cultura barocca
CLICCA PER GIRARE PAGINA VEDI QUI SCUOLA (INDICI NEI SUOI VARI ASPETTI = DALLA CLASSICITA' GRECO-ROMANA, AL MEDIOEVO, AD UMANESIMO E RINASCIMENTO E COSI' VIA SINO AI SECOLI XIX E XX) - VEDI INOLTRE QUI ANCHE UN ASPETTO ULTERIORE CON IL TEMA DEL PARNASSUS POETICUS E DELLA DISTINZIONE TRA ISTRUZIONE FEMMINILE E MASCHILE OLTRE CHE DELL'ISTRUZIONE FRA APPARTENENTI AI CETI ABBIENTI E NON

In questo contesto sotto forma di "poesia per nozze" o epitalamio [di matrice ligure occidentale ed ormai rarissimo e fatto stampare da un anonimo Professore Precario qual omaggio nuziale -all'epoca consueto- ad un amico Professore Titolare coniugatosi con una Maestra (vedine qui il frontespizio per il tipografo onegliese Ghilini, 1862)] si analizza la peculiare questione della scarsa retribuzione degli insegnanti di maniera che pur se titolare e coniugato con una Maestra il docente precario all'amico, nel caso i figli, a venire lo inducano pensare di volersi dedicare all'insegnamento, in chiusa dell'epitalamio o "Scherzo Poetico" dice = "Fammi, in grazia, un tal piacere / Dagli un calcio nel sedere"



















L'ISOLA AMOROSA
(di Carlo Innocenzo Frugoni)

La bella nave è pronta:
ecco la sponda e il lido,
dove nocchier Cupido,
belle, v'invita al mar.
Mirate come l'ancora
già dall'arena svelsero
mille Amorin, che apprestansi
festosi a navigar.

Di porpora è la vela,
che ai zeffiri si stende,
e a governarla prende
il Riso condottier.
L'aure se ne innamorano
e l'ali intorno battono
scherzando, e la fan turgida
di fiato lusinghier.

Fregia le forti antenne
ben lavorato argento;
e l'arte all'ornamento
pregio accrescendo va.
La poppa è tutta avorio,
d'oro contesta e d'ebano,
dentro la qual s'assidono
il Vezzo e la Beltà.

La Speme il timon regge,
e vanno in dolci giri
i teneri Desiri
movendo l'agil piè;
cento Lusinghe amabili
il bel legno passeggiano;
liete per man si tengono
la Servitu, la Fé.

Trecce di vaghi fiori
persi, vermigli e bianchi
pendono giù dai fianchi
del ben spalmato pin;
fra dilettose immagini
siede l'allegro Genio,
di rose odorosissime
ornato il biondo crin.

Sotto l'altero abete
par di dolcezza acceso,
superbo del bel peso,
l'antico flutto andar;
per l'acqua i pesci guizzano,
quasi d'amore avvampino,
e i duri scogli e gelidi
sembrano anch'essi amar.

Ed ecco Amor favella,
e a' suoi soavi accenti
tacciono in aria i venti
e il ciel si fa seren;
ad ascoltarlo sorgono
le belle dee marittime,
e fuor dell'acque sporgono
il delicato sen.

A1 mare, ei grida, al mare,
belle, che mi seguite:
meco a imparar venite
l'arti che detta Amor.
Non molto lungi è un'isola
tutta ridente e florida,
dove ad amar s'addestrano
i semplicetti cuor.

Tacque; e la bionda Fille,
la bruna Galatea,
la candida Nerea
sul bel legno salì;
e Dori e Nisa e Cloride
e cent'altre v'ascesero,
e il pino velocissimo
dal margine fuggì.

Giunte a l'amena spiaggia,
pronta le accolse in pria
la fredda Ritrosia,
che amor non fa gradir;
e le Ripulse vennero
in atto schive e rigide,
che contrastando rendono
più fervido il desir;

poi la Pietà pudica
loro si fece avanti;
degl'infelici amanti
le pene lor narrò:
narrò le notti vigili,
le sconsolate lacrime;
la pura fede, il nobile
lungo servir lodò.

Venne la Tenerezza,
e nelle lor pupille
vivissime faville
primiera risvegliò;
e ne' lor cuori tacita
scese e tentò d'accendere
i più sottili spiriti
e amore consig liò.

Quando l'astuto Inganno
giunse e in lor gli occhi fisse:
Belle, ascoltate, ei disse,
consiglio più fedel:
amate, sì; ma piacciavi
sempre voi stesse ascondere
sotto un aspetto vario,
or placido, or crudel.

Qualor più vive in pace
sicuro chi v'adora,
sorga uno sdegno allora
da facile cagion.
Pianga l'amante misero,
di duol si strugga e maceri,
e di vostr'ire sùbite
vi chiegga invan ragion.

Tema che il foco antico
giaccia omai freddo e vinto;
tema che l'abbia estinto
altro nascente ardor;
e quella fiamma fervida,
che per voi l'arde e l'agita,
più viva e più sollecita
cresca col suo timor.

Poi quando tutta ormai
in chi s'affanna e teme
muor l'opportuna speme,
dolce dei cuor velen,
fate improvvisa e provvida
dal ciglio un po' men torbido
qualche pietà tralucere,
qual rapido balen.

Disse; e le belle attente l'udiro,
e sul lor viso
un tremolo sorriso
repente baleno.
Poi seco Amor condussele
per verdi vie recondite,
dove lor cento incognite
leggi d'amar dettò.

Di là poscia tornate
godon su l'alme prese
l'arti in mal punto apprese
feroci esercitar.
Dori fa strugger Corilo;
Nisa languir fa Titiro;
io per la bella Fillide
pur sieguo a sospirar.





Questa lirica, come ha scitto il Calcaterra si cantava "sopra l'aria che il Casori aveva composto per la canzonetta del Metastasio Grazie agl'inganni tuoi": si vedano I lirici del Seicento e dell'Arcadia, a cura di Carlo Calcaterra, Milano-Roma, Rizzoli, 1936, p.918