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N. CUNEO NEL SUO ANCORA UTILISSIMO VOLUME SULL'EMIGRAZIONE ITALIANA IN ARGENTINA NEL XIX SECOLO HA RIPRODOTTO QUASTA STAMPA DELLA FLOTTA DEI RUBATTINO APPORTANDO LA SEGUENTE DIDASCALIA: "FLOTTA DI RUBATTINO NEL 1859 (MUSEO MAZZINIANO, GENOVA)

Sulla realizzazione (e sulla FINE) della COMPAGNIA TRANSATLANTICA DI NAVIGAZIONE con sede a Genova ha lasciato pagine importanti in un suo VOLUME (PP.148-152) N. Cuneo:
"...Il 4 ottobre 1852 si era costituita legalmente in Genova presso il notaro Barnaba Borlasco la SOCIETA' DI NAVIGAZIONE TRANSATLANTICA.
Ideatore ed iniziatore di questa società era stato uno dei più noti e probi industriali di Genova: il capitano Giovanni Pittaluga, che aveva trovato aderenti oltre il RUBATTINO, anche i maggiori rappresentanti delle case bancarie della Superba, tra cui Carlo Bombrini, direttore della Banca Nazionale, ed i più noti industriali ed armatori genovesi: Giacomo Filippo Penco, Giuseppe Rocca, Stefano Polleri ed il marchese Stefano Giustiniani.
La Società anonima con un capitale di L. 10.000.000 distribuito in 2000 azioni da L. 500 ciascuna aveva inizialmente lo scopo di stabilire un'impresa di navigazione periodica tra Genova e Montevideo con scali intermedi.
Ma dopo le necessarie trattative col Governo sardo, favorite dal Cavour, che considerava l'impresa utilissima allo sviluppo del commercio e dell'industria nazionale, la Società, oltre la gestione del servizio postale ottenne facilitazioni nei porti dello Stato e protezione presso i Governi esteri; e, seguendo i consigli del Cavour, estese la linea di navigazione sino all'America del Nord, cogliendo l'occasione opportunissima -scrive il Codignola- che la Compagnia americana Lewingston Wells, cui quella linea era antecedentemente stata concessa, non aveva rinnovato il contratto. Il Governo sardo s'impegnò a dare lo stesso sussidio annuo di 50.000 dollari che era stato concesso alla Lewingston Wells per il servizio tra Genova e Nuova York e per quello col Sud America si pattuì una sovvenzione di L. 30.000 per viaggio.
Inoltre, i bastimenti della Compagnia sarebbero stati considerati da allora come navi dello Stato nei porti sardi ed in quelli esteri avrebbero goduto l'esenzione dalle tasse di navigazione e consolari, cui andavano soggette tutte le navi della marina mercantile.
La Società, approvata dal Governo, aveva la durata di vent'anni, si impegnava nell'atto di costituzione di costruire i primi due piroscafi non inferiori alle 1500 tonnellate con 250 cavalli di forza effettiva; era retta da un consiglio d'amministrazione ed in seno ad esso erano nominati due direttori, cui erano affidate tutte le operazioni marittime, commerciali ed amministrative della Società.
Il Consiglio di amministrazione fu così composto: Carlo Bombrini, Raflaele Rubattino, Orso Serra, Luigi Nicolay, Francesco Agnese, Francesco Viti, Giuseppe Rocca, Stefano Giustiniani ed Enrico Avigdor: a Giacomo Filippo Penco fu affidata la direzione amministrativa ed a Giuliano Bollo quella tecnica.
Presentata al Parlamento, la convenzione che il Cavour, nella sua qualità di ministro delle finanze, aveva stipulato con la Società il 5 aprile 1853, suscitò sia nella Camera dei Deputati sia in quella dei Senatori, violentissimi contrasti che occuparono molte sedute.
I primitivi accordi presi col Cavour vennero dal Parlamento profondamente modificati: il termine della convenzione invece che a venti anni fu ridotto a quindici; per la linea di New York la sovvenzione fu di L. 22.000 per ogni viaggio completo d'andata e ritorno e per quello dell'America del Sud di 30.000.
Il progetto di sovvenzione fu discusso ed approvato nelle giornate del 31 maggio e 1 giugno 1853 dalla Camera dei Deputati ed in quelle del 1 e 2 luglio dal Senato.
