infor. B. Durante

"La scoperta di un ciclo di pitture erotiche di età neroniana tornato alla luce nel corso dello scavo condotto nelle TERME SUBURBANE DI POMPEI [VII regio della città campana] ha riproposto in una nuova luce il problema delle tessere erotiche o SPINTRIAE.
Infatti nello spogliatoio (apodyterium) del complesso termale, si è scoperto un gruppo di scene erotiche riproducenti amplessi tra coppie etero ed omosessuali, ma anche accoppiamenti fra tre o quattro personaggi, raramente rappresentati nell'arte erotica romana. L'elemento ancora più singolare è che le scene sono raffigurate al di sopra di elementi rettangolari simili a SCATOLE [come si vede nell'immagine sopra] ognuno dei quali contrassegnati da un numero progressivo da I a VIII [di cui si vede la sequenza sulla parete occidentale dello spogliatoio in questa IMMAGINE].
Sulla parete est dello stesso ambiente si conserva parte di altre otto "scatole" contrassegnate con i numeri da IX a XVI, mentre le scene erotiche ad esse collegate sono andate perdute per il crollo dell'intonaco durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
La mancanza di confronti con altre pitture erotiche correlate con numeri induceva a rivolgersi verso le cosiddette spintriae, che costituivano l'unico materiale di raffronto possibile.
L'analogia diventava ancora più stringente dal momento che sia le spintriae sia le scene erotiche delle Terme Suburbane sono numerate, da I a XVI.
In un primo momento questa circostanza aveva fatto pensare ad una connessione con un gioco non altrimenti noto da cui entrambi questi materiali avrebbero tratto ispirazione, ma l'analisi metallografica delle tessere rivelava che esse vennero coniate nella zecca di Roma, e dunque erano prodotti "ufficiali", e non potevano assolvere l'uso di tessere da gioco private.
Nonostante dunque a tutt'oggi l'analogia tra i numerali che contrassegnava le pitture e le spintriae appaia del tutto casuale, pure il confronto è stato proficuo perché è servito ad analizzare in maniera del tutto diversa non solo le spintriae, ma anche le tessere numerali in bronzo con scene diverse.
E' stato dunque avviato uno studio condotto da Rodolfo Martini e dalla scrivente, che partendo dagli esemplari custoditi presso il Medagliere delle Civiche Raccolte Numismatiche di Milano si è allargato al maggiori Musei europei, raggiungendo e documentando fino a questo momento un totale di circa 800 esemplari.
Dallo studio - peraltro ancora in corso - di questo materiale sono emersi alcuni dati fondamentali. In primo luogo l'impossibilità di separare lo studio delle tessere erotiche da quello delle tessere con scene diverse, per le indiscusse affinità tecniche (impiego degli stessi conii) e morfologiche; in secondo luogo la convinzione che la funzione di questi oggetti non sia diversificata in base alla raffigurazione incisa; infine il riconoscimento del numerale quale elemento significante, e delle scene come elemento accessorio e casuale.
Queste teorie contraddicono quanto generalmente accettato sull'uso di questi oggetti.
Infatti le ipotesi più accreditate tendono a separare le tessere erotiche da quelle con raffigurazioni diverse.
Per quanto riguarda le spintriae l'ipotesi più diffusa è che costituissero una sorta di contromarca, con un ben preciso valore economico - espresso in assi - da utilizzare nei postriboli dove, secondo una notizia di Svetonio (Vita di Tiberio LVIII) non altrimenti confermata, non potevano essere utilizzate monete con l'effigie dell'imperatore [l'autrice si muove comunque con attenzione su questo terreno oscuro, sia per quanto concerne le spintriae sia, indirettamente, in merito alla sua interpretazione degli affreschi dello spogliatoio delle terme suburbane pompeiane e, come si vede concluderà con giudiziosa precauzione il suo affascinante DISCORSO]
Per le tessere con raffigurazioni diverse le opinioni sono più varie. Secondo alcuni studiosi avrebbero anch'esse valore di contromarca, da cambiare in beni vari, ma non si esclude un uso lusorio, o di segnaposto.
L'analisi compiuta ha tenuto presente che nell'antichità molti oggetti avevano un uso che prescindeva dalla raffigurazione rappresentata.
Un esempio per tutti è dato dalle lucerne, il cui uso non variava a seconda della scena raffigurata sul disco, né questa aveva alcuna attinenza con la funzione dell'oggetto, ma rispondeva solo alla moda del momento e ai gusti dei committenti.
Così pure per le gemme, per i medaglioni applicati su vasi, specie quelli diffusi nella metà del II secolo d.C. nella valle del Rodano, o per le raffigurazioni vascolari.
