cultura barocca
Riproduzione a cura di B. E. Durante

JEAN BAPTISTE VAN HELMONT (poi latinizzato in HELMONTIUS) vide a luce a Bruxelles nel 1577.
Appartenente ad una buona famiglia fiamminga fu cresciuto da uno zio studiando a Louvain materie umanistico-letterarie.
Non ottenne però la laurea di dottore in Storia dell'Arte attesa la sua convinzione che l'esibizione di un qualsiasi titolo accademico costituisse un peccato di vanità.
Nonostante la simpatia di cui diede prova per l'Ordine Gesuita, non vi entrò mai e preferì dedicarsi allo studio della scuola filosofica stoica cercando una propria strada intellettuale per realizzare esistenzialmente il precetto evangelico della povertà: anche in funzione di questa scelta prese la decisione di intestare tutti i suoi beni alla sorella.
Si volse presto agli studi di medicina avendo un profondissimo desiderio di sanare le sofferenze fisiche dei suoi simili: una ragione personale stava peraltro alla radice di tutto ciò, il fatto che lui stesso aveva avuta la propria vita condizionata dalla malattia e precisamente dalle sofferenze causategli dalla scabbia che medici galenici s'ostinavano a curargli tramite la somministrazione di purganti, del tutto incapaci, per ignoranza, abito mentale o refrattarietà alle analisi empiriche, che si trattava di una patologia di origine parassitaria.
Per siffatte ragioni Van Helmont sviluppò un autentico disgusto per i galenici (contestualmente scoprendo quindi il magistero di PARACELSO) e, alla ricerca di qualche utile alternativa terapeutica, prese a viaggiare per l'Inghilterra, la Francia, la Svizzera e l'Italia investigando quanto gli fosse possibile della medicina praticata in questi differenti paesi, anche se poi, contraddizione epocale non rara, venne guarito da un ciarlatano italiano, che si affidava per le cure allo zolfo ed al mercurio.
Comunque la sua vicenda personale ed il modo con cui fu liberato dal suo male interagirono su varie scelte del Van Helmont medico: egli infatti prese ad esercitare abbandonando le terapie dei galenici perlopiù basate sull'uso delle piante officinali e preferì confezionare i propri farmaci in laboratorio largheggiando nell'uso della fornace, del crogiolo e della storta sì che si prese a definirlo medicus per ignem.
Tra i primi seppe provare che il terreno contribuisce relativamente all'incremento ponderale di una pianta: I Greci ritenevano che le piante derivassero il loro nutrimento solo dal suolo ma lo scienziato belga dimostrò al mondo accademico che le piante erano composte solo di acqua semplicemente piantando un salice dal peso ben noto in terra, per pesare nuovamente lo stesso salice ed il terreno cinque anni più tardi. Il salice era cresciuto di 76.7 kg, mentre la terra non aveva praticamente perso peso: l'aumento di peso era quindi essenzialmente dovuta alla quantità d'acqua che era stata assorbita. L'opera che comprende, con molti altri, questo esperimento, fu pubblicata dopo la sua morte nel 1648, ed ebbe titolo di di Ortus Medicinae.
Van Helmont, in qualche modo si distaccò dal suo voto di povertà quando sposò Margaret van Ranst, un'erede di Brabant, e si stabilì a Vilvorde. Aveva ormai acquisito una vasta reputazione in campo medico, ottenendo la laurea a Louvain prima del 1599. Purtroppo ebbe a fallire nel tentativo di curare la sua stessa famiglia; a dispetto dei suoi rimedi, uno dei suoi cari morì di scabbia, la stessa malattia dalla quale lui era riuscito a salvarsi.
La sua fama raggiunse col tempo una dimensione internazionale, anche se fu da più parti sospettato di pratiche diaboliche. Se nel suo lavoro era dato vedere elementi fantastici, ciò era dovuto largamente al tempo in cui si trovò a vivere; sta di fatto che la sua produzione scientifica raggiunse vette ancora insondate.
Geniale ricercatore Jean Baptiste Van Helmont postulò l'esistenza di gas distinti dall'aria, applicando il nome di gas (geist) a questo tipo di sostanze. Scoprì l'idrogeno solforato nel sistema umano, produsse il gas cloridrico, che chiamò gas del sale, giustificò scientificamente le esplosioni della polvere da sparo sulla base della teoria dell'espansione dei gas, svolse attente ricerche su acido solforico, acido nitrico e ossido d'azoto. Tra i primi fu a scoprire il ruolo giocato dagli acidi nei succhi gastrici, attribuendo le malattie ad un eccesso degli stessi. Come tutti i chimici del suo tempo e contestualmente sulla scia dell'amato Paracelso, di cui si professava un "tardo discepolo", studiò la trasmutazione dei metalli, chiamando Mercurio suo figlio, credendo che sarebbe stato capace di ottenere l'oro dal mercurio.
I suoi molti libri furono pubblicati dal 1622 al 1652: nel 1648 una collezione dei suoi lavori fu pubblicata sotto la supervisione di suo figlio.






















DE MAGICA VULNERUM CURATIONE
[opera di JEAN BAPTISTE VAN HELMONT]
Nell’anno ottavo di questo secolo mi venne fatto pervenire il testo di un’accademica dissertazione tenuta a Marpurgo da Rodolfo Goclenio nell’occasione in cui fu investito del titolo di Professore ordinario di Filosofia: sin dalla prolusione egli indicò che il fine sostanziale di quel suo impegno retorico consisteva nel provare che la guarigione, ottenuta in virtù dell’Unguento armario inventato da Paracelso, era un fenomeno assolutamente naturale. Io ho letto tutta la sua orazione e, a dire la pura verità, ho avuto occasione di dispiacermi atteso che alla storia delle cose della natura sia toccato in sorte un così fragile patrocinatore. E pur tuttavia quell’autore si compiacque del proprio scritto, tanto che, perdurando nella sua sostanziale miseria probatoria, ripubblicò il proprio lavoro nel 1613 senza apportarvi alcuna correzione od integrazione. Alquanto di recente mi è stata altresì procurata un’altra stampa contenente una specie d’anatomia del summenzionato lavoro: ne risultava autore un Teologo [il gesuita Jean Roberti] che, in vero, aveva criticato l’opera del Goclenio più in forma di critica derisoria che tramite una vera e propria diatriba scientifica sui contenuti. Data questa situazione e visto che io sono un seguace di Paracelso, cui appunto si attribuisce l’invenzione dell’Unguento armario, allo scopo di definire meglio la questione fu abbastanza universalmente chiesto un mio parere, sì che adesso mi accingo a dissertare sia del medico Goclenio quanto del citato Teologo. Introducendo la sua opera il Goclenio fa il proponimento di provare che la cura magnetica delle ferite procurate con armi costituisce un processo in linea coi fatti della natura: però io l’ho trovato impari di rimpetto a tale promessa, al segno che saltuariamente e sempre in modo piuttosto superficiale risulta soddisfare il suo ambizioso enunciato. Si limita in definitiva a raccogliere molti scritti secondo i quali alcune energie formali, definite di antipatia e simpatia, appartengono alla sfera della natura: sui presupposti speculativi di questa base documentaria ritiene quindi di poter facilmente dedurre che la cura magnetica sia un fatto assolutamente naturale. Praticamente raccoglie, entro un unico coacervo di dati, notizie ricavate dagli Egizi, dai Caldei, dai Persiani ed ancora da vari tipi di maghi e prestigiatori: e proprio appellandosi a questo espediente finisce per dimostrare quanta poca consapevolezza critica egli in effetti abbia a riguardo del magnetismo. E purtroppo, in parte forse per allettare o divertire gli uditori ed in parte altresì per suscitare in essi ammirazione nei suoi riguardi, finisce per appellarsi pure ad autori tanto triviali quanto misconosciuti.. Così pertanto, davvero grossolanamente, essendo per di più un Medico, giunge ad identificare con il magnetismo la simpatia, che del resto definisce in varie maniere e spesso confusamente: precisiamo subito, infatti, che io non vidi quell’unguento vulnerario curare noi che siamo uomini ma i cavalli: con cui certo non abbiamo sì gran affinità, a meno che non siamo dei veri e propri asini, da potersi dire che l’unguento simpatetico è identico per gli esseri umani quanto per gli equini. In maniera parimenti scorretta il Medico giunge poi a confondere la simpatia con la fascinazione ed il legamento, che a loro volta identifica, sbagliando, con il magnetismo: ansioso di provare il suo assunto, citando disordinatamente degli effetti davvero astrusi, senza prove razionali finisce poi con il volere provare ad ogni costo quel suo magnetismo. Faccio un esempio per chiarire le mie parole: io, affrontando questo argomento, volta per volta dovrò distinguere il fascino dalla simpatia ed entrambi dal magnetismo. E così dirò che il cane ostenta verso la gallina una perenne antipatia (sia subito chiaro che simpatia ed antipatia sono figlie dello stesso genere) tanto che se può se la divora mentre, per converso, la gallina cerca sempre di sfuggire a qualsiasi canide. Ma una volta che la gallina ha visto uscir dei pulcini dalle sue uova acquisisce l’energia di mettere in fuga qualsiasi cane, per quanto vigoroso; forse perché l’anima della gallina lega per fascinazione quella del cane, nonostante la precedente antipatia, l’inferiorità degli strumenti d’offesa e la disparità di forze: ma nemmeno in questi casi è da tirare in ballo il magnetismo. In merito poi a quelle vaghezze che il Goclenio riporta a riguardo di sigilli, caratteri, amuleti, cerimonie, vane osservanze - tutte cose che peraltro invece che giovare nuocciono all’idea del magnetismo universale - confesso subito che il mio ingegno non ha neppure intenzione di discutere. E Goclenio erra di nuovo, direi temerariamente ostentando la sua imperizia sulla questione, quando farnetica nel dire che, secondo i dettami di Paracelo, qualora si unga l’arma che abbia generata la ferita da curare quest’ultima facilmente verrà sanata. Inutilmente il dardo, il pugnale o la spada saranno spalmati d’unguento a meno che non siano cosparsi di sangue e precisamente d’un sangue già su loro essiccato. Una cosa è infatti l’unguento simpatetico di Paracelo a ragione del sangue cavato dalla ferita ed altra cosa certamente è l’unguento con cui si debba cospargere l’arma che non sia stata macchiata d’alcun sangue: per siffatta ragione Paracelo in un primo momento parla di unguento magnetico e simpatetico, mentre dopo cita il magnetico armario, quello che raccoglie, e non senza ragione, sul miele ed il grasso di toro. Proseguendo nelle sue estroversioni Goclenio, forse per soddisfare qualche sua inclinazione, giunge poi al segno di mutare ciò che fu scritto da Paracelo stesso affermando che si deve scegliere preferibilmente l’usnea dai teschi di quanti son morti sulla forca: e cercando un plausibile motivo per tal sua postulazione il Medico tedesco non si fa scrupolo di delirare sul fatto che gli spiriti vitali, nel caso d’una morte per strangolamento, si sarebbero tutti concentrati nel cranio dove sarebbero destinati a restare per lungo tempo, finché, trascorsi sei anni, di giorno sia spuntata l’usnea. Ma Paracelo ha insegnato diversamente; da lui è stata approvata la fruizione dell’usnea cresciuta nel teschio dei giustiziati alla ruota in modo pari a quella sviluppatasi nei crani degli impiccati. Infatti dagli esseri animati promana non la quintessenza (perché l’essenza principale è destinata a svanire insieme con lo spirito influente e la vita) ma piuttosto la sola virtù mumiale, vale a dire quello spirito insito ed interamente fermentato che permane nei corpi di tutti i giustiziati. Non giudico poi affatto necessario soffermarmi a dissertare su quei presunti rimedi della memoria che ancora il Goclenio ha trascritto nella sua opera: bisogna senza dubbio diffidarne, alla stregua d’ostentazioni erudite prive di sostanza e senza alcun supporto probatorio. Fra il Teologo ed il Medico, a dire la verità, non sussistono discordanze in merito al fatto in sé: entrambi convengono che tramite l’Unguento armario può sovvenire guarigione d’un ferito. La polemica semmai risiede nel fatto che mentre per il Medico tal tipo di risanamento ha le sue uniche ragioni nel contesto naturale, invece, a parere del Teologo, siffatta cura necessita d’un intervento satanico, comunque già fondato dal suo primo inventore previo un patto demoniaco. Il menzionato teologo a sostegno di questa sua asserzione, appunto registrata nell’Anatome, non adduce però alcuna prova, parendogli forse bastante l’aver demolita l’altrui opinione, pur senza mai registrare testimonianze e meccanismi propri del suo processo demolitorio, e si limita per conseguenza a segnalare soltanto, atteso che le postulazioni del Goclenio sono indubbiamente fragili, come tale terapia non risulti giustificata da opere, né da artifici né ancora da vere autorità scientifiche. Ma io dico…se non disserta contro un’ipotesi, per quanto poco o nulla avvalorata dalle poverissime motivazioni di uno studioso chiaramente non all’altezza del compito assunto, in definitiva come fa a sancirne l’empietà, visto pure che nemmeno si sogna d’allegare una qualche giustificazione della sua medesima sentenza critica? Ipotizziamo ora che io da laico, qual sono, lodi con ragioni inopportune, se non disoneste, la dignità sacerdotale: un eventuale critico dovrà poi condannare queste mie ragioni o tutto quanto lo stato presbiteriale? Per favore! Che hanno mai a che fare con le cose di per sé l’ignoranza o la temerarietà dell’uno quanto dell’altro? E’ fuor di dubbio, peraltro, che qualsiasi vera speculazione filosofica non può seriamente sostituirsi a censure generiche qualora non venga prefissato alle ragioni un ben determinato metodo critico e censorio. E’ per questo che io, pur essendomi incaricato di provare contro le dure inquisizioni del teologo che la cura magnetica è davvero un processo naturale, primieramente mi son trovato nell’obbligo di scusare in un certo modo il Goclenio, cioè per il fatto che vanamente e quindi con miseri risultati s’è sforzato di giustificare la causa prima dell’attività magnetica. Ma poi dico…qual meraviglia deve esservi, tenendo conto che anche il Teologo parla di questa terapia bellamente ammettendo di quasi nulla saperne, sì da farne poi autore Satana stesso? E’ un’incontrovertibile debolezza umana quella di disquisire su moltissime cose di cui, invero, non si possiede in pratica alcuna competenza: e così, impotenti e magari senza volere, noi uomini finiamo troppo spesso per ricorrere alla sacra ancora dell’ignoranza, iscrivendo quanto non riusciamo a comprendere nel gran catalogo delle cose misteriose od occulte. Del resto qual teologo giammai è giunto alla piena dimostrazione della causa, poniamo, della risibilità o comunque d’una qualche consimile proprietà formale, del calore nel fuoco tanto per fare un esempio. Ed ancora per esempio non si finisce per appellarsi alla ricerca del principio, una volta ch’avrai detto che il calore estremo compete al fuoco in quanto partecipa della sua medesima natura? Le essenze delle forme ci sono ignote a priori e di conseguenza tutta la congerie delle proprietà formali risulta sconosciuta, così che quando ci convinciamo che va subentrando una qualche passione formale, subito la mente, quasi affaticatasi senza costrutto, risulta deporre ogni sua investigazione e come chiudersi in se