LA MANNA

La MANNA che secondo la Bibbia sarebbe piovuta dal cielo per salvare gli Ebrei nel deserto rimanda ad un fatto potenzialmente accadibile: e della MANNA comunque non ha parlato solo la Genesi ma molti autori antichi si sono soffermarti a parlarne e si va (attraverso scritti qui riportati) dal medico Galeno a Plinio il Vecchio, per risalire, attraverso Avicenna e Giovanni Mesue, sin all'umanista latino Giovanni Pontano
E se le menzioni letterarie della MANNA sono tante occorre ribadire che altrettante sono le piante che generano MANNA, cioè un lattice zuccherino usato spesso dai popoli desertici per scopi alimentari.
Una fra queste è la Tamerice mannifera chiamata Tarfà dai beduini arabi.
Un'altra poi è la Le canora, un lichene che dà talli eduli molto conosciuti nella penisola sinaitica.
Un'altra pianta ancora è l'orniello o frassino, coltivato un po' in tutta Italia.
In Toscana ne sono ricche le campagne senese e pistoiese.
Ma è soprattutto la Sicilia a fornire la MANNA; qui decine di ettari di terreno arso e soleggiato ospitano questi alberi secolari da cui i contadini ricavano questo prodotto.
Tutte le estati i rami più bassi di questi alberi vengono incisi con sapienza da persone esperte, e a livello del taglio viene legato un filo di cotone che dal ramo arriva al suolo.
Nei giorni successivi si assiste a uno spettacolo straordinario.
Migliaia di stalattiti di bianca MANNA partono dai rami incisi per arrivare al suolo seguendo il filo di cotone
. La manna viene poi raccolta e tagliata in cannoli lunghi cinque centimetri e venduta in tutto il mondo.
La MANNA è ancora frequentemente utilizzata in quanto contiene mannite (mannitolo), uno zucchero naturale dolcemente lassativo.
Tornando al libro biblico della Genesi, non si sa quale manna potrebbe aver contribuito a sfamare gli Ebrei: alcune teorie sostengono che la pianta miracolosa sarebbe stata la Le canora che una tempesta avrebbe portato in massa sin a ricadere come pioggia sugli esausti Ebrei.
il mannitolo conferisce alla manna proprietà blandamente lassative ma è anche un discreto emolliente ed espettorante da usare in tutti i casi di bronchite e che conviene usare sciogliendo uno o due cucchiaini di mannite in poca acqua e miele o latte caldo in modo da bere il composto alla sera prima di andare a letto.














TAMERICE
Presente nel giardino italiano e giardino arabo deriva il fitonimo, di origine latina, secondo alcuni studiosi deriva dal fiume Tamarix, oggi Tambro, sulle cui rive crescevano molti esemplari di questa pianta; altri lo fanno derivare dalla popolazione dei Tamarisci che abitava la regione pirenaica.
Alcuni ritengono che la MANNA che avrebbe mutrito gli Ebrei nel deserto sia stata una mucillagine zuccherina prodotta dai Tamerix Mannifera che vegetano in Persia, Turchia, Arabia ed Egitto.
La corteccia del Tamerix Gallica ha un posto di rilievo nella medicina popolare per la sua azione astringente, diuretica e sudorifera ed il suo genere comprende circa 90 specie: anche se risulta coltivata solo la Tamerix Gallica pianta resistente e rustica senza esigenze in fatto di terreno che prospera bene in suoli sabbiosi e argillosi e ben resiste alla salinità del terreno dell'aria, amando il sole.
Si tratta di un arbusto che raggiunge l'altezza di 4-6 m. con la chioma irregolarmente globosa e rami flessibili, penduli alle estremità: le infiorescenze compaiono in aprile-maggio su rami di 1 anno.











FRASSINO (Fraxinus ornus)
Propriamente il fitonimo è ORNIELLO od "albero della manna" (Fraxinus ornus) E lo si riconosce dal fatto di essere un albero alto fino a 20 metri con chioma ampia ed arrotondata e fusto cilindrico, con corteccia liscia e grigia fino ad età inoltrata e foglie opposte, caduche e composte da 5-9 foglioline con picciolo, imparipennate: Le foglioline hanno la lamina di forma ovale ed il margine seghettato.
I fiori (che compaiono da Aprile a Giugno) sono invece riuniti in infiorescenze a forma di "pannocchia" erette di colore bianco e molto profumate che compaiono dopo la fogliazione.
Il frutto secco alato (samara) contiene poi un solo seme.
L'ORNIELLO ha un habitat esteso dalla Spagna sud-occidentale fino all'Anatolia e alla Siria.
In Italia è presente spontaneo in tutte le regioni, ad eccezione del settore alpino centro-occidentale e della Pianura Padana: in particolare è caratteristica la sua presenza nei boschi insieme alla roverella, al cerro ed al carpino nero.
La valenza economica della specie è principalmente collegato all'uso come combustibile per il buon legno che dà legno: tuttavia una particolare varietà di orniello viene utilizzata per estrarre la MANNA.