Più complesso ed articolato è al contrario l'impiego delle pitture, dove era espressamente consigliata la congruenza fra ambiente e scena raffigurata.
Lo studio delle tessere inoltre ha messo in evidenza le strette relazioni iconografiche con altri materiali quali gemme, oggetti di oreficeria, specchi bronzei, dischi di lucerne e medaglioni in rilievo di terracotta, i quali, anche per forma e dimensioni si accostano di più al materiale numismatico.
Le spintriae
Le immagini erotiche raffigurate sulle tessere [specificatamente sulle tessere bronzee numerali imperiali] sono sostanzialmente simili ad altre rappresentazioni del genere riprodotte con poche varianti su oggetti diversi.
Questa generale standardizzazione dimostra che il contesto di gran parte delle immagini erotiche ellenistico-romane si può far risalire essenzialmente ad uno stesso repertorio di modelli, il cui veicolo concettuale e testuale era costituito da cataloghi erotici di epoca ellenistica, molto diffusi nel mondo greco e romano.
Sia Buttrey sia Simonetta-Riva hanno operato una classificazione delle spintriae: il Buttrey ha individuato tredici tipi, mentre Simonetta-Riva ne hanno distinti quindici.
Il tipo di classificazione operato dalla scrivente e da Martini si è basato invece sulle diverse figurae Veneris che si è cercato di individuare attraverso la letteratura e le fonti antiche.
Questa classificazione riduce a soli otto tipi le scene erotiche, rendendo più agevoli i confronti con altre rappresentazioni del genere; essa ha inoltre il vantaggio di aderire ad un criterio di classificazione più conforme a quello operato dagli antichi stessi.
Il gruppo più numeroso è costituito da scene di coitus a tergo variamente raffigurato. Il primo tipo (Riva-Simonetta, tipo 1; Martini-Jacobelli, tipo Ia) presenta una coppia eterosessuale posta su un letto con alta spalliera. Letti del genere sono stati ritrovati ad Ercolano, e sono raffigurati in alcuni rilievi funerari.
Generalmente si ritiene che fossero letti per dormire (cubiculares), piuttosto che per mangiare (triclinares). Il loro uso è particolarmente diffuso in epoca giulio-claudia. La donna è a destra, piegata sul letto, e sembra indossare solo uno strophium o fascia pectoralis. L'uomo, dai muscoli pettorali ben disegnati, è inginocchiato dietro di lei e regge nella mano destra protesa una sorta di 'bacchetta' ingrossata alla estremità - in alcuni esemplari questo attributo manca.
A1 di sotto del letto sono rappresentati alcuni oggetti (da sinistra a destra): una brocca, un cratere, uno sgabello.
Spesso nelle raffigurazioni erotiche si trovano raffigurati oggetti al di sopra o a fianco del letto.
Essi servono per inquadrare meglio la scena. La brocca ed il cratere si trovano spesso associati e sembrano alludere alla mescita del vino in un ambiente triclinare o in una stanza da letto. I1 basso sgabello trova riscontri in immagini pittoriche ove assolve alla funzione di poggiapiedi ( subsellium) per poltrone o letti triclinari, oppure per agevolare la salita sui letti.
Più problematica appare l'interpretazione dell'attributo che l'uomo ha in mano. E' da escludere che si tratti di uno strumento di offesa.
Nell'arte romana - a differenza di quella greca - non si riscontrano raffigurazioni di violenze sessuali, se non ad opera di esseri mitologici di natura ferina quali satiri e fauni.
E' più probabile quindi che l'oggetto servisse a connotare precisamente il personaggio maschile.
Oggetti del genere vengono raffigurati nelle mani di militari, littori, gladiatori, lottatori ed arbitri sportivi.
Probabilmente dunque la scena aveva un valore umoristico, permettendo il riconoscimento del personaggio colto in una situazione erotica. Sui diciotto esemplari fin ad ora reperiti, quindici recano sul retro il numerale II preceduto dalla lettera A separata da un punto (A II). Tre esemplari hanno il numerale VIII, e tra essi l'esemplare di Vienna potrebbe essere un falso.
Un gruppo consistente è costituito da una raffigurazione di coitus a tergo (Simonetta-Riva, tipo 4; Martini-Jacobelli, tipo Ib) che trova numerosi confronti sia in pittura sia in ceramica, a conferma del grado di popolarità del tipo.
La scena si svolge all'interno di un'alcova di cui viene annotato il comfort domestico (letto, cuscini, coperta, tendaggi oggetti d'arredo). L'uomo, coronato e con mantello dietro le spalle, è inginocchiato su un letto dai piedi torniti e coperta ricadente. Ha il braccio destro steso in avanti.
