Inf. a cura di Bartolomeo Ezio Durante

Ludovico Antonio Muratori Ludovico Antonio Muratori nacque a Vignola (provincia di Modena ) il 21 ottobre del 1672 da famiglia contadina, dimostrò dalla fanciullezza forte volontà di conoscenza, di cui egli stesso diede testimonianza in una lunga lettera autobiografica composta all'età di 49 anni. Dopo gli studi di grammatica coseguì, attraverso la frequentazione della Scuola della Compagnia di Gesù (in cui prese i voti) e del "Pubblico Studio", in cui conseguì le lauree in lettere (1692 ) e in diritto e filosofia (1694 ).
Si compì in questi stessi anni l'avvicinamento appassionato alla letteratura , alla storia , alle arti, per amore delle quali giunse alla promessa d'opporsi alle prospettive di una carriera opportunistica.
Si dedicò così volontariamente allo studio della lingua greca . Lesse con passione gli autori italiani e della classicità greca e romana, e se inizialmente fu ostacolato dalla ristrettezza di testi e strumenti, fu poi accolto favorevolmente da Benedetto Bacchini , storico d'orientamento maurino ma anche sincero cristiano in qualità di abate del monastero di S. Pietro in Modena, e a cui Muratori testimoniò di dovere molto sia nel campo dello studio che in ambito religioso; al seguito del "maestro" si immerse nella letteratura patristica, più in generale ecclesiastica, religiosa, tessendo in pochi anni una fitta corrispondenza con i principali intellettuali bolognesi e modenesi.
Il momento della formazione si può dire per buona parte concluso al termine soggiorno milanese presso la Biblioteca Ambrosiana , dove fu accolto in qualità di Dottore dal conte Carlo Borromeo , a cui peraltro il giovane fu segnalato dallo stesso Bacchini. La ricchezza dei testi ivi conservati nutrì l'inclinazione letteraria e filologica di Muratori e assieme l'esigenza di verificare l'attendibilità delle informazioni. Di verità Muratori ebbe a parlare assai spesso: divenne la priorità da perseguire anche in ambito religioso oltre che storico sempre con fede, ma anche a costo di scontrarsi con la più radicata tradizione.
Risalgono comunque al periodo milanese, durante il quale ricevette gli ordini dal vescovo di Tortona (1695 ), i primi veri impulsi allo studio del Medioevo , a cui si avvicina rivoluzionando le precedenti analisi storiche d'impianto religioso, cattolico o riformistico.
Il duca di Modena Rinaldo I d'Este lo accolse offrendogli l'ufficio d'archivista e bibliotecario. L'Europa si stava preparando alla guerra di successione spagnola , e l'abilità d'orientamento tra i documenti d'archivio era una qualità necessaria per potersi presentare al consesso delle forze internazionali con eventuali richieste, come in seguito in merito alla questione delle valli di Comacchio . Modena venne tuttavia occupata dai francesi tra il 1702 ed il 1707 e l'intero archivio appena riordinato dovette essere trasferito e fu Muratori a prendersene cura, dando corpo al contempo ai sogni di aggiornamento e rinnovamento della cultura e della tradizione letteraria italiana.
Accantati gli studi sul Medioevo per inaccessibilità di fonti, stese I primi disegni della repubblica letteraria d'Italia (1703 ) e Della perfetta poesia italiana (1706 ) nonchè un testo dal sapore estetico come le Riflessioni sopra il buon gusto intorno le scienze e le arti (1708 ), da cui emergono sempre più nitidamente un vivo spirito nazionale, la coscienza delle debolezze dell'italia, la necessità di unificare la cultura per rivolgerla all'unico fine nobile: non l'onore, ma il bene comune.
Il 1708 segnò per Muratori, in occasione della cessione di Modena alla Francia dopo la reggenza austriaca , il ritorno all'indagine storica, la quale consolida le intuizioni di Muratori sul Medioevo. Richiesta dall'apertura della disputa fra la S. Sede e l'Impero circa le valli di Comacchio, per dodici anni Muratori lavorò all'analisi storica e giuridica delle richieste delle parti e della casa d'Este sulla valle, difendendo le ultime nella Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi (1712 ) e raccogliendo la documentazione sulle origini dei suoi signori nelle Antichità estensi ed italiane (1717 ).
Un terzo elemento, negli anni '10, contribuisce alla definizione piena della personalità di Muratori: l'amicizia fedele a padre Paolo Segneri ed il lavoro costante al fianco di questi nelle attività di carità e di formazione del clero instillarono in lui il desiderio di ricevere una parrocchia ove operare, esaudito nel 1716 al conferimento della prepositura di S. Maria della Pomposa in Modena. L'esercizio religioso fu intenso e lo assorbì nella vita quotidiana affiancandosi al lavoro intellettuale. Restaurò la chiesa affidatagli e creò in Modena la compagnia della Carità per l'assistenza ai bisognosi, e incrementò la produzione di testi di carattere religioso iniziata nel 1710 con il De ingegnorum moderatione in religionis negotio.
Nei venti anni compresi tra 1723 e 1743 Ludovico Muratori compendiò, seguendo l'invito degli amici tra cui Apostolo Zeno , il frutto delle immense ricerche storiche e letterarie in 38 volumi divisi fra 3 grandi opere: i Rerum Italicarum Scriptores (1723-1738 ), le Antiquitates Italicae Medii Aevi (1738-1743) e il Novum Thesaurum Veterum Inscriptionibus (1738-1743), e non perse le forze e la volontà di pubblicare, nell'ultimo decennio, la prima grande storia d'Italia , dall'era volgare ai suoi tempi: gli Annali d'Italia (1743-1749 ).
