cultura barocca
Informatizzazione di B. E. Durante Vedi l'immagine completa, ingrandita e con altre figurazioni qui nel testo digitalizzato del Bartholin

Di Attila ferino e dal nome di Canrac (personaggio sospeso tra storia e leggenda, persino tra esoterismo e demonologia di cui si interessarono molti antiquari tra cui T. Bartholin ed Angelico Aprosio) scrisse Iuvencus Cellius Celianus in un manoscritto conservato presso Lorenzo Pignoria mentre di Attila nato da una vergine e da un cane scrisse un Roccus Arminensis Patavinus.
Assai meno drammatica fu in effetti la descrizione più attendibile, cioè quela della fonte principale di informazioni su Attila costituita da Prisco di Panion, uno storico che viaggiò con Massimino in un'ambasciata mandata da Teodosio II nel 448 che, descritto il villaggio che i nomadi Unni avevan costruito e in cui si eran insediati come una grande città dalle solide mura di legno, pure descrisse lo stesso Attila in questo modo: Basso di statura, con un largo torace e una testa grande; i suoi occhi erano piccoli, la sua barba sottile e brizzolata; e aveva un naso piatto e una carnagione scura, che metteva in evidenza la sua origine.
Non deve però stupire che Iuvencus Cellius Celianus e che Roccus Arminensis Patavinus, vista l'area di appartenenza, possano averlo descritto quale una sorta di "Mostro" se non di "Demone" attesa la perdurante eco che, in Italia del Nord-Est, ebbe la distruzione che Attila e gli Unni fecero della un tempo florida e potente Aquileia, nodo viario e commerciale assai famoso ed in relazione con una miriade di centri fra cui Ventimiglia Romana .
Attila è del resto conosciuto nella storia occidentale e nella tradizione come il "Flagello di Dio", e il suo nome è diventato, non correttamente, sinonimo di crudeltà e barbarie: a questa fama ha certo contribuito il fatto che la sua figura sia stata nel tempo assimilata a quella di altri condottieri della steppa: Mongoli come Genghis Khan e Tamerlano, noti come signori della guerra abili in combattimento, crudeli e sanguinari, e dediti al saccheggio ma non è nemmeno da trascurare come Attila sia entrato nell' "immaginario collettivo interagendo con il tracollo di un Mondo Antico, quello dell'Impero di Roma, ritenuto immutabile" sì da assumere i connotati del "nemico per eccellenza", vale a dire del Demonio che porta distruzione e rovina nel Mondo civile un po' alla stregua di come molto tempo dopo Annio da Viterbo nelle sue famose prediche genovesi nell'anno della paura (marzo 1480) invocando una "Crociata contro i Turchi" andava proponendo l'equazione Maometto = Anticristo (poi teologicamente confutata da B. Pereira)

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Gli Unni all'epoca di Attila avevano avuto modo di interagire con la civiltà romana, principalmente tramite i Germani che abitavano al confine tanto che Prisco, all'epoca dell'ambasciata di Teodosio nel 448, identificò il gotico, l'unno ed il latino come i tre principali idiomi del popolo di Attila. Prisco riferisce anche di un suo incontro con un prigioniero romano che si era così integrato nello stile di vita degli Unni da non voler più ritornare a casa, ed il resoconto che lo storico fa di Attila, della sua semplicità ed umiltà è chiaramente intriso di ammirazione. Il contesto storico in cui Attila visse fu determinante per la sua immagine pubblica, così come si venne a creare in seguito: nell'epoca di declino dell'Impero d'Occidente i suoi conflitti con Ezio (spesso chiamato "l'ultimo dei Romani") uniti alla esoticità della sua cultura, favorirono l'immagine del barbaro feroce e nemico della civiltà che è stata rappresentata in seguito in innumerevoli opere d'arte. Le saghe epiche in cui egli appare ci danno invece un'immagine più sfumata: un nobile e generoso alleato, come l'Etzel dei Nibelunghi, o il crudele Atli della Saga Volsunga e dell'Edda poetica. Alcune storie nazionali comunque lo dipingono sempre in modo positivo: in Ungheria i nomi di Attila e della sua seconda moglie Ildikó sono tuttora comuni. Sullo stesso piano si inserisce l'opera A láthatatlan ember (pubblicata in inglese come Slave of the Huns) dell'autore ungherese Géza Gárdonyi, ampiamente basata sull'opera di Prisco, che fornisce un'immagine di Attila come capo saggio ed amato.
