempi di piena come questi a Bordighera Bassa v'eran paludi, il torrente Crosa non si poteva guadare, ai Piani di Vallecrosia non funzionava più la RIDOTTA GUIBERT (i cui soldati avevano bonificata mezzo secolo prima la contrada, scavando un canale che prosciugasse i laghi salmastri del luogo), dalla cappella di S.Rocco a Camporosso mare il Nervia aveva inondato tutte le terre.
Se Foscolo si fosse fatto condurre per mare dai barcaioli di Bordighera, a prescindere dalla difficoltà estrema in quella stagione per una simile impresa, avrebbe data una diversa prospettiva letteraria alla narrazione ed essendo un fuggiasco da Genova, quasi di sicuro con altri sbandati francesi, non avrebbe avuto ragione di scalare il ripido colle che porta a Siestro. Se avesse invece superato l'improbabile ponte sul Nervia sarebbe giunto a Ventimiglia senza vedere croci o cime brulle: FOSCOLO essendo impaludata la strada Ventimiglia-Bordighera, egli avrebbe comunque potuto dirigersi sul percorso militare del FORTE ORENGO di NERVIA e attraversando le ridotte Stella e Delle Rovine, giungere al Convento Agostiniano di Ventimiglia, rasentando le alture di S. Secondo (percorso usuale pei soldati una cinquantina di anni prima ).
L'impressione finale, quella per cui FOSCOLO si può definire come l' ultimo dei viandanti antichi, é che il Poeta soldato abbia marciato da Bordighera o da prima ancora, valendosi di indicazioni cartografiche militari su questi luoghi allora comunissime: in una carta di Anonimo, coeva di quella del Guibert ed edita nel volume citato, di Capaccio e Durante, Marciando per le Alpi..., è ben registrato il tragitto di sublitorale che da tempi immemorabili aveva costituito un' alternativa alla via costiera. Per mezzo di questo egli era quasi certamente giunto in Dolceacqua dalla valle del Crosa, seguendo la deviazione già descritta in una pubblica relazione genovese del 1629: poi, superato facilmente per il robusto ponte il Nervia, era passato dal Borgonuovo di Dolceacqua al Convento della Muta donde, inerpicandosi per una mulattiera (peraltro indicata nella cartina), si immise sulla strada d'altura lungo la quale fu realizzato nel XVIII sec., durante la Guerra di Successione -integrando antichi fortilizi medievali- un sistema di fortificazioni procedenti, a forma di strumento d'offesa contro Ventimiglia, da Cima Tramontina, Arcagna (area del Convento), Forte Aurino (Cima d' Aurin), Forte Leutrum (quartiere generale, sede di concentramento di truppe), Testa de Magaudi, Forte Monte Patino, Fortificazioni di Siestro, S.Secondo sin al punto limite del Convento di S.Agostino: quest'ultima testa di ponte controllava quindi la strada per Ventimiglia e la rotonda sul ponte del Roia fino alle porte di Ventimiglia medievale ( da lì Foscolo sarebbe andato in Francia a Nizza ).
Il POETA non seguiva però una moderna strada militare tracciata dagli ingegneri di guerra del Barone di Leutrum a metà del '700: in effetti le fortificazioni austro-sarde erano state realizzate su un tragitto molto antico che portava al territorio di Ventimiglia seguendo le dorsali dei monti.
Tale percorso era una DIRAMAZIONE STORICA della via romana di fondovalle e altresì delimitava i territori delle comunità di Ventimiglia e Camporosso: ed ancor più in un passato ormai remoto aveva costituito il TRAGITTO DEI MONACI BENEDETTINI cioè il percorso d'altura di cui si serviavno per congiungere i loro possedimenti, per accedere all'area delle MAURE/MAULE e del S.CRISTOFORO/ S.GIACOMO.
La delineazione di questa DIRAMAZIONE VENTIMIGLIA - VIA DEL NERVIA non è peraltro così misconosciuta dal lato storico e topografico come si è creduto a lungo: dal lato storico infatti ci confortano varie osservazioni, tra cui in particolare gli SPOSTAMENTI BELLICI SETTECENTESCHI DI CARLO EMANUELE III DI SAVOIA mentre sotto il profilo di agrimensori, geografi, geologi e topografi la ricognizione più esauriente è data dalla trascrizione notarile (e quindi legalmente ineccepibile) della RICOGNIZIONE AVVENUTA PROPRIO SU QUESTI SITI nel XVII secolo, allorché dopo lunga controversia, e l'approvazione genovese della MAGNIFICA COMUNITA' DEGLI OTTO LUOGHI in siffatte contrade, con concorso di ufficiali, pubblico di Ventimiglia e delle Ville e soprattutto di esperti agrimensori ed attendibili testiimoni si procedette ad una scientifica visualizzazione dei luoghi per l'applicazione dei CIPPI CONFINARI che garantissero stabilmente e senza più controversie le competenze amministrative (di Ventimiglia o delle Ville) sul complesso sistema di siffatta DIRAMAZIONE TRA VAL ROIA E VAL NERVIA.
