riproduz. - informatizz. a c. di B. Durante

CARLO ALBERTO fu figlio di Carlo Emanuele I di Savoia, sesto principe di Carignano, e di Maria Cristina di Sassonia-Curlandia.
All'epoca della dominazione napoleonica in Piemonte, seguì i corsi di studio a Parigi ed a Ginevra; nel 1814 Napoleone lo nominò sottotenente del Reggimento Dragoni; caduto l'Impero poco dopo, fece ritorno a Torino ed ivi fu riammesso nella famiglia reale benché guardato un po' con sospetto a causa delle sue simpatie per la Francia.
Nel 1821 ebbe una parte non molto chiara nei moti costituzionali avvenuti in Piemonte.
Certamente egli era stato in contatto con i rivoltosi, ma all'ultimo momento pare si ritraesse mentre i congiurati, in buona o in mala fede, continuarono a contare su di lui.
Avvenuta l'abdicazione del re Vittorio Emanuele I (1821), egli divenne reggente ed accordò la Costituzione fatta salva l'approvazione del Re, cioè di Carlo Felice; questi invece disapprovò l'operato, chiamò gli austriaci in Piemonte ed ordinò a Carlo Alberto di recarsi in mezzo alle truppe fedeli a Novara, il che egli fece senza esitare.
Caduto in sospetto per qualche suo atteggiamento non solo ai Carbonari, i quali lo accusarono di tradimento e per i quali divenne l'esecrato Carignano (Berchet), ma anche a corte, si recò dapprima in esilio presso il suocero, Ferdinando III di Toscana, poi prese parte parte alla repressione della rivoluzione liberale spagnola combattendo al Trocadero e attirandosi in tal modo l'odio dei suoi antichi amici politici. Nel 1831, alla morte di Carlo Felice, salì al trono senza difficoltà (è leggenda che il Metternich tramasse per escluderlo dalla successione) e subito dimostrò grande energia e rigore nel reprimere qualunque tentativo di rivoluzione liberale.
Si dedicò al riordinamento dello Stato risanando le finanze, promuovendo lo sviluppo economico del Regno, riorganizzando l'esercito e dando impulso alle riforme amministrative di cui le più notevoli furono l'istituzione del Consiglio di Stato (organo giurisdizionale con il quale il sovrano veniva in certo senso ad autolimitare la propria autorità) e la promulgazione di un nuovo codice civile.
In questa attività Carlo Alberto più che alle nuove idee del secolo guardò alla tradizione settecentesca ed in parte ripristinò la tradizione amministrativa napoleonica che Vittorio Emanuele I aveva improvvisamente abbandonato.
In politica estera si distinse per il sostegno dato alla causa del legittimismo aiutando in Portogallo i miguelisti ed in Spagna i carlisti, parteggiando entrambe le volte per i reazionari contro i liberali.
Pur nemico dell'Austria, si alleò con essa nel 1831 per timore della Francia di Luigi Filippo; tuttavia, dopo la crisi egiziana del 1840 (occasione in cui l'Austria dimostrò di non avere alcuna intenzione di intervenire in soccorso del Piemonte qualora fosse stato attaccato dalla Francia) Carlo Alberto si staccò sempre più da Vienna senza però agire in modo concreto, tormentato com'era da scrupoli religiosi. Questi svanirono quando nel 1846 l'elezione di Pio IX sembrò dar corpo alla concezione giobertiana di un papato conscio di una missione italiana.
Carlo Alberto aveva una sua teoria in base alla quale gli unici due sovrani legittimi erano il Savoia ed il Pontefice: quando vide che quest'ultimo si schierava contro l'assolutismo e contro l'Austria pensò fosse venuto il momento di divenire la "spada d'Italia".
Cominciò appoggiando energicamente dapprima il Papa nel conflitto che questi ebbe con l'Austria per l'occupazione di Ferrara (estate 1847) e quindi il Granduca di Toscana nella controversia che questi ebbe con il Duca di Modena che era appoggiato da Vienna (autunno 1847).