In alcuni esemplari particolarmente ben conservati (Wien, KM 32722 e 32718) sembra che sollevi il lembo di un velo oppure di una coperta; entrambe le azioni sono peraltro comunemente raffigurate in altre scene erotiche (figure 9-10). La donna, puntellata sul gomito destro, reca nella mano corrispondente un oggetto, forse una coppa per bere.
Soprattutto in medaglioni della valle del Rodano, le protagoniste di scene erotiche recano spesso in mano oggetti quali lucerne e specchi, mentre in un affresco erotico di Pompei, ora perduto, una coppia sembra eseguire un numero erotico acrobatico, tenendo in mano dei bicchieri colmi di vino. Al di sotto del letto sono visibili alcuni oggetti, così come nella scena precedente. In questo caso a destra è visibile una brocca (da cui forse la donna ha attinto la sua bevanda), e a sinistra sembra essere accovacciato un personaggio, forse uno schiavo cubicularius che spia gli amanti, come accade in una scena raffigurata su un lato della Coppa Warren.
Un altro gruppo cospicuo di spintriae (attualmente la raccolta documentaria ha raggiunto e documentato circa una quarantina di esemplari) presenta una coppia impegnata in un coitus a tergo (Simonetta-Riva, tipo 6; Martini-Jacobelli, tipo Ic).
A sinistra è un uomo inginocchiato su un letto di cui sono visibili i quattro piedi torniti e la coperta ricadente. La donna è semisdraiata di spalle, puntellata sul gomito destro, le gambe unite e leggermente sollevate, in una posa piuttosto insolita ed innaturale, che trova però confronto con scene riprodotte su dischi di lucerna e su un vasetti portaprofumi. In alcuni esemplari (per esempio: Glasgow, HM 6 e 8; Milano 21 e 23; Wien, KM 32715, 32744 e 32741) essa ha in mano una ghirlanda, come quelle usate per adornarsi il capo durante i banchetti. In alto, sulla coppia, compare un'altra ghirlanda. Sulla sinistra del letto è un candelabro con una lucerna accesa. E' questo un dettaglio particolarmente interessante e riscontrabile in altre raffigurazioni con scene di sesso. Infatti la lucerna riveste un ruolo importante nella letteratura erotica romana, dimostrando quanto contasse nell'immaginario degli antichi la stimolazione visiva durante gli incontri amorosi.
In particolare i poeti elegiaci, con il loro atteggiamento trasgressivo, inneggiano alla violazione di una serie di tabù, come quello di fare l'amore al buio.
Secondo Orazio (Saturae, II, 7, 48), tenere la lampada accesa durante il rapporto sessuale era un comportamento da prostitute.
Anche nell'Antologia palatina (V, 7;8;128;166) soltanto i libertini hanno come testimone dei loro piaceri la lampada accesa.
In una satira Marziale accenna al tema della lampada che rischiara gli incontri amorosi (XII, 43), ed in un'altra è proprio la stessa lucerna cubicularis a parlare e a rendersi complice silenziosa di tutto ciò che illumina (XIV, 39).
Pone invece notevoli problemi di interpretazione la scena presente sui trenta esemplari sinora reperiti (Simonetta-Riva, tipo 13; Martini-Jacobelli, tipo IIa).
La raffigurazione mostra un uomo in primo piano volto verso il compagno alle sue spalle. Il partner in alcuni casi è indiscutibilmente femminile (per es. Copenhagen, NM o Wien, KM 32757), mentre in altri casi (per es. Milano, RAN 25, 30, 35; Wien, KM 32758) sembra trattarsi di un ragazzo. In altri materiali ove viene riprodotto questo tipo di posizione sessuale, si trovano indifferentemente rappresentati sia uomini che donne. In particolare su vasi di ceramica aretina si trovano raffigurate in assoluta equivalenza sia scene d'amore "omosessuale" sia "eterosessuale".
Per l'artista bastava rimuovere o aggiungere il seno o il pene per realizzare scene d'amore uomo-uomo o uomo-donna, a seconda del gusto o della richiesta del committente.
Anche su una fiaschetta portaprofumi in vetro cammeo proveniente dalla Spagna, databile all'età augustea, su un lato viene raffigurata una scena di accoppiamento fra un uomo ed una donna, sull'altro una scena d'amore tra un uomo ed un ragazzo.
Probabilmente la stessa cosa è ipotizzabile in questo tipo di tessera, anche se lo stato di conservazione non ottimale dei pezzi e la ridotta dimensione delle "spintriae" non conferma a tutt'oggi completamente questa ipotesi. In ogni caso, comunque, la scena raffigurata sembra essere più un preliminare di una scena d'amore che un accoppiamento. La posizione del partner in secondo piano - sia che si tratti di una donna, sia di un ragazzo che in rapporti "omosessuali" non assume mai un ruolo attivo - fa escludere che si tratti di un coitus a tergo.
Molto simile alla scena analizzata è un gruppo di altre sedici tessere (Simonetta-Riva, tipo 13; Martini-Jacobelli, tipo IIb) che ha come variante la posizione del personaggio in primo piano - con il busto più eretto che nel tipo precedente - e del personaggio alle spalle - che sembra essere in piedi fuori della kline .
Anche in questo caso sussistono le stesse perplessità circa il sesso dei personaggi raffigurati. In un esemplare della collezione Gnecchi sembra che in primo piano sia raffigurata una donna, mentre in un'altra del British Museum un personaggio maschile.
Un altro gruppo di tessere presenta una coppia su un letto che si guarda teneramente (Simonetta-Riva, tipo 12). La donna è in primo piano, puntellata sul gomito sinistro, con le gambe leggermente sollevate. Alle sue spalle è una figura maschile visibile solo nella parte superiore del corpo; il suo ginocchio è visibile tra le gambe della compagna. Scene simili sono riprodotte su dischi di lucerna, pittura e ceramica.
Un gruppo piuttosto cospicuo è rappresentato da scene in cui il personaggio femminile è seduto sul compagno, nella posizione definita dagli antichi Venus pendula (Apuleio, Metam. , II, 17, 4) o mulier equitans (Aristofane, Lys., 677 = ippicotaton).
Nell'arte erotica romana questa posizione è raffigurata frequentemente e riprodotta con numerose varianti in pittura, scultura, ceramica e stoviglieria di lusso. Anche le tessere presentano alcune varianti di questo tipo di schema.
Nel primo tipo (Simonetta-Riva 2) la coppia è su un letto ad alta spalliera al di sotto del quale è uno sgabello per facilitare la salita (figure 3, 5). L'uomo è semisdraiato sulla sinistra, mentre la donna è seduta su di lui in posizione frontale, secondo una modalità iconografica molto diffusa nell'arte erotica romana. Sull'altro lato della tessera compare sempre il numerale IIII, preceduto dalla lettera A.
L'altro numeroso gruppo è costituito da tessere in cui una coppia è sul letto (Simonetta-Riva, tipo 14; Martini-Jacobelli, tipo IVa): il partner maschile è a destra, appoggiato con il gomito sul cuscino, ed il braccio destro piegato sul capo, secondo un gesto spesso associato al piacere sessuale. La donna è seduta su di lui, ma in questo caso essa lo stimola sessualmente con la mano sinistra (la mano "impura" deputata alla masturbazione: si veda Ovidio, Ars amat. II, 706, 614; Marziale IX, 41), in una fase preliminare al rapporto erotico.
Come già ribadito più sopra, il tipo di posizione raffigurata, con la donna seduta sul compagno, è molto comune nell'arte erotica romana, ma non è escluso che, anche in altri casi, più che di un rapporto sessuale la scena riproduca un preliminare erotico.
L'ultima variante è costituita da un gruppo di dodici spintriae raffiguranti un tipo di accoppiamento definito " pendula aversa " o " equis aversis " (Ovidio, Ars amat. , III, 786), perché la partner femminile è seduta sull'uomo, ma gli volge le spalle (Simonetta-Riva, tipo 5). Anche questa variante è ampiamente attestata in pittura e ceramica.
Una tipologia di accoppiamento amoroso molto diffuso su materiale erotico romano e quella raffigurata in un gruppo numeroso di spintriae, e noto in diverse varianti.
Il tipo più diffuso (Simonetta-Riva, tipo 7; Martini-Jacobelli, tipo IIIa) riproduce una donna semisdraiata su letto, con la gamba sinistra poggiata sulle spalle del compagno, che si trova in piedi fuori dalla kline. L'uomo regge la gamba destra della campagna. Tale modalità di rapporto sessuale è rappresentata piuttosto frequentemente, ed è confrontabile con pitture, lucerne, ceramica sigillata, gemme e vasi a medaglione della valle del Rodano.
Una variante numerosa è costituita dal tipo (Simonetta-Riva 9) in cui l'uomo è inginocchiato su letto e un'altra in cui la donna è sdraiata e l'uomo in ginocchio su kline (Simonetta-Riva 8). Anche queste 'varianti' sono ben attestate in pittura e ceramica.
Tra le spintriae infine c'è da annoverare un gruppo piuttosto consistente che riproduce una scena di fellatio.