In virtù di questo progetto, la Compagnia s'impegnava a stabilire un corso regolare di viaggi tra Genova e Nuova York e tra Genova e il Brasile sino a Montevideo con partenze fisse e periodiche una volta al mese tanto da Genova quanto da Montevideo salvo che, in progresso di tempo, le parti non avessero ritenuto conveniente intensificare il numero dei viaggi.
I bastimenti non potevano essere inferiori a 1500 tonnellate, dovevano avere i comodi convenienti per alloggiare almeno ottanta passeggeri di camera oltre cento passeggeri di prora, più l'equipaggio ed assumevano l'obbligo di ricevere e trasportare la corrispondenza tra le Regie Poste Sarde e le destinazioni cui le navi approdavano.
In compenso degli oneri che la Compagnia si assumeva, il Governo le accordava, per il periodo di quindici anni, la sovvenzione fissa di ventiduemila lire per ogni viaggio completo di andata e ritorno sulla linea del Brasile.
Essendo i bastimenti della Compagnia riguardati come propri dello Stato, erano esenti da tutte quelle tasse consolari e di navigazione cui i legni della marina mercantile sarda andavano soggetti in forza delle leggi ma dovevano trasportare gratuitamente i diplomatici e i consoli.
La Compagnia s'impegnava a mettere in costruzione, nei primi sei mesi, sette bastimenti, e ad attivare il servizio mensile delle due linee entro l'anno successivo e cioè, entro il 1854.
La traversata da Genova a Nuova York doveva compiersi, compresi gli approdi autorizzati, in ventidue giorni; quella da Genova a Montevideo in trentotto.
In caso di guerra marittima il Governo poteva disporre dei bastimenti della Compagnia, compensandola con giusta indennità.
Il dibattito alla Camera aveva suscitate le critiche dei deputati Girod, Bonavera e Demarchi.
Il primo oratore che combattè la legge si meravigliava che mentre il Ministro delle Finanze era costretto continuamente a chiedere alla Camera facoltà di contrarre prestiti e di stabilire imposte, avesse poi il coraggio d'imporre alle finanze un aggravio così pesante come era quello previsto dal contratto conchiuso con la Compagnia (31-5-'53).
Il Bonavera, pur apprezzando "i vantaggi sia diretti, sia indiretti, sia eventuali" che l'aumento della navigazione a vapore avrebbe conferito allo Stato Sardo, pur non essendo ostile alla COMPAGNIA TRANSATLANTICA in quanto favoriva le relazioni commerciali, non si dissimulava che il progetto di legge contenesse cose molto gravose. "Voi avete osservato, o signori, che si tratta di una cifra di 624 mila lire le quali moltiplicate per quindici anni verrebbero a portare presso a poco una somma di dieci milioni... ", e proponeva che la durata dei quindici anni impegnando "un lungo avvenire", fosse ridotta.
Il Demarchi credeva "che la costruzione di questi vapori non potesse che nuocere alla marina ed al commercio a vela".
Favorevole al progetto fu Carlo Cadorna.
Il Piemonte aveva, secondo lui, "un dovere verso se stesso e verso l'Italia tutta, il cui avvenire, come tutti sanno, è cotanto legato alle nostre sorti. Desso è quello di sviluppare ed accrescere il più che sia possibile la propria forza morale e materiale. Che il Piemonte, col progetto del quale si tratta, attui un'impresa la quale avrà l'effetto immediato di aggrandire la sua forza morale, parmi che nessuno lo possa contestare".
Il Cadorna, dopo essersi rallegrato per questa impresa di cui una simile non era stata mandata ad effetto sino ad allora se non da grandi nazioni, e che doveva "sollevare il Piemonte nella opinione delle persone colte" calcolava che non solo si sarebbe avvantaggiata l'economia dello Stato per la possibilità d'esercitare il commercio su vasta scala, ma anche la sorte della marina militare.
Alla discussione apportarono elementi essenziali la relazione di Luigi Torelli ed i discorsi pronunciati dal Cavour il 31 maggio ed il 1 giugno pieni di dati precisi e concreti che illustravano compiutamente i rapporti di economia e di migrazione italo?americani.
Cavour riteneva, riferendosi alla relazione Torelli, che la spesa proposta non fosse "di lusso" come allora dicevasi.