A livello di politica interna CARLO ALBERTO accordò alcune riforme che l'opinione pubblica richiedeva ma solo dopo che Ferdinando II di Napoli ebbe promesso la Costituzione (29 gennaio 1848) egli pure promise di accordare la sospirata Carta Costituzionale ai suoi sudditi (8 febbraio 1848).
La promessa fu adempiuta il 4 marzo successivo, non senza crisi di coscienza e vari ripensamenti.
La COSTITUZIONE detta comunemente STATUTO ALBERTINO , ricalcava la CARTA FRANCESE del '30 e non instaurava il governo parlamentare ma quello costituzionale (quindi senza responsabilità dei ministri dinanzi alle Camere): eppure, nonostante alcuni intrinseci aspetti conservatori, la CARTA COSTITUZIONALE DI CARLO ALBERTO finì col diventare l'icona di grandi speranze come nello stesso 1848 segnalò un appassionato discorso di Massimo Montezemolo AGLI ELETTORI DELLA PROVINCIA DI MONDOVI' e come, nei tempi fausti della raggiunta Unità, sancì una sua entusiastica APOLOGIA [contributi a stampa oggi tanto rari da reperire, e qui integralmente proposti, quanto nel rapido scorrere di quegli anni espressione dell'opinione pubblica e delle speranze dei patrioti, soprattutto dei liberali).
Due giorni dopo la creazione del ministero "costituzionale", affidato a Cesare Balbo, scoppiava a Milano il moto rivoluzionario noto con il nome di Cinque Giornate.
Sotto la pressione degli avvenimenti e dopo nuove, sia pur brevi incertezze, Carlo Alberto decise l'intervento armato contro l'Austria.
La guerra, condotta personalmente dal re, dopo alcuni successi iniziali, finì con la grave rotta di Custoza cui seguì la battaglia di Milano ed il rientro dei piemontesi nelle terre del regno sardo.
La sconfitta, provocata da varie cause, tra cui l'incapacità del re come comandante supremo, originò gravi ma infondati dubbi sulla sua lealtà.
Alcuni, memori del 1821, arrivarono addirittura ad insinuare che Carlo Alberto si fosse fatto battere apposta dagli austriaci (per essere "costretto" a ritirare lo Statuto).
In realtà il re non solo lasciò che fino al luglio del 1848 il governo restasse parlamentare ma tollerò che venissero revocati dal loro impiego pubblico militari e civili che l'opinione pubblica giudicava avversi al nuovo regime ed alla fine dell'anno chiamò al governo i democratici con Vincenzo Gioberti alla testa.
Addirittura si oppose al piano di questi di intervenire in Toscana per abbattervi il governo democratico di Domenico Guerrazzi e restaurare quello del granduca Leopoldo II preferendo licenziare il ministro e riprendere, come voleva l'opinione pubblica, la guerra contro l'Austria benché fosse convinto nel suo intimo dell'enorme difficoltà dell'impresa e dovesse rinunciare ad essere il comandante supremo dell'esercito, carica alla quale fu chiamato un esule polacco, Wojciech Chrzanowski, che dava assicurazione all'opinione pubblica se non delle sue capacità militari della sua rettitudine politica.
La breve campagna si risolse in tre giorni con la disastrosa battaglia di Novara (23 marzo 1849): Carlo Alberto abdicò il giorno stesso in favore del figlio Vittorio Emanuele II, ritirandosi in Portogallo, a Oporto, dove morì poche settimane dopo (28 luglio) sia per malattia riacutizzata dopo le fatiche dell'ultimo anno, sia per lo strapazzo terribile del viaggio da Novara ad Oporto, compiuto quasi senza sosta.
La sua rapida fine suscitò attorno a lui un alone di benevola simpatia di cui non aveva mai goduto quand'era in vita e tale corrente crebbe fino al punto da rasentare l'agiografia.