Anche in ambito religioso non cessò di produrre: seguirono dunque ancora il De Superstitione Vitanda (1732 -1740 ), con cui rilanciò le tematiche del De Ingegnorum Moderatione e condannò gli eccessi di culto come il voto sanguinario. Si espresse sul cristianesimo primitivo di matrice gesuita importato nelle Americhe con il saggio Cristianesimo felice nelle missioni de' padri della Compagnia di Gesù nel Paraguay (1743-1749). Ma soprattutto vige l'imponenza della De regolata devotione de' cristiani, opera cardine del settecento religioso italiano, esempio alla prassi di Papa Benedetto XIV (ovvereo Prospero Lambertini), e in cui ritroviamo la sintesi dell'apporto razionale alla religione, al culto ed alla vita pratica dei cristiani.
Non mancarono frutti di un impegno religioso ed intellettuale anche sul piano civile, ove, intravedendo l'esigenza dei tempi di muovere ad un più concreto bene pubblico, ribadisce il valore dell'educazione, della scienza, delle riforme, della religione stessa, della giurisprudenza benché da riformare. Ecco venire alla luce dunque La filosofia morale spiegata ai giovani (1735 ), il saggio Dei difetti della giurisprudenza (1742 -1743), il trattato Delle forze dell'intendimento umano o sia il pirronismo confutato (1745 ), il saggio sulla Pubblica Felicità (1749 ), in cui sono evidenti le convinzioni che il principe dovesse essere il primo promotore delle riforme volte a quel fine [Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.]



"Un fatto chiaro si evince dalla storia del dogma dell’Immacolata concezione: la precedenza del senso cristiano popolare, intuitivamente a favore del privilegio mariano, sulla teologia a lungo ondeggiante pro o contro di esso e sul Magistero che si pronuncia in forma definitiva solo nel 1854.
Non è certo facile documentare la fede popolare in quanto essa non si è espressa con scritti, ma con fatti, attività e iniziative di ordine cultuale o artistico. Spesso dovremo accontentarci della testimonianza indiretta offertaci da teologi, siano essi favorevoli o critici nei riguardi della fede popolare.
Noi vogliamo parlarne, anche per l’esigenza ecumenica che si avverte oggi di riaprire il dossier sull’Immacolata concezione. Dall’Oriente ortodosso e dall’Occidente evangelico, infatti, si auspica un dialogo tra le Chiese cristiane che conduca ad una migliore conoscenza reciproca e forse anche ad una formulazione migliore e senz’altro più condivisibile.
Epoca patristica
La prima indicazione circa l’origine straordinaria e santa di Maria si trova nel Protovangelo di Giacomo o Natività di Maria (II secolo), che racconta come Anna l’abbia concepita senza intervento di uomo essendo Gioacchino ancora nel deserto. Non si ha qui un dato storico attendibile, poiché l’autore dell’apocrifo non conosce bene la tradizione ebraica e scrive probabilmente in Egitto in un genere letterario chiaramente popolare e fantasioso che eserciterà molto influsso sulla gente e sugli artisti.
Epifanio e, più tardi, Bernardo rigetteranno la versione della concezione verginale da parte di Anna. Tuttavia tale racconto, sorto in ambiente popolare, contiene certamente delle istanze teologiche e, pur non specificando l’assenza di peccato originale in Maria, rappresenta «una prima presa di coscienza intuitiva e mitica della santità perfetta e originale di Maria nella sua stessa concezione».
Fino al Concilio di Nicea (325) non si hanno determinazioni particolari circa l’assenza di peccato ab initio in Maria, ma i Padri abbondano nell’esaltare la Tuttasanta con «epiteti ornanti», confermando l’alta idea che il popolo si era fatta di lei.
Nella polemica pelagiana tale perfezione e dignità di Maria diviene un presupposto su cui puntano Pelagio (+ ca. 422) e Giuliano di Eclano (+ 454) e che lo stesso Agostino (+430) riferisce e condivide: cioè, che la Madre del Signore «va riconosciuta senza peccato dal nostro senso religioso».
Di fronte ai due assertori dell’Immacolata concezione, che non la proponevano però in un contesto di dipendenza salvifica da Cristo, Agostino protesta: «Escludiamo dunque la santa Vergine Maria, nei riguardi della quale, per l’onore del Signore, non voglio si faccia questione alcuna di peccato».
D’altra parte, il suo "traducianesimo" e il giusto principio della necessità della Redenzione gli impediscono di ammettere per Maria un’eccezione. Comunque egli respinge l’accusa di assoggettare Maria al diavolo - ciò che ripugnava alla coscienza cristiana - ricorrendo alla grazia della rigenerazione in un’espressione famosa, ma non priva di ambiguità: «Quanto a Maria, non la consegniamo affatto in potere al diavolo in conseguenza della sua nascita; tutt’altro, perché sosteniamo che questa conseguenza viene cancellata dalla grazia della rinascita».
Nella posizione agostiniana negativa circa l’Immacolata concezione per motivi teologici, e tuttavia attenta alla pietà popolare, si intravede il contrasto tra dottrina dei colti e intuito del popolo, contrasto che si risolverà con la vittoria di quest’ultimo.
Medioevo
Il ruolo trainante del popolo cristiano nella maturazione della teologia dell’Immacolata concezione è testimoniato espressamente da alcuni teologi a partire dal secolo XI. Si evidenzia un crescendo nel comportamento del popolo, che in un primo momento celebra senza problemi la festa della Concezione, poi si scandalizza allorché viene negato il privilegio mariano, infine reagisce anche violentemente contro gli assertori del peccato originale in Maria.
Il benedettino Eadmero (+ ca. 1134), discepolo di Sