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La documentazione più diretta della salvaguardia di Ventimiglia e territorio dal contagio della micidiale peste del 1656/'57
[ di cui anche parlò da testimone oculare Aprosio all'epoca in Genova e contro la quale a nessuno, di qualsiasi ceto sociale, pareva esservi riparo, a differenza che nel precedente contagio, nemmeno all'uso praticato dai benestanti con discreto successo rifugiandosi in ville isolate, in aree di villeggiatura, ben difese da guardiani armati al punto che sulla sua estrema drammaticità nemmeno mancò una disperata descrizione letteraria sì che qui giova rammentare (ringraziando della segnalazione il Sig. Claudio Camerlenghi) un autore ricordato nella sua Silloge di scrittori liguri dal Soprani che lo giudicò nativo di Sestri Ponente vale a dire
Giuliano Rossi ma noto qual letterato sotto lo pseudonimo di Todaro Conchetta
che poco prima di morire come tanti per il contagio ne descrisse un quadro terrifico, giungendo a reputarla una sorte di punizione divina per i peccati degli uomini, in una sua composizione, quasi a guisa di poemetto in dialetto genovese, intitolata Invention dra Peste (ovvero "Descrizione della Peste": leggibile in testo originale e in traduzione italiana sul bellissimo sito di Alessandro Guasoni ) ]
deriva dal II bibliotecario dell'Aprosiana vale a dire
D. A. GANDOLFO
Di storia più recente furono i contagi settecenteschi di vaiolo e soprattutto di COLERA, contro i quali parimenti si attivò il sistema difensivo delle torri, dei rastrelli, delle patenti di sanità ecc. oltre che l'uso di una precisa mappa delle ripartizioni di Sanità, con l'indicazione degli uomini preposti ai luoghi di controllo (specie sul mare), che per ordine della Signoria di Genova il cartografo colonnello Vinzoni, circa a metà '700, avrebbe perfettamente delineato nel suo bellissimo e completo Atlante di Sanità.
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