A destra è un uomo seduto su kline, il braccio sinistro poggiato su un alto cuscino, il braccio destro piegato su1 capo in un gesto già riscontrato su altre spintriae (cfr. supra). A sinistra, sul bordo del letto, è seduta una donna. La gamba destra è allungata, la sinistra piegata leggermente indietro, il busto reclinato in avanti nell'atto della fellatio. All'estremità sinistra sembra essere stato raffigurato il vano di una porta.
Le scene di fellatio o coito orale non sono molto diffuse nell'arte erotica romana, probabilmente perché gli antichi esprimevano un intenso disprezzo circa i rapporti orali, e spesso la fellatrix veniva associata alla prostituta di infima categoria.
Nondimeno raffigurazioni del genere sono visibili su dischi di lucerne
e medaglioni della valle del Rodano, mentre in pittura, tra i pochi confronti possibili, e una scena del ciclo erotico nelle Terme Suburbane di Pompei.
"Tessere con raffigurazioni diverse
Tra le tessere con raffigurazioni non erotiche, oltre al numeroso gruppo con ritratti imperiali, esiste una serie di scene con raffigurazioni diverse.
Questo gruppo pone problemi anche più complessi di quelli già affrontati per le tessere erotiche.
Le tessere con scene diverse, infatti, oltre alla ricorrente difficoltà della corretta interpretazione della raffigurazione, pongono anche il problema delle falsificazioni antiche e rinascimentali.
Tredici tessere, tutte riproducenti su un lato il numerale I preceduto dalla lettera A, presentano sul lato opposto un satiro con tirso poggiato sulla spalla sinistra, che cavalca stancamente un mulo con grosso campanaccio al collo.
La scena è da collocarsi in ambito dionisiaco, sia per la presenza del tirso portato dal personaggio, sia per la presenza del mulo, animale caro a Dioniso e spesso raffigurato in contesti di vendemmia, o cavalcato da satiri o da Dioniso stesso.
Ancora ad un ambito dionisiaco potrebbe ricondurre un altro gruppo di tessere numerali che presenta una scena di pigiatura dell'uva e, sul lato opposto, il numerale XVI preceduto dalla lettera A. Fra tralci di vite sono due personaggi maschili affrontati, che si tengono allacciati per mano come in un passo di danza. Essi calpestano l'uva traboccante in un alto tino con canale di fuoriuscita del mosto.
Il tema della pigiatura dell'uva compare in un ricco repertorio decorativo che comprende vasi aretini, lucerne, terrecotte "campana", pitture, mosaici, e soprattutto sarcofagi.
Forse ad ambito dionisiaco potrebbero essere ricondotte anche le tessere che riproducono tre suonatrici.
Le prime due figure panneggiate da destra suonano una doppia tibia, mentre l'ultima potrebbe avere in mano dei crotali.
La tibia poteva essere suonata durante sacrifici (tibiae sacrificae), durante spettacoli (tibiae ludicrae) ed anche durante i funerali (tibiae funebres).
Spesso nelle raffigurazioni di riti bacchici sono presenti menadi che suonano tibie e crotali. Queste tessere riportano anche un'iscrizione, purtroppo illeggibile in tutti gli esemplari repertati [THEO ...(-)...]. La sua lettura avrebbe potuto chiarire il significato della composizione.
Piuttosto singolare, e tuttora priva di confronti, è la scena raffigurata su un gruppo composto da dieci tessere e che riproduce tre bambini che giocano alla altalena.
E' questo un gioco antichissimo: già in periodo minoico e miceneo lo si trova rappresentato in piccole terrecotte, e lo si ammira poi in scenette dell'arte figurata di epoca classica.
In queste rappresentazioni, però, il gioco è reso in modo molto semplice, mentre su queste tessere è inusuale la elaborata raffigurazione dell'altalena.
Non vi compare il solito albero a cui la altalena è legata, ma un'alta struttura ad assi incrociati (?), alla sommità della quale sembra posto un asse orizzontale sporgente a cui sono legate quattro corde: due sostengono il grosso seggiolino - a forma di cesto - su cui è seduto un bambino, e le altre due corde sono tirate alternativamente da altri due bambini, imponendo in questo modo l'oscillazione all'altalena.
Un'altra raffigurazione d'interpretazione piuttosto problematica è quella riprodotta in un gruppo composto da sette tessere.
La scena rappresenta un cammello o dromedario, sulla cui groppa è posta una biga nella quale è un personaggio togato, con scettro nella mano sinistra. Dietro di lui è una scimmia dalla lunga coda, che protende il braccio destro verso il capo del personaggio che lo precede. E' evidente l'intento ironico della scena. Sia le descrizioni delle fonti sia i raffronti iconografici - come la tazza di Boscoreale, che presumibilmente raffigura il corteo trionfale di Tiberio del 8/7 a.C. - dimostrano che il personaggio nella biga è un trionfatore e la scimmia alle sue spalle è la parodia dello schiavo che in piedi dietro di lui sosteneva la corona d'oro di Juppiter.
La scimmia è presente in raffigurazioni parodistiche, come per esempio in un affresco da Pompei riproducente la fuga di Enea da Troia con Ascanio e Anchise. Nell'affresco i personaggi hanno l'aspetto di scimmie dalla lunga coda, e il modello figurativo parodiato era il celebre gruppo scultoreo esposto nel Foro di Augusto a Roma per elogiare gli antenati mitici della gens Iulia.
Anche una lastra di terracotta proveniente dalla Campania, oggi al Louvre, raffigura la parodia di una scena di scuola, con alunni rappresentati con sembianze di scimmie, ed insegnante sotto forma di asino. Mentre su alcuni contenitori di terracotta provenienti dalla Siria è raffigurato un dromedario accovacciato, condotto da una scimmia.
Infine al Museo Nazionale Romano è il rilievo di una scimmia posta su una biga molto simile a quella raffigurata su queste tessere, condotta da due dromedari al galoppo.
Secondo Helbig questo rilievo alluderebbe ad uno spettacolo reale. Sappiamo infatti che Nerone fece fare corse di quadrighe trainate da cammelli al circo, e che scimmie erano addestrate per suscitare riso e ammirazione durante gli spettacoli.
La scimmia è spesso presente anche nell'aneddotica umoristica antica proprio a causa della sua somiglianza con l'uomo. In ogni caso l'immagine degli animali assume spesso un significato simbolico e parodistico.
Per esempio in un affresco ritrovato all'esterno di una bottega di Pompei (VII 6, 34-35) è rappresentato un mulo incoronato da una Vittoria con ramo di palma nella mano sinistra, che penetra un leone. L'affresco è stato interpretato come la parodia della sconfitta di Marco Antonio (leone) ad opera di Ottaviano (asino) nella battaglia di Azio. L'archeologo Giulio Minervini non mancò di considerare che l'allegoria pompeiana potesse essere la trascrizione grafica di uno dei ben noti motteggi che i veterani non risparmiavano ai loro generali trionfanti.
Forse alla parodia di un trionfo potrebbe alludere anche un altro gruppo di tessere, riproducenti una biga trainata da una coppia di muli, sulla quale sembrano trovarsi due personaggi.
Purtroppo in tutti gli esemplari conosciuti la scena è mal conservata, così che non è possibile un riconoscimento sicuro del mezzo trainato dai muli. Muli in coppia si trovano spesso raffigurati mentre trainano veicoli vari, sia civili che militari. Inoltre alcune monete dimostrano che questi animali vennero utilizzati anche in occasioni particolari, come per trainare il carpentum, carro coperto a due ruote utilizzato dalle matrone e dalle sacerdotesse nei giorni di festa o concesso come un onore alle donne della casa imperiale.
Bighe e quadrighe sono il soggetto di un altro gruppo di tessere. In un caso una biga con ruota a quattro raggi è guidata da un auriga con lungo ramo di palma nella mano destra, mentre con la mano sinistra regge le redini. I cavalli sono al galoppo e sollevano le zampe anteriori. Il suolo è indicato con una linea.
Nell'altro caso una quadriga è guidata da una Nike alata, anch'essa con lungo ramo di palma nella mano destra. Le zampe anteriori dei cavalli sono sollevate, al di sotto delle zampe posteriori e visibile la linea del suolo. Entrambi i soggetti raffigurati sono molto diffusi sia su lastre di terracotta sia su gemme, medaglioni della valle del Rodano e lucerne.
All'ideologia augustea sembra riportarci l'esiguo gruppo (appena due tessere note) con figura di capricorno.
Come è noto, il capricorno era il segno zodiacale di Augusto, e l'imperatore fece coniare denari con l'effigie di questo animale (Suet., Aug., 94).
Il capricorno si trova raffigurato abbastanza presto anche su monete e paste vitree, che i seguaci di Ottaviano portavano come semplici anelli.
In seguito la costellazione verrà riprodotta in occasione di vittorie e trattati di pace, per ricordare che Augusto era stato designato dalle stelle alla salvezza dello Stato.
L'analisi sin qui condotta sulle tessere numerali bronzee romane è servita a chiarire ulteriormente alcuni problemi.
In primo luogo, dal punto di vista iconografico le immagini delle tessere traggono spunto dallo stesso repertorio di immagini impiegato in altri materiali.
