cultura barocca
INF. DI B. E. DURANTE Clissa in Dalmazia = stampa da Alphonsi Lasor A Varea (Pseud. v. Raffaello Savonarola ), Universus Terrarum Orbis Scriptorum Calamo Delineatus: Hoc Est Auctorum Fere Omnium, Qui de Europae, Asiae, Africae et Americae Regnis, Provinciis, Populis, Civitatibus, Oppidis, Arcibus, Maribus, Insulis, Montibus, Fluminibus, Fodinis, Balneis, publicis Hortis, et de Aliis tam super, quam subtus Terram Locis ... Scripserunt ..., Padua 1713.

Gli uscocchi (in lingua serbo-croata uskoci) erano una popolazione costituita prevalentemente da cristiani originalmente dei Balcani riversatisi sulle coste del Mare Adriatico per sfuggire all'avanzata dei Turchi.
Inizialmente famosi per le loro operazioni di feroce guerriglia contro i turchi, risolsero poi di dedicarsi alla pirateria: dal loro quartier generale a Segna, presso Quarnaro, organizzarono veloci spedizioni di saccheggio sia contro le rotte turche che contro la Repubblica di Venezia.
In serbo-croato "uskakati" significa "saltar dentro", e da tale parola deriva "uskok", forse "colui che salta dentro", riferito al "salto" che gli slavi compivano emigrando verso l'Austria.
O meglio deriva semplicemente dal "saltare dentro" le navi, abbordare, assalire [lat. comp. di ad e salire 'saltare'], riferito all'abitudine uscocca di assalire le navi e le città fortificate dell'Adriatico.
I primi ranghi del popolo che sarebbe divenuto poi noto come Uscocchi vennero formati da Croati e Serbi in fuga dall'avanzata degli ottomani del sultano Bayezid II nei Balcani [scritto Paiaxit dal cinquecentesco Giovanni Menavino da Voltri nella sua opera I Costumi, et la Vita de Turchi...].
Da notare come gli uscocchi siano affini agli aiducchi, hajduci in serbo-croato; mentre i primi emigravano offrendo i propri servizi a potenze straniere, gli aiducchi erano fuorilegge che combattevano i Turchi rimanendo nei loro territori, spesso aiutati dalla popolazione locale ed acclamati ancora oggi come eroi popolari, usando le stesse tattiche di guerriglia degli uscocchi.
Un primo nucleo di guerrieri uscocchi, capitanati da Petar Kružic, si trincerarono nella fortezza di Clissa per sbarrare ai turchi la strada che dall'entroterra bosniaco portava alle coste croate.
Bisognosi di appoggio, gli uscocchi, come il resto dei croati, accettarono il sovra-regno dell'Austria, riconoscendo Ferdinando I d'Asburgo come loro sovrano (1º gennaio 1527) in cambio di aiuti contro le forze di Istanbul.
Alla morte di Kružic, i suoi uomini risolsero di arrendersi ai turchi per avere salva la vita.
Abbandonata Clissa (12 marzo 1537), gli uscocchi si spostarono a Segna, sulla costa croata, una roccaforte circondata da montagne, foreste e da cale anguste navigabili solo con piccole imbarcazioni.
Mentre i turchi organizzavano un proprio corpo di guerriglieri slavi da opporre agli uscocchi (i Martelossi di origine serbo-valacca), questi ultimi furono arruolati nel Sistema della Frontiera Militare Austriaca (stipendiati = ed in teoria qui si dovrebbe menzionare il loro
passaggio dallo stato di pirati a quello di corsari stante l'assoluta differenza tra pirateria e guerra di corsa) ma spesso furono costretti, perché sfruttati e non pagati dagli Austriaci, alle scorrerie in territorio Turco in cerca di preda necessaria per il loro sostentamento.
Agli "stipendiati", nominalmente a libro paga ma quasi mai retribuiti, negli ultimi decenni del secolo, si aggiunse progressivamente un numero crescente di avventurieri (venturini) provenienti da tutte le regioni costiere dell'Adriatico e dall'interno dei Balcani A partire dal 1540 la questione degli uscocchi assurse all'interesse della cronaca internazionale.
I saccheggi perpetrati dai pirati di Segna iniziarono infatti ad infastidire non solo i turchi, iniziali bersagli delle loro lotte, ma un po' tutte le grandi potenze che commerciavano nel Mediterraneo: per prima Venezia ma anche il Regno di Napoli, il Regno di Spagna e lo Stato Pontificio.
Nel 1540 Venezia iniziò a fornire una scorta armata ai mercantili turchi in viaggio nell'Adriatico.
La risposta degli uscocchi all'intromissione veneta nel loro "terreno di caccia" fu il saccheggio delle isole adriatiche controllate dai veneziani: Veglia, Arbe e Pago.
Decisa a chiudere la questione in modo rapido, la Serenissima chiese l'aiuto dell'Austria, nominalmente sovrana degli uscocchi, ma parve subito chiaro che gli Asburgo non erano intenzionati a rinunciare al prezioso appoggio dei pirati adriatici per la lotta contro la Sublime Porta.
Nel 1577 Venezia intensificò le sue operazioni di polizia nell'Adriatico: nuove ciurme di fanteria, reclutate in Albania, sostituirono gli equipaggi originari della Dalmazia.
Nel 1592 un esercito turco al comando di Telli Hasan Pasha attaccò la Croazia, saccheggiando e distruggendo diversi insediamenti uscocchi.
L'esito della Battaglia di Sisak, che segnò l'inizio della Lunga Guerra voluta dall'imperatore Rodolfo II d'Asburgo, allontanò però rapidamente dagli uscocchi le ire del sultano Murad II.
Nel 1602 gli uscocchi misero al sacco l'Istria.
Venezia e gli Asburgo trovarono questa volta un accordo, inviando una forza di repressione a Segna che sembrò, inizialmente, capace di risolvere la situazione salvo poi doversi ritirare con un nulla di fatto.
Nel 1615 le azioni degli uscocchi furono il pretesto per lo scoppio della Guerra di Gradisca (1616-1617) tra Venezia e l'Austria, finché, per effetto del Trattato di Madrid stipulato nel 1617 le famiglie superstiti degli uscocchi vennero trasferite nell'interno (vicino a Karlovac e nei cosiddetti "Monti degli Uscocchi"), vicino al confine tra la Croazia e la Carniola e le loro navi bruciate.
Il ricordo degli Uscocchi sopravvive in molte manifestazioni di cultura popolare dell'Adriatico orientale.
Un tipico esempio lo si poteva osservare di frequente fino a non molti anni fa al Villaggio del Pescatore, nel comune di Duino Aurisina (TS), area sensibile alle invasioni dei pirati durante tutto il XVI secolo: nelle notti più serene, al sorgere di Betelgeuse, si esorcizzava l'arrivo dei pirati (evidentemente artefici di una notevole razzia proprio in concomitanza col sorgere dell'astro di Orione) accendendo quattro grandi torce, che venivano portate per le strade del paese urlando proprio il nome dei pirati di Segna.
Come molte tradizioni popolari anche questa è andata in disuso; tuttavia ancora oggi è possibile sentire urlare il nome degli Uscocchi in sporadiche occasioni, anche se le luci delle torce sono state sostituite da quelle dei fari delle automobili o delle pile elettriche.
Durante l'impresa di Fiume, Gabriele D'Annunzio inquadrò alcuni dei suoi uomini in veloci unità navali.
Esse garantivano rifornimenti ai legionari di Ronchi (poi Ronchi dei Legionari) con azioni di razzia verso il naviglio straniero che incappava nelle loro incursioni.
La fine cultura adriatica, vanto di D'Annunzio, battezzò anche questi uomini uscocchi, in ossequio ad una continuità ideale con i romantici pirati d'altri tempi.
Dentro i covi degli Uscocchi
sta la bora e ci dà posa.
Abbiam Cherso per mezzana,
abbiam Veglia per isposa,
e la parentela ossosa
tutta a nozze di corsaro.
Eia, mirto del Quarnaro!
Eia Eia Alalà!


[da La canzone del Quarnaro di Gabriele D'Annunzio]
John Van Antwerp Fine, When ethnicity did not matter in the Balkans, Michigan, 2006, ISBN 0-472-11414-X, pp. 216-219. Frederick Bernard Singleton, A short history of the Yugoslav peoples, Cambridge, 1989, ISBN 0-521-25478-7, p. 61. Norman Davies, Europe : a History, 1996, p. 561. 5.^ Daniel Goffman, The Ottoman Empire and early modern Europe, Cambridge, 2002, ISBN 0-521-45908-7, p. 190. Catherine Wendy Bracewell, The Uskoks of Senj. Piracy, Banditism and Holy War in the XVI Century Adriatic., Cornell University Press, 2011.
[testo - multimedializzato - ripreso da Wikipedia, l'enciclopedia libera on line]

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