riproduz di R. Marro

Nell'immagine è riprodotta la pagina iniziale del manoscritto 7 della BIBLIOTECA APROSIANA in cui si custodisce una variante delle "Obras" di Luis de Gongora di cui il Prof. Mario Damonte, che peraltro ha curato con A. M. Mignone, il "Catalogo" del ricco fondo spagnolo dell'Aprosiana, ha dato comunicazione all'VIII Congresso Internazionale degli Ispanisti dell'agosto 1983 (Università di Providence - U.S.A.).
Lo studio di Damonte si può reperire oggi (nel suo volume "Tra Spagna e Liguria", Collana di Monografia, IX, Accademia Ligure di Scienze e Lettere - Istituto di Lingue Straniere / Facoltà di Scienze Politiche Università di Genova, Genova, 1996) entro il saggio "UN MANUSCRITO GONGORINO DESCONOCIDO EN LA BIBLIOTECA APROSIANA DE VENTIMILLA" (PP. 336 - 350).
Nella stessa opera il Damonte ha lasciato un altro saggio importante "PADRE ANGELICO APROSIO E LA SPAGNA" (pp.242 - 261) in cui, oltre a dimostrare l'eccellente conoscenza aprosiana della lingua e della letteratura spagnola, riporta i nomi ed alcune inedite lettere di illustri eruditi spagnoli, amici e corrispondenti del frate ventimigliese: tra questi basti citare i nomi di Nicolas Antonio, di Luis Perez de Castro, di Caramuel.
Il secolo in cui visse l'Aprosio fu peraltro caratterizzato da una serie di importanti e stretti rapporti politici ed economici tra il regno di Spagna e la Serenissima Repubblica di Genova: la cultura iberica andava influenzando tutti i dotti liguri, esercitando su di essi un fascino indiscusso. A tale proposito bisogna tenere nel debito conto la formazione della classe dirigente genovese decisamente volta verso approdi culturali spagnoli e, nel caso specifico di Angelico Aprosio, i rapporti che ebbe la nobile famiglia Cavana che oltre ad avere forti interessi, diplomatici ed economici, in Spagna gli aveva "dato", col suo esponente Gio. Nicolò Cavana un autentico patrocinatore della biblioteca ventimigliese.
GIO NICOLO’ CAVANA appartenente, come detto, ad una nobile famiglia genovese originaria di Novi fu nipote dell’ambasciatore genovese presso la corte di Spagna e figlio di un Senatore della Repubblica: a sua volta eletto Senatore ricoprì il ruolo di governatore della Rocca di Pietra Ligure. Tra il 1665 ed il 1675, anno in cui morì per una gravissima serie di disturbi intestinali come apprendiamo dalle drammatiche lettere all’Aprosio in Ms.40 della Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia, fu tra i più assidui e tenaci sostenitori della "Libraria intemelia". Antonio Magliabechi accennando al suo ruolo di mecenate e protettore dei letterati liguri lo definì: "L’asilo dei letterati della Liguria".
Nel suo celebre repertorio bibliografico edito a Bologna dai Manolessi nel 1673 ("La Biblioteca Aprosiana...", cit., parte I, p. 630) l'Aprosio scrisse che il comun denominatore, per l'insorgere di una crescente amicizia intellettuale fra lui ed il Cavana, fu "Don Andrea Rossotto di Mondovì Monaco della Congregatione di S. Bernardo riformata" cordiale frequentatore di entrambi; nonostante la loro corrispondenza epistolare, susseguente a questo indiretto ma fortunato contatto, datasse a diversi anni prima, il Cavana ebbe però modo di conoscere personalmente l'Aprosio nella casa del ventimigliese Agostino Porro, cugino di Aprosio, solo quando tempo dopo, come Supremo Sindicatore della Repubblica di Genova (incaricato cioè come revisore dell'operato degli amministratori del Dominio), dovette soggiornarvi per un discreto periodo onde espletare il suo incarico pubblico a riguardo del territorio, non certo piccolo da ispezionare, del "Capitanato di Ventimiglia".
Fu precisamente in questa occasione -di cui è arduo ricostruire la data esatta ma comunque da collocare fra la II metà degli anni '50 e i primi anni '60 del secolo- che il Cavana ebbe modo di visitare per la prima volta il convento agostiniano di Ventimiglia in compagnia dell'Aprosio che, subito dopo, lo portò a visitare la "Libraria" di cui il Cavana immediatamente si "innamorò", impegnandosi apertamente al suo "accrescimento" (Ibidem, p.631).
