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SALVATORE DI GIACOMO ALLA SINISTRA DI CHI OSSERVA ED ALLA DESTRA LIBERO BOVIO: ARCHIVIO FOTOGRAFICO DEL MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA (IM)
















Vario e complesso è l'elenco dei MUSICISTI e dei POETI della CANZONE NAPOLETANA ma tra questi meritano sempre e comunque un posto di eccellenza:
RAFFAELE SACCO
Ottico-poeta, questo è l'autore di Te vojo bene assaje, la canzone che ha aperto la stagione musicale della tradizionale festa di Piedigrotta, un successo tanto clamoroso da farne un caso pubblico, ironizzato da parodie per lo scoppio fragoroso di tanta popolarità, da polemiche sull'identità dell'autore di così orecchiabile melodia, Gaetano Donizetti, come asseriva, il poeta che si accontentò della sua modesta bottega d'ottico.
FERDINANDO RUSSO
Fu un cronista della Napoli che mutava col passare del secolo. Viveva tra il popolo la vita di ogni giorno scoprendo aspetti che traduceva in poesia, preferendo i fatti dove vi si trovavano guappi, camorristi, scugnizzi. Le riviste "Piedigrotta" stamparono migliaia di sue canzoni (suoi sono i versi di "Scetate", "Vela latina" e di "Mamma mia che vo' sape", che fu un cavallo di battaglia di Enrico Caruso).
SALVATORE DI GIACOMO
E' considerato il massimo poeta della canzone napoletana; intorno a lui viveva il mondo culturale e artistico di un'epoca che, a ragione del tempo, sarà irripetibile. Intensa la sua attività, sempre qualificatissima, specie nel campo della poesia musicale. Basta citare: "Nannì", "Carulì", "Oilì Oilà", "Era de maggio", "Luna nova", "'E spingule frangese", "Serenata napulitana"... Per ultima citiamo "A Marechiare", che è stata la sua prima canzone (musicata da Francesco Paolo Tosti), alla quale è stato decretato il successo che Salvatore Di Giacomo non condivideva, tanto che era solito dire: "A Marechiare sarà la mia marcia funebre". Quando nel 1924 Mussolini lo propose senatore, non venne accettato "...perché era un povero scrittore di canzonette" e Ugo Ojetti, in segno di solidarietà, rifiutò la nomina: "Arrossirei al pensiero di entrare dove non e potuto entrare un grande poeta", disse. Salvatore Di Giacomo morì il 4 aprile 1934, a 74 anni. Al funerale la banda suonò "A Marechiare".
FRANCESCO PAOLO TOSTI
Musicista raffinato, autore di melodiose romanze, fu invitato alle Corti di Margherita di Savoia e del Principe di Galles, protagonista conteso dei salotti aristocratici, Tosti musicò versi di Carducci, D'Annunzio e Di Giacomo.
E' invece meno noto il suo interesse per il recupero delle antiche tradizoni musicali del popolo ma merita, senza dubbio, una peculiare citazione.
Accanto a questo, in rapporto alla produzione intellettuale e musicologica del TOSTI, in dettaglio è da rammentare, nel campo dell'etnomusicologia, il recupero di ANTICHI CANTI POPOLARI: a titolo esemplificativo, fra altri lavori, si propone qui un ANTICO CANTO POPOLARE ABRUZZESE che inizia con le parole SALIAMO L'ALPE volto dal dialetto in lingua italiana ad opera del librettista e poeta veneto A. ZANARDINI ed appunto musicato da F. PAOLO TOSTI.
LIBERO BOVIO
Fugace giornalista e transitorio scrivano al Museo Nazionale, entra nel mondo della canzone dopo modeste esperienze teatrali e ne diventa uno dei massimi poeti, celebrato per la semplicità dei suoi versi che toccano il cuore. E' sufficiente citare qualche titolo: "Canta pe' me", "Scetate", "A canzone 'e Napule", seguiti da ispirazioni poetiche entrate nella storia musicale: "Guapparia", "Amor di pastorello", "Tu ca nun chiagne", "Reginella", "Silenzio cantatore", "Cara piccina", "'O paese d'o sole", "Lacreme napolitane", "Passione", fino a quel gioiello che è "Signorinella". Questi titoli dicono chiaramente che Libero Bovio scriveva poesie che ispiravano musiche per essere cantate. E ricordate nel tempo. Due ore prima di chiudere gli occhi per sempre, il poeta chiese alla moglie Maria carta e penna e scrisse: "Maria / salutamela Napule pe' me! / Dille ch'è stata' a passione mia. / Dille che l'aggio amata quanto a te!".
GIOVANNI CAPURRO - EDOARDO DI CAPUA
Fra i tanti poeti napoletani che "hanno cantato" il sole, la pagina musicale di Giovanni Capurro e Edoardo Di Capua rimane il simbolo di una città.