Nel 1686, avendo ottenuto il borgo di Camporosso, colle altre ville intemelie, una divisione economica dal capoluogo per l' amministrativo, si dovettero tracciare dei VERI CONFINI cui provvidero il giudice genovese Bartolomeo De Rustici ed il magistrato Geronimo Invrea, che faticosamente risolsero la questione.
Onde stabilire un esatto confine tra Ventimiglia e questo borgo nervino si scelse quell'antico tragitto su cui avrebbe marciato il Leutrum dopo più di sessanta anni e dove Ugo Foscolo avrebbe inventata una Natura tanto cruda.
Il Giovedì 2-V-1686 i rappresentanti di Ventimiglia e Camporosso al seguito del notaio Cancelliere Baldi intrapresero dal Colle della Croce un'ispezione (che sarebbe durata ben 4 giorni) su quei luoghi (analizzando il Testamento del defunto nobile ventimigliese Giovanni Battista Giudice, il Baldi si rese altresì conto che lungo tutta la VIA NERVINA diverse casate patrizie intemelie avevan tenute proprietà, quasi senza soluzione di continuità (utilizzando pure una fondamentale, antichissima DIRAMAZIONE tra val Roia e val Nervia) dalle terre di Bevera ed AIROLE, ai campi alla FOCE DEL NERVIA, ai campi di CIAIXE, ai poderi di PIGNA).
In questa colossale visitazione sui siti per distinguere i reciproci diritti economici, originarimente UN SOLO PRINCIPIO risultava davvero INTANGIBILE e cioè la FUNZIONE "CONFINARIA" O COMUNQUE STRATEGICA attribuita al TORRENTE NERVIA impetuoso CORSO D'ACQUA che, come nel lontano '200, rappresentava, anche con le sue ISOLE, un DISCRIMINANTE di grande importanza logistica -per quanto soggetto sempre a rischi di INONDAZIONI ed a ripetute CORREZIONI E RIPARAZIONI DEI MEDIOCRI ARGINI, intorno al quale si potevano "disegnare" le competenze sia di ordine ecclesiastico che laico e civile.
Le segnature effettive dei termini confinari amministrativo-economici tra Ventimiglia e Comunità delle Ville ripresero quindi Lunedì 20 maggio e Venerdì 24 maggio 1686: il 20 si cominciarono a sistemare 11 CROCI o (Termini) seguendo questa successione: "Capo d'Orino, Case Bonsignore, luogo le Rollande, Collina delli Alessandrei, in altro sito delli Alessandrei, in Collina, li abrighi (leggi dal dialetto = alberi) di Magauda, Bauso dove si dice il Terrogliato, Collina alta chiamata li Balzi, altra parte delli Bausi, proprietà Padri di S. Agostino, Collina contigua tra proprietà Agostino Sperone, Eredi Giulio Gibelli di Camporosso, da Siestro o Silvestro per la costa in confine del bosco del Magnifico Giovanni Francesco Orengo alla scoperta del Vallone di S.Martino" (il termine 11 fatto con tre pietre alte da terra mezzo palmo, guarda la collina delli Chiotti, tutti i termini sono provvisori e dovranno essere sostituiti con idoneo pilastro segnato e numerato, indicante su un lato l'area pertinente Ventimiglia e sull'altro quella delle Ville. Ore 23 sospese per la notte le operazioni).
Il giorno 24 Geronimo Invrea, la sua scorta , il Cancelliere Cesare Baldi ed i rappresentanti delle Comunità apposero le ultime due croci, la n. 12 a le Maore e la 13 nel riano o torrentello (probabilmente il Seborrino che un tempo alimentava l'acquedotto romano) affluente del Nervia dividente le proprietà di Sebastiano Lanfredo di Camporosso ed Ottavio Rosso di Ventimiglia (Manoscritto notaio Lanfredi, pubblicato in Storia della Magnifica Comunità...,cit.,pp.II,2, numeri 17,18,19,20,48).