In secondo luogo tutti i gruppi di tessere - quello con i ritratti imperiali, quello delle spintriae e quello con le cosiddette "raffigurazioni diverse" - sono parte di un' unica classe di materiale, e furono impiegati tutti per lo stesso scopo.
Quale fosse questo scopo è ancora da chiarire, ma appare fuorviante - e frutto di una visione condizionata da moderni parametri culturali - ritenere che la funzione di questi oggetti possa essere spiegata dalle immagini su di essi raffigurate, ritenendo così le spintriae inerenti al meretricio, e le altre tessere destinate a funzioni diverse.
Abbiamo visto che alcune di queste scene avevano un chiaro intento ironico e parodistico, come la scena con il dromedario e quella con la biga di muli, ma probabilmente lo stesso vale anche per il satiro sul mulo, per l'altalena, per i pigiatori e per alcune scene con personaggi isolati colti in pose impudiche.
Verosimilmente anche le spintriae avevano lo stesso scopo. Proprio la scoperta delle pitture erotiche delle Terme Suburbane di Pompei, di cui si è accennato all'inizio, ha permesso di guardare più criticamente e in modo diverso all'arte erotica in generale, scoprendo che buona parte di questa produzione non aveva lo scopo di eccitare, bensì quello di divertire.
Se in alcune scene erotiche l'intento umoristico è esplicito, come per esempio nelle raffigurazioni di Pan che scopre Ermafrodito, di Efesto che sorprende Ares e Afrodite, o nelle scene di accoppiamento di pigmei, meno evidente diviene la parodia in alcune scene con forti connotazioni erotiche come quelle delle Terme Suburbane.
Eppure l'intento era verosimilmente lo stesso.
A confermarlo sono proprio due scene del ciclo: la terza, ove un uomo a cui viene praticata la fellatio stringe nella mano sinistra un rotolo di papiro e la scena ottava, ove è raffigurato un personaggio maschile nudo, con la testa coronata, con un volumen aperto fra le mani.
L'uomo appare affetto da una vistosa malformazione ai testicoli (idrocele bilaterale).
In entrambi i casi è la presenza del volumen ad attribuire un valore comico alla scena, dal momento che esso era segno di saggezza filosofica e letteraria e serviva a connotare chi lo teneva come un letterato o un poeta, appartenente ad una elite sociale.
Nell'arte romana sono frequenti le raffigurazioni di filosofi o letterati ritratti con un volumen in mano, oppure le immagini di coloro i quali vollero farsi ritrarre con l'attributo del papiro per assumere un'aria intellettuale.
Stridente è quindi l'accostamento del libro con i due personaggi raffigurati nelle Terme Suburbane: uno impegnato in un rapporto orale, l'altro ridicolo per la sua malformazione.
Nell'antichità, infatti, l'imperfezione fisica provocava generalmente più ilarità the compassione.
In particolare, poi, proprio i malati di idrocele furono oggetto di scherno nel Philogelos, una raccolta di aneddoti umoristici di epoca tardoantica.
Anche in un epigramma di Marziale (XII, 83) si fa riferimento ad un personaggio malato di idrocele che si rendeva ridicolo proprio nell'esporsi in una terma pubblica.
Infine c'è da rimarcare che alcune scene del ciclo erotico delle Terme Suburbane, come per esempio la quarta e la settima, costituiscono degli unica nell'iconografia erotica conosciuta.
Probabilmente anche l'esibizione di tabù sessuali, come il sesso orale e l'amore lesbico, si proponeva l'intento di stupire e divertire il pubblico che si recava in questo stabilimento termale di Pompei.
Dunque anche le spintriae potrebbero aver avuto uno scopo parodistico, come sembrerebbe tra l'altro suggerire la scena di coitus a tergo, in cui il personaggio maschile è munito di un lungo bastone che ne permetteva il riconoscimento come un personaggio "ufficiale" (un militare? un littore? un gladiatore?), colto in una situazione erotica.
E' dunque il contesto di provenienza e di utilizzazione degli oggetti ad attribuire loro una connotazione erotica, satirica o parodistica.
Ed è appunto la mancanza di indizi circa la provenienza e la circolazione delle tessere numerali bronzee a costituire il maggior limite per una esatta comprensione del loro utilizzo.
Infatti su un totale di circa ottocento esemplari di tessere numerali attualmente documentati solo di sei si possiedono notizie scientificamente accertate circa la loro provenienza (da Narona, da Majsan, da Argenton-sur-Creuse (Indre), da Bouvaies (Oise), da San Martino (Adria) e da Saalburg).
La quasi totalità delle tessere proviene da collezioni pubbliche e private oppure dal mercato antiquario, e quando esse sono entrate a far parte delle diverse raccolte museali erano prive di qualsiasi riferimento circa la loro provenienza territoriale.