Nella Napoli della povera gente, ricca di sogni e di illusioni, Giovanni Capurro redattore del quotidiano "Roma" propose una sua elegia a Edoardo Di Capua, un maestro di musica cui unica risorsa è il gioco del lotto.
Ne deriva una canzone che l'editore Bideri acquisì 25 lire e ne affidò la diffusione ai posteggiatori. Era il 1898. In breve tutto il mondo cantava "'O sole mio", una canzone che assurse a tanta fama da travalicare, quale testimonianza musicale dell'Italia, la portata stessa della "Marcia Reale", allora il vero e proprio inno nazionale.
E questa fama, peraltro giustamente acquisita, per certi aspetti detrminò un piccolo incidente diplomatico. Era ormai il 14 agosto 1920 ed il re Alberto del Belgio stava inaugurando ad Anversa le Olimpiadi.
Andavano ormai sfilando in corteo le rappresentative nazionali allorchè la banda prese ad eseguire i vari inni ufficiali.
Un momento di smarrimento colse il direttore ed i musicanti al momento in cui apparvero sulla scena gli atleti italiani.
Nessuno dei loro dirigenti si era infatti preoccupato di consegnare lo spartito della "Marcia reale".
Il maestro, superata con soprendente disinvoltura la perplessità iniziale, pensò di correre ai ripari nel modo più indolore possibile e, passata voce ai suonatori, attacca "'O sole mio" e l'effetto fu tale che la folla dello stadio intonò a gran voce la celebre canzone.
Si trattò per vari aspetti di un momento magico: e tuttavia gli autori della melodia non poterono condividere l'eccezionalità di quell'evento. Edoardo Di Capua era scomparso il 3 ottobre 1917, poverissimo e dimenticato: l'ultimo oggetto che aveva venduto ad un rigattiere, per poche lire, era stato proprio l'amato pianoforte.
Il maestro aveva detto alla moglie: "Quando esce lui esco anch'io. . ..
Giovanni Capurro era invece morto il 18 gennaio 1920, ma da tempo era infermo da tempo anche se, per comprare i medicinali, aveva dovuto lavorare fino all'ultimo. Roberto Bracco di lui scrisse: "E' entrato, morto, nella casa dei poeti vivi".
Un velo d'oblio, dunque, in uno scenario di miseria...un napoletano verace, permeato di rancoroso pessimismo, avrebbe poi detto che gli autori della canzone più amata dagli emigranti avevano realmente condiviso il destino di molti fra questi: ideare sui voli della fantasia, illudersi sempre più e alla fine svanire entro il nulla, travolti dall'impossibilità di realizzare le agognate speranze.
ERNESTO DE CURTIS
Pianista impareggiabUe (accompagnatore di Beniamino Gigli), compositore geniale e personalissimo, contribuì a dare alla canzone napoletana il tocco dell'arte. Torna a Surrento, Voce 'e notte, Tu ca nun chiagne... e tante altre, senza mai cadere nel facile manierismo.
SALVATORE GAMBARDELLA
Il piu tipico esempio d'istinto musicale della vecchia Napoli. Non conosceva la musica, questo garzone di bottega, ma seppe esprimere motivi originalissimi - Oi Marì, 'O marenariello, E Commefacette mammeta, Serenata a Sorrento... - improvvisandoli fischiando o cantandoli per le strade per farli conoscere.
E. A. MARIO (GIOVANNI ERMETE GAETA)
Il poeta-musicista-scrittore più amato dai napoletani. Impiegato alle Poste per sopravvivere, scrisse un numero di canzoni (duemila?) che lui stesso non è mai riuscito a enumerare. Strimpellando un mandolino trovato nel nego zio di un barbiere che lo portò a scoprirsi una innata vena poetica, ne presentò un esempio al maestro Raffaele Segre, ("Cara mamma"), che ne fece un successo.
Era nato E. A. Mario, un "grande" della melodia, autore di: "Io, 'na chitarra e' a luna", "Ladra", "Canzone appassionata", "Vipera", "Le rose rosse", 'Duij paravise", "Core furestiero", "Balocchi e profumi", e quei due poemi di esaltazione e di nostalgia che sono "La leggenda del Piave" e "Santa Lucia luntana".
La sua fu una vita di anticonformista. Uscì dalla vita pubblica per una malattia che lo immobilizzò. Un vecchietto, con un pianino a manovella, veniva ogni giorno sotto il suo balcone a suonare canzoni. Il 24 giugno 1961, mentre suonava piangeva. E. A. Mario era morto.