Figura complessa, egli si trovò a vivere in un periodo di transizione senza avere programmi ben definiti salvo l'odio per l'Austria, il rispetto per la Chiesa ed il desiderio di espandere i domini della sua casa.
Alle comprensibili titubanze di chi vive nei periodi di trapasso da una forma politica all'altra (ed in questo ebbe compagni anche Leopoldo II di Toscana, Ferdinando II di Napoli ed altri) aggiunse ulteriori dosi d'incertezza derivanti dalla sua natura e dalla sua disgraziata giovinezza; è alla luce di queste considerazioni che si possono spiegare molti suoi atteggiamenti che gli valsero odi inestinguibili (lo stesso Berchet si ricredette) ed il carducciano appellativo di "Italo Amleto".






LO STATUTO ALBERTINO (REGNO DI SARDEGNA E REGNO D'ITALIA) [4 MARZO 1848]
CARLO ALBERTO
per la grazia di Dio
RE DI SARDEGNA, DI CIPRO E DI GERUSALEMME
Ecc. Ecc. Ecc.
Con lealtà di Re e con affetto di Padre Noi veniamo oggi a compiere quanto avevamo annunziato ai Nostri amatissimi sudditi col Nostro proclama dell' 8 dell'ultimo scorso febbraio, con cui abbiamo voluto dimostrare, in mezzo agli eventi straordinarii che circondavano il paese, come la Nostra confidenza in loro crescesse colla gravità delle circostanze, e come prendendo unicamente consiglio dagli impulsi del Nostro cuore fosse ferma Nostra intenzione di conformare le loro sorti alla ragione dei tempi, agli interessi ed alla dignità della Nazione.
Considerando Noi le larghe e forti istituzioni rappresentative contenute nel presente Statuto Fondamentale come un mezzo il più sicuro di raddoppiare coi vincoli d'indissolubile affetto che stringono all'Italia Nostra Corona un Popolo, che tante prove Ci ha dato di fede, d'obbedienza e d'amore, abbiamo determinato di sancirlo e promulgarlo, nella fiducia che Iddio benedire le pure Nostre intenzioni, e che la Nazione libera, forte e felice si mostrerà sempre più degna dell'antica fama, e saprà meritarsi un glorioso avvenire. Perciò di Nostra certa scienza, Regia autorità, avuto il parere del Nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo in forza di Statuto e Legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia, quanto segue:
Art. 1. - La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.
Art. 2. - Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica.
Art. 3. - Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato, e quella dei Deputati.
Art. 4. - La persona del Re è sacra ed inviolabile.
Art. 5. - Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il Capo Supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra: fa i trattati di pace, d'alleanza, di commercio ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l'interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. I trattati che importassero un onere alle finanze, o variazione di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l'assenso delle Camere.
Art. 6. - Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato; e fa i decreti e regolamenti necessarii per l'esecuzione delle leggi, senza sospenderne l'osservanza, o dispensarne.
Art. 7. - Il Re solo sanziona le leggi e le promulga.
Art. 8. - Il Re può far grazia e commutare le pene.
Art. 9. - Il Re convoca in ogni anno le due Camere: può prorogarne le sessioni, e disciogliere quella dei Deputati; ma in quest'ultimo caso ne convoca un'altra nel termine di quattro mesi.
Art. 10. - La proposizione delle leggi apparterrà al Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni legge d'imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentata prima alla Camera dei Deputati.
Art. 11. - Il Re è maggiore all'età di diciotto anni compiti.
Art. 12. - Durante la minorità del Re, il Principe suo più prossimo parente, nell'ordine della successione al trono sarà Reggente del Regno, se ha compiti gli anni vent'uno.
Art. 13. - Se, per la minorità del Principe chiamato alla Reggenza, questa è devoluta ad un parente più lontano, il Reggente, che sarà entrato in esercizio, conserverà la Reggenza fino alla maggiorità del Re.