La fondazione della TRANSATLANTICA esigeva un dispendio, ma questo dispendio sarebbe stato altamente produttivo.
Questa linea di vapori era la sola tra l' America ed il Mediterraneo e poiché si prevedeva che per molto tempo non avrebbe avuto concorrenza, doveva inevitabilmente condurre nel porto di Genova una parte del commercio che la Svizzera ed il Mezzogiorno della Germania avevano con le due Americhe.
Le finanze dello Stato sardo ne avrebbero avuto " indirettamente non dispregevoli vantaggi indiretti ".
Il Torelli esponendo i dati estratti dai registri tenuti dal Comandante del Porto di Genova, dimostrò che il commercio con l'America del Sud era in continuo aumento ed a tal segno che mentre nel 1827 l'importazione ammontava a 3,422 tonnellate, nel 1845 era salita a 13,814 e nel 1852 a 17,919 di fronte a 14,955 di esportazioni.
Nell'America del Sud, e precisamente a Montevideo e lungo il Rio della Plata, v'era, secondo lui, una vera colonia ligure, che saliva ad oltre sessanta mila abitanti.
Dai registri ufficiali dei passaporti tenuti dall'Ufficio di Sicurezza Pubblica "per la sola parte che riguarda Genova, risultava che nel 1850, avevano emigrato 3.383 persone verso le due Americhe dagli Stati sardi e nel 1851 la cifra era ascesa a 4.020".
Nel 1852 aumentò ancora: "I nostri concittadini che abitano sulle sponde del Rio della Plata e che sono in numero notevolissimo, settantamila circa" - diceva Cavour- "non possono corrispondere con i loro parenti o con i loro amici, se non, o col mezzo di bastimenti a vela che impiegano un tempo lunghissimo, tre mesi e più, o col mezzo di piroscafi inglesi i quali non impiegano sicuramente tre mesi, ma ne occupano quasi due (sic) ed inducono in una gravissima spesa. Fate che vi sia una corrispondenza diretta, pronta, e che non sia ad un prezzo esorbitante, e voi vedrete il numero delle lettere crescere in grandissima proporzione".
"Questi nostri concittadini che emigrano e vanno a stabilirsi nelle Americhe, conservano vivissima affezione per il loro paese. Ogni anno spediscono, ai parenti che hanno lasciati a casa in condizioni meno liete, somme notevolissime. Si è calcolato che più di un milione sia mandato annualmente nella Riviera di Genova, dai Liguri stabilitisi nel Rio della Plata".
Anche il Bonavera asseriva che "i nostri concittadini stabiliti al Plata, potevano calcolarsi a settantamila e più ".
La SOCIETA' DI NAVIGAZIONE TRANSATLANTICA inizio così la sua attività nel 1854.














"Gli era parso, in primo luogo, necessario di creare una linea di navigazione tra Genova e l'America Latina, e ne aveva descritta l’utilità al Cavour mettendo in evidenza l'insufficienza del naviglio sardo ai bisogni della marina mercantile.
La guerra di Crimea e gli alti noli del Mar Nero avevano distratto, nel primo semestre del 1854, "la nostra navigazione da questi siti, sicché l'assenza dei legni nazionali dalle coste del Brasile era completa" in quell'anno.
Ma la sorte della COMPAGNIA TRANSATLANTICA era stata minata al suo sorgere, dalle limitazioni che il Governo sardo, concedendo le sovvenzioni, le aveva imposto in momenti critici.
S'è visto come essa dovesse iniziare, nei primi sei mesi, la costruzione di sette bastimenti; come nell'anno successivo dovesse attivare il servizio delle due linee verso il Nord ed il Sud dell'America; come la Società fosse sottoposta a pene pecuniarie gravose se i vapori avessero compiuta la traversata in ritardo; come il naufragio obbligasse la Compagnia a sostituire immediatamente il piroscafo perduto ed a pagare, ogni giorno, novemila lire d'ammenda.
Il Consiglio d'Amministrazione era stato quasi posto, dalle circostanze esterne e dalle restrizioni governative, nella necessità d'accogliere favorevolmente l'offerta della banca inglese Draper Pietroni e C. di sottoscrivere un determinato numero d'azioni.