Per giudizio di Angelico Giovanni Nicolò Cavana fu il principale mecenate della sua biblioteca ed ai suoi meriti di protettore e fautore (donò, tra stampate e manoscritte, 50 opere di grande rarità) il ventimigliese, nel repertorio "Della Biblioteca Aprosiana", dedicò ben 36 pagine encomiastiche (Ibidem, pp. 630 - 666).
Nell'"Appendice poetica" fece inoltre "costruire" all'amico Minozzi un bizzarro canzoniere celebrativo dell'Aprosiana, dove il Cavana finì per essere assimilato ad "un Libro vivente, dove la Gloria stessa si rappresentò".
Nonostante certe iperboliche esasperazioni formali bisogna riconoscere che non si trattò da parte dell'agostiniano di mera convenzionalità encomiastica e partigiana, ossequiente ai costumi dell'epoca: una vera amicizia legò i due personaggi, Cavana non fu letterato ma amò l'arte più di molti pedanti professionisti sino ai suoi ultimi giorni.
Come si evince dall'albero genealogico della famiglia Cavana (Archivio di Stato di Genova, Ms. 496, "Alberi genealogici", foglio 83) Giovanni Nicolò era figlio di Giovanni Maria e Margherita Scaglia, figlia di Giovanni Scaglia Senatore della Repubblica di Genova cd Ambasciatore presso il Re di Spagna.
Il nonno paterno Gaspare Cavanna nel 1572 si era sposato a Siviglia con Leonora figlia di Giovanni Boccanegra y Guzman e come altri membri della famiglia Cavana svolse incarichi diversi in Spagna intrattenendo rapporti con eruditi iberici.
La famiglia Cavana si segnalò sempre per la protezione degli artisti e letterati: nel 1675 l'amico e mecenate fu compianto come una grandissima perdita (per lui certamente, ma soprattutto per la protezione delle arti tutte) dall'Aprosio in una malinconica ed affettuosa lettera al Magliabechi (in Biblioteca Naz. di Firenze, Magliab. VIII, 141).
Il Cavana personalmente fece, come scritto, dono all'Aprosio di parecchi volumi di pregio e non molto prima della sua fine di un'opera di assoluta rarità che costituisce il Ms. 2 della Biblioteca intemelia, cart., sec. XVII (1615), mm. 142 X 110, cc. 4 n. n. di cui bianche le cc. 1 e 4 più cc. 33 di cui numerate la 1, la 25 e la 32 (erroneamente al posto della 33) più cc. 2 n.n..
La scrittura è corsiva, di una sola mano ed il volume ha legatura in pelle, con fregi dorati: si tratta di un esemplare unico in lingua spagnola, precisamente la "Consolatoria al senor Juan Maria Cavana en la muerte de su padre attribuito al poeta Martir Rizo".
Da una lettera di Giovanni Nicolò Cavana all'Aprosio" (Biblioteca Universitaria di Genova, "Lettere di vari all'Aprosio", Ms. E. V. 27, cc. 4r - 5v.) datata Genova 28-X-1673 si evince che l'opera fu scritta dal Rizo in occasione della scomparsa di Gaspare Cavana, il nonno di Giovanni Nicolò.
Si tratta di un esemplare già ignoto alla bibliografia iberica scoperto dagli illustri ispanisti Mario Damonte e Anna Maria Mignone nel corso di una ricognizione sul vasto fondo di testi spagnoli dell'Aprosiana: con grande competenza critica la Mignone lo editò scientificamente nel "Quaderno dell'Aprosiana", V.S., I (1984), pp. 41 - 62 sotto il titolo di Un inedito del Seicento della Civica Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia: la Consolatoria al senor Juan Maria Cavana en la muerte de su padre di Juan Pablo Martir Rizo.
Per tutta questa serie di doveri, nati comunque da un senso di gratitudine sincera, Aprosio ritenne, tra l'altro, doveroso occuparsi, sempre nella "Biblioteca Aprosiana" edita (pp.645-663) di un argomento che stava molto a cuore al suo protettore cioè la restituzione alla di lui famiglia di alcuni diritti feudali di cui era stata depauperata.
Alla morte del Cavana inoltre, Angelico chiese ed ottenne dal comune amico, l'erudito di Piacenza Lorenzo Legati, la stesura di un elogio funebre, tuttora conservato nella parte rimasta inedita della Biblioteca Aprosiana (II- Raccolta Durazzo, Ms.A.III.5, p.341) cioè la Threnodia, horti Musarum cultorum, in obitu Johannis Nicolai Cavana, patricii Genuensis, collectore domino Laurentio Legato dall’ incipit: "...Tyndarides fratres proles...".