Art. 14. - In mancanza di parenti maschi, la Reggenza apparterrà alla Regina Madre.
Art. 15. - Se manca anche la Madre, le Camere, convocate fra dieci giorni dai Ministri, nomineranno il Reggente.
Art. 16. - Le disposizioni precedenti relative alla Reggenza sono applicabili al caso, in cui il Re maggiore si trovi nella fisica impossibilità di regnare. Però, se l'Erede presuntivo del trono ha compiuti diciotto anni, egli sarà in tal caso di pieno diritto il Reggente.
Art. 17. - La Regina Madre è tutrice del Re finché egli abbia compiuta l'età di sette anni; da questo punto la tutela passa al Reggente.
Art. 18. - I diritti spettanti alla podestà civile in materia beneficiaria, o concernenti all'esecuzione delle Provvisioni d'ogni natura provenienti dall'estero, saranno esercitati dal Re.
Art. 19. - La dotazione della Corona è conservata durante il Regno attuale quale risulterà dalla media degli ultimi dieci anni. Il Re continuerà ad avere l'uso dei reali palazzi, ville e giardini e dipendenze, non che di tutti indistintamente i beni mobili spettanti alla corona, di cui sarà fatto inventario a diligenza di un Ministro responsabile. Per l'avvenire la dotazione predetta verrà stabilita per la durata di ogni Regno dalla prima legislatura, dopo l'avvenimento del Re al Trono.
Art. 20. - Oltre i beni, che il Re attualmente possiede in proprio, formeranno il privato suo patrimonio ancora quelli che potesse in seguito acquistare a titolo oneroso o gratuito, durante il suo Regno. Il Re può disporre del suo patrimonio privato sia per atti fra vivi, sia per testamento, senza essere tenuto alle regola delle leggi civili, che limitano la quantità disponibile. Nel rimanente il patrimonio del Re è soggetto alle leggi che reggono le altre proprietà.
Art. 21. - Sarà provveduto per legge ad un assegnamento annuo del Principe ereditario giunto alla maggiorità, od anche prima in occasione di matrimonio; all'appannaggio dei Principi della Famiglia e del Sangue Reale delle condizioni predette; alle doti delle Principesse; ed al dovario delle Regine.
Art. 22. - Il Re, salendo al trono, presta in presenza delle Camere riunite il giuramento di osservare lealmente il presente Statuto.
Art. 23. - Il Reggente prima d'entrare in funzioni, presta il giuramento di essere fedele al Re, e di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato.
DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI
Art. 24. - Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle Leggi.
Art. 25. - Essi contribuiscono indistintamente, nella proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato.
Art. 26. - La libertà individuale è guarentita.
Niuno può essere arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla legge, e nelle forme ch'essa prescrive.
Art. 27. - Il domicilio è inviolabile. Niuna visita domiciliare può aver luogo se non in forza della legge, e nelle forme ch'essa prescrive.
Art. 28. - La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo.
Art. 29. - Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili. Tuttavia quando l'interesse pubblico legalmente accertato, lo esiga, si può essere tenuti a cederle in tutto o in parte, mediante una giusta indennità conformemente alle leggi.
Art. 30. - Nessun tributo può essere imposto o riscosso se non è stato consentito dalle Camere e sanzionato dal Re.
Art. 31. - Il debito pubblico è garantito. Ogni impegno dello Stato verso i suoi creditori è inviolabile.
Art. 32. - E' riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz'armi, uniformandosi alle leggi che possono regolarne l'esercizio nell'interesse della cosa pubblica. Questa disposizione non è applicabile alle adunanze in luoghi pubblici, od aperti al pubblico, i quali rimangono intieramente soggetti alle leggi di polizia.
