BIZANTINI NEL PONENTE LIGURE
LA ROCCA DI CAMPOMARZIO COL CASTELLO DI TAGGIA E IL CASTRO DI VENTIMIGLIA NEL SISTEMA FORTIFICATO DI BISANZIO
LETTURA DEL COMPLESSO MILITARE BIZANTINO NEL TERRITORIO INTEMELIO E RELAZIONI DIFFICILI TRA GRECI E LIGURI-ROMANI

E' assodato che i BIZANTINI, cacciati gli Ostrogoti, abbiano concesso vari fondi di tali zone (già espropriati dai Barbari a decrepite famiglie imperiali) al vescovado genovese.
Si trattava di proprietà del buon Impero in parte identificate coi nomi delle Ville Matuziana, Pompeiana, Ceriana, Bussana (e forse Periana e Tabiana).

Nel 476 la Liguria costiera era stata incorporata nel regno barbarico di Odoacre e che funzionari germanici amministravano le Curie giudiziali nelle città mentre le proprietà fondiarie eran già state depauperate di un terzo, assegnato agli "Hospites" o Barbari invasori.
Gli interventi anticattolici si accentuarono sotto l' ostrogoto re Teodorico (454-526) che, di fede ariana, procedette alla spoliazione di molte proprietà della Chiesa.
Questa ottenne l'INTERVENTO MILITARE DI BISANZIO per volontà di Giustiniano il Grande "Restitutore dell'Italia e Restauratore di Roma" e i generali dell'Impero, dopo la guerra gotica del 535-553, riconquistarono l'Italia.
In seguito, dopo che Costanzo realizzò una "DIFESA MONTANA LINEARE DI FORTILIZI GRECI" per l' arco regionale detta LIMES DI COSTANZO, fu Tiberio Maurizio (582-602) il monarca bizantino che assunse in Liguria le iniziative più importanti, facendo restaurare, per gli approdi della sua potente flotta (presto armata del Fuoco greco) che teneva basi fondamentali nelle sicure isole tirreniche, le antiche città portuali, fra cui Ventimiglia romana.
Ne "Il Ponente ligustico, incrocio di civiltà" T. Ossian De Negri (p.14) disegnò la topografia di tal sistema difensivo dopo aver sostenuto che il "limes" orientale, da Genova a Luni, aveva resistito a lungo oltre giogo, sin alla barriera montana di Castellarquato se non addirittura Serravalle.
Ad occidente lo studioso individuò invece un sistema più variegato: un "limes" antico, che proteggeva il Monregalese ancor prima della Liguria costiera, sarebbe poi stato sostituito da una II linea difensiva più vicina ai porti del Ponente, grossomodo organizzata a ridosso del litorale nelle prime gole delle valli principali e di cui esistono tracce toponomastico-archeologiche e scrittografiche a Cisano ("Cisanum") sul Neva, allo sbocco della via del S.Bernardo da Garessio e Ceva, Toirano nell'Ingaunia, Montalto, Taggia col suo "castro" citato da Giorgio Ciprio e quindi S.Giorgio di Campomarzio in valle Argentina fra Taggia e Badalucco.

Al De Negri erano carenti le indagini sul campo e altresì, ragionando secondo parametri centripeti di "genovesismo storico", non riusciva a dimensionare la qualità delle distinzioni.
La mancanza di ricerche lo indusse peraltro a sottovalure nel Ponente sia l'interferenza dei Liguri antichi sul territorio sia la rilevanza degli organismi rurali tardoromani disposti nell'entroterra su cui pure si eran soffermati il Lamboglia e G. Petracco Siccardi.
Non ebbe quindi facoltà di cogliere le evoluzioni topografiche della valle del Nervia dal preromano e riconoscere come il "Limes" greco che l'attraversava, provenendo, quasi in linea con antichi tragitti, da Campomarzio sin ai siti del Castello di Dolceacqua, l'avesse in pratica divisa tra VII - VIII sec. secondo 2 linee per cui nell'alta valle gli insediamenti romani di tipo rurale, come provano archeologia e toponomastica, convivevano con organismi fondiari germanici nel VII sec. a fronte dei fondi di media-bassa valle e soprattutto di Ventimiglia e bacino del Roia, ove solo un secolo dopo si diffusero gli esiti toponomastici longobardi.
Il De Negri pur riconoscendo per linee la via antica del Nervia, la relegò a sentiero di traffico minore, senza giudicarla, come fu, asse storica di penetrazione nell' estremo Ponente.
Riflettendo in tal modo avrebbe forse anticipato parecchie moderne affermazioni sì da comprendere che il cedimento del "Limes" occidentale fu dovuto ad un'aumentata pressione militare dei Longobardi preoccupati, da sopravvenute contingenze diplomatiche, di far cuneo da Susa sin alla costa intemelia fra i possessi confinari dei Bizantini e le terre dei Franchi prima che questi, già reclamati in aiuto dal Trono greco, potessero, come vassalli e guardiani di tali siti, riconquistare per Bisanzio le regioni italiche.
In base a questa tradizione storiografica ed in merito all'evoluzione delle indagini par opportuno vagliare le acquisizioni su tale vicenda, focalizzando l'osservazione peculiare sul ventimigliese e sulla valle nervina.
Un'attenta indagine sul CASTELLO DI DOLCEACQUA (ed un utile sondaggio sulla vasta area territoriale di cui era a capo ed a guardia strategico-militare, permette di sviluppare alcune osservazioni interessanti, fino ad ipotizzare una origine bizantina di questo fortilizio -poi variamente ampliato- dai molti punti di contatto col complesso difensivo bizantino di Campomarzio in val Argentina.

L' occupazione bizantina della "Liguria maritima quae dicitur lunensis ac vintimiliensis" costituì un periodo arduo per la regione in quanto i governatori greci la amministrarono più quale terra di conquista che come provincia imperiale.
Protetto il territorio con la flotta e le fortificazioni di Costanzo, l'Impero non si curò di risollevare le popolazioni prostrate dalla guerra gotica.
Questo atteggiamento colonialistico assunse contorni drammatici dopo che i Longobardi, nel 568, erano penetrati in Italia.
Bisanzio difese con le truppe migliori i territori, rimasti sotto il suo controllo, dell' Esarcato Ravennate e della Pentapoli e dislocò in Liguria pochi ufficiali greci con guarnigioni di mercenari, reclutati tra le selvagge popolazioni dei confini asiatici dell'Impero.
Queste truppe indisciplinate dopo un pò di tempo divennero permanenti e furono integrate con disertori germanici mentre i contingenti greco-anatolici vennero spostati sullo scacchiere Tosco-emiliano.
la convivenza delle truppe coi Liguri e con la Chiesa genovese che, in qualche modo, rappresentava le popolazioni indigene, precipitò dal II quarto del VII sec. così che per il longobardo Rotari, nel 643, risultò facile occupare il territorio ligure, ove le genti, stanche delle angherie greche, avevano coniato il detto, tramandato da Paolo Diacono nella "Storia dei Longobardi", che fosse "meglio esser servi dei Longobardi che alleati dei Greci".






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