INFOR. DURANTE

Il cinquecentesco medico empirico ZEFIRIELE TOMASO BOVIO spesso cita nei suoi scritti l'uso di ERMODATTILO: mediamente si trattava di "Pillole di Ermodattilo", indicate anche come P. Hermodatili(e); P.D. Ermodattoli; Pilulae Hermodactylae; Pilulae de Hermodactyles Mesue (Antidotario Bononiense, 1750,p.46); Pilulae de Hermodactylis majores Mesue (Mangetus, 1704,II p. 563).
Venivano preparate con una radice, la Radix Hermodactyli che ha la figura di una castagna e di colore giallastro all'esterno e bianco internamente: di sapore viscido farinoso; senza odore.
ERMODATTILO [dal lat. scient. Hermodactylus, dal gr. hermodaktulos, composto di Hermes, (Ermes greco = Mercurio latino) e –daktulos = "–dattilo"] in effetti è nome classico del COLCHICO noto anche con il nome volgare di "zafferano matto" per la sua notevole somiglianza con lo zafferano Crocus sativus".
Il COLCHICO deriva invece il fitonimo dalla regione della Colchide , a oriente del Ponto ove cresceva abbondante.
I greci ne conoscevano bene gli effetti velenosi e mettevano in guardia coloro che avessero intenzione di usarlo come medicamento, in quanto, si diceva, fosse capace anche di "ammazzare strangolando".
Il medico bizantino Alessandro di Tralles prese comunque a consigliarne l'uso avverso i dolori articolari: "Il solievo è tale - scriveva - che i pazienti vogliono subito camminare. E’ certamente vero che questo medicamento non dimentica mai la sua promessa, ma vi è in esso qualcosa di nocivo...., per evitare ciò la si deve mescolare con altre sostanze....".
Il Melichio (1640, p.202) ricorda ben tre tipi di pillole di Hermodattilo. Le pillole maggiori " sono di certissima prova nel dolore della podagra, e giunture, venuta per cagion fredda", quelle minori " valgono a medesimi difetti che le maggiori, ma però prodotti da cagion calda" ed infine quelle di invenzione dello stesso Mesue "evacuano le materie sottili e grosse".
La droga nonostante le sua velenosità, venne inserita, sotto forma di sciroppo di miele e aceto di vino, nella Farmacopea Londinensis del 1788 quale medicamento contro gli eccessi gottosi: di conseguenzail colchico divenne celebre in medicina per le terapie antigottose, celebrità che fu rafforzata nel 1820 dalla scoperta del suo alcalòide principale, la colchicina.
Esso sembra agire con una non ben definita azione antalgica accompagnata da un rallentamento dei processi metabolici che portano alla genesi dell’acido urico. (vedi: Corvi, La farmacia Italiana dalle origini all’età moderna, Pacini Editore, Pisa, 1997).























COLCHICO AUTUNNALE (VEDI QUI TAVOLA BOTANICA)
(Colchico = Colchicum autumnale - genere Colchicum)
Gergalmente anche definito Efemera, Zafferano matto, Giglio matto, Freddolina.
Trattasi di pianta erbacea perenne con bulbo sferico-piriforme di colore rosso-nerastro racchiuso da una tunica bruna.
In autunno, dal bulbo nascono 1-7 fiori formati da un tubo perigoniale, diviso in alto in sei lobi oblunghi-lanceolati di colore lilacino-porporino.
Gli stami sono sei e gli stili tre, curvati in alto e più lunghi degli stami.
In primavera si sviluppano le foglie e matura il frutto.
Le foglie sono larghe, lanceolate lunghe 20-30 cm.
Il frutto è una capsula ovale bislunga, con molti semi globosi e zegrinati.
Questa pianta si sviluppa nei prati dal mare alla zona montana nella penisola e nelle isole.
La pianta è molto tossica (solo fiterapisti assai competenti possono trattarla) e da evitare per la presenza dell'alcaloide colchicina.
I bulbi contengono da 0,03 a 0,06 per cento di colchicina, inulina, tannino, gomma, resine, un olio grasso e circa il 20 per cento di amido.
Nei semi si trova da 0,20 a 0,40 per cento di colchicina, zucchero, tannino, acido gallico, olio fino, fitosterina, amido e sostanze albuminoidee.
II Colchico possiede azione antigottosa, diuretica, antinevralgica, vermifuga, sedativa.
È ritenuto rimedio eccezionale contro la gotta.
Ma il suo impiego deve avvenire solo se le funzioni dei reni e dell'intestino sono buone: è comunque risulta doveroso interrompere la cura appena si manifestino segni di intolleranza.
La polvere del bulbo s'impiega come calmante alla dose di 5-10 cg e come diuretico e antigottoso alla dose di 10-40 cg. Si prepara un vino con 60 g di bulbi in un litro di vino a cui si aggiungono 60 g di alcool; si filtra accuratamente per carta e lo si amministra alla dose di 0,50-2 g in tisana.
La polvere di semi si prende alla stessa dose della polvere di bulbo. Il vino medicato ottenuto con i semi (25 g in un litro di vino, più 20 g di alcool) si prescrive alla posologia di 1-3 g in tisana. La tintura si consiglia alla dose di 30-90 gocce e serve anche per uso esterno per frizioni. (testo ripreso ed elaborato da Tratto da: Piante medicinali e velenose della flora italiana Edizioni artistiche Maestretti - Istituto Geografico De Agostini Novara