DEL SENATO
Art. 33. - Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato, aventi l'età, di quarant'anni compiuti, e scelti nelle categorie seguenti:
1° Gli Arcivescovi e Vescovi dello Stato;
2° Il Presidente della Camera dei Deputati;
3° I Deputati dopo tre legislature, o sei anni di esercizio;
4° I Ministri di Stato;
5° I Ministri Segretarii di Stato;
6° Gli Ambasciatori;
7° Gli Inviati straordinarii, dopo tre anni di tali funzioni;
8° I Primi Presidenti e Presidenti del Magistrato di Cassazione e della Camera dei Conti;
9° I Primi Presidenti dei Magistrati d'appello;
10° L'Avvocato Generale presso il Magistrato di Cassazione, ed il Procuratore Generale, dopo cinque anni di funzioni;
11° I Presidenti di Classe dei Magistrati di appello, dopo tre anni di funzioni;
12° I Consiglieri del Magistrato di Cassazione e della Camera dei Conti, dopo cinque anni di funzioni;
13° Gli Avvocati Generali o Fiscali Generali presso i Magistrati d'appello, dopo cinque anni di funzioni;
14° Gli Uffiziali Generali di terra e di mare. Tuttavia i Maggiori Generali e i Contr'Ammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività;
15° I Consiglieri di Stato, dopo cinque anni di funzioni;
16° I Membri dei Consigli di Divisione, dopo tre elezioni alla loro presidenza;
17° Gli Intendenti Generali, dopo sette anni di esercizio;
18° I membri della Regia Accademia delle Scienze, dopo sette anni di nomina;
19° I Membri ordinarii del Consiglio superiore d'Istruzione pubblica, dopo sette anni di esercizio;
20° Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria;
21° Le persone, che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione de' loro beni, o della loro industria.
Art. 34. - I Principi della Famiglia Reale fanno di pien diritto parte del Senato. Essi seggono immediatamente dopo il Presidente. Entrano in Senato a vent'un anno, ed hanno voto a venticinque.
Art. 35. - Il Presidente e i Vice-Presidenti del Senato sono nominati dal Re. Il Senato nomina nel proprio seno i suoi Segretarii.
Art. 36. - Il Senato è costituito in Alta Corte di Giustizia con decreto del Re per giudicare dei crimini di alto tradimento, e di attentato alla sicurezza dello Stato, e per giudicare i Ministri accusati dalla Camera dei Deputati. In questi casi il Senato non è capo politico. Esso non può occuparsi se non degli affari giudiziarii, per cui fu convocato, sotto pena di nullità.
Art. 37. - Fuori del caso di flagrante delitto, niun Senatore può essere arrestato se non in forza di un ordine del Senato. Esso è solo competente per giudicare dei reati imputati ai suoi membri.
Art. 38. - Gli atti, coi quali si accertano legalmente le nascite, i matrimoni e le morti dei Membri della Famiglia Reale, sono presentati al Senato, che ne ordina il deposito ne' suoi archivi.
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
Art. 39. - La Camera elettiva è composta di Deputati scelti dai Collegii Elettorali conformemente alla legge.
Art. 40. - Nessun Deputato può essere ammesso alla Camera, se non è suddito del Re, non ha compiuta l'età di trent'anni, non gode i diritti civili e politici, e non riunisce in sé gli altri requisiti voluti dalla legge.
Art. 41. - I Deputati rappresentano la Nazione in generale, e non le sole provincie in cui furono eletti. Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli Elettori.
Art. 42. - I Deputati sono eletti per cinque anni: il loro mandato cessa di pien diritto alla spirazione di questo termine.
Art. 43. - Il Presidente, i Vice-Presidenti e i Segretarii della Camera dei Deputati sono da essa stessa nominati nel proprio seno al principio d'ogni sessione per tutta la sua durata.
Art. 44. - Se un Deputato cessa, per qualunque motivo, dalle sue funzioni, il Collegio che l'aveva eletto sarà tosto convocato per fare una nuova elezione.