CHERUBINI - BIXIO
Nel 1930, con l'avvento del cinema sonoro, si apre il secondo capitolo della storia della canzone italiana. Le note di "Solo per te Lucia" che fanno da colonna sonora alfilm "La canzone dell'amore", scuotono lo stanco manierismo seguito all'inesorabile inaridimento della poesia musicale napoletana. La linfa nuova ha come alfieri il poeta Bixio Cherubini e il musicista Cesare Andrea Bixio, un'assonanza di nomi che saranno vergati su centinaia di successi che si riveleranno intramontahili: "Parlami d'amore Mariù", "Il tango delle capinere", "Violino zigano", "Signora fortuna", "Mamma" .
Bixio Cherubini
Nel panorama musicale degli Anni '30, un giovane abruzzese di adozione romana, di nome Bixio e di cognome Cherubini, raccoglieva generali apprezzamenti per la sua particolare ispirazione poetica espressa in bozzetti quali "Ciondolo d'oro", "Campane", "Spazzacamino", "Miniera", "Scugnizzo", "Chiudi gli occhi Rosita", "Il foxtrot della nostalgia" che ottenevano un largo consenso di pubblico. Ma il segno del successo, per Cherubini, doveva essere l'incontro con un giovane musicista giunto a Roma da Napoli: Cesare Andrea Bixio. Era nato il binomio BixioCherubini, che sarà protagonista di un intero arco storico della melodia italiana, a continuazione del magico momento ispirato dai poeti di Napoli. Ma per il poeta Cherubini, autore di oltre trecento popolarissimi brani, non c'erano suonatori ambulanti o mandolinisti commossi a porgere, quel 14 dicembre 1987, l'ultimo saluto. Nella nebbia che rendeva opaca la Galleria del Corso di Milano, i poeti e musicisti della moderna Italia che canta piangevano come napoletani.
Cesare Andrea Bixio
Nato e cresciuto nella Napoli che viveva ancora sugli allori di uno straordinario successo musicale ma che accusava una stasi ispirativa, il giovane Bixio cerco a Roma l'apertura per le sue ambizioni di musicista. L'incontro con Cherubini era già scritto sulle pagine della canzone italiana. Ai grandi binomi della poesia musicale napoletana, si affiancavano per primi in questo Albo d'oro BixioCherubini, seguiti da Mendes-Mascheroni, Bonagura-Ruccione, Bracchi-D'Anzi, Bruno-Di Lazzaro, Rastelli-Olivieri, Bertini-Schisa, Panzeri-Kramer, Nisa-Redi, e tanti altri per dare continuità alla più popolare espressione musicale.
VINCENZO RUSSO
Faceva il calzolaio e gli avevano permesso di tenere il suo deschetto sulla strada data la cagionevole salute. Ma aveva anche fama di parlare ogni notte in sogno con un monaco che gli dava i numeri del lotto. Tra i fanatici della cabala che lo visitavano arrivò il mae Eduardo Di Capua, l'autore della musica di "O sole mio" alla vana ricerca di numeri buoni che ottenne invece testi di meravigliose canzoni: "Maria Marì","A serenata d'e rose", "I' tevurria vasà", "Torna maggio"... A soli 29 la tisi lo consumò. Volle vedere la coinquilina che aveva tanto amato in silenzio, entrare in chiesa vestita da sposa. E consegnò a Di Capua i versi de "L'urdema canzone mia" ("Per me tutt'e fernuto! / Addio staggioni belle / addio rose e viole / I' ve saluto").
ANIELLO CALIFANO
Poeta di ispirazione facile e orecchia bile scriveva canzoni per il piacere di fare una vita da "viveur" e frequentare ballerine e sciantose. La sua produzione cresceva: da "Chitarratella" a "Mandulinata a mare", da "Ninì Tirabusciò" alla stupenda "O mare e Margellina" e alla famosissima"O surdate 'nnamorato". Ma un giorno portò all'editore Francesco Feola i versi di "Tiempo belle" dicendo: "Questa è la miaultima canzone perche ho sognato mio padre che mi avvertiva che il Padreterno aveva disposto che tra due o tre anni l'avrei raggiunto. Così, poiché é giusto che smetta di fare lo scapestrato, non posso più scrivere canzoni". Morì tre anni dopo.
ERNESTO MUROLO
Un autore che rispecchia nella sua poesia carattere gioviale e ottimista ereditato da unafamiglia benestante. La sua canzone più nota "Napule ca se ne va", vanta il particolare primato di prima vincitrice "avanti lettera" di un Festival canoro di Sanremo datato 1932. Non da meno, per bellezza e successo, nel elenco esemplificativo che comprende: "Pusilleco addiruso", "Addio mia bella Napoli", "L'ammore che fa fa", la stupenda "Piscatore e Pusilleco". E, se permettete, aggiungiamo ai suoi capolavori uno dei sette figli, quel Roberto Murolo che di Napoli e il grande cantore.