Si ordinarono due vapori nei cantieri inglesi e ciascuno di questi veniva a costare 1.300.000 lire.
Durante la loro costruzione moriva, ancora giovane, l'11 maggio 1854, uno dei direttori della COmpagnia, Giacomo Filippo Penco.
In sua vece fu eletto
RAFFAELE RUBATTINO (nomina convalidata dall'assemblea dei soci del 30 gennaio 1855) che dovette affrontare una situazione estremamente difficile, sia a cagione della guerra d'Oriente che limitava la costruzione dei vapori ­nei cantieri inglesi requisiti dal Governo, sia per la "sopravvenuta crisi monetaria che influiva, come dichiarava G. Lanza alla Camera dei Deputati il 1° aprile 1856, non solo sul credito delle azioni della TRANSATLANTICA ma su tutti i titoli commerciali ed industriali non esclusi quelli dello Stato".
In quattro anni circa, dal 1853 al 1857, nel pieno sviluppo della guerra di Crimea, la Compag­nia, era invitata a mettere in linea oltre l'Italia ed il Vittorio Emanuele, il Conte di Cavour di 1685 tonnellate di stazza e di 450 di portata, varato nel 1855, il Genova ed il Torino, con 1856 tonnellate di stazza e 450 di portata l'uno, varati nel 1856.
Ma se la Società voleva essere in grado di gestire i servizi transatlantici ed iniziare la linea con l'Oriente, doveva trasformarsi totalmente: assorbire le compagnie di navigazione già esistenti in Genova, la società metallurgica Ansaldo, e creare cantieri e bacini d’ancoraggio.
Bisognava perciò ottenere dal Governo una proroga aumentare il capitale sociale.
La proroga di un anno, dopo violenta opposizione parlamentare, fu concessa il 23 maggio 1856 e la COMPAGNIA TRANSATLANTICA fu anche sciolta dalla clausola di dovere varare tre vapori in legno sui sette per cui s'era impegnata.
Quanto all’aumento del capitale da dieci a venticinque milioni, il provvedimento sarebbe stato ottimo se gli industriali genovesi avessero avuta davvero tale somma; sarebbe stato discutibile se le banche inglesi, e precisamente quella banca Draper Pietroni e C. che già posse­deva tremila azioni della TRANSATLANTICA, avessero offerto, come difatti fece, il denaro richiesto.
Si comprende, quindi, come il Cavour che s'era mostrato tanto favorevole alla COMPAGNIA, mentre non era contrario al suo ampliamento se questo si fosse effettuato con le risorse genovesi, vi s'opponesse invece quando questo si raggiungeva col concorso delle sterline inglesi.
L'esercizio di un pubblico servizio del Regno Sardo non doveva, secondo lui, dipendere dalle speculazioni di Borsa di una nazione estera, quando la finanza della patria poteva intervenire.
Il Rubattino che non aveva trovata in Genova quell'adesione che Cavour attendeva, pur misurando la gravità del pericolo cui andava incontro, fu costretto a sottoscrivere con la Banca Draper PIetroni e C. una convenzione ed a porre così, il Governo di Torino dinanzi al fatto compiuto.
In virtù di questa convenzione (che fu votata all'unanimità il 1° agosto 1856, dal Consiglio d'Amministrazione) la Banca inglese versava otto milioni di lire a favore della COMPAGNIA TRANSATLANTICA ma venivano contemporaneamente modificate le linee di navigazione e le condizioni d'appalto già stabilite e stipulate col Governo.
Difatti alla linea dell'America del Nord che non si prevedeva redditizia si sostituiva quella da Genova a Trebisonda ed il Governo Sardo avrebbe dovuto, a sua volta, aumentare la sovvenzione alla Società.
L'impegno assunto dalla Banca Draper Petroni e C. avrebbe avuto immediata esecuzione solamente se la deliberazione consigliare fosse stata approvata dal Governo entro il 30 settembre dello stesso anno.
Ma il Cavour che conosceva, da quell'esperto finanziere che era, il mercato internazionale degli affari, intuì i rischi al quali la convenzione esponeva i soci della TRANSATLANTICA.
Il termine del 30 settembre trascorse, quindi, senza che il Governo Sardo, nonostante le insistenze del Rubattino, approvasse la deliberazione consigliare del 1° agosto.
L'intransigenza del Cavour provocò, da parte inglese, l'audacia del colpo di mano.