Dunque sul loro uso possiamo solo formulare ipotesi.
L'ipotesi più recente" [scrive ancora la Jacobelli]" è che queste tessere [appunto le SPINTRIAE] fossero pertinenti all'ambito militare, od a quello dei riti di festeggiamento connessi ai trionfi degli imperatori, ove era possibile in ambiti di ufficialità dare sfogo al gioco e al calembour, ma è un'ipotesi ancora tutta da sviluppare".
[La studiosa, autrice di queste pagine dimostra acutezza e visione d'insieme, ma sa anche di muoversi su un cammino impervio segnato da carenza di informazioni oggettive e da un'abbastanza radicata convinzione storico-antiquaria che le spintriae siano state realmente contromarche da usarsi nei lupanari: le sue affermazione non sono però isolate e tantomeno prive di forza, anche in rapporto alle discussioni sorte in merito agli otto affreschi superstiti delle TERME SUBURBANE DI POMPEI.
Accanto ad interpretazioni giornalistiche, facili alle affermazioni colorite (vedi sul Corriere della Sera il titolo le terme a luci rosse, un modernismo trasferito arbitrariamente in una civiltà assai diversa dall'attuale) merita di essere registrata la NOTA specificatamente prodotta e pubblicata dalla soprintendenza napoletana in occasione dell'apertura ai visitatori del complesso termale restaurato.
L'estensore della suddetta NOTA, ben più preparato ed informato dei giornalisti, dopo un inquadramento generale affronta proprio la questione degli affreschi erotici nello spogliatoio comune a donne ed uomini e fa riferimento ad un DIBATTITO TUTTORA APERTO TRA INTERPRETAZIONI CONTRASTANTI.
L'interrogativo lasciato aperto dall'estensore della relazione ha delle buone ragioni.
E lui stesso ne cita almeno una (pur facendo riferimento ad un DIBATTITO tra specialisti).
Chiudendo la NOTA non può esimersi dal far notare indirettamente che se quello che parzialmente ancora si vede è davvero parte di un catalogo erotico per l'esercizio del mercimonio, indubbiamente aveva un difetto di fondo: era troppo allusivo e (aggiungiamo noi) par davvero il caso che titolari di terme rischiassero tanta ostentazione da essere perseguiti dalla legge?
Ma poi come scrive la Jacobelli, se le pitture murali delle TERME SUBURBANE DI POMPEI realmente costituivano un catalogo erotico, come mai vi erano esibite pratiche sessuali aborrite dai romani antichi od al limite oggetto di una curiosità da pettegolezzo (peraltro Pompei, anche come luogo di turismo balneare, non accoglieva la grande nobiltà e gli intellettuali più estremisti nel comportamento ma semmai una agiata ma sempre prudente borghesia imprenditoriale: ed ancora in che modo mai si poteva coniugare ad un qualsiasi CATALOGO SESSUALE l'affresco rappresentante un INTELLETTUALE magari un POETA, come si è scritto, ma affetto, come l'affresco ben evidenzia, da una grave AFFEZIONE SESSUALE tale da procurargli quanto meno l'IMPOTENZA SESSUALE?.
Stupisce soltanto che, formulando le sue intelligenti proposte, la Jacobelli che pare aver giustamente negato alle SPINTRIAE la funzione di MARCHE DA GIOCO (TESSERAE LUSORIAE), non le abbia reputate un'alternativa possibile, come le altre TESSERE NON EROTICHE, a MARCHE SEGNAPOSTO (una sorta di antiche MARCHE DA GUARDAROBA) atteso che, al modo che ci suggerisce la letteratura e l'iconografia nelle TERME ci si doveva liberare dagli INDUMENTI e dalle SCARPE, per non sporcare i pavimenti sempre molto puliti per l'igiene (come si evince da questa IMMAGINE ANTIQUARIA) che venivano affidati a SERVI impiegati nelle STRUTTURE TERMALI che a loro volta li custodivano in GUARDAROBA (VESTIARIA) in cui potevano trovarsi ripiani, cassoni o comunque strutture simili alle SCATOLE delle TERME SUBURBANE POMPEIANE: e del resto che nemmeno l'espediente di casse e contromarche alla fine avesse costuito un deterrente risolutivo contro i LADRUNCOLI ATTIVISSIMI NEI BAGNI E NELLE TERME ce lo suggerisce il
DIGESTO GIUSTINIANEO
in merito alla sempre viva questione dei
FURTI NEI BAGNI E NELLE TERME TRATTATA NELLA RUBRICA 17 DEL LIBRO XLVII].