Il nome "Attila" sarebbe, secondo alcuni, di origine germanica. "Attila" in lingua gota (i Goti partecipavano alla confederazione di genti guidata da Attila) significherebbe "piccolo padre" (atta: "padre" più il suffisso diminutivo -la) ed "Attila" fu un nome usato dai germani.[senza fonte] Anche in turco "atta" significa "padre" e si noti che pure in ungherese "padre" si dice atya.
Attila compare nelle letterature sia germaniche sia scandinave. L'opera più nota in cui compare come personaggio è il Nibelungenlied (la saga dei Nibelunghi), in cui compare con il nome di Etzel, ed in cui diventa il secondo marito di Crimilde, che lo sfrutta per vendicarsi degli uccisori del primo marito Sigfrido. In un feroce banchetto gli Unni di Attila uccideranno tutti i Burgundi, guidati da Gunther e da Hagen (l'uccisore di Sigfrido). Questi ultimi, presi prigionieri, saranno poi uccisi da Crimilde stessa.
Shelley Klein; Miranda Twiss, I personaggi più malvagi della storia, Ariccia, Newton & Compton Editori, 2005, pp. 81-91.
Nella letteratura scandinava Attila è ricordato nel poema epico norreno La ballata di Hloth e Anatyr, in cui è indicato come Hotli e nella più ampia Saga di Hervoir, in cui sono riproposte anche le tragiche nozze con Gudrun (Crimilde) risultando figura importante anche per i carmi eroici che concludono l'Edda poetica.
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Non fu improvvisa la comparsa degli Unni in Europa nel Quarto Secolo, e loro non erano interessati al continente finché nel 361 i Romani li invitarono a stabilirsi in Pannonia. Kama Tarkhan era un loro re-antenato leggendario, ed il nome non appare correlato a nessun sovrano Xiongnu. Se questo mitico re è esistito, il suo reame si estendeva dalle steppe di Kuban fino alla Battriana.
La calata delle orde nomadi degli Unni sulle pianure dell'Ucraina e della Bielorussia avvenne tra il 374 ed il 376 e si concretizzò come il classico "Effetto domino": vennero travolti dapprima Sarmati, Alani, Ostrogoti, Sciri, Rugi (Battaglia del fiume Erac) e, quindi, Visigoti, Eruli, Gepidi, Burgundi, Franchi, Svevi, Vandali ed Alamanni, i quali tra il 378 ed il 406 si abbatterono in massa sull' Impero Romano d'Occidente, disintegrandolo nel giro d'una settantina d'anni e creando, al suo posto, i regni romano-barbarici. Nel frattempo un gruppo di Unni misto ad Avari, a Turchi e a Bulgari, staccatosi dall'orda principale, aveva messo a ferro e fuoco l'Impero Sasanide di Persia, stanziandosi nelle regioni comprese tra il Lago Balkash ed il Fiume Indo, ed invadendo l'India stessa.
Nel V secolo gli Unni costituirono un regno nell'Europa centrorientale, e come gli orientali Xiongnu, incorporarono gruppi di popolazioni tributarie. Nel caso europeo, Alani, Gepidi, Sciri, Rugi, Sarmati, Slavi e specialmente le tribù gotiche, vennero tutti uniti sotto la supremazia militare della famiglia degli Unni. Guidati dai re Rua, Attila e Bleda, gli Unni si rafforzarono molto. Attila (406-453) apparteneva alla famiglia reale. Nel 432 gli Unni avevano un tale potere che lo zio di Attila, il re Rua, riceveva un consistente tributo dall'impero. Ottennero la supremazia sui loro rivali, molti dei quali altamente civilizzati, grazie alla loro abilità militare, mobilità e ad armi come l'arco Unno.