stessa, in un certo qual modo accontentandosi del suo ricorso alla citazione di misteriose ed inspiegabili proprietà…suvvia, per favore…si può aver l’ardimento di dire tutto ciò proprio mentre un qualsiasi anatomico censore dimostra di conoscere la causa del perché il cane, se lieto, muove la coda, mentre il leone fa ciò se al contrario è inferocito e poi, invece, il gatto la tiene eretta volendo far festa? Su queste basi allora il nostro Teologo, atteso che per niente sa spiegarsi - usiamo ancora questo esempio - in merito alla ragione vera del movimento della coda, potrà davvero valersi del fatto che il Goclenio non ha fornita un’accettabile spiegazione del magnetismo e per ciò avere, giustamente, il destro onde sostenere che sia satanica ogni terapia fatta tramite l’Unguento armario? Ma evitiamola, finalmente, tutta questa temerarietà! Al prete bisogna invece chiedere semmai questo: ma tu sai per qual motivo parli di cura diabolica? Avresti dovuto allegare le motivazioni a tal tua censura: in caso contrario aspettati pure che, con la stessa facilità con cui hai definito quella una sanzione demoniaca, le tue superficiali conclusioni vengano demolite. I giurisperiti s’attendono sempre una sola, affermativa conferma ma i Filosofi vanno sempre a ricercare tra entrambe le postulazioni, cioè di chi nega quanto di chi afferma, valutando qualche prevalga per ignoranza od anche per supponente protervia. Se sostieni che si tratta d’una terapia malefica e superstiziosa, perché non riesci ad accettare che possa complicare una qualsiasi ragione naturale? Io non potrei mai credere che, vista la tua infermità, te la sentiresti di suffragare un giudizio critico altrettanto debole in merito alla virtù. E bada bene…io qui per infermità mi riferisco a quel nostro umano limite del non riuscire a capire, non ad un limite specifico della cosa in se stessa. Sarebbe davvero bene che ti attenessi solo a quello che conosci davvero. Ma tu, in effetti, pensi davvero di sapere che giammai Dio ha finalizzato l’energia magnetica a vantaggio dei feriti? Eccellente…ed allora mostraci quel punto della sacra scrittura in cui se ne parla, sempre che Dio non ti abbia realmente eletto a suo particolare segretario! Bando alle ciance ascoltami adesso! Rigirati per ogni dove ed investiga dappertutto: qualsiasi cosa farai ti renderai inevitabilmente conto che questa cura è reputata diabolica solo da voialtri, preti romani e gesuiti, solo perché la vostra miseria logica ed intellettiva non riesce a coglierne l’essenza. Ma poi, a ben guardare, come può far meraviglia anche questo…che cioè un qualsiasi Teologo sia cieco di fronte a tale mistero! Una volta che il Prete ed il Levita se ne andarono a Gerico, sopravvenne un laico Samaritano che portò via a quegli uomini di chiesa ogni diritto di investigare le cause delle cose in sé. E difatti la Natura non scelse i Teologi quali suoi interpreti ma volle, al contrario, i Medici o, per essere ancora più esatti, quei Medici, esperti di pirotecnica, che risultassero capaci di discernere fra le proprietà delle cose, distinguendo doverosamente gli impedimenti di potestà nascoste, come ad esempio la crudezza, le velenosità, le impurità, in definitiva i triboli e le spine qua e là, malauguratamente, inferti alla vergine Natura. E così, mentre la Natura con incessante ritmo svolge processi di distillazione, calcinazione, fermentazione, soluzione, coagulazione, fissazione e via dicendo, noi, suoi soli e fedeli interpreti, emulando in laboratorio quegli stessi procedimenti dall’occulto riportiamo alla luce della conoscenza la proprietà delle cose. E quindi, se vuol far da sé, il Teologo deve ottenere da noi la definizione corretta per spiegare in qual maniera egli distingua quanto è superstizioso da ciò che risulta naturale: ognuno deve star nel suo campo di conoscenze per non cadere rovinosamente in errore. Il Teologo s’occupi di Dio, che della natura sanno prendersi cura i naturalisti. Enorme è stata la bontà del fondatore nel porre a servizio dell’uomo tante sue creature ma certo non vi mise quale aiutante alcun Teologo, che in particolare attribuisse a tutte le cose le loro specifiche virtù. Io non so in che maniera si possa salvare dall’accusa di superbia chi, non riuscendo a recepire la convergenza fra ragione naturale e creazione divina e sempre misurando ogni cosa con il suo metro personale, finisca per negare che Dio possa aver conferito virtù a cose di siffatto genere…quasi che lui, appena un uomo e quindi un verme, sia in grado d’ aver un qualche controllo su Dio e sul Suo giudizio. Purtroppo valuta sempre gli animi di tutti in base alla pochezza del proprio, chi non ritiene possa accadere quanto lui non è in grado di comprendere. A me, personalmente, affatto stupisce che Dio, oltre che al corpo specifico del magnete, abbia conferito a tutte quante le cose una virtù spiegabile soltanto con le leggi del magnetismo. D’altronde perché sussista uno stato magnetico non basta forse che si manifesti come dimostrerò poi, con esempi, quella predisposizione, senza dubbio peculiare e propria di questa pietra, per cui in ogni creatura tutte le parti risultano distribuite in modo distinto e specifico. E tutto questo dovrà sembrarti straordinario, paradossale, inspiegabile? Guardiamoci bene dall’interpretare con tanta spudoratezza l’onnipotenza divina: e del resto, sottraendo alla celeste bontà di Dio, simile dono, perché mai si dovrebbe tirare subito in gioco Satana stesso? Perché soprattutto se ne dovrebbe addolcire l’immagine crudele attribuendogli la gloria di cose buone, quasi che le avesse fatte proprio lui, capace al contrario solo di generare il male? Concedete ora che di continuo la natura materiale per suo insito magnetismo dal cielo trae le forme ed al cielo chiede grazie e favori e che i cieli invisibilmente a loro volta attraggono un qualcosa sin dagli inferi di maniera che sussiste una sorta di reciproca via di comunicazione, sempre aperta e libera, nel contesto di un universo assolutamente ordinato nella disposizione di tutte le sue parti. Così il magnetismo, visto che ovunque vige, nulla di nuovo ha in sé rispetto a questo menzionato ordinarsi reciproco; forse è il nome che suona esotico ma nulla di paradossale o superstizioso ha il magnetismo in se stesso se non per coloro che motteggiano o connettono a satanici poteri quelle cose che proprio non riescono comprendere. Di certo a chi cerca di conoscere preoccupandosi innanzitutto di sbeffeggiare e deridere, giammai perverrà la vera sapienza. A volte mi chiedo perplesso: ma cosa può mai avere in sé di eccessivo e superstizioso l’Unguento armario? Lo si giudica con sospetto sapendolo confezionato d’Usnea, di sangue, di mummia, di grasso umano? Eppure di tutto questo senza problemi fanno uso i medici: anzi per la realizzazione dell’unguento lecitamente si vendono certi profumi. Forse hai paura in quanto ti stupisce la maniera innovativa nell’applicare siffatta terapia? Sì, è davvero insolita per la gente comune, eccezionalmente anche, se vogliamo, ma per questo la si dovrà reputare satanica? Stimola te stesso, invece che gli incendi: t’accorgerai presto di stare meglio! La maniera d’utilizzare l’Unguento armario nulla proprio ha di malefico. L’intenzione che presuppone tale suo uso è di per sé buona e santa, e parimenti buono è il fine che si ispira a raggiungere. E non è forse un buon fine quello di guarire una persona dolente, sfibrata ed emaciata, per giunta senza causarle alcun patimento? Tu osi definire diaboliche cose di questo genere? E poi, se ben guardi, i rimedi di cui l’unguento è composto son tutti naturali: ed anche poi discuteremo delle specifiche proprietà loro conferite da Dio! O forse tu hai strutturato il tuo giudizio negativo sul fatto che forse Dio, sommo bene, non ha dato direttamente forza naturale e magnetismo mumiale all’unguento simpatetico? Ma questo magnetico balsamo non può essere gravato da alcun sospetto. Prima di tutto non presuppone riti, parole magiche, simboli od uso di magici sigilli: oltre a ciò neppure comporta cerimonie o vane osservanze rituali. Non prescrive nemmeno ore specifiche e consacrate a chicchessia per venire utilizzato: e neanche, oltretutto, comporta l’intervento dalla facoltà immaginativa, di una fede assoluta, dell’abbandono emotivo da parte dello stesso ammalato. Cose tutte queste ultime che sì, è vero, fanno parte di certi rituali curativi e non, pregni senza dubbio di superstiziose credenze. Si può parlare di superstizione ogni volta che per via di fede o di immaginazione, se non con il concorso di entrambe, si crede a qualche virtù o forza che di fatto non esiste in natura né è stata creata da Dio. In conseguenza di ciò la cura magnetica non può presentare traccia alcuna di superstizione. Prova un po’ dunque, o Teologo censore, anche solo per prendere in giro il diavolo, a sanzionare, con sarcasmo, che l’unguento armario non sia affatto un pericolo e disperdi la convinzione che sia stato realizzato in forza d’un qualche patto satanico: poco per volta, che tu lo voglia o no, finirai per acconsentire con noi che, nella sua confezione, giammai intercorra cosa che abbia a che fare con la superstizione. Chiunque reputa diabolica la cura con l’unguento armario fa ciò non per la raggiunta convinzione che esso s’avvalga di mezzi proibiti ma perché non se ne intendono i procedimenti. Talora qualcuno, preso dal medesimo argomento, di tutte le cose che diremo cercherà delle cause quidditative e di conseguenza o giungerà al punto d’affermare che le operazioni del magnete sono prestidigitazione satanica od ancora (cosa più probabile) sarà costretto a riconoscere con noi che il magnetismo è una certa proprietà occulta, così detta per l’evidente prerogativa di quella pietra, resa possibile dal concorso di altre misteriose qualità incomprensibili al popolo ed alla gente comune. Il magnete, sistemato su una tavola di legno galleggiante sulle acque, subito con un suo ben preciso lato volge verso Austro [sud] e con l’altro in direzione dell’Aquilone [nord]. La sua parte australe, se ha toccato un pezzo di ferro, lo indirizza verso Aquilone, la parte boreale del magnete farà al contrario inclinare verso Austro il ferro che abbia attirato. Con la parte boreale, vale a dire con il suo ventre, attrae quindi il ferro mentre con il dorso respinge quello che gli sia posto a contatto. Se si prende un ago di ferro d’un qualsiasi compasso e se ne friziona la punta, da destra a sinistra, il lato ad Aquilone la fa volgere verso Austro, mentre se il frazionamento procede da sinistra verso destra, l’ago calamitato si volgerà invece nella direzione esattamente contraria. Parimenti si comporta il lato australe del magnete. E c’è di più: se il magnete vien indotto a frizionare un ferro magnetizzato cioè la sua potenza attrattiva e questo medesimo ferro viene di nuovo fregato contro un magnete, procedendosi su e giù verso l’alto, si ottiene l’effetto che ne verrà dispersa ogni forza di attrazione. Per intendere tutto questo al meglio, studia Guglielmo Gilbert, medico di Londra, di cui in merito al magnete nessuno ha scritto di più e meglio e per opera del quale la variazione della bussola può essere interpretata, calcolata e regolata. L’ago che volge ora ad Aquilone, cioè verso settentrione, nel giorno equinoziale risulta oscillante fin a quando procede decisamente ad indicare il polo opposto: ed in merito a ciò si vengono a manifestare siffatte proprietà medicinali. Il dorso del magnete come respinge il ferro fa lo stesso con l’intestino, cura l’ernia e qualsiasi catarro della natura di Marte. Tutti i magnetismi vengono al servizio dell’uomo. Se la forza di attirare viene unita a quella d’una mummia femminile, una volta che il dorso del magnete è applicato al femore ed il suo ventre ai lombi si otterrà la positiva risoluzione di un minacciato aborto. Qualora invece si mettono il ventre del magnete a contatto del femore ed il dorso sui lombi si otterrà una facilitazione del parto. Parimenti, procedendo per argomento ad ignoranza, il nostro citato anatomista con ragioni, testimonianze e prove da lui medesimo esperite ci proverà tutte queste cose: contestualmente anche ci documenterà che non si tratta di sataniche illusioni ma in tutto e per tutto di fenomeni naturali. Produrrò adesso alcuni esempi di consimile forma di magnetismo perché con l’animo meglio fortificato dal sapere ci sia concesso d’accedere ad una qualche positiva ragione ed alla confutazione di tutte le opposizioni. Cosa mai potrò dire di più? Facciamo così, io mi industrierò a dissertare di tutte quelle motivazioni e ragioni che proprio tu, mio Teologo censore, non hai addotto a tuo vantaggio. Tu dirai: ogni effetto procede direttamente da Dio creatore ed è un miracolo oppure da Satana e quindi ha i connotati del prodigio superstizioso od ancora da cause naturali ed ordinarie e di conseguenza è un effetto assolutamente naturale. Il magnetismo non partecipa del primo caso e neppure del terzo: di conseguenza bisogna affermare che si tratta di un effetto diabolico. Rispondo, sebbene potrei dimostrare che siffatta enumerazione è insufficiente dal lato speculativo, poiché l’uomo interiore anche può agire in alcuno dei summenzionati modi (cosa di cui in seguito mi industrierò a trattare con maggior dovizia di particolari); quindi, con piede asciutto, come sul dirsi in gergo, attraverso l’assunto per negare invece la sussunzione, soprattutto in merito a quella parte per cui si sostiene che l’effetto dell’unguento armario non è naturale. Siffatta cosa era semmai da provare prima di tutto, onde poi non ci si dovesse affidare alla petizione del principio: in vero fu e sempre sarà difettoso il Censore nel postulare che l’effetto non è naturale visto che non ha giammai pensato per tempo a dire di che cosa realmente si tratti e a dar contestualmente prova della sua autorità intellettuale. Molti peraltro sono gli effetti naturali che non accadono ordinariamente e che tuttavia, seppur di rado, si verificano nell’assoluto rispetto delle leggi della natura. E così, in grazia dell’Anatomista, neppure dovrò difendere la parte affermativa ma addirittura la rafforzerò con ragioni e saldi esempi. Così forse sotto il peso stesso della sua mole precipiterà l’argomento addotto dal Teologo censore. A Franekire, presso Ulderico Domenico Balck, nel 1611 è stato pubblicato un libro intitolato De lampade vitae cioè La lampada della vita. In esso sarà dato di imparare dagli scritti stessi di Paracelo la vera cura magnetica di moltissimi morbi come l’idropisia, la podagra, l’itttero ed altro ancora: vi si legge: Sangue caldo d’un malato, occludendo anche un testicolo, e d’una pecora, perché esso favorisce il processo, mescolato alle carni lo darai ad un cane affamato, od anche al cane del malato stesso: in breve la malattia scorrerà dalla persona sofferente all’animale ed abbandonerà completamente il paziente: e tutto ciò non nel modo che in Ghiesin la lebbra di Naamani trasmigrò per esecrazione. E si potrà forse chiamare diabolica l’opera per cui, tramite il magnetismo del sangue mumiale, si restituisce al prossimo la salute? Si ridona la sanità, è indubbio, e questo solo conta! Una