Galeno nel "De facultatibus alimentorum", III, 38 (qui proposto per la traduzione di Pier Andrea Mattioli ) annotò in merito alla MANNA:
"Fassi in su le fronde de gli alberi un liquore, il quale veramente non si può dire, che sia il succo, né il frutto, né parte alcuna di quelli: ma ben si può dire, essere una specie di rugiada: quantunque non vi se ne trovi gran copia, né manco vi si veggia del continuo. Io mi ricordo bene, che qualche volta nel tempo della state s'è trovato in sugli alberi, e sopra l'erbe assalissimo mele, del che giubilando, e facendo feste i villani cantavano: Giove ne piove il mele. Era, nell'accader questo, stata la passata notte, rispetto al tempo della state, assai fredda, e il passato giorno molto caldo, e secco. Per lo che i dotti interpreti della natura si pensarono procedere questo dai vapori levati dalla terra e dall'acqua; imperocché essendo prima rarefatti, e cotti dal sole, è da credere, che per il freddo della seguente notte si condensassero. Ma quantunque appresso a noi accada questo di odo, non di meno nel monte Libano ogni anno spessissime volte interviene, onde messe molte pelli per terra, raccolgono, crollando gli alberi i villani, e i pastori, il mele, e n'empiono certi lor vasi, e lo chiamano mele di rugiada, ovvero d'aria."














Plinio, nell'"Historia naturalis" [traduzione di Pier Andrea Mattioli (XIV sec.)] XI, cap. 30 sulla MANNA scrisse:
"Casca questo mele dall'aria, e massimamente nel nascere d'alcune stelle, e suole specialmente intervenire questo nel tempo della Canicola: ma non mai avanti al nascere delle Vergilie, poco avanti giorno, di modo che nella prima aurora si ritrovano le fronde degli alberi cariche di rugiadoso mele; onde coloro, che in quel tempo sono fuori all'aria, sentono le vesti, ed i capelli unti per tutto di questo liquore. Sia adunque questo, o sudor del cielo, o saliva di alcune stelle, o umore, che si purghi nell'aria, volesse Iddio, che fosse egli cosi puro, liquido, e di sua natura, come egli era nel suo primo cadere.".

Avicenna sella MANNA disse: "Cos'è la manna? E' qualsivoglia rugiada che cade sopra pietre e alberi e sia dolce, e coaguli come miele, si essicchi come gomma, come il teremiabin, il siracost e il miele proveniente dalla selvaggia terra di Corassan".

Giovanni Mesue (Yuhanna Yahya ibn Masawaih - morto nell'857 D.C.) sulla MANNA scrisse: "La manna è rugiada che cade sopra le piante e le pietre, la cui natura è il vapore che si eleva, si completa e matura nell'aria quando questa è serena, feconda e di lieto aspetto. Varia però secondo la diversità degli oggetti sopra i quali si deposita: infatti se si deposita sopra le pietre è come piccole gocce, congelate come semi, mentre cadendo sopra le piante si appropria delle virtù di queste e si trova mista con particelle di foglie e fiori.".

Giovanni Gioviano Pontano (1490 circa), Dal "Meteororum liber" nel "De pruina et rore et manna" ai versi 228-246 ha poetato in latino: "Quin etiam Calabris in saltibus ac per opacum labitur ingenti Crathis qua cerulus alveo quaque etiam Syriis silvae convallibus horrent, felices silvae, quarum de fronde liquescunt divini roris latices, quos sedula passim turba legit, gratum auxilium languentibus aegris, illic aestate in media, sub sole furenti, dum regnat calor et terrae finduntur hiantes, tum tener ille vapor sensim sullatus ab aestu versatusque die multoque incoctus ab igni concava per loca et arescentibus undique silvis, ingratum ut sensit frigus sub nocte madenti cum nullae spirant aurae et silet humidus aer, contrahitur paulatim et lento humore coactus in guttas abit et foliis sitientibus haerens lentescit, rursumque diurno a sole recoctus induit et speciem cerae mellisque saporem. Quodque et apes praestant arte ingenitoque favore, Hoc medicos natura hominum producit in usus."
Che in traduzione detta:
"Inoltre sui monti della Calabria dove tra i boschi scorre il ceruleo Crati dall'ampio alveo e le selve si spingono verso l'alto nelle Sirie convalli: felici selve dalle cui fronde colano succhi di divina rugiada, che un'operosa moltitudine raccoglie, grato aiuto ai malati languenti; lì nel mezzo dell'estate, sotto il sole furente, mentre domina il calore e le terre assetate crepano, allora il tenero vapore insensibilmente sollevato dalla vampa, impregnato di intensa calura, viene trattenuto durante il giorno in luoghi incavati mentre tutt'attorno si disseccano le selve; appena sente il poco gradevole freddo dell'umida notte, mentre non spira alito di vento e tace l'aria, si addensa a poco a poco e rappreso in molle liquore condensa in gocce e diventa vischioso aderendo alle foglie assetate: infine cotto una seconda volta dal sole assume l'aspetto della cera e il gusto del miele. Ciò che le api ci danno istintivamente e per attitudine la natura produce per gli sui medici degli uomini".