La TRANSATLANTICA aveva, difatti, un debito con la Banca Draper di un milione e seicento mila lire che il Rubattino riteneva non superasse, invece, un milione e 352.500 lire.
La notevole differenza delle due cifre - scrive il Codignola - si sarebbe probabilmente risolta nella revisione dei reciproci registri di contabilità se vi fosse stato tra la Banca e la Compagnia uno spirito di collaborazione mentre, invece, il Pietroni ricorse, in modo assai disinvolto, a mezzi tali che sarebbero incredibili se non vi fossero documenti che non lasciano dubbi su l'accaduto.
I banchieri inglesi, perduta la speranza, dopo il 30 settembre, che la convenzione fosse ratificata dal Governo-Sardo; avuta la certezza che i Genovesi non sarebbero stati in grado di procurarsi quasi all’improvviso la somma richiesta, tanto più che molti azionisti non avevano ancora eseguito il versamento del decimo, avver­tirono, il 23 ottobre, per mezzo dell'Alberti, il Ribattino -mentre il piroscafo Torino stava per iniziare i viaggi verso l'America Meridionale- che non avrebbero lasciato partire il vapore se, prima, la Società non avesse pagato un milione e seicentomila lire.
E richiamandosi alla legislazione vigente in Inghilterra, minacciavano il sequestro e, quindi, la vendita all' incanto di tre piroscafi della TRANSATLANTICA.
Tale minaccia sarebbe stata eseguita se, in poche ore il Rubattino, con la garanzia di quattro consiglieri, non avesse trovato la somma di un milione e 100 mila lire che fu immediatamente versata.
Fallito il tentativo, la Banca inglese, e sopra tutto l’Alberti ed il Pietroni riversarono, particolarmente, la propria ira sul Rubattino.
S'intensificò, cioé, il gioco di borsa sulle azioni della Società che si cercava di far crollare per altra via.
Sulla COMPAGNIA TRANSATLANTICA si gettava il discredito proprio pochi mesi dopo che essa aveva iniziato -il 20 ottobre 1856- il servizio regolare tra Genova e l'America del Sud.
Sollecitato dal Rubattino che vedeva la Società in condizioni pressoché disperate, il Cavour si decise per sollevare il prestigio dell' armatore genovese e della COMPAGNIA a firmare, il 23 maggio 1857, ma con l'esplicita riserva dell’approvazione di essa da parte del Parlamento, quella convenzione che sino allora aveva disapprovata.
Era troppo tardi.
Il Rubattino persuasosi che non fosse ormai più possibile ampliare su basi solide la Compagnia e temendo che le speculazioni di Borsa della Banca Draper e Pietroni potessero condurla alla rovina, aveva chiesto sin dal gennaio del 1857 di ritirarsi ed abbandonò difatti il suo posto il 7 aprile.
Le sue dimissioni provocarono l'allontanamento, dalla Società, di tutto il gruppo dei vecchi azionisti con lui solidali.
Rubattino e Pietroni, s'accusarono a vicenda di prevaricazione, d'incompetenza ed aggiotaggio.
Quando il l° luglio 1857 -nello svolgimento del gioco di borsa più azzardato sulle azioni sociali e nello sviluppo della polemica più violenta fra gli amministratori- il disegno di legge fu presentato al Parlamento, esso venne, per la brillante difesa che ne fece il Cavour approvato con riserva della Camera ma respinto decisamente dal Senato.
Questo voto significava il fallimento della Società a breve scadenza.
E difatti il 12 maggio 1859, i cinque piroscafi della TRANSATLANTICA che erano costati otto milioni, venivano messi all'asta per poco più di un milione di lire e per tale prezzo furono aggiudicati in parte al Credito Mobiliare di Torino, ed in parte allo Stato: la SOCIETA' RUBATTINO riacquistò il vapore Italia.












RAFFALE RUBATTINO vide la luce a Genova nel 1809 (morì quindi a San Vito, Genova nel 1881) e, perso il padre, fu obbligato a lasciare gli studi per impegnarsi nell'attività commerciale.
Dotato di notevole spirito imprenditoriale realizzò un importante servizio pubblico di OMNIBUS in Genova ed alla CORRIERA che collegava la grande città ligure con Milano.