donna che allatta un infante, perché più sveltamente le si sgonfino le mammelle, munge il suo latte sulle braci e subito le mammelle si prosciugano. E’ forse Satana che le fa inaridire? Se qualcuno avrà defecato davanti alla tua porta e tu, logicamente, non vuoi ciò, poni sugli escrementi del fuoco acceso su un fascio di fieno recente. Presto per via magnetica la scabbia attaccherà chi ha perpetrato quell’affronto alle natiche: evidentemente per mezzo del fuoco posto quasi a forma di un dorso magnetico, bruciandosi l’escremento e sperdendosi l’acidità di quella tostura, si ottiene l’effetto di ricacciare il tutto in quell’ano impudente. Ed è forse diabolica questo processo visto che si è sanata una lesione? Certamente l’abuso sta nel libero arbitrio di ogni uomo e tuttavia, per quanto riprovevole, non è meno naturale dell’uso. Fai una tavola di bismuto e ad una sua estremità metti un pezzo d’ambra gialla di circa tre spanne poi collocaci del vetriolo verde: subito questo prederà il suo colore e sua acidità che vanno invece a concentrarsi nel pezzo d’ambra. Ecco qui, ogni satanica interferenza è assente. Un tipo di Bruxelles in battaglia perse di netto il naso: si recò allora da un certo chirurgo di nome Tagliacozzo, operante a Bologna, perché gli racconciasse le nari. Tuttavia non volendo farsi incidere il braccio per trarne quanto necessario a siffatta ricostruzione portò con sé un proprio aiutante dal cui braccio, dietro il pagamento d’una certa somma, il chirurgo ricavasse la quantità di tessuto umano necessaria alla ricostruzione del naso. L’operazione avvenne felicemente e quello ritornato a Bruxelles visse quietamente per tredici mesi sino a quando il suo naso posticcio si raffreddò velocemente e nel giro di pochi giorni fu rigettato dall’organismo essendo ormai in via di putrefazione. Coloro che indagarono su questo strano caso alla fine vennero a sapere che quasi nello stesso istante in cui il naso prese a snervarsi d’ogni vivifico calore era morto quell’aiutante che aveva offerto le proprie carni per quell’intervento plastico: e di tutto ciò si trovano tuttora parecchi testimoni oculari nella città di Bruxelles. Allora dico, non è forse identico al magnetismo mumiale questa sorta di magnetismo in base al quale il naso ricostruito godette a lungo d’una vita in comune, del senso e della facoltà vegetativa si di donatore che di beneficiario sin a quando morto il primo, ben lontano e al di là della catena alpina, è degenerato? Dovrei credere che tutto questo sia da attribuire a superstizione o a qualche prodigio innaturale? Strappa con tutte le tue forze della radice carlina [carlina bianca pianta del genere Carlina (Carlina acaulis) diffusa in Italia nei luoghi aridi di media montagna], quella che si dice Camaleonte, piena di succo e trattala con della mummia umana, otterrai, comprimendola sull’ombra lasciata da un qualsiasi individuo che ha la proprietà, come costituisca una specie di fermento, di rapirne le energie vitali e di trasferirle in te. Tu potrai anche dire che questo è paradossale eppure io ti rispondo: alla stessa stregua non fu trasferita la lebbra da Naaman in Ghiesin e l’ittero non venne fatto passare entro il cane? Ed in effetti il morbo non risiede nel predicamento della qualità: son piuttosto tutti predicamenti nei singoli morbi. Poiché è lecito che non le cose in sé si adattino ai nomi ma semmai i nomi alle cose. I fiori che seguono il movimento del sole vengono indotti a far ciò per via di un certo magnetismo: la loro caratteristica non dipende infatti dalla ragione che cercano il calore del sole (ed infatti continuano in tale loro consuetudine pure nei giorni nuvolosi e flagellati dalla pioggia) od anche soltanto la sua luce: infatti anche durante una notte oscurissima si spostano dal luogo che guarda al tramonto del sole al sito dove potranno assistere al suo sorgere. Non oserai pensare che anche questo sia un fenomeno satanico! Non ardirai credere adesso che tutto ciò sia diabolico come se sia stato allestito qualche altro sotterfugio e precisamente che sussista tra superi ed inferi tanto un’armonia celestiale quanto una forza attrattiva assolutamente siderale che in nessun modo debba comunicare con le entità sublunari, quasi che il microcosmo, indegno di partecipare della condizione celeste, giammai possa registrare nel suo sangue e nell’usnea alcuna rivoluzione degli astri! A questo punto in effetti potrei parlare dei filtri che necessitano del conforto mumiale, per far sì che la discussione venga finalmente ancorata ad un argomento ben definito! Ma forse conviene piuttosto procedere ancora con superiore prudenza sì da affronatre quanto sopra una volta che avrò scritto quello che qui appunto segue. Ho conosciuto un’erba, qua e là comune e spontanea, in forza della quale, purché fregata e riscaldata entro una mano fin quando divenga tiepida, una volta che afferrerai la mano d’un’altra creatura, al segno di farla a sua volta riscaldare, otterrai che quest’ultima finisca con l’amarti, anche per la durata d’alcuni giorni. Seguendo siffatta procedura io stesso ho tenuto ferma fin a riscaldarla la zampa d’un cagnolino: ebbene, questo subito si è messo a seguirmi in tutti i miei spostamenti a tal punto che di notte, oramai dimentico della sua stessa padrona, si metteva a guaire innanzi alla porta chiusa della mia camera da letto affinché lo facessi entrare. E tuttora sarebbe facile trovare a Bruxelles dei veritieri testimoni di questo evento. Infatti il calore che prima riscalda l’erba, che affatto definirò fine a se stesso ma semmai eccitato da una sorte di effluvio di spiriti vitali, adegua quell’erba medesima a sé e la connota in propria funzione: preso questa sorta di fermento per via di magnetismo, attrae quindi un altro spirito e lo trasforma in sentimento d’amore. Lascio ora da parte le cure di molte malattie che viene resa possibile dal misterioso complesso del sangue: se infatti il sangue ma anche la materia purulenta, l’urina e gli stessi effluvi corporali non comportassero in se stessi l’attività di uno spirito vitale e in essi non fosse innervata una sorta di partecipazione del tutto, fuori della densa materia naturale, per nulla tanto breve sarebbe il giorno dell’uomo: assolutamente questa è infatti la causa della rovina interiore. La persicaria [erba annua del genere Poligono (Polygonum persicaria), con foglie lanceolate simili a quelle del pesco, diffusa nei luoghi umidi], il pepe acquatico [pianta del genere Poligono (Polygonum hydropiper) comune nei luoghi umidi e lungo i corsi d'acqua delle regioni temperate di tutto il mondo, dalle cui foglie si ricava un infuso acre e piccante, con azione emostatica, astringente e diuretica], la consolida [nome comune di varie specie del genere Sinfito (si ricordano qui la consolida maggiore pianta del genere Sinfito -Symphytum officinale- che cresce in luoghi umidi e incolti, con fiori rossi e bianchi, frutti a drupa dalle cui foglie pelose e radici si ricavano alcune sostanze usate nella medicina popolare ed anche la consolida tuberosa pianta del genere Sinfito -Symphytum tuberosum-che cresce fra le siepi e nei boschi, con fiori gialli, tuberi e radici nodose) ma anche pianta del genere Delfinio (Delphinium consolida): pianta del genere Delfinio, con iniziale maiuscola, genere della famiglia delle Ranuncolacee, cui appartengono la speronella e la stafisagria] la sofia [erba sofia o meglio ancora erba falcona delle Crucifere, comune vicino alle stalle], la serpentina [dal lat. scient. (Rauwolfia): serpentina, nome della pianta in cui è contenuta, alcaloide solido e cristallino estratto dalla Rauwolfia serpentina, con attività depressiva sul sistema nervoso centrale e marcato effetto ipotensivo], la brassatella e molte altre piante hanno questa peculiarità che qualora fredde vengano immerse nell’acqua (dominando infatti Borea la quercia verminosa verrà uccisa allorché non venga per tempo sommersa d’acqua) e si mettano poi sulla ferita o sull’ulcera del ferito fin a quando si riscaldino: successivamente si sistemino in un luogo fangoso dove possano cominciare a marcire contestualmente attraendo fuori del malato tutto quello che gli sia nocivo. Ciò sono in grado di fare molte erbe non quando vanno sviluppandosi dal terreno e neppure quando recuperano la forma primitiva (è infatti necessario che il grano muoia per dare il frutto) ma semmai durante la putrefazione del loro corpo quando specifiche virtù, come finalmente liberate dalla prigione del corpo stesso, liberano una sorta di magnetismo con loro latente e per contatto od impressione od anche parecchio da lontano dal ferito o dall’ulceroso disperdono il male. Se qualcuno, afferrate delle foglie di Asaro [dal lat. asaru(m) "nardo selvatico pianta del genere Asaro: con iniz. maiusc., genere della famiglia delle Aristolochiacee diffuso e spontaneo in Italia] le staccherà verso l’alto, quelle foglie saranno in grado di purificare tramite il vomito un altro, cioè una terza persona ignara della forza attrattiva: nel caso invece che siano state strappate verso la parte inferiore quella terza persona sarà purgata nelle vie intestinali tramite evacuazione anale. E qui non intercorre affatto alcuna superstiziosa costumanza e del resto qual tipo di immaginazione malefica potrei mai qui menzionare? voi infatti ben sapete che nulla quest’ultima può fare a riguardo d’ una terza persona che proprio nulla sappia della maniera tramite cui sian state colte certe piante. Vi viene allora il destro d’appellarvi a qualche patto implicito od altresì all’ancora dell’ignoranza? Ma qui proprio per nulla è da tirare in ballo la vana osservanza atteso che colui ch’assume la pozione per nulla è al corrente se chi abbia colto le piante curative sia curato di svellerle verso la cima od alla radice. Senza alcun dubbio oltre le estremità dell’asaro come del sambuco, non si conoscono altre piante purgative che in qualunque modo vengano colte operino sempre in maniera univoca. Ma nell’asaro, cioè nella pianta integrale, risplende una certa proprietà magnetica per cui in base alla modalità per cui ne vengono colte le foglie ne elabora variamente le potenzialità. Del resto comprova ampiamente ciò che in seguito esplicheremo il fatto che alcune piante, seppur in modo autonomo, detengono un certo abbozzo di capacità sensoriale, che si manifesta tanto per antipatia quanto per simpatia (qualità che giammai possono sussistere senza il concorso dei sensi. Vengo adesso a menzionare il caso d’una matrona, a me ben nota e che aveva da poco superato un attacco di podagra: sorprendentemente fu assalita da un fenomeno di recidività della malattia che perdurò per svariati mesi, con violenza insolita e senza mai alcuna remissione. Non si riusciva ad intuire la ragione di tutto ciò: finalmente si constatò che tutte le volte che, per un qualche illanguidimento degli accessi dolorosi, quella s’alzava dal letto e s’andava a sistemare sulla sedia sui cui un tempo il suo defunto fratello, parimenti podagroso, era uso riposarsi, quasi di colpo veniva attaccata con nuova energia dal suo male. L’effetto di ciò non si doveva ascrivere ad alcun processo immaginativo e tantomeno a particolari incertezze in quanto si trattò di due fenomeni distinti parecchio nello spazio e nel tempo. Ed era stupefacente il fatto che se su quella sedia prendeva posto qualche altro podagroso non pativa affatto recrudescenze del suo morbo. La forza mumiale del fratello morto finì per rendere giustamente sospetta che quella sedia agisse per via di contagio, che cioè, nella sorella ma non in altri gottosi, fosse in grado, valicando la barriera delle vesti, di riattivare quei flussi malefici della malattia altrimenti destinati a svanire. Si trattò senza dubbio di un caso di magnetismo che connetteva la forza mumiale impressa dallo scomparso fratello alla mummia uterina della sorella: e tutto ciò si protrasse a lungo dopo le stesse esequie dell’uomo, per ben un quinquennio. Ed anche in questo caso mi chiedo: è mai logico che si possa far riferimento a qualche patto implicito con Satana, il nemico del genere umano? Lo zaffiro opera per via del colore ceruleo: nel caso che con lui venga toccata l’ulcerazione, di cui s’avvale la peste, e su di essa venga più volte frizionato, anche quando venga portato via, non smette per via magnetica, pur essendo ormai discosta la gemma, di attrarre fuori del contaminato l’umore velenoso che lo invase: a patto che ciò sia fatto quando ancora le forze non siano state già del tutto debellate. Si è anche soliti (cosa che rafforza vieppiù la nostra opinione sul magnetismo) circuire con lo zaffiro l’area infestata da un ascesso perché, fuoriuscendo, umore e siero non si espandano sì da infettare qualche importante parte vicina. Propriamente il citato malefico umore magneticamente esala, come attratto lungo un tubo, via della parte putrescente: poi l’intiera delimitazione circolare dell’ascesso si scurisce e finalmente si sviluppa una crosta destinata poi a cadere: contestualmente il cuore viene preservato dalla mortifera attività del contagio. Non è certo qui da ricorrere al sotterfugio di dire che l’umore sia attratto via proprio in quel momento preciso nel quale l’area intorno all’ascesso viene toccata dallo zaffiro od anche sostenere che in quell’istante all’interno della cavità infetta il siero venga dissipato senza attribuire tutto ciò alla forza magnetica impressa dalla gemma ed attiva anche quando questa sia stata rimossa. Veramente gli ammalati saranno propensi a testimoniare di non aver provata consapevolezza di un immediato sollievo ma d’averla registrata semmai un po’ di tempo dopo: ritirandosi, in realtà gradualmente per gli effetti dell’attrazione magnetica, il veleno. In merito al magnetismo darà semmai superiore attestazione l’area lesionata che non si scurisce sotto gli effetti del passaggio, o comunque direttamente per il passaggio, della gemma di zaffiro ma piuttosto diventa nera in un tempo successivo, in pratica bruciato dall’aura pestilenziale, od arsenicate se si vuol dire altrimenti, per costì e non per altra parte uscente. Per di qua l’umore pernicioso di continuo esala, in guisa di flussi velenosi concentrati a forma di cono, dal punto esatto in cui è doveroso che i tessuti patiscano l’impeto delle tossine, si annerino e vengano bruciate tutte le cose che possono capitare in rapporto allo scorrere del tempo: e da ciò s’evince che l’umore nefasto continua a fluire anche in seguito, sotto l’effetto magnetico dello zaffiro, pur quando la gemma sia stata rimossa. Ed a tal punto magari, mio teologico censore, sceglierai d’obbiettare che qualsiasi cosa, onde esercitare la sua influenza, abbisogna di poter lasciare la sua influenza per un determinato arco di tempo: e quindi sosterrai che nella circostanza da noi presa in esame lo zaffiro non istantaneamente abbia prodotto i suoi giovamenti ma semmai si sia espresso terapeuticamente per via d’un’influenza da lui impressa, in grado di snervare a poco a poco la possanza del morbo in causa e che giammai la forza magnetica della gemma ormai non più presente abbia potuto continuare a trarre via le superstiti, maligne influenze. Eppure, per semplice