Art. 45. - Nessun Deputato può essere arrestato, fuori del caso di flagrante delitto, nel tempo della sessione, né tradotto in giudizio in materia criminale, senza il previo consenso della Camera.
Art. 46. - Non può eseguirsi alcun mandato di cattura per debiti contro di un Deputato durante la sessione della Camera, come neppure nelle tre settimane precedenti e susseguenti alla medesima.
Art. 47. - La Camera dei Deputati ha il diritto di accusare i Ministri del Re, e di tradurli dinanzi all'Alta Corte di Giustizia.
DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE
Art. 48. - Le sessioni del Senato e della Camera dei Deputati cominciano e finiscono nello stesso tempo. Ogni riunione di una Camera fuori del tempo della sessione dell'altra è illegale, e gli atti ne sono intieramente nulli.
Art. 49. - I Senatori ed i Deputati prima di essere ammessi all'esercizio delle loro funzioni prestano il giuramento di essere fedeli al Re di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato e di esercitare le loro funzioni col solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria.
Art. 50. - Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad acuna retribuzione od indennità.
Art. 51. - I Senatori ed i Deputati non sono sindacabili per ragione delle opinioni da loro emesse e dei voti dati nelle Camere.
Art. 52 - Le sedute delle Camere sono pubbliche. Ma, quando dieci membri ne facciano per iscritto la domanda, esse possono deliberare in segreto.
Art. 53. - Le sedute e le deliberazioni delle Camere non sono legali né valide, se la maggiorità assoluta dei loro membri non è presente.
Art. 54. - Le deliberazioni non possono essere prese se non alla maggiorità de' voti.
Art. 55. - Ogni proposta di legge debb'essere dapprima esaminata dalle Giunte che saranno da ciascuna Camera nominate per i lavori preparatorii. Discussa ed approvata da una Camera, la proposta sarà trasmessa all'altra per la discussione ed approvazione; e poi presentata alla sanzione del Re.
Le discussioni si faranno articolo per articolo.
Art. 56. - Se un progetto di legge è stato rigettato da uno dei tre poteri legislativi, non potrà essere più riprodotto nella stessa sessione.
Art. 57. - Ognuno che sia maggiore di età ha il diritto di mandare petizioni alle Camere, le quali debbono farle esaminare da una Giunta, e, dopo la relazione della medesima, deliberare se debbano essere prese in considerazione, ed, in caso affermativo, mandarsi al Ministro competente, o depositarsi negli uffizii per gli opportuni riguardi.
Art. 58. - Nissuna petizione può essere presentata personalmente alle Camere. Le Autorità costituite hanno solo il diritto di indirizzar petizioni in nome collettivo.
Art. 59. - Le Camere non possono ricevere alcuna deputazione, né sentire altri, fuori dei proprii membri, dei Ministri, e dei Commissarii del Governo.
Art. 60. - Ognuna delle Camere è sola competente per giudicare della validità, dei titoli di ammessione dei proprii membri.
Art. 61. - Così il Senato, come la Camera dei Deputati, determina per mezzo d'un suo Regolamento interno, il modo secondo il quale abbia da esercitare le proprie attribuzioni.
Art. 62. - La lingua italiana è la lingua officiale delle Camere. E' però facoltativo di servirsi della francese ai membri, che appartengono ai paesi, in cui questa è in uso, od in risposta ai medesimi.
Art. 63. - Le votazioni si fanno per alzata e seduta, per divisione; e per isquittinio segreto. Quest'ultimo mezzo sarà sempre impiegato per la votazione del complesso di una legge, e per ciò che concerne al personale.
Art. 64. - Nessuno può essere ad un tempo Senatore e Deputato.
DEI MINISTRI
Art. 65. - Il Re nomina e revoca i suoi Ministri.