Verso il 1840 progettò e finalizzò la realizzazione di una prima COMPAGNIA DI NAVIGAZIONE A VAPORE che conobbe significativo sviluppo, superando peraltro due importanti crisi, quella del biennio 1848-'49 e soprattutto quella del 1857-'60 (dopo che il Rubattino si era impeganto nella realizzazione della COMPAGNIA TRANSATLANTICA DI NAVIGAZIONE, impegnadosi poi vanamente allo spasimo per salvarla dal FALLIMENTO).
Il Rubattino aveva coltivato ideali di matrice liberale e, pur senza farsi apertamente coinvolgere, mise a disposizione dei patrioti i suoi vascelli.
Per esempio nel 1849 agevolò il trasporto di vettovaglie, armi e volontari a vantaggio della Repubblica romana: alla sua flottiglia appartenne altresì il piroscafo Cagliari col quale Carlo Pisacane tentò di realizzare la sua sfortunata impresa nel Meridione: a Sapri, dove questa fu spenta nel sangue il 25 luglio del 1857, il vascello venne poi posto sotto sequestro dalle navi militari della marina borbonica.
Ancora nel 1859 molti volontari della II guerra di indipendenza nazionale fruirono delle navi del Rubattino onde finalizzare i loro spostamenti: con lo scorrere è diventato poi celebrrimo il soccorso dato dall'armatore genovese all'impresa garibaldina dei "Mille" che si valsero dei suoi bastimenti Piemonte e Lombardo per raggiungere la Sicilia.
In effetti l'uso delle navi fu dapprima "diplomaticamente" contrabbandato sotto la forma di un piratesco "sequestro" condotto nel porto di Genova dal luogotenente di Garibaldi Nino Bixio che, a mano armata e a capo di parecchi uomini, si sarebbe impadronito dei vascelli la sera del 5 maggio 1860: in effetti tutta l'operazione fu eseguita tramite opportuni accordi preventivamente presi non tanto con il Rubattino (tenutosi apparentemente estraneo alla vicenda) quanto con il suo procuratore generale G. B. Fauché il quale sin dal 10 aprile si era accordato con Garibaldi allo scopo di trasportare via mare i suoi volontari in Sicilia.
Raggiunta l'unità d'Italia, il Rubattino si impegnò nel potenziamento della sua Società e si premurò di surrogare le navi obsolete o perse con altre, migliori e più grandi, di costruzione inglese.
In seguito stipulò delle convenzioni con il governo ai fini di un instaurando servizio postale: la fortuna in questo perido gli arrise e la flotta giunse a contare ben 15 piroscafi.
Dopo che nel 1869 venne aperto il Canale di Sueza, il Rubattino organizzò la linea di navigazione Genova-Alessandria.
Nel medesimo anno trattò l'acquisto della bia africana di Assab volendola trasformare in un nodo fondamentale per i traffici navali e mercantili con l'Oriente: la baia, ponendo le basi per l'esperienza coloniale italiana, fu quindi ceduta nel 1879 al governo italiano.
In seguito il Rubattino organizzò una linea per Tunisi ed un'altra alla volta di Tripoli (1874-'75): indotto da opportune scelte imprenditoriali acquistò quindi nel 1880 la lineaferroviaria che da Tunisi portava a Goletta e tutto ciò in vista di quell'ideato intervento colonizzatore italiano in Tunisia che venne meno per l'intervento della Francia.
Di poi il Rubattino trattò la fusione della COMPAGNIA NAVALE con la società Florio di Palermo: ne derivò l'istituzione della NAVIGAZIONE GENERALE ITALIANA che andò a rappresentare una fra le principali ditte armatrici del periodo.
Il Rubattino ricoprì altresì cariche politiche, venendo eletto consigliere comunale in Genova, nel periodo 1849-1860: poi, in seguito alla caduta della DESTRA STORICA, nel 1876 venne nominato deputato a Genova anche se, prima ancora della conclusione della XIII legislatura (2 maggio 1880) si dimise ottemperando al divieto, dipendente dalla legge sulle incompatibilità parlamentari (si veda a livello bibliografico di P. FAUCHE', G. B. Fauché e la spedizione dei Mille, Roma-Milano, 1905 e su argomenti più estesi A. CODIGNOLA, Rubattino, Bologna, 1938)