constatazione, potrai tu notare che in natura ciò che agisce esprime sempre la sua attività all’istante, a meno che l’oggetto delle sue interferenze non sia schermato da un qualche ostacolo. Però un corpo contaminato da qualsiasi morbo in alcun modo frappone difese di tal genere: esso semmai chiede un aiuto quanto mai rapido e vi anela per forza di tutte le sue vene. Altra cosa per giunta sarebbe poi se lo zaffiro venisse preparato a contatto dei tessuti lesionati e proprio lì finisse per esercitare la sua azione sì da venire alterato in maniera che da tale area si constatasse poi direttamente l’espandersi della sua azione nell’intierezza dell’organismo malato. Ma invece cade sotto gli occhi di tutti che la gemma rimane integra, per nulla incorrotta e che almeno per un certo periodo di tempo necessità che le sue radiazioni influenzali entrino in contatto con l’energia mumiale, val a dire che intercorra copulazione fra il raggio emesso dalla gemma e l’aura pestilenziale al segno che quest’ultima poi, anche quando sia stata rimossa la pietra preziosa, continui ad essere rimossa. Per giungere più preciso affermerò come, onde intervengano energica sinergia e connessione tra la virtù dello zaffiro ed il veleno del male in atto, si richiede un certo periodo di tempo (diciamo pure l’ottava parte d’un’ora) di modo che, compiutamente ed in efficace maniera, si possa marchiare ed influenzare l’area circolare dell’ulcerazione. Se all’opposto si sviluppasse una qualche impressione della gemma capace di distruggere dall’interno le tossine pestifere e giammai s’esplicitasse un processo magnetico da opera della gemma, una volta che questa fosse stata tolta via, non sussisterebbe ragione alcuna per cui un determinato spazio di questa area circolare gradualmente si iscurisse e bruciasse e tanto meno l’umore velenoso passerebbe per un luogo più esteso che quello costituito da questo circolo. E non bisogna nemmeno trascurare questo fenomeno, che se cioè l’ulcerazione dà prova di presenza e potenza in più parti dell’organismo ed in diversi tessuti, brucia e s’annerisce solamente quella che sia stata circolarmente segnata per mezzo dello Zaffiro, mentre le altre scendono in profondità nell’organismo ed entro esso si disperdono. Ed allora io dico lo Zaffiro, una volta rimosso, quale impressione attrattiva lascia dietro di sé se non di tipo magnetico? Soprattutto in quanto sussiste un invincibile e reciproco collegamento fra ciò che attrae e quanto risulta attratto? Anzi se lo Zaffiro avesse trasfuso nel corpo malato una qualche sua virtù, per una o per altra ragione dovrebbe risultare al termine dell’applicazione meno forte o comunque depauperato di quella specifica energia che trasmise: un poco alla stessa maniera che accade a riguardo dell’unghia dell’alce la quale via via che concorre a deprimere gli attacchi epilettici viene depauperata di possanza terapeutica. Ed al contrario la gemma risulta rafforzarsi nelle sue forze attrattive e di cura man mano che assorbe vieppiù del velenoso umore. Ma ancora tu, o mio censore, potrai avanzare l’obiezione che forse lo Zaffiro ha la peculiarità di generare nel malato una specifica qualità, in funzione della quale comincia poi ad attirare e quindi a svellere tutte le tossine: e sebbene poi lo Zaffiro venga rimosso dalla sua posizione la natura da lui trasmutata conserva la proprietà di perseverare nell’espulsione dei veleni sin al punto di estirpare ogni umore malefico. Nel rispondere a questa obiezione prima di tutto è da chiedersi se lo Zaffiro abbia la proprietà d’attrazione per qualche sua intrinseca qualità (citiamo a titolo esemplificativo il calore) o piuttosto per una proprietà formale e magnetica. E quest’ultima non necessita della pregressa generazione all’interno di una nuova qualità ma soltanto di una copulazione interfacciante elemento trattore ed oggetto attratto, cosa peraltro testimoniata dal fatto che la forza magnetica d’attrazione continua a sussistere pur quando la pietra preziosa viene allontanata. E ciò è da correlare ad un assunto piuttosto noto: quello per cui ogni forza d’attrazione d’origine naturale ha la peculiarità d’attirare sempre a sé l’oggetto in questione. E’ facile intendere come attragga soltanto verso di sé: perché una nuova qualità generata al suo interno attirerebbe nell’interno il veleno ed in nessun modo lo farebbe uscire attraverso un qualche condotto. Sempre fornendo risposte alla summentovata obiezione in un secondo momento ci si potrebbe porre il quesito se lo Zaffiro abbia generata di per se se stesso siffatta virtù e quindi l’abbia impressa nella pelle o nei tessuti sottoposti al suo contatto. Ma questo non può accadere, dal momento che allora non risulterebbe necessario condurre in circolo attorno all’area infestata dall’ulcerazione la detta gemma. Sempre in merito allo stesso argomento si può postulare, qual terzo interrogativo, la domanda se mai per caso lo Zaffiro non detenga il potere di far dilatare i pori dell’epidermide e, in alternativa, la natura stessa non possieda in simili evenienze la facoltà d’avvalersi d’una qualche sua energia di espulsione, fuori dell’intervento magnetico dello Zaffiro. Ma in quest’ultima ipotesi bisogna allora affermare che la gemma non detiene qualità attrattive e che al limite può soltanto integrare la forza d’espulsione naturalmente implicita nell’ammalato. Ma contro questa asserzione concorre il fatto sperimentalmente constatabile che giammai oltre lo spazio circolarmente determinato con la pietra preziosa si notano tracce di consunzione e combustione: e tutto ciò perché anche quando non vengono direttamente toccate le ulcere incipienti si arrestano e si disperdono. Se poi l’energia d’espulsione dovesse ricevere soltanto una sorta di fortificazione dallo Zaffiro, espellerebbe le tossine per ogni direzione e alla rinfusa e non sarebbe vincolata ad operare in rapporto ad un sito ben preordinato. Come quarta alternativa riflessione alla discussione sopra postulata è da affermare che in effetti la Natura, già prima del contatto fisico dello Zaffiro, per sua parte in genere ha già operato producendo un’ulcera. Da ciò si deduce come sia fallace sostenere che la Natura una volta attivate le sue energie nel manifestare una forza d’espulsione di seguito perseveri in tale azione di maniera che una volta iniziato il processo d’espulsione tardivamente in qualunque modo potrebbe venire il soccorso dello Zaffiro. Di conseguenza in qualunque maniera tu abbia inteso esprimerti non si può far a meno di desumere che l’umore sieroso viene sempre e comunque attratto per via magnetica. A questo punto delle riflessioni, o mio teologo censore, accetti che ti sia stato dettagliatamente esplicata la peculiarità dell’unguento armario od ancora ti opponi, calunniando il tratto circolare della gemma e tutto quanto ascrivi quale opera di un mistificatore? Riterrai (penso) opportuno tentare di primeggiare assolutamente su di noi nell’elaborare il principio per cui mentre la morte, le ferite, i morbi, le calamità e le stragi si sono manifestate per volontà diabolica e quindi null’altro rappresentano che il male, al contrario ogni buon dono agli uomini deriva dall’alto dei cieli e specificatamente dal padre di tutte le luminosità: sì che coloro i quali universalmente valutano ogni bene come promanante da Dio stesso giammai possano ardire d’incolpare di gravità né il soggetto quanto l’oggetto e tantomeno gli strumenti vettori e quindi le finalità intenzionali. Proprio per una simile motivazione da parecchio tempo i primati della Chiesa cattolica romano son soliti impartire le loro benedizioni portando alle dita anelli di Zaffiro: anche se nemmeno loro ormai più conoscono la vera ragione di tale consuetudine nell’uso di questa gemma. Ad alcuni importanti ecclesiastici è tuttora affidata infatti la cura delle anime e sempre su di essi incombe, sia a titolo d’ufficio che quale obbligo sacerdotale, l’assistenza agli appestati: ma purtroppo per la gran caligine sollevata da quella dilagante ignoranza, che oggi è giunta al punto d’oscurare lo straordinario e sterminato campo di sapere costituito dalla scienza naturale, attualmente si è persa contezza di tutto ciò ed in luogo delle ricerche razionali si son succeduti la lepidezza del dire, la purezza di parole tanto ampollose quanto prive di senso, una garrulità che si coniuga continuamente con la presunzione intellettuale. Per effetto di tali costumanze , che suscitano patimento e stupore, hanno finito per progredire vieppiù le arti meccaniche, cioè quella tecnologia che va oscurando troppo spesso il progresso dello spirito: è la motivazione per cui, sotto la spinta persecutoria di inique censure vien ai giorni nostri fatto regredire, rendendolo terrorizzante, lo studio delle scienze naturali. E così anche per non cadere nella pania di vacue disquisizioni ho ritenuto di non dilungarmi eccessivamente sulle proprietà dello Zaffiro che pure ha molte consonanze e parecchie identità con quell’Unguento armario, cui programmaticamente ho invece dedicato questa mia disquisizione. Allora, bisogna adesso rammentare che pure ogni uomo fruisce del suo personale ed autonomo magnete in forza del quale, durante i periodi di contagio pestilenziale, le perniciose tossine possono venire espulse verso l’esterno. La natura, solita a far entrare soltanto succhi benefici ed al contrario usa a produrre ingegnosamente tale umore dall’elaborazione dei tanti escrementi, ad un certo punto può però finire per soccombere agli effetti del suo stesso magnetismo, in maniera da attirare in tale evenienza dell’aria nociva e conseguentemente da far penetrare negli organismi la morte stessa. Fortunatamente contro quella forza attrattiva ne esiste un’altra di segno opposto: non entro nella specificità della questione in quanto non vorrei a questo punto disperdere tutte queste osservazioni in qualche capzioso e sterile contraddittorio. Semplifichiamo dunque questa postulazione dicendo che lo Zaffiro, o comunque qualche altro elemento come anche un frammento significativo di ambra gialla, in un primo momento frizionati sui sette impulsi planetari (che si individuano facilmente nella gola, nell’area carpiale delle mani, presso i malleoli dei piedi e in prossimità della sede del cuore) e di poi appesi al collo in guisa di pendenti, sprigionano un’energia superiore a quella del magnete umano, gli impediscono d’attrarre nell’organismo le tossine della peste e finalmente possono ben giudicarsi straordinari amuleti, testimonianza della perfetta luce divina disperditrice delle tenebre del male! Ma sia stia sempre ben attenti…anche siffatti talismani nulla possono se non ci si è prima curati di frizionare con essi i punti vitali del corpo attaccato dal contagio! Ed è ben da sapere che ciò che prima si diceva zaffiro od ambra gialla, mutata la sua condizione, perde anche il proprio nome e finalmente viene nominato zenexton. Ed a questo punto ancora qualcuno ardirà, instancabilmente, ipotizzare una qualche diabolica elaborazione od attribuire ogni fenomeno ad un qualche patto stipulato con Satana? A questo punto io penso che sia sufficiente addurre relativamente poche ma assolutamente esaurienti testimonianze che contengano analoghi esempi in rapporto alle pari competenze dell’unguento armario. Però, prima di sviluppare il mio discorso, credo che dovrò inevitabilmente e per tempo affrontare alcuni tuoi argomenti. Tu arguisci che Goclenio, indotto da incomprensione della dottrina aristotelica, giunge ad ipotizzare che il medesimo accidente migra di soggetto in soggetto: oh se fossi tu tanto svelto nel saper provare le tue postulazioni quanto risulti esserlo nel confutarle! E’ comunque fuor di dubbio che costituisca atteggiamento mentale di spropositata testardaggine il pensare che la cicatrice riscontrata in un cadavere non sia la stessa che si ebbe occasione di vedere nell’uomo stesso quando era vivo. In tal circostanza davvero inutilmente noi venereremmo le reliquie dei santi se dell’essere vivente rimane la sola materia inerte, al modo che pensano gli aristotetelici, e giammai vi si possano riscontrare, nonostante il processo di corruzione, alcuni fra gli accidenti che vi si trovavano un tempo, quando quell’organismo era vitale. Ecco dunque precipitare questi pensatori in un tipico errore da pagani! Al contrario io sosterrò che è impossibile semmai pensare come realizzabile ciò che al contrario si manifesta in modo assoluto ed ancora sosterrò che si tratta di un errore estremo, proprio della più vasta ignoranza. E’ evidente che quando la luce dal sole promana sulla terra, e più celermente per effetto dell’occhio colpito dai raggi, essa produce delle nuove specie e propriamente delle specie organate dalla specie della luce. Indubbiamente si vede assai male se si fissano gli occhi nel disco solare: eppure se noi non avessimo accanto tal luce e la possanza del sole ma soltanto la millesima parte della sua forza luminosa e della sua virtù, nulla sarebbe in grado di crescere e svilupparsi e per rifrazione o condensazione dei raggi giammai si potrebbe generare del fuoco. Infatti le specie della specie di luce, non sono luce più vera di quanto lo siano le specie dei colori, e giammai i colori sarebbero idonei ad innescare del fuoco. Per certi aspetti son quasi lieto di questa ignoranza a proposito di siffatta dottrina, in funzione della quale Goclenio vien tacciato quale uomo rozzo! Non forse attraverso il vetro, sigillato per via d’una colata di bianca cera in cui non si trovi nessun poro o forame, la punta dell’ago pur sempre si volge al polo? E talora vien forse attratto da un ferro a lui più vicino, sì da obliare le interferenze polari? Dunque il medesimo accidente attraverso il vetro passa dal magnete nell’aria e quindi, ad esempio, segna la via del polo stesso. Di conseguenza anche il magnetismo è una qualità celeste, del tutto consimile alle influenze astrali, cioè né mai condizionata dalla maggiore o minore distanza del luogo, proprio alla stessa maniera dell’unguento magnetico di cui ora finalmente posso accingermi a dissertare. Adesso tu ridi col pensare che Goclenio recupera la pianta dell’usnea dal cranio di qualche ladro: ciò non parrebbe del tutto assennato perché potresti pensare che un serpente, così nascosto nell’erba, sarebbe in grado di maschera la vaghezza della superstizione. Ma tu, benché Gesuita, sei perfettamente al corrente che anche il giustiziato sul patibolo per impiccagione, come qualche altro condannato all’esecuzione capitale, ormai cadavere lasciato a consumarsi sotto l’influsso delle stelle e le intemperie della stagione, offrirà da raschiare un’usnea, degna d’essere raccolta nella borraccia dell’aromatario, assolutamente analoga e del tutto utile a quella prodotta dal cranio di qualsiasi ladro. Se qualche seme d’usnea cade dal cielo in quel particolare campo che è costituito dal cranio umano - e talora in effetti precipita quella sorta di spuma che vien gergalmente detta aurora - subito dopo precipita spesso quella sorta di mucillagine che si definisce anche sperma delle stelle. E’ leggenda che talora il cielo faccia piovere rane, ragni e consimili esseri, che, precipitando, diventano sostanza