INFORMATIZZAZIONE DURANTE

"FRANCESCO BARBERINI (Andrea Sacchi, Ritratto del Cardinale Francesco Barberini Wallraf-Richatz Museum - Colonia) figlio di Carlo e di Costanza Magalotti, fu educato agli studi e si laureò a Pisa in utroque iure nel 1623, l'anno in cui fu eletto pontefice lo zio Maffeo Barberini con il nome di Urbano VIII. Questi lo chiamò subito presso di sé, creandolo cardinale e colmandolo di cariche, di onori, di benefici (al culmine del successo le sue rendite erano calcolate a 80.000 scudi), tanto da farne il prelato più potente in corte e il fulcro del rafforzamento politico ed economico della famiglia Barberini voluto dal pontefice.
Svolge la funzione di "cardinal nepote", cioè di segretario di stato, anche se con autonomia operativa assai ridotta per la gelosia del potere che nutriva lo zio.
Nel 1625 viene inviato in Francia come legato a latere per trattare con il Richelieu la questione della Valtellina e per cercare una composizione del secolare contenzioso tra Francia e Spagna (non ottiene nessun risultato); quindi, nel 1626 in Spagna per trattare con l'Olivares. Un accordo tra Francia e Spagna effettivamente ci fu, ma tenne in scarsa considerazione la diplomazia pontificia.
A partire dal 1628 è investito dell'intero carico della politica estera dello Stato della Chiesa: si attiene alla linea di formale neutralismo (in realtà con una netta propensione filofrancese), dettata dal papa, in occasione della seconda guerra per la successione del Monferrato e della guerra dei Trent'anni.
Nel 1633 si fa promotore di una lega fra gli stati italiani, fallita per l'ostilità del papa verso Venezia e per le ingerenze delle potenze europee. Sostiene la guerra di Castro (gestita di fatto dai suoi fratelli) conclusa con un disastroso insuccesso. Muore Urbano VIII (29 luglio 1644).
Implicato nelle inchieste promosse dal nuovo papa Innocenzo X sulle malversazioni perpetrate dai Barberini, nel 1646 è costretto a fuggire in Francia insieme ai fratelli Antonio e Taddeo sotto la protezione del Mazzarino.
Nel 1648 i Barberini ottengono dal papa la grazia e la restituzione dei beni confiscati (sia pure con qualche strascico giudiziario fino al 1654), in modo da poter tornare a Roma nel loro palazzo alle Quattro Fontane.
Da questo momento il cardinale limita la sua attività pubblica alle funzioni inerenti alle sue cariche, ridimensionando le sue ambizioni di potere.
Insieme al fratello minore, cardinal Antonio, promuove un'intensa attività culturale, praticando un principesco mecenatismo sia in via privata sia nell'ambito delle accademie di cui fu protettore.
Si segnala particolarmente la costituzione di una ricchissima biblioteca (di cui fu curatore Luca Holstenio).
Diede anche generosa ospitalità a molti intellettuali di passo o stanziali a Roma: Naudé, Vossius, Morin, Heinsius, Milton, Ughelli, Bouchard, Castelli, Doni, Allacci (che subentrò allo Holstenio nella funzione di bibliotecario e nelle Apes Urbanae esaltò il mecentismo barberino).
Fra gli artisti predilesse il Bernini. Da lui, più che dal fratello, sembra dipendere l'attività del teatro di palazzo Barberini, che diede norma al melodramma romano e influenzò quello veneziano".

Estrapolato da Banca Dati 'Giulio Rospigliosi' cui si rimanda per integrazioni e bibliografia