Attila, che succedette allo zio, dapprima regnò con il fratello Bleda, ma nel 445 lo fece uccidere, unificò le tribù unne e, ponendosi alla loro guida, nel 447 avanzò nell'Illiria devastando gran parte dei territori tra il mar Nero e il mar Mediterraneo e costringendo gli abitanti a prestare servizio nel suo esercito. Nel 447 sconfisse l'imperatore bizantino Teodosio II, ma non riuscì a espugnare Costantinopoli poiché il suo esercito non era esperto nelle tecniche d'assedio. Tuttavia, Teodosio fu costretto a cedere parte del territorio a sud del Danubio e a pagare agli Unni un tributo annuale.
Un contingente di Ostrogoti (goti orientali) fu costretto ad arruolarsi nell'esercito unno e nel 451 Attila invase la Gallia. Nella battaglia dei Campi Catalaunici (situati tra Châlons e le Argonne) subì una sconfitta da parte dell'esercito romano guidato dal generale Flavio Ezio che, alleato con i Visigoti (goti occidentali), a loro volta guidati da Teodorico I (419-451), costrinsero gli Unni a ritirarsi fino al Reno.
Nel 452, Attila, ancora sotto gli effetti della pesante sconfitta, invase l'Italia saccheggiando e distruggendo Aquileia, Milano, Padova e altre città, il suo esercito era però decimato da fame e malattie. In Italia, infatti, stava infuriando un'epidemia di colera e di malaria e la Pianura Padana non era in grado di dar sostentamento all'orda barbarica. Attila, a sua volta debilitato e temendo l'arrivo di aiuti dall'Impero di Oriente, accettò la tregua propostagli da un'ambasceria di Valentiniano III, guidata dal Papa Leone I che gli andò incontro presso il Mincio.
Attila morì nel 453 mentre stava preparando una nuova invasione dell'Italia. La causa del decesso pare esser attribuibile ad un'emorragia cerebrale (in base a quanto attestato dai cronisti del tempo, ripresi dal goto Jordanes (500 - 570), Attila era soggetto a sanguinamenti), occorsa durante la notte in cui sposò la principessa Krimhilda, abbreviato poi con Ildiko. Venne sepolto un paio di giorni dopo non lontano dalla capitale del suo regno (in realtà un campo trincerato in legno) nella pianura ungherese. Il suo corpo venne posto in tre sarcofagi: il più interno in legno, racchiuso da un secondo in argento puro e da un terzo in oro massiccio. Lo seguirono nella tomba tutte le sue ricchezze, il suo cavallo, le mogli, i servi ed anche gli schiavi che scavarono la fossa, per precauzione, dimodoché nessuno fosse in grado di rivelare il luogo esatto della sepoltura (... "Ed un silenzio di morte avvolse il sepolcro la notte medesima, accomunando allo stesso tempo il morto ed i becchini", ebbe a scrivere Jordanes).
Durante l'invasione dell'Italia gli abitanti di Aquileia si rifugiarono sulle isole, paludi e lagune affacciate sull'Adriatico dando luogo all'insediamento che divenne in seguito la città di Venezia.
Le lotte per la successione, seguite alla morte di Attila, dissolsero la potenza degli Unni. I Gepidi guidati da re Ardarico, spezzarono infine il potere degli Unni nella Battaglia del fiume Nedao (454).
La memoria dell'invasione degli Unni è stata trasmessa oralmente fra le tribù germaniche, ed è una componente importante nella Völsunga Saga e Hervarar Saga, in norvegese antico, e nel Nibelungenlied, in antico germanico. Tutte ritraggono gli eventi di questo periodo di migrazioni, avvenute circa un millennio prima della loro trascrizione. Nella Hervar Saga, i Goti hanno i loro primi contatti con gli arcieri unni, e si incontrano in un'epica battaglia sulle rive del Danubio. Nella Völsunga Saga e in Nibelungenlied, re Attila (Atli in Norvegese e Etzel in Germanico) sconfigge il re franco Sigisberto I (Sigurðr o Siegfried) e il re burgundo Gontran I (Gunnar or Gunther) ma è successivamente assassinato dalla regina Crimilde (Gudrun o Kriemhild), sorella di quest'ultimo e moglie di Attila.
[Da "Wikipedia - enciclopedia libera on line"]




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