SAORGE (SAORGIO)

SAORGE, sito ad anfiteatro in una macchia di verde costituita da olivi e castagni.
Il nome non è chiarissimo.
Potrebbe rimandare a forme latineggianti Saurgium, Saurcium, Savorge, Saurcio, Saourg, Saorgio, Saorge sono le tante forme sotto cui compare nei secoli il nome della località.
Nel '600 il notaio ligure Castaldi nella sua "Descritione della Liguria", laddove, citando il colle di Tenda (detto però Colle de Cornia) notò che per tale luogo da tempo "si passa il sale per il Piemonte et si tiene sempre aperto il passo in tempo di neve per la condotta".
Tenendo conto che punti viari importanti erano Cuneo (scritto Cuni), Briga (Bria), Saorge, (Savorgio) e anche Breil (scritto Bleil).
Mille anni prima dei Romani, le valli alpestri francesi erano occupate da tribù liguri di origine alpina che vivevano secondo i principi della civiltà pagense.
Nei secoli sfileranno i diversi vincitori delle guerre combattute in questi siti.
Le conquiste, da quelle dei romani e dei barbari fino ai saraceni e ancora di altri conquistatori più moderni, hanno accreditato nel corso dei tempi la reputazione strategica e di imprendibilità del luogo.
Saorge ai tempi della romanità faceva parte dell'amministrazione del municipio romano di Albintimilium.
Nel XIX sec. a Saorgio sul monte Malamorte, presso la parrocchiale, si scoprì l'iscrizione funebre di un Marcus Atilius Alpinus: era una stele funeraria di estensione di famiglia (una gens Atilia), forse dedicata al personaggio per qualche obbligo testamentario connesso al lascito di un'eredità se non di un fondo sito presso Saorgio.

Marcus Atilius Alpinus era stato nel municipio imperiale di Albintimilium magistrato edile.
II ritrovamento di questa lapide del primo abitante noto di Saorge ha alimentato varie ipotesi, non escluse quelle di un insediamento o di una villa di sua proprietà in questo luogo dell' entroterra di Ventimiglia romana: si è anche sostenuto, non senza qualche ragioni, che la deposizione della lapide in Saorge non sia stata casuale né dovuta a qualche obbligo testamentario.

Si è ritenuto in base al ritrovamento di cui sopra e tenendo conto delle ramificazioni viarie che un' attivita amministrativa romana esistesse nel territorio di SAORGE e che esso fosse un' ulteriore area di transizione tra Italia e le Gallie, dove non è improbabile che, sul percorso che collegava le due zone geografiche, fosse stata istituita una stazione stradale per il pagamento della Quadragesima Galliarum cioè della tassa sulle merci di transito, stazione che poteva ben operare, a controllo del territorio interno di confine del municipio intemelio, ad integrazione della stazione di costa presso Cap Martin(sull'ipotesi di Nino Lamboglia che qui e non in altro luogo si riscuotesse la quadragesima Galliarum si son avanzati recenti e motivati dubbi come si può leggere in questo collegamento).
La considerazione che Saorgio fosse una base doganale romana può non esser priva di valore tenendo conto che (come pure suggeriscono atti del XIII sec. del notaio di Genova de Amandolesio attestanti tragitti di pastori e commercianti di Saorge, come di Briga e Breil, verso la costa ligure allo scopo di commerciarvi il loro bestiame o d'impiantarvi aziende rurali o mercantili) per lungo tempo continuo a funzionare un antico tragitto romano che, per la val Nervia, metteva in comunicazione la capitale di costa col retroterra di Albintimilium e quindi risalire in Piemonte per l'Oltregiogo.
A tale proposito e sempre utile consultare la cartografia militare sabauda redatta a meta del '700 ai tempi della guerra di Successione austriaca.

Gl'ingegneri piemontesi di guerra ci hanno lasciato la descrizione precisa di una serie di tragitti (da utilizzare per ragioni strategiche contro le truppe spagnole e francesi) che, provenendo dall'area di Saorgio portava sin "dietro a certe rocche chiamate LE CABANE" (come francesi e piemontesi chiamavano l' area fortificata del convento di Sant'Agostino nella piana di Ventimiglia).
I cartografi, peraltro, annotavano che "... v'era poi la grande strada che da Breglio [porta] a Dolce aqua... [mentre] la strada Reale, che conduce al detto forte di Savorgio dal canto di Tenda trovasi molto stretta, rapida e disastrosa, tuttavia sita nella roccia, facile a rompersi, et a difendersi ed appena vi può passare una bestia carica". (B. Durante - Mario De Apollonia, Albintimilium, antico municipio romano, Gribaudo [Paravia], Cavallermaggiore, 1988, pp. 190, 200, 241, 250, 265 e note).
Di fatto, nel succedersi della generale volontà a politica di controllare la piazzaforte di Saorge, la popolazione sarà, di conseguenza, ligure, genovese, provenzale, savoiarda e quindi francese.
Saorge è borgo cresciuto col proprio sviluppo economico legato al commercio di sale.
Non vi son mancati monumenti pubblici, militari e religiosi di rilievo.