Art. 66. - I Ministri non hanno voto deliberativo nell'uno o nell'altra Camera se non quando ne sono membri. Essi vi hanno sempre l'ingresso, e debbono essere sentiti sempre che lo richieggano.
Art. 67. - I Ministri sono risponsabili. Le Leggi e gli Atti del Governo non hanno vigore, se non sono muniti della firma di un Ministro.
DELL'ORDINE GIUDIZIARIO
Art. 68, - La Giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo Nome dai Giudici ch'Egli istituisce.
Art. 69. - I Giudici nominati dal Re, ad eccezione di quelli di mandamento, sono inamovibili dopo tre anni di esercizio.
Art. 70. - I Magistrati, Tribunali, e Giudici attualmente esistenti sono conservati. Non si potrà derogare all'organizzazione giudiziaria se non in forza di una legge.
Art. 71. - Niuno può essere distolto dai suoi Giudici naturali. Non potranno perciò essere creati Tribunali o Commissioni straordinarie.
Art. 72 - Le udienze dei Tribunali in materia civile, e i dibattimenti in materia criminale saranno pubblici conformemente alle leggi.
Art. 73. - L'interpretazione delle leggi, in modo per tutti obbligatorio, spetta esclusivamente al potere legislativo.
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 74. - Le istituzioni comunali e provinciali, e la circoscrizione dei comuni e delle provincie sono regolati dalla legge.
Art. 75. - La Leva militare è regolata dalla legge.
Art. 76. - E' istituita una Milizia Comunale sovra basi fissate dalla legge.
Art. 77. - Lo Stato conserva la sua bandiera: e la coccarda azzurra è la sola nazionale.
Art. 78. - Gli Ordini Cavallereschi ora esistenti sono mantenuti con le loro dotazioni. Queste non possono essere impiegate in altro uso fuorché in quello prefisso dalla propria istituzione. Il Re può creare altri Ordini, e prescriverne gli statuti.
Art. 79. - I titoli di nobiltà sono mantenuti a coloro, che vi hanno diritto. Il Re può conferirne dei nuovi.
Art. 80. - Niuno può ricevere decorazioni, titoli, o pensioni da una potenza estera senza l'autorizzazione del Re.
Art. 81. - Ogni legge contraria al presente Statuto è abrogata.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 82. - Il presente Statuto avrà il pieno suo effetto dal giorno della prima riunione delle due Camere, la quale avrà luogo appena compiute le elezioni. Fino a quel punto sarà provveduto al pubblico servizio d'urgenza con Sovrane disposizioni secondo i modi e le forme sin qui seguite, ommesse tuttavia le interinazioni e registrazioni dei Magistrati, che sono fin d'ora abolite.
Art. 83. - Per l'esecuzione del presente Statuto il Re si riserva di fare le leggi sulla Stampa, sulle Elezioni, sulla Milizia comunale, e sul riordinamento del Consiglio di Stato. Sino alla pubblicazione della legge sulla Stampa rimarranno in vigore gli ordini vigenti a quella relativi.
Art. 84. - I Ministri sono incaricati e responsabili della esecuzione e della piena osservanza delle presenti disposizioni transitorie. Dato in Torino addì quattro del mese di marzo l'anno del Signore mille ottocento quarantotto, e del Regno Nostro il decimo ottavo.
CARLO ALBERTO
Il Ministro e Primo Segretario di Stato per gli affari dell'Interno
BORELLI
Il primo Segretario di Stato per gli affari Ecclesiastici, di Grazia e di Giustizia, Dirigente la Grande Cancelleria
AVET
Il Primo Segretario di Stato per gli affari di Finanze
DI REVEL
Il Primo Segretario di Stato dei Lavori Pubblici, dell'Agricoltura, e del Commercio
DES AMBROIS
Il Primo Segretario di Stato per gli Affari Esteri
E. DI SAN MARZANO
Il Primo Segretario di Stato per gli affari di Guerra e Marina
BROGLIA
Il Primo Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione
C. ALFIERI