Confrontando questa rassegna secentesca di luoghi poco occorre a identificarli con quelli della cartografia austro-sabauda del '700: come i magistrati genovesi, Foscolo per arrivare a Siestro, donde avrebbe osservata Ventimiglia ed il Roia, passò davanti alle fortezze abbandonate, presso cui stavano i limiti a croce (mai sostituiti ed individuabili fin a non molto tempo fa) e, forse stupefatto da quella successione (nulla fa sospettare che dovesse riconoscerli per cippi confinari: bisogna semmai rammentare che procedendo per Dolceacqua partendo da Bordighera doveva aver visto numerosi limiti consimili tra questa, Vallecrosia, S.Biagio e Camporosso) li interpretò come tombe di viandanti assassinati ( ma giunge altresì sintomatico che , con poetica intuizione, abbia parlato istintivamente di viandanti e non di soldati o masnadieri, sentendo o da altri intuendo che quella era soprattutto una via pacifica, a parte le recenti drammatiche situazioni).
Foscolo si può definire viandante antico, di quel tragitto antico, perché con lui si chiuse in pratica la storia plurisecolare dei tanti marciatori della storia vecchia: lo eran stati infatti i pastori guerrieri ed i mercanti greci della civiltà ligure dei castellari, i Romani poi, soldati e commercianti dapprima ed in seguito studenti, preti od avventurieri, ed ancora i Barbari e quindi gli innumerevoli monaci d'antica tradizione o meno, gli amatissimi frati mendicanti, i religiosi impegnati nella lotta contro le malattie, i temuti monaci guerrieri, i cavalieri che di lì sarebbero direttamente giunti a Ventimiglia, al I e poi al II porto, alle vie delle Gallie, senza lottare nei tempi infami dei secoli più scuri colle paludi del Nervia, ove la corrente aveva magari spazzato qualche fragile ponte ed i guadi fra isole capricciose eran sempre a rischio nei momenti di piena.
Senza dubbio si tratta di un antrotoponimo per cui il luogo ha preso nome da quello di una famiglia Alessandri (Alessandrei) qui residente o proprietaria del fondo.
Sta per sasso e deriva dalla forma dialettale bauso che rimanda all'italiano balzo: è quindi un geonimo (il sito ha preso nome da una caratteristica geomorfologica del terreno).
Potrebbe trattarsi di un antrotoponimo (Magauda = (tramite magalda) meretrice).
Potrebbe connettersi con un'alterazione dell'antrotoponimo Aurin da Cima d'Aurin.
L' impressione è che il toponimo o nome di luogo LE ROLLANDE sia costituito da un antrotoponimo derivato dal nome di un proprietario locale.
L' uso di apporre CIPPI CONFINARI CRUCIFORMI [ che peraltro ha derivato parzialmente la tecnica dall'uso romano: come sancito nel X LIBRO del giustinianeo DIGESTO] ha finito per influenzare la toponomastica: per esempio un atto del 1655 a riguardo del territorio di Bordighera riporta la dicitura una terra alli Termi, Villa Bordighetta [Catasto (Renzo Villa, p.293, col.I)]: leggi "il sito che ha preso nome dal termine (dialetto u terme) che vi si scorge".
Se si vuole approfondire l'indagine su questi CIPPI molto spesso caratterizzati da una CROCE (anche se variamente elaborati e più o meno sofisticati) ha finito per porre allo storico una serie di interrogativi di non poco conto.
Per esempio se ne sono rinvenuti nel territorio tra VENTIMIGLIA - CAMPOROSSO, nell'AREA DI SEBORGA, nel territorio di TAGGIA, nell'AGRO CONTROVERSO TRA LE COMUNITA' DI CARPASIO E TRIORA.
Esistono forti differenze tipologiche ma dal punto di vista giurisdizionale non sussistono dubbi sulla funzione di questi segni cruciformi.
Un discorso a parte spetta invece su altre forme di incisione di DISEGNI CRUCIFORMI, specie su aree ad alta valenza religiosa e cultuale (sia per la civiltà pagana sia per le successive SCONSACRAZIONI/ RICONSACRAZIONI CRISTIANE, con relativi processi di SOVRAPPOSIZIONE CULTUALI PATROCINATE DA GREGORIO MAGNO): un caso di discussione può essere iniziato dal SEGNO CRUCIFORME individuato a Dolceacqua in un'AREA PROSSIMA ALLA BASE CONVENTUALE DI SANTA MARIA DELLA MOTA.
Renzo Villa nel suo contributo allo studio del cinquecentesco Catasto intemelio )p.293, col. I) cita il toponimo Terugliai, che definisce vitale alla Mortola. Lo stesso autore ad un atto del 1655 rimanda poi la forma Terrogliai (leggesi:Paolo Abbo q. Bernardo possede una terra detta li Terrogliai campile, quartiere Olivetto).