Tra le chiese antiche di Saorgio è il SANTUARIO DELLA MADONNA DEL POGGIO del 1092 dentro cui i saorgiani fecero dono della cappella di Sancta Maria ai monaci delle Isole di Lerins.
Nell'edificio si svolsero per 4 secoli le funzioni mortuarie: questo compito verrà poi diviso con la parrocchia.
Secondo la tradizione il coro è volto ad est, la facciata è composta da 3 absidi circolari.
La navata principale è separata nella parte bassa da archi a tutto sesto su massicce colonne in pietra nera.
Sopra l'altare uno stemma araldico con le armi dei Savoia e circondato da 2 sculture policrome in legno, probabilmente molto antiche.
Esternamente un rivestimento in ardesia rispetta gli antichi ornamenti comunali.
II battistero, sormontato da un campanile quadrato che s'innalza per 6 piani culminando in una struttura piramidale ottagonale, appartiene alla famiglia Daveo dal XVII sec. e lo si visita sotto il controllo dei proprietari.

Nel 1638 il consiglio comunale di SAORGIO offrì a una comunità di francescani di Sospeil di fondare una comunità a Saorge e mise loro a disposizione una cappella di Saint Bernard con terre, giornate di lavoro e aiuti finanziari.
Inaugurato nel 1660 il MONASTERO FRANCESCANO, i monaci furono scacciati dalle autorità militari sarde nel 1662.
Questi locali riavranno la destinazione originale nel 1808, quindi la legge del 1905 cacciò i religiosi e si attese al 1970 per vedere il monastero rioccupato da una comunità francescana.

All' esterno dell' edificio è possibile l' accesso alla cappella di NOTRE DAME DES MIRACLES, circondata da cipressi, ha una facciata barocca con portico a 3 arcate, sormontato da un terrazzo con balconi a pilastro. La pianta della chiesa risulta piuttosto semplice, ad unica navata a campate con cappelle e tribune alternate mentre il campanile risulta sormontato da un bulbo a tegole multicolori
Un frontone triangolare è attraversato d'un'apertura lobata ornata d'affreschi: la cappella, barocca del XVII sec., ha 2 volte a crociera.
Dietro l'altare sta un tabernacolo in legno scolpito fiancheggiato da 2 colonne ritorte in noce massiccio.
All'interno si trova un chiostro ad arcate regolari e volte con affreschi narranti la vita e l'opera di san Francesco d'Assisi.
II centro del cortile del chiostro è ocupato da una grande cisterna con il pozzo ricoperto da una cupola orientaleggiante memoria d'un pellegrinaggio in Terra Santa.




La CHIESA PARROCCHIALE DI SAINT SAVEUR fu costruita nel 1465 dopo l'incendio che distrusse parte del villaggio. La nuova fabbrica venne quindi rivisitata nel 1718 con una sostanziale ispirazione al dominante gusto barocco che non rinnega però vari aspetti degli stili precedenti come il gotico od il romanico. Tutto ciò non avvenne per una voluta scelta estetica verso l'eclettismo ma per semplici esigenze economiche, visto che la comunità non possedeva nel XVIII secolo i mezzi necessari per una completa rivisitazione de4ll'edificio secondo il canone barocco sì che si ritenne necessario utilizzare dove possibili il materiale superstite del precedente edificio (fatto peraltro che si riscontra nella procedura seguita per il restauro o il riadattamento di altre chiese di questo entroterra non ricco). Nella chiesa l'elemento barocco lo si scopre soprattutto al suo interno, specie negli altari laterali: inoltre le pale d'altare presentano motivi intagliati in stucchi policromi di indubbia ascendenza barocca così come accade per i frontoni ornati di un considerevole numero di puttini in guisa di angioletti, disposti secondo una varietà di posizioni che esorcizza l'impressione della dinamica e del movimento di tradizione tipicamente barocca
Nel suo impianto la chiesa è di struttura basilicale a 3 navate, con arcate separate da linee di colonne e pilastri a capitelli corinzi di stucco dorato.
Nel coro le panche in legno e gli stalli sono del XVIII sec.: l' altare maggiore è di fattura ligure in marmo policromo e fu consacrato nel 1732; ospita il reliquiario di San Claudio.
E' sormontato da un Cristo in croce circondato da una Vergine Addolorata e san Giovanni Evangelista.
La balaustra in colonne di marmo ritorte è del 1842. A destra dell ' altare, su un baldacchino sostenuto da 4 colonne ritorte ornate di foglie d'edera, poggia una statua della Vergine Maria con Gesù bambino tra le braccia, opera di Carlo Bonfante.


A Saorge furono consacrate altre chiese appartenenti a confraternite religiose: all'entrata del villaggio sta la cappella di Saint Antonin, della Confraternita dei Penitenti rossi, e, al centro del paese, quella di Saint Claude, della Confraternita dei Penitenti neri e quindi la CAPPELLA SAINT-JACQUES, della "Confraternita dei Penitenti bianchi" alcuni membri della quale vivono tutt'ora a Saorge.






CABANA: termine ampiamente diffuso in ambiente ligure come annota il Ferro (p.175): in dialetto cabana equivale a "capanna".
Renzo Villa nel suo saggio I toponimi dei quartieri e delle ville, facente parte della monumentale edizione critica del cinquecentesco
Catasto della Comunità di Ventimiglia, utilizzando varie fonti bibliografiche, registra alcune voci riferenti a questo toponimo (concernenti dato la prospettiva di tutta l'impresa editoriale il territorio intemelio.
Sono di conseguenza registrati (anni 1797 - 1860): Cabbana nel territorio di Ventimiglia ed ancora la voce Le Cabane.
L'antichità del toponimo è però data dal fatto che consimile voce compare nei rogiti del duecentesco notaio Giovanni di Amandolesio laddove viene citato "campum unum positum in territorio Vintimili, in Cabanolis (doc. 227, anno 1260).




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