tangibile e vitale.Qualche volta sui monti, invero, precipita del latte come pure del sangue: non di rada si verifica pure che, dagli spazi siderali, scenda sulle pietre come sulle ossa scoperchiate ed esposte una sostanza bianca e nel contempo bituminosa che è usnea. Talora questa va a costituire una sorta di incrostazione sulle rocce, ma altrove si evolve in musco: ciò è proprio del sommacco [noto dal 1313 nella var. ant. somaco; dall'ar. summîaq] =arbusto mediterraneo del genere Rus (Rhus coriaria), con piccoli fiori biancastri disposti a pannocchia, foglie lanceolate ricche di tannino, usate nella concia delle pelli e nella produzione di un infuso dalle proprietà astringenti e febbrifughe], della manna, di alcune piante medicinali magiche, del thereniabin, del nostoc [genere di Alghe azzurre della famiglia Nostocacee, comprendente una cinquantina di specie acquatiche e terrestri che si raggruppano in piccole masse gelatinose che essiccate, assumono forma di crosticine brune: spuma di primavera - voce coniata da Paracelso], della nebulgea, del laudano e via discorrendo. Sebbene tutte queste entità partecipino prioritariamente della sostanza dell’aria, quando, talora, le estrazioni sideree d’usnea sono di maggior perfezione, sì da esse chiamate fiori del cielo, tramite loro si possono portare a compimento molte cose, così che essendo arricchite del favore del cielo e di una fausta continua influenza, giammai vengono a mancare del fondamento delle massime virtù. L’usnea del cranio, avendo dunque tratto il suo seme generativo proprio dal cielo, contestualmente trae il suo incremento dalle midolla mumiali del cranio umano quanto dell’acme del microcosmo: e non v’è quindi da meravigliarsi se, anche sopra il relativamente modesto destino delle cose provviste di sola esistenza vegetativa, si siano ottenute eccezionali energie astrali e magnetiche, come nel caso delle umili erbe, che parimenti possiedono il loro proprio magnetismo. Dirò ora di quel caso in cui un soldato, di nobile schiatta, usava portare un frammento d’usnea di cranio d’uomo inserito fra la cute e la carne della testa. Costui, intercedendo amichevolmente per sedare una rissa mortale scoppiata addirittura fra due fratelli, colpito alla testa da un colpo di spada cadde a terra rovinosamente: aveva subito un colpo tale per cui il cappello e la chioma erano stati recisi fin a livello della cute, ma la pelle neppure era stata lesa in alcun punto. Sbizzarritevi pure nell’investigare a qual ragione sia da attribuire l’assoluta salvaguardia delle pelle! Io non sono costituzionalmente portato a sottoporre il mio animo a torture intellettuali nell’ansia di investigare e scoprire: anche se la folgore è più potente della spada, tuttavia non abbatte il lauro, non distrugge il vitello marino [foca] e neppure il cavallo il cui vello sia stata unto con il grasso del vitello di mare e per di più nemmeno ha il potere di danneggiare le porte delle stalle che siano state tinte con tale grasso animale. L’esperienza è ordinaria quanto efficace. Passo tuttavia ad altre questioni e lascio ad altri questa arena in cui dibattere le proprie opposte questioni, una volta almi eno che son finalmente riuscito a riprodurre ordinatamente questa paradigmatica esemplificazione. Nelle Ardenne risiede un certo Signor Uberto cui sogliono recarsi tutti quelli che furono morsicati da qualche cane rabbioso (mentre altri invero prediligono accedere agli altari dedicati a San Donino ed a San Bellino): in quel luogo quanti son stati azzannati da un animale affetto da idrofobia si fissano sulla cute della fronte un fiocco o frammento estratto dalla stola di quel Signor Uberto e da quel momento in poi nessuno di loro potrà essere ferito da alcuna fiera rabbiosa atteso che proprio quel frammento di veste può stornare i denti bramosi di qualsiasi animale selvatico. A questo punto tu, mio teologico Censore, non ti esimerai dal ribattere che tutto ciò è piuttosto un miracolo di Dio, connesso al culto delle reliquie: avvalendosi proprio di quel modesto fiocco s’affannano a comprovare che Dio, procedendo talora di pari passo con la natura, s’adegua a simili costumanze. E del resto chi con una sua sola parola è in grado di fare tutto quanto desidera, può anche servirsi di mezzi intermedi. E’ per questa ragione che nel sudario di San Paolo è attivo un unguento magnetico: in verità il sudore dei malati od anche un certo insensibile effluvio che promana da quelli, ad esempio proprio il sangue di un ferito, dentro la pisside dell’unguento travasato in forza d’un bastoncino, ha il potere d’attirare magneticamente d’ogni luogo del corpo del paziente ogni nociva manifestazione. Addirittura si evince che quel magnete soprannaturale possiede energie superiori a quelle del magnete naturale e risulta di efficacia decisamente maggiore: in effetti per entrambi sono identiche la ragione e la modalità operativa. Tuttavia nel mondo naturale l’azione magnetica si manifesta in forza del sangue e dell’unguento che pur tuttavia sono sempre dei vettori naturali mentre nel contesto soprannaturale la stessa viene esplicata a ragione delle reliquie dei Santi, cioè degli amici di Dio, sì che le sue energie sono verisimilmente assai più venerabili. Dio di noi eternamente compassionevole fece in modo che siffatte energie proprie dell’unguento armario scaturiscano perpetuamente da alcuni luoghi istituzionali come la fonte dell’olio, del liquore, del balsamo e via discorrendo. Comunque in entrambe le evenienze sempre soccorsi dal magnetico rimedio noi giungiamo alla conclusione indubitabile che la terapia magnetica è in ogni caso ben accetta a Dio e che essa nel mondo, di pari passo e comunque per una funzione sostanzialmente unica, perviene sempre sotto la guida di quell’unica guida che è Nostro Signore. E’ forse solo da ipotizzare che le reliquie più recenti producono al limite miracoli più potenti e più ampli ovunque vengono trasferite e in tutti i luoghi ove vengono toccati: poiché è sempre necessario che il magnete venga frizionato e mosso se si vuole che lo stesso salti la sua forza attrattiva. Ritorno ora a te, usnea, frutto delle stelle: chi infatti per mezzo d’un fiocco od altri riti pietosi è guarito dalla rabbia a maggior ragione rimane salvo conto ogni cane idrofobico per il resto della sua vita ma (cosa vieppiù straordinaria) può a chiunque sia stata azzannato da un cane rabbioso differire il tempo della malattia per quaranta anni, purché possa con suo agio avvicinarsi a San Uberto, essendo nel contempo silente, rimesso e comunque sospeso il potere devastante dell’idrofobico veleno. La natura invero produsse anche qualcosa di consanguineo. La Zinzilla (che è un rifiuto del diaframma che penetra nel flegmone) uccide allorquando a guisa d’erpete abbia compiuto un cerchio completo: si può comunque curare completamente ed in maniera celere allorquando venga esternamente ed anche in modo lieve unto tramite il sangue di qualcuno che guarì dopo esser stato tormentato da quella malattia. Precisamente chi finalmente ha ottenuto guarigione da questa malattia, riesce ad elaborare del sangue con proprietà balsamiche, in funzione del quale per tutto il tempo a venire sarà sicuro contro gli attacchi di tal morbo: ed in verità ha la possibilità di curare nel prossimo siffatta affezione ed infatti il sangue dell’ammalato, per semplice contatto cutaneo e quindi per via magnetica d’attrazione, similmente traspianta nel balsamo. A questo punto potrai dire che se il magnetismo risiede nell’usnea, tutte le altre cose sono superflue. I Medici risponderanno invece che alcune sono principali, che altre in effetti risultano di minor conto, che altre ancora hanno la specificità di ostacolare le forze contrarie mentre ad alcune spetta piuttosto danno una certa eccitazione ed infine alcune detengono la funzione di potenziare i possibili progressi. Gli stessi Medici ribadiscono poi come questa sia una specificità della composizione: per la qual cosa fu senza dubbio impertinente affermare che se l’usnea ha il controllo totale del magnetismo allora l’uomo vanamente finisce per essere tormentato a pro dei restanti componenti dell’unguento. Parlare in questo modo risulterebbe davvero assurdo. Qualora l’usnea di per se stessa non abbia una sufficiente quantità di magnetismo e di grasso o sangue e via discorrendo nemmeno a tutto l’unguento cos’ confezionato potrà attribuirsi quell’intiera forza magnetica. Infatti gli altri componenti, sulla scia di queste riflessioni, non potrebbero portare alcun utile contributo alla composizione del balsamo: su queste basi mi trovo allora nella necessità di fare le tue veci, o teologico censore, ed al posto tuo elaborare alcuni cavilli speculativi. In vero tu, prima di tutto, avresti dovuto tramite esperimenti piuttosto semplici imparare qualche cosa sulla vera composizione dell’unguento magnetico e così saresti stato in grado di verificare nel corso di essi emergere, piuttosto di frequente, una qualità nuova e non comune che per nulla si individuava nei componenti presi ad uno per uno, come il vetriolo e la galla che di per sé giammai erano neri ma che, miscelati, si caricavano di scura pigmentazione. Ma non riuscirai a fermarti e muoverai ulteriori obiezioni. Dirai allora che se l’usnea in sé custodisce il magnetismo, dalla virtù mumiale delle ossa e delle orbite degli astri. In sostanza chiederai se l’usnea sia da cogliere non soltanto dal crani ma pure dalle ossa dei giustiziati: ma si tratta di una postulazione abbastanza ridicola: la natura stessa dipende dalle peculiarità del terreno e per esempio il pepe giovane, piantato in Italia, degenera in edera: invece il veratro [lat. scient. Veratrum = pianta erbacea perenne del genere Veratro, con foglie ovali e fiori rossi, verdastri o bianchi raccolti in grappolo:genere della famiglia delle Liliacee, molte specie del quale sono dotate di proprietà officinali] coltivato nel Trentino manca di energia purgativa. E del resto il papavero che cresce da noi, assolutamente privo d’ogni mortifero potere, è dieci volte più gelido di quello che cresce nei pressi della stessa Tebe. E così è di vario tipo l’usnea, che si sviluppa in un suolo variamente occupato da ossa umane. Qualora per esempio una folgore una volta colpiti dei loculi sia capace di liquefare delle monete e contestualmente di dieci cadaveri posti reciprocamente vicini stravolga proprio quello sistemato nel mezzo prima di tutto è da tener conto che tutto ciò non accada casualmente ma solo per concessione di colui in dipendenza del quale nemmeno una foglia può cadere da un albero e per la cui volontà son prefissate tutte quante le virtù: proprio per tale motivo io non mi meraviglio affatto che di un tipo sia il seme magnetico dell’usnea che cade su un teschio e di altra proprietà quello che sempre al cielo scende sopra le restanti ossa. In genere le ossa del capo sono curative nei riguardi dell’epilessia: non hanno invece la medesima qualità le altre ossa: e del resto tutto quanto il cervello si consuma e decompone all’interno della scatola cranica sì da formare una sorta di liquore (di cui anche parlerò in seguito) per continua irrorazione, di maniera che questo tipo d’usnea finisce per assimilare le forze tipiche dei crani umani, quelle, per intenderci, che non è possibile, per esempio, riscontrare nelle altre ossa. Ma i costumi di quanti contraddicono a queste postulazioni sono instancabili. Quando più nulla riescono ad individuare internamente alla cosa in sé finiscono allora per accanirsi contro il singolo uomo o scienziato e così nemmeno è da escludere che qualcheduno dica che il magnetismo è qualcosa di assolutamente nuovo inventato dal solo Paracelo, che tra parentesi fu uomo improbo ed ignorante. Ma a questo punto intercorre una susseguente domanda e cioè: se fosse esistita un’usnea di tale potenza naturale, perché mai avrebbe dovuto restare nascosta per tanto ordine di secoli ad aspettare la venuta al mondo di Paracelso? Rispondo ora che i sarcasmi e le denigrazioni distribuite da molti contro un uomo, che costituisce un vero onore per la Germania tutta, neppure sono degne d’essere prese in considerazione ed a nulla valgono onde rendere meno valide le sue asserzioni : di tutto questo in effetti si può rendere facilmente consapevole chiunque, anche colui che, oltre ai vivi, invochi pure i morti al fine che rechino la loro testimonianza. I monumenti erettigli parlano dei suoi scritti, della sua smisurata sapienza, dei meriti acquisiti: io che non ho ripreso l’encomio d’alcuni giammai potrei esprimere adeguatamente quindi le mie lodi, preferisco piuttosto attenermi alla realtà dei fatti. L’accusa principale a lui mossa è che, non bastandogli di ergersi a giudice tra i vivi ed i morti, la sua sterile superbia intellettuale si sia arrogata l’arbitrio di sottoporre a giudizio l’operato di Dio medesimo. Ma io credo che non si sarebbe dovuto affaticare in simili riflessioni tanto a proposito diParacelso quanto, semmai, in merito a qualche altro individuo, magari proprio un Gesuita che non tanto nel secolo di Teofrasto [il nome secolare di Paracelso] ma ancora prima di lui si era adoperato a dimostrare le infinite consonanze che segnano il creato. Non ho bisogno di reticenze, mi riferisco apertamente a Ignazio [di Loiola] che una società tanto giovevole alle sorti del mondo intiero ha saputo organizzare. Ed allora, alla setssa stregua di come si è detto in merito all’usnea di Paracelso, per qual ragione mai quella società non ha visto la luce tanti anni prima della sua apparizione? Ahimè, oh mio teologico critico, davvero corri verso l’abisso se ardisci presumere che Dio non conceda liberamente il suo beneficio e si compiaccia di una immeritata donazione! Egli offrì la pietra tramite cui ci è concesso giudicare delle persone: dalle opere noi siamo realmente in grado di tracciarne colpe e meriti! Quali e quante siano le opere di Paracelso e quanto prevalgano sia sulle aspettative della natura stessa come sui sarcasmi delle lingue malefiche, lo dichiara l’Epitaffio medesimo fatto sistemare, contro invidie malcelate, dall’Illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo Principe di Salisburgo: “EPITAFFIO DI PARACELSO CHE NELL’OSPEDALE DI SALISBURGO SI VEDE SCOLPITO IN UNA LAPIDE SISTEMATA PRESSO IL MURO DEL TEMPIO DI SAN SEBASTIANO Qui giace Filippo Teofrasto insigne Dottore di Medicina, che quelle terrificanti piaghe e malattie, la lebbra, la podagra, l’idoprisia ed altri morbi ritenuti incurabili per l’uomo, seppe guarire in forza della sua mirabile arte. Uomo eccelso che peraltro onorò le sue ingenti ricchezze stabilendo che venissero distribuite tra i poveri ed utilizzate a loro vantaggio. Egli il giorno 24 Settembre dell’anno 1541 passò dalla vita alla morte”. D'altronde Paracelso è del tutto lontano dall’aver malamente meritato in rapporto alle sue invenzioni. Lo stesso magnetismo naturale era fenomeno noto sin dai tempi più remoti: egli quello studio della natura, che qua e là in certe scuole viene proposto ma in maniera del tutto sterile, ha saputo renderlo concreto, fatto per via d’analisi e di sintesi degli organismi, disponibile all’uso pratico e soprattutto lo ha trasformato in una fruttuosissima arma terapeutica. Proprio per siffatta ragione a lui dovrebbe spettare a giusto titolo, strappandola a quei grandi che l’hanno preceduto, la denominazione di Monarca di tutti i segreti, sempre che, spinti da odio ed invidia, noi moderni, da giudici ignoranti, giungiamo all’ignobile ardimento di vituperare tutte le sue buone imprese e le gesta scientifiche da lui sempre espletate a fin di bene. Io ritengo di essere un uomo vero: ed allora per questa ragione debbono essere da me spregiate tutte quelle cose che si giudica meritino credibilità per la sola vieta consuetudine! Niente…proprio niente è ciò che, frutto d’ignorante consuetudine, ci riempie spesso d’oscura caliginosa insipienza: non bisogna prestare, da creduli, fede ai bisbigli incolti ed ai vani sogni, è semmai doveroso procedere alla volta della libertà intellettuale e farne uso, non trasformarsi in biechi servitori degli obblighi imposti dall’opinione corrente e dal giudizio dei gruppi culturalmente egemoni. Come al solito elaborerai altre obiezioni, che cioè negli spazi sublunari non può sussistere un’energia capace di influenzare in modo simile alle forze astrali: ma se farai così ti troverai nella condizione di riprendere tutti quelli che speculano filosoficamente in maniera ordinata e logica, quanti cioè notarono che le leggi che governano il mondo terrestre sussistono pure negli abissi infernali, seppur in guisa meno pronunciata, e rettamente individuarono una certa analogia intercorrente fra inferi e superi. Le piante, gli animali, lo stesso uomo sofferente per qualche malattia, ad esempio, non hanno un certo presentimento o, se vogliamo, un presagio in merito alle future mutazioni dei tempi? E quando la rana si ricava una tana il più riparata possibile negli spazi brumosi in cui vive non emette forse il segnale che sta per sopraggiungere un inverno particolarmente freddo? Da queste azioni sogliono essere denominati i così detti presagi meteorologici i quali si manifestano non tanto per un sommovimento precoce ed assolutamente futuribile degli astri, atteso che prima della sua esplicita manifestazione esso riesce a causare quella certa presaga sensazione nelle entità sublunari. Si eviti tutto ciò, infatti il firmamento è soltanto in grado di annunziare le cose future e giammai può causarle! E tuttavia in verità ad ogni singola creatura spetta il suo proprio cielo, e la rotazione del cielo, dipendendo dall’ente di un seme, nello spirito del quale (quasi che contenga la cesellatura dell’universo tutto) è il suo cielo e con esso stanno sopra i relativi ascendenti. E non è affatto il caso che tu, o teologo censore, debba pensare che noi vogliamo mandare in malora l’Astrologia intiera ma semmai intendiamo interpretarla correttamente. Se ogni cosa fa riferimento al suo specifico cielo, essa per ciò contiene la congiunzione dei cieli: tuttavia il movimento globale dei cieli dirige sempre (usando invero un’espressione impropria) i cieli dei particolari ognuno verso se stesso. Invero questa causa è tipica di ciascuna inclinazione naturale: e quando una creatura da quel globale moto celeste, come violando una regola consueta, fuoriesce per un’inclinazione specifica del proprio cielo individuale, ecco allora che immediatamente subentrano malattia e difetti. E’, per far un esempio pratico, un caso prossimo a quello della pecora che senza la sua guida finisce per vagare insicura attraverso i campi: non diversamente al malato subentrano, non allo stesso modo di quanto può capitare per chi sta bene, presentimenti di perturbazioni e di mutazioni future dei tempi. Infatti se il mare fluisse e rifluisse tale fenomeno avverrebbe in rapporto al corso della Luna celeste cioè più propriamente della piromanzia [ dal lat. tardo pyromantia(m), dal gr. puromanteia, comp. di puro- " piro-" e -manteia "-manzia" arte di predire il futuro basata sull'osservazione della colorazione e del movimento di una fiamma o dei fenomeni elettrici meteorici] e non della propria Luna idromantica [idromanzia = dal lat. hydromantia dal gr. hudromanteia, comp. di hudro- "idro-" e -manteia "-manzia", arte di predire il futuro basata sull'interpretazione dei movimenti di un oggetto immerso in una fontana o in uno specchio d'acqua connesso a un luogo sacro] e pure i venti qualora venissero alimentati dal movimento di Mercurio e giammai di un qualche altro astro caomantico, di colpo in alcun sito giammai sussisterebbero dei venti provinciali o locali e per tutto l’orbe terracqueo (poiché unico soltanto è Mercurio nei cieli e parimenti semplice la Luna negli stessi) sempre uguale ovunque soffierebbe il vento ed ovunque il mare risentirebbe parimenti dello stesso moto, se non proprio nel medesimo tempo per quello specifico ritmo che la navigazione moderna va criticando. Par bastante essere stati in grado di provare qui adesso che la natura celeste ed enormontica si innerva entro tutte le cose, che tuttavia secondo un ritmo di superiore progettazione sono in grado di eccitarsi o sedarsi tutte le volte che non si voglia impattare in qualche cosa di ribelle o refrattario. Lo stesso firmamente no detiene il potere di causare il futuro se non in termini minimali; tale prerogativa soltanto spetta alle prime qualità: talora anzi, apertamente, si riconosce in tutto ciò la mano stessa di Dio Onnipotente. In effetti tutte le cose sotto la specie di un ente seminale custodiscono entro sé una particella d’universo ed in funzione di questa esse detengono la facoltà di simboleggiare la copulazione di superi ed inferi entro cui concorrono le energie della forza contestuale dell’altruismo od amicizia quanto dell’egocentrismo sì che possono venire collegati i poteri del magnetismo e delle forze influenzali, variamente insite nelle cose ed a loro proprie, le quali chi prescinde dalle entità sublunari ritiene un fragile sotterfugio. Ora ti farai sotto, con incalzanti argomentazioni, sostenendo che bisogna approfondire meglio tale questione e che non si è ancora abbastanza dimostrato scientificamente che negli spazi sublunari sussiste una qualità emula di quelle celesti e tale, alla lunga, da influenzare un qualche oggetto che si trovi lontano, separato od assente, fatto che in merito all’unguento armario si dà quale presupposto, atteso che il magnetismo costituisce una possanza celeste da non far dipendere assolutamente dalle potestà sublunari e comunque connesso alla confezione dell’unguento di sopra citato. Ma cosa altro, per favore, si deve addurre al fine di dimostrare le proprietà del magnetismo, valutando quanto sta al di qua o al di là del fenomeno magnetico? Dunque se noi definiamo integralmente l’influenza sublunare alla stregua di magnetismo e quella misteriosa copulazione interagente in qualche modo per influsso, cioè attraendo o respingendo, fra cose tra loro lontane noi la chiameremo magnetismo, subito chiunque nega che, esternamente al magnetismo, operi scambievolmente la forza influenzale delle cose sublunari ed all’opposto chiede che tale istanza gli derivi da qualche cosa di diverso, finisce per andare a sostenere qualche cosa di improprio, nella fattispecie una sorta di magnetismo esistente al di fuori delle leggi stesse del magnetismo ed arriva addirittura al punto che finisce col non sapere né quello che nega né quello che cerca di affermare. Come ben si vede ho addotto alcune testimonianza di fatti tipici del mondo sublunare e moltissime documentazioni come quella in merito al naso amputato, ricostruito e quindi ancora perduto o come ancora quelle in relazione a cose quali lo zaffiro, la persicaria, l’asaro e moltissime altre erbe. Eppure tu avrai ancora l’ardimento di negare (ben lo so, lo so perché ancora nulla hai compreso di siffatte cose) che esse accadano davvero od ancora, noiosamente, ti ripeterai dicendo che si avverino per diabolico concorso: e tutto sommato sono più propenso a credere che ti rifaresti di nuovo a quest’ultima contestazione. Non è più ai giorni nostri costumanza di fisici e scienziati dissertare sulle postulazioni di qualche autorità: ormai è ben noto a noi ricercatori scientifici, quando ci troviamo impegnati in qualche accademico dibattito, quanto sia piuttosto opportuno andare direttamente con le mani, per modo di dire, a verificare sperimentalmente fatti e fenomeni. Anche tu, mio teologico censore, impegnati un poco ad investigare nelle cose della natura ed accusaci apertamente di mendacia ma se non vi riesci finalmente cerca di accondiscendere alla dimostrata realtà delle cose. Consentimelo… è davvero tipico della più stolida insolenza negare un determinato fatto perché è grossolano, semplice, giammai sofisticato, perché non lo si è affatto investigato od ancora per la ragione che neppure ci si è sforzati di analizzarlo. E poi mi sembra addirittura più insulso ascrivere genericamente ai poteri del demonio tutto quello che non si è capito o studiato ma che comunque risponde alla realtà naturale, come in seguito verrà da me comprovato. E tutto questo disordine intellettuale ed investigativo, pare strano per una sola responsabilità emerge, solo perché il nostro teologico Censore non riesce a darsi una sua plausibile spiegazione intellettuale, non essendo in grado di intendere l’evidente. Egli opera da critico che in virtù della supposta acutezza della sua mente e suffragato dallo studio dalla fisica aristotelica: e perciò, indotto da sicumera intollerabile, finisce col ritenersi in grado d’abbracciare tutte le smisurate problematiche del mondo naturale. E’ un Censore alquanto sorprendente che per quanto non riesce a scoprire alcunché di illecito o superstizioso nella confezione dell’unguento, a ragione d’una maniera quasi paradossale di investigare scientemente, non sa far altro che condannare ed esecrare come malefico l’oggetto della sua riprovazione giungendo al segno di ritenerlo deposito arcano di terribili diavolerie. Ma poi di chi mi vado lamentando? Perché mi vado perdendo avverso un tizio il quale testardamente sostiene che, se una spada od un palo coperti del sangue d’un qualche ferito in duello viene cosparso d’unguento mumiale e magnetico, il sangue una volta fuoriuscito dalle vene, con quello che ancora viene tenuto caldo dentro le vene, non riesce a mantenere la dovuta armonia? M’affanno contro chi noon crede che, discosto un oggetto contundente o feritore, non possa sussistere azione lecita d’unguento armario? Amico mio Censore, piantala una buona volta, riprendi il controllo di te stesso, cerca alla fine di comprendere, credimi una buona volta, non perseverare nella tua inanità. Ma ora, proprio in relazione alle tue opposizioni, io riprenderò ad analizzare l’azione del magnetismo entro gli spazi sublunari addirittura sino allo spazio disegnato dal corso lunare! Adesso quindi cercherò di dimostrarti che la classe delle cose e delle erbe risente reciprocamente l’influenza di determinate cose e che siffatta interferenza si conserva pure tra oggetti reciprocamente distanti. La vite quando è in fiore da lungi turba la qualità del vino. Tu cercherai subito di motivare che siffatta mutazione è correlabile all’impeto dei cieli ma è al contrario abbastanza semplice provare che non si tratta proprio di questo caso. Se infatti il cielo determinasse i fiori nella vite e questi il citato turbamento nei recipienti dei vini sarebbe necessario che anno per anno ciò avvenisse sempre, in un modo ed in periodo ben definito: cosa che è palesemente fallace. Infatti qualche volta la vite fiorisce ed il vino viene turbato prima del periodo del solstizio: poi, sempre nella stessa regione, tale fenomeno si ripete nell’anno seguente ma in un momento decisamente posteriore. Inoltre fatta eccezione per pochi minuti, il sole e le stelle fisse, ritornano anno per anno sempre al medesimo punto: sarebbe dunque necessario che le viti fiorissero e contestualmente i vini risultassero perturbati sempre nel medesimo esatto istante. Ma se tu vai a cercare una qualche variabile potresti sempre reputare causa di tutto ciò il fatto che gli altri pianeti ad eccezione del sole, ogni anno, durante il solstizio non hanno identica positura: almeno però come è comunissimo il movimento dei cieli sì che le vigne dovrebbero fiorire annualmente quasi tutte, nello stesso luogo ed istante, cosa che di fatto non è assolutamente vera. Infatti come la natura astrale sta alla radice del suolo, così anche dentro la vite si innerva una specifica energia naturale: la quale di per sé (alla maniera grossomodo simile con cui risulta concessa alla terra una autonoma forza germinativa) produce fiori, frutti e semi e si compone e muove in sintonia con il ritmo del generalissimo moto dei cieli. Affermano pure che i vini in nessun modo vengono alterati nelle regioni in cui non cresce alcun tipo di vite: di conseguenza il fiore della vite, e giammai il moto dei cieli, ha la capacità di turbare la qualità dei vini e ciò anche a distanza di molte miglia anche se quanto più risultano prossime le vigne maggiormente ne risulta alterato il vino. Sono contento per i tanti studi pubblici che si conducono su questi argomenti e in particolare sono favorevole a colui che ben sa in che maniera l’antimonio volgare [dal lat. mediev. antimoniu(m), dall'arabo al-ithmid con errata lettura della sequenza grafica lat. Alitimid: elemento chimico metallico, con numero atomico 51, trivalente e pentavalente, componente di diversi minerali si presenta allo stato puro in forma di metallo argenteo o in altre forme allotrope instabili, impiegato nell'industria dei metalli e in farmacia], mentre viene preparato, si volga continuamente verso quella influenza sublunare. Adesso desidero valutare correttamente le peculiarità della misura prefissata: così, in maniera esauriente, cercherò di provare l’esistenza di una qualche influenzale possanza, per nulla condizionata dalle distanze del luogo, è consueta negli spazi sublunari e quindi in maniera ancora più favorevole alla teoria del magnetismo tenterò di provare che se lo stesso magnete da sé spontaneamente si volge al polo in alcun modo viene attratto dal polo stesso. Infatti un magnete declina verso tre gradi, un altro invece verso sei, sette ed undici gradi: quindi se il magnete venisse attratto o dal polo o da qualche cosa vicino al polo potrebbe essere strappato via ma non dal polo stesso poiché questo ha la caratteristica di attirare a sé per linea diritta e giammai obliqua. Quindi se il magnete venisse attratto dal polo per linea dritta indicherebbe il polo e di conseguenza i magneti, almeno per ciò che vidi fino a questo punto, non sono attratti dal polo e nemmeno da qualche cosa di vicino a questo, infatti quando il magnete non stia mai fermo ma indistintamente e casualmente si porti in ogni direzione dell’orbe terrestre . Dunque se il polo esercitasse la sua forza d’attrazione sul magnete lo renderebbe irrequieto, ed attraendolo ora lo farebbe piegare per alcuni gradi verso il suo sorgere, ora per altri, pariment,i in direzione del suo tramontare, poi di nuovo verso l’alto in direzione dello zenith e quindi verso il basso: ma questo non lo fa proprio, visto che il magnete si sposta autonomamente, per sua spontanea scelta. Perché poi, altrimenti, di per se stesso il magnete si rivolga in alto verso lo zenith [propriamente zenit e da una lettura erronea dell'arabo samt (ar-ra’s) "direzione (della testa)" = il punto della volta celeste perpendicolare al luogo in cui si trova l'osservatore] risulta utile quel particolare strumento [“cerchio zenitale”, cerchio graduato per misurare gli angoli zenitali o le altezze sull'orizzonte ] inventato da Guglielmo Gilberto la gloria della cui invenzione, innanzi a sua Maestà Cattolica, gli venne però usurpata da Ludovico Fonseca: questo apparecchio, in rapporto all’elevazione dei siti, segna comunque l’altitudine del polo sull’anello di bronzo sospeso e giammai la latitudine del polo medesimo. Continuerai adesso a discutere in relazione al polo ma, per favore, fai a meno di dissertare in che maniera il polo attragga il magnete: affronta la questione sulla traccia delle corrette acquisizioni che cioè in base ad una variegata quanto indubitale disposizione materiale dei magneti (la qual cosa costituisce appunto condizione e volontà assoluta di chiunque eserciti un’energia attrattiva) , i medesimi non per linea retta sempre verso il polo si muovono ma verso un qualche luogo viciniore. Il Polo attira il magnete verso di sé per linea diritta ma per sua parte il magnete non si sposta in maniera diritta alla volta del polo, a causa di un qualche sconosciuto impedimento (che tu definisci sua certa disposizione) ma che in effetti giammai è attribuibile come qualità intrinseca del magnete, poiché quest’ultimo, nel caso, si oppone efficacemente all’attrazione del polo, atteso che il magnete esercita una forza opposta superiore e più potente di quello per quanto possa interporsi una distanza di migliaia di miglia. Vedi adesso con quanta arrendevolezza ti presti ai mascheramenti della verità? mentre pervicacemente ti ostini a ricusare il principio che sia innata nel magnete una certa qual forza motrice, tu, seppur di malavoglia, acconsenti che conviva entro il magnete una qualche energia estranea alla potenza magnetica esercitata dal polo: e ti dichiari certo di questa invenzione che peraltro a tutti quanti pare invece assolutamente indimostrabile! Il che poi, a ben vedere, è come se tu ti fossi impegnato ad asserire che convive in ogni magnete una virtù che ne indirizza la possanza connaturata alla volta di un qualche distinto luogo, non specificatamente alla volta del Polo. A questo punto solleverai ogni opposizione per sostenere che il luogo cui fai riferimento sia sempre da identificare con il Polo più vicino e continuerai a ribadire che il magnete ne viene attratto: giammai acconsentirai a dire che proprio quest’ultimo si muova autonomamente e, in dettaglio, sempre sosterrai come sia attratto non da una qualche specifico punto o da un astro ma da tutto un determinato circolo avvolgente il polo. Posso ancora risponderti che continua a trattarsi una testimonianza probatoria di quel tuo continuo volerti sottrarre alla effettività del reale. Questo circolo cui ti riferisci avrà latitudine per almeno un minimo di otto gradi ma in effetti io ho sperimentalmente verificata la variazione del magnete fra tre ed almeno undici gradi. Ed in dipendenza di ciò se a tutto il circolo da te mentovato spettasse la potenza attrattiva, lo stesso magnete sarebbe soggetto a continue variazioni, arriverebbe nella medesima ora al punto di deflettere dal polo per tre, otto o addirittura undici gradi: cosa che di per sé ha impliciti tutti i crismi dell’impossibilità! In base alla tua costruzione teorica nel circolo di una così grande latitudine vi sarebbero allora orbite distinte, di cui ognuna richiederebbe l’influenza di un suo speciale magnete: e, pur concessa questa illazione, inevitabilmente tu sprofonderai in un vecchio baratro, quello per cui in ogni magnete risulterà insita una qualche peculiare disposizione perché piuttosto da questa che da qualche altra potrai semmai risultar condizionata l’orbita e , conseguentemente, dedotte a piacere tutte le minuzie, nello stesso magnete ancora una volta risulterà innata una certa virtù motrice. Ma non sei soddisfatto…lo sento! Dunque, se il Polo attraesse il magnete questo fenomeno si esplicherebbe per una elementare e materiale proprietà della pietra od ancora in dipendenza della sua forma. Il vetro protettivo ottimamente levigato, bulicato alla fine con interminabili lavori di frizione, entro cui venne racchiuso il potenziale energetico del magnete, rispetta la positura dei due poli, evidentemente per una certa qual impressione, estranea alle altre entità fisiche, finalmente trasmessa al vetro stesso. Pure l’acciaio dopo esser stato posto a contatto con un magnete e perfettamente molato e levigato in alcuna maniera si rivolge al polo. Queste due esperienze, che pure non sono pari né interscambiabili e tantomeno rispecchiano cose che hanno alcuna correlazione con il magnete, confortano vieppiù il giudizio che in nessuno dei due casi il polo attrae i magneti. Tu potrai a questo punto affermare che, in dipendenza di qualche frazionamento, la partecipazione esercitabile dal magnete fissatosi nei pori dell’acciaio oppure nei peduncoli del vetro costituisce una giustificazione di ben poco conto! Ad esempio la resina del legno d’abete di per sé si coagula solidificandosi in una pietrosa durezza che attrae tanto il ferro quanto esercita forza d’attrazione parimenti sul magnete: è questo il caso, peraltro fittizio, denominato consuetamente della resina magnetica. Il magnete invero per virtù di frizionamento con l’aglio cessa di volgersi ad indicare il polo: benché alla pietra magnetica permangano non solo forma e materia sostanziale originarie pare evidente che quella sensazione spirituale che ne influenza le proprietà finisce in qualche maniera per essere soggiogata da certe forze antagoniste sprigionate dall’aglio. A proposito di questa sensazione, unica causa dell’atto delle proprietà formali, abbiamo già parlato in precedenza, come se fosse un debole tratto del polo in grado di scorrere per tanti siderei cerchi, per la vasta regione aerea ed altresì superare i tetti, i muri ma del tutto inetta a valicare il succo dell’aglio (come anche le esalazioni prodotte dal mercurio), pur non avvenendo alcuna trasmutazione della radice materiale o della struttura formale della pietra. Quando il magnete viene posto su un’imbarcazione e questa prende a navigare si constata che la pietra magnetica per una parte certa volge sempre verso Borea [vento gelido del nord e per estensione il nord in generale] e per l’altra punta alla volta dell’Austro [dal latino austru(m), vento caldo che soffia da sud e per estensione, il sud stesso]. Se dunque codesta cosa avvenisse per effetto dell’attrazione del polo, di conseguenza l’intiero lato boreale della pietra sempre verrebbe guidata dalla parte boreale: cosa che di per sé è palesemente fallace. Infatti se il lato boreale sarà messo a contatto con il ferro quello, non secondo la sua propriet, volgerà a Borea ma inclinerà in direzione dell’Austro e quindi se la polvere della pietra si sarà attaccata al ferro, qualora il ferro sarà entrato a contatto con il lato australe, quella al contrario piegherà verso borea. Di conseguenza il magnete con quella parte tramite cui si è sempre rivolto verso Borea, oltre la linea equinoziale, contrariamente guarda all’Austro cioè a meridione. Meditiamo su questo ancora un pochino. Prendiamo un magnete, sistemiamolo all’interno di un recipente posto sull’acqua stagnante di qualche quieta palude. Nel caso che la parte boreale della pietra sarà con la forza rivolta verso Austro, di colpo il lato boreale riprenderà a puntare in direzione di Aquilone [vento di tramontana e per estensione il settentrione] come spinto da una forza incontenibile. Dunque se dal polo medesimo, il magnete venisse volto verso il polo e non sussistesse una spontanea direzione della pietra, di necessità per l’identico spazio, tutta la scodella, o recipiente galleggiante, comincerebbe a fluttuare e verrebbe attratta verso la riva settentrionale cioè posta a settentrione: ma questo è errato atteso che, finalmente assunta la direzione del lato boreale, sia la scodella che il magnete da esso portato se ne stanno assolutamente immobili. Se ne deduce che dentro il magnete risiede una certa virtù influenzale che, senza considerazione della vicinanza dell’oggetto, secondo la costumanza delle cose celesti, liberamente si volge in direzione del polo, sussistendo una spontanea irradiazione del magnete verso quest’ultimo: e così se negli spazi sublunari è stata scoperta un’unica naturale virtù irradiante verso un oggetto sito anche in lontananza, come per esempio accade in merito al magnete, non dovrà di necessità essere ascritta a Satana. Penso oramai che si sia più che adeguatamente dimostrato che in tutti i casi si tratta di fenomeni assolutamente naturali come si è potuto constatare negli esempi addotti e nel caso dell’unguento armario. Dunque il magnete od il ferro trattato per via della pietra magnetizzante si spostano autonomamente verso il polo e ciò significa che inevitabilmente una certa qualità si estende dal magnete al polo: abbiamo già parlato di una sorta d’effluvio corporeo, che solitamente denominiamo spirituale, essendo in ciò apertamente in disaccordo con questo nostro Teologo censore il quale, invece, tale spirito corporeo definisce contro ogni ragione naturale, quasi che si tratti di un’entità preternaturale e quindi superstiziosa. Ed al contrario noi Medici, almeno in confronto con la parte più grassa dei corpi, siamo soliti parlare diversamente e per via di un certo accordo tra noi intercorrente siamo usi definire la luce del sole, l’influsso dei cieli, il lancio della torpedine od ancora l’aspetto del basilisco, e via discorrendo a riguardo di altre consimili cose ancora, alla stregua di qualità spirituali: e tutto ciò, a nostro scientifico parere, accade non tanto per un fenomeno di sostanziale evaporazione ma piuttosto siffatte qualità si espandono sin in lontananza per il mezzo di un impercettibile flusso luminoso che si espande dal soggetto che lo produce all’oggetto che lo riceve. Analizzate e provate in tal modo tutte queste cose si evidenzia che quanto non fu pienamente compreso da Goclenio nondimeno dal Teologo è stato male interpretato. In primo luogo tutto ciò si è verificato in quanto a parere di Goclenio dovrebbe risiedere nell’unguento armario una certa spirituale qualità. Secondariamente perché alla stregua d’una luce radiante ovverosia trascinato in forza d’un vettore o veicolo portante tale energia dovrebbe pervenire in questo o quell’oggetto specifico. In terza istanza per la motivazione che le qualità sarebbero portate sin all’oggetto prefissato e lontano in forza di una qualche sensazione (all’origine di tutto il procedimento simpatetico) propria d’uno spirito mondano: uno spirito che il Teologo gesuita, nemmeno so su quali basi, interpreta alla stregua di un cacodemone. Non riesco a comprendere perché egli si impegni in queste riflessioni visto che essendo decisamente più pura e vivificante l’aria siderea, questo spirito penetra nel sole e negli altri grandi pianeti sì che la sua anima si espande attraverso tutte le parti eccitando la mole intiera degli astri tutti: ed in funzione poi che a seguito di ciò il mondo intiero, secondo l’interpretazione di tutti quelli che speculano con rigore, viene regolato da una certa convergenza delle parti e delle forze. Per esempio è in correlazione a tutto ciò che determinati fiori seguono il moto del sole od ancora il mare risente dell’influsso lunare sotto la specie delle maree. Insomma ogni creatura, attraverso la sua vita (che noi sempre dobbiamo venerare), la propria essenza, esistenza e sensazione costituisce un inno alla maestà, liberalità ed onnipresenza del Creatore. Per tutta una serie di motivi dunque il nostro Censore gesuita deve essere biasimato, e con giustissima ragione, poiché, ancor prima di essersi preoccupato di intendere quanto uno scienziato abbia scritto con la sua penna raziocinante, si è lanciato in critiche continue senza tollerare in alcun modo ipotesi innovatrici e nemmeno ha saputo tenere nelle sue contestazioni un corretto ordine metodologico. Ed ora mi chiedi che cosa venga tirato via dal corpo del ferito ed in che maniera possa svilupparsi simile attrazione tramite l’uso dell’unguento? Non vorrei risponderti in maniera troppo offensiva: ma voglio dirti che quando proprio tu ci dimostrerai adeguatamente per qual ragione dopo che il magnete abbia attratto il ferro, questo si sarà rivolto in direzione del polo, allora io accetterò di spiegarti il motivo in base al quale la mummia, attraverso la forza mumiale, riesca a sanare quella mummia che ne sia stata toccata. Tuttavia atteso che in questo campo specifico mi sono pubblicamente assunto l’obbligo prioritario di porre riparo ad alcune imprecisioni e scorrettezze del Goclenio dovrò innanzitutto provare, usando anche un didascalico analogismo, per qual motivo si esplichi l’attrazione magnetica dell’unguento e solo se sarò riuscito a soddisfarti risponderò al quesito di cui sopra ti ho fatto cenno. Per iniziare a comprendere l’insieme di queste cose bisogna notare, in prima istanza, che in una ferita non si constata soltanto un’artificiosa interruzione della continuità dei tessuti sani. Ma contestualmente è anche da verificare con attenzione che nelle piaghe penetra altresì una qualità in un certo modo esotica in dipendenza della quale i bordi della ferita paiono, per usare un termine poco scientifico, refrattari ai trattamenti, di maniera che si scaldano, diventano sede di ascessi e febbri che infestano l’organismo intiero, che finalmente risulta sintomatologicamente tormentato da una variegata sindrome: per fare un esempio approssimativo un po’ come accade per l’uovo, il cui guscio una volta che fu danneggiato anche in una minima parte finisce col degenerare completamente e marcire quando altrimenti lo si sarebbe potuto salvare. Ecco il magnetismo proprio di questo unguento ha la capacità di attirare via dalla piaga quella malefica disposizione sì che i suoi orli, ulteriormente aggravati da ulteriori accidenti, restano esenti da dolori lancinanti e poi, venuti meno i possibili impedimenti, si affrettino a rigenerarsi. In questa circostanza il vero medico è costituito dalle energie medicamentose della natura: anche se si sono rimossi tutti gli impedimenti, cosa peraltro quasi impossibile, non sussiste alcun farmaco in grado di rigenerare i tessuti: solo l’unguento armario ha la possanza terapeutica di rimuovere con sicurezza e decisione le varie complicanze plausibili. Tu quasi certamente avanzerai l’obiezione che l’unguento armario non dovrebbe tanto avere la proprietà d’attrarre una forza terapeutica aliena quanto semmai un’energia assolutamente naturale e contestualmente tutte le forze insite nelle vene: poiché il sangue, essendo sano nell’unguento, dovrebbe assimilare la guarigione di chi sia stato ferito e non giammai la sua indisposizione: come precisamente fu scritto in merito alla Carlina [carlina bianca = pianta del genere Carlina (Carlina acaulis) diffusa in Italia nei luoghi aridi di media montagna]. Subito rispondo che i magnetismi sono di diversi tipi: alcuni hanno la capacità d’attrarre il ferro, altri la paglia, la pula ed il piombo, altri ancora la carne, il pus e consimili sostanze ma a nessuna di siffatte forme di magnetismo risulta riconosciuta la capacità di estrarre soltanto l’esalazione pestilenziale ed altre malefiche energie del genere ed anzi se ti metterai a confrontare l’effetto curativo insito nel nostro unguento con le tue postulazioni, ti accorgerai presto che proprio questa tua critica frecciata ti si rivolgerà contro e ti ferirà profondamente. Infatti poiché l’effetto dell’unguento è quello di guarire rapidamente, senza dolore, spese, pericoli, perniciosa dispersione di forze: da qui, ribadisco, s’espande quindi la possanza del magnetismo promanando da quell’unguento in cui venne forgiata per volontà di Dio e non tramite un concorso satanico. E d’altronde, se come tu ardisci affermare, proprio il demonio risultasse cooperatore di siffatta guarigione essa risulterebbe inevitabilmente imperfetta, con una consequenziale perdita di energie, debolezza, indebolimento esistenziale, convalescenza irta di difficoltà se non a rischio di qualche recidiva complicante maggior gravità nella patologia. La maniera, per cui tutti questi potenziali limiti sono strutturalmente e singolarmente connessi ai diversi tipi di cure diaboliche, in alcun modo si estrinseca nella cura portata a buon fine per merito del nostro unguento armario. A testimoniare la nostra buona fede concorrono volta per volta i tanti esempi di coloro che sono stati frustamente guariti in forza dell’unguento. Satana non è mai sincero, giammai consiglia il bene o lo procura se non per intrappolare le sue sventurate vittime: la perseveranza a fini proficui in lui è d’effimera durata e maliziosa ed al proposito, nell’evenienza che la sua opera abbia generata qualche positivo effetto subito quel nemico del genere umano vi mescolerà una quantità superiore di male. Anche in relazione all’uso dell’unguento, se ne fosse realmente il creatore o quantomeno l’ispiratore, il demonio conserverebbe questa sua abitudine: talora cioè ridurrebbe l’efficacia di siffatta terapia, per esempio allo scopo d’ottenere che venga celermente trascinato negli inferi un qualche ferito che, trovandosi ancora in bilico di fronte all’eternità per qualche suo mortale peccato, senza alternativa d’estremo pentimento, con il sangue che emorragicamente fuoriesca da una gravissima lesione, sia sul punto d’ emettere il suo ultimo respiro. Sempre che tu, o censore di scuola gesuitica, non abbia sviluppato l’ardimento di sostenere che Satana stesso possa venir mosso a compassione del genere umano e che, acquisito oramai ogni diritto a riguardo del ferito di cui si va parlando, lo ponga personalmente sulla bilancia dei destini ambigui ed incrociati, magari curando per via dell’unguento magnetico chi al contrario preferirebbe morire. E tutto questo forse perché parco di parole e scrupoloso osservatore dei patti ormai a vostro giudizio Satana non sarebbe più millantatore, ingannevole, impostore, assolutamente menzognero? ma questo è fuori di ogni logica e noi rifiutiamo assolutamente questa supposizione come anche quella secondo cui il sangue fuoriuscito dalle vene possa risultare libero da morbi e malefiche influenze: pensiamo semmai che quel sangue finalmente esente di capacità vitale possa esser causa dell’inizio della rovina fisica di qualsivoglia essere umano. Talora da tale sangue si può all’opposto evolvere una sorta di forza vitale d’ordine mummiale: è per esempio questo il caso per cui dentro l’uovo nel sangue ivi imputridito sussiste un’energia magnetica. E così supero anche questa altra obiezione infarcita d’assurdità atteso che la forza magnetica dell’unguento può esser conferita solo da Dio Padre nostro: sì che nessun altro giammai può fletterne la possanza a propria libera volontà. RAGIONI POSITIVE DEL MAGNETISMO PIU’ OPPORTUNAMENTE ESPLICATE PER LINEA METAFISICA E MAGICA E’ adesso il momento di giustificare la causa basilare del magnetismo racchiuso nell’unguento. Ad unanime parere dei Teologi mistici, distinguiamo però in primo luogo l’uomo in esterno ed in interno, attribuendo ad entrambi questi aspetti delle proprietà intellettuali specifiche. In rapporto a tutto ciò possiamo ben dire che alla carne ed al sangue spetta una volontà peculiare che però, e propriamente, non è giammai da identificare con la volontà di Dio e tanto meno con quella dell’uomo. Il Padre Celeste in effetti rivela all’uomo alcune cose, ma si tratta sempre dell’uomo interiore: altre invece diversamente ne rivelano la carne ed il sangue pur se propriamente in relazione all’uomo materiale, cioè all’individuo esterno e materiale. E del resto in che maniera mai la servitù verso gli idoli pagani, l’invidia ed altre consimili malizie potrebbero essere elencate tra le categorie specifiche della carne (evolvendosi tutto ciò dalle facoltà immaginative?) se connesse alle proprietà della carne non sussistessero pure immaginazione e volontà elettiva? Non si può far a meno di confessare che sussistono estasi miracolose, proprie dell’uomo interiore: contestualmente bisogna anche riconoscere che risulta fuor di dubbio come, per l’intensa energia immaginativa, si verificano situazioni estatiche anche nell’uomo animale. Addirittura Martino Del Rio, sacerdote gesuita, nelle sue Dissertazioni sulla magia racconta di un fanciullo che, relegato in una città insulare, preso da intensissimo desiderio di vedere la madre, venne in un certo qual modo invaso da una sorta di frenesia, di maniera che, trascinato da una sorta d’estasi, la vide benché quella si trovasse lontano da dove lui si trovava molte miglia: poi, ripreso possesso delle sue facoltà mentali e quindi tornato pienamente in sé, diede prova d’aver consapevolezza e memoria di tutto quanto aveva visto e pure delle molte tracce che della sua presenza aveva lasciato accanto alla madre. Quasi ogni giorno si verifica una varietà di consimili cose, che al momento devo mettere da parte per esigenze di stringatezza. E’ pressoché certo che tutto ciò sia da collegare alle proprietà dell’uomo esterno, vale a dire delle componenti del sangue e del lato animale: e del resto l’anima, una volta resecata dal corpo materiale, giammai vi si riunisce, cooperando con esso, se non interviene un qualche evento mirabolante. Parlando in dettaglio è qui comunque doveroso rammentare che nel sangue risiede una qualche potenza estatica, la quale, una volta che sia stata eccitata da qualche passionale desiderio, anche per qualche oggetto che si trova lontano, è in grado d’accendere le energie dello spirito dell’uomo esteriore: parlando più specificatamente bisogna dire che quella possanza sta ben celata nell’uomo esteriore come in una sorta di stato di potenza che non si trasforma in atto fino a quando non risulta innescata da un’ eccitazione della forza immaginativa, da una qualche formidabile passione od ancora da una sorta d’ altre consimili proprietà emozionali.






















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SPAGIRICA, MEDICINA (SPAGIRIA): Il termine, trasmessoci da Paracelso deriva dal greco spao, "separo", ed agheiro, "riunisco" [PARACELSO, è pseudonimo di Filippo Teofrato Bombasto von Hohenheim (Einsiedeln, presso Zurigo 1493 - Salisburgo 1541) alchimista e filosofo tedesco, discepolo a Brema e dell’abate Tritemio. Studiò alchimia, chimica, mineralogia e coniò il suo nome dal medico latino Celso cui si ispirò in contraddizione a Galeno di cui pubblicamente bruciò le opere per testimoniare la sua discordanza dalla dominante linea tradizionalistica delle corporazioni mediche che da Ippocrate portava appunto a Galeno: secondo una tradizione, data per sicura da U. Weisser in una voce dell'Encyclopedia Iranica ma riferita con più prudenza da Siraisi [come ha scritto il Vercellin (p.38, nota 55)] nel 1527 a Basilea Paracelso avrebbe altresì bruciato pubblicamente il Canone di Avicenna dando inizio a quel periodo di disistima per le scienze arabo-musulmane, di ascendenza classica, che prese il via dal '500. Secondo Paracelso (che pur essendo cattolico praticante si occupava di astrologia ed esoterismo al punto da esser ritenuto un mago) l’Universo tutto risuonava (secondo la teoria d’un confronto perenne tra macro e microcosmo come specchi reciproci) in forza dell’Archeus, lo spirito vitale che avrebbe plasmato forme e forze ad ogni livello possibile del reale. Tra gli innumerevoli scritti attribuiti a Paracelso, ideatore della medicina spagirica, basti ricordarne alcuni, estremamente profondi e rivoluzionari editi dopo la sua morte, quali l’Opus paramirum del 1562, il Paragranum del 1565 ed il Volumen paramirum del 1575. ]
Se è innegabile una sua stretta coerenza allo stesso concetto di alchimia , le cui due operazioni fondamentali sono appunto la separazione (lat. solutio) e la riunione (lat. coagulatio) è altrettanto vero che le postazioni intellettuali in merito guardano spesso contestualmente ad una particolare distinzione.
Il punto di partenza della iatrofilosofia paracelsica, che ebbe poi modo di concretarsi nella medicina Spagirica, era quello tradizionale e, quindi, volto alla restaurazione della scienza di Asclepio redimendola dai gravanti ippocratico-galenici ed arabi che, a detta di Paracelso (Libellus Prologorum, cap. V), l'avevano immanentizzata separando le cause prime della malattie dalle sue cause seconde ("prime" e "seconde" stando ad intendere quelle attinenti il "destino" individuale e quelle fisicizzate).
Tradizionalmente, la medicina era una delle scienze che facevano parte di un corpo organico che considerava l' uomo come un piccolo universo (microcosmo), ed in cui essa era deputata al ristabilimento, ma soprattutto alla prevenzione, degli squilibri prima nel mondo delle cause e quindi in quello degli effetti, che si drammatizzano nella parte naturale di un organismo.
Le cause di questi squilibri, quindi, andavano ricercate ed ovviate in un campo a monte della sua stessa drammatizzazione, campo in cui né la ragione esclusivamente personalistica, né mezzi solamente fisici potevano investigare.
Anche per questo, nell'antichità la medicina era scienza sacra e tradizionale (di conseguenza sacerdotale), proprio perché il conoscere ed il ristabilire un equilibrio compromesso era considerato compito di chi aveva i mezzi e le possibilità di agire sulla causa prima, inerenti, diremo, l'anima dell' individuo.
Nella medicina Spagirica si può agevolmente ravvisare l'influenza del platonismo (un'opera platonica, in particolare, si presta ad un ineeressante paragone: il Timeo, dal cap. XXXIX al XLIV), anche in forza dell' influenza diretta dell' abate Tritemio da Spannheim e dell'opera di Nicolò Cusano; in piu casi il fatto è palmare.
Lo stesso non si può dire per Galeno (che si ricollega palesemente ad Ippocrate) o per buona paree dei medici arabi (fortemente influenzati dalla iatrofilosofia aristotelica ed ippocratica).
Proprio in vista di un'azione organica e complessiva, la iatrochimica paracelsica venne corroborata dall'azione di altre arti al fine di poter restaurare la potenza universale e generatrice (da Paracelso detta Archeus) che, a sua volea avrebbe agito sul complesso fisico e sulla degradazione dramatizzatasi in malattia.
La tecnica medica, in senso lato, dipese dalla concordanza era grande e piccolo universo (macro- e microcosmo, l'uomo) e, di qui, discese un'ulteriore teoria trasmessaci dal filosofo di Hohenheim: quella delle signature, cioeè delle carateeristiche archetipiche comuni agli stati normali e patologici dei tre mondi: minerale, vegetale cd animale, mondi presenti sia nell'universo sia nell'uomo.
Questo trimundio, nei suoi principi, venne definito come vereicalmente diviso in: zolfo, mercurio e sale.
I tre principi, quindi, ineragiscono anche nella compagine umana dove assumono le denominazione di sprito, anima e corpo.
Le valenze di questi tre principi sono poi suscettive di verificarsi secondo quattro piani: quello del fuoco, quello dell'aria, quello della terra e quello dell'acqua, che sono altresì i quattro noti elemenei della fisica di Empedocle.
Paracelso ebbe occasione di scrivere (nel Liber Paramirum, libro I cap. II) che il corpo dell'uomo non era altro che zolfo, mercurio e sale e che in queste tre cose risiedevano talune malattie ed ogni cosa aveva rapporto con esse.
Il medico, considerava altrove Paracelso, doveva aver appreso prima di tutto che 1'uomo poteva esser composto di tre sostanze e che queste tre cose costituivano l'uomo nella sua totalità ed erano l'uomo stesso.
Di qui la necessità, per il medico S., di conoscere quali fossero la loro composizione e la loro divisione; infatti era innegabile la costituzione della malattia in: peso, numero e misura; di conseguenza era dovere del medico lo stabilire i fondamenti da cui le cose avevano origine, i "principi" delle cose.
La medicina Spagirica, invero, sosteneva che da quelle tre sostanze si producevano tutte le cause e conoscenze relative alle malattie, ed anche i segni e le proprieta di quanto doveva esser conosciuto dal medico.
Era dunque necessario e fondamentale lo studio approfondito dei tre principi e l'esame accurato delle loro specifiche proprietà, cioè quali fossero e come portassero agli stati patologici o li guarissero.
Da qui procedendo, la medicina Spagirico, attraverso ragione e sperimentazione ( latinamente ratio et experimenta), s'occupava altresì della preparazione di rimedi attraverso l'uso dell'antica scienza alchemica.
La dottrina tramandataci da Paracelso ebbe, nei secc. XVI e XVII, una forte espansione, conoscendo molti seguaci tra i quali, come è d'uso per dottrine di difficile comprensione, molti mistificatori.
Comunque, la medicina S. diede grande ed essenziale impulso alla vera e propria iatrochimica (chimica medica) dando l'abbrivio all'introduzione nella farmacologia di medicinali preparati in forma di alcooliti, estratti, tinture, ecc.
Il maggior successo della medicina Spagirica s'ebbe in Germania anche se in Italia, Francia ed Inghilterra non pochi furono coloro (medici o ciarlatani) che s'inserirono in quest'ottica pur cercano d'armonizzarla con la medicina ippocratico-galenica cd araba.
Principale, tra questi, Roberet Fludd , inglese, quindi Johann Baptista Van Helmont, belga, Francesco de la Boe, tedesco, Michelangelo Sinapio, polacco, Leonardo Fioravanti, italiano, Andreas Libavius, tedesco (importance per i suoi studi sulle acque minerali).
La scuola iatrochimica fu anche essenziale allo sviluppo di molte altre metodologie nel campo della farmacologia, ed ancor oggi sia la medicina S. sia la iatrochimica di stampo paracelsico vengono praticate, pur essendo inserite nell'ottica della moderna medicina.
Anche la filosofia che informò la detta medicina Spagirica sea oggi conoscendo un' inattesa rivalutazione, sempre e comunque in armonizzazione con la medicina galenica cd araba, armonizzazione che, peraltro, già vollero gli epigoni di Paracelso.
bibliog.: F. STRUNZ, Theophrastus Paracelsus, Lipsia 1937: il testo qui proposto è stato desunto da GDE, U.T.E.T., vol.XIX, curatore del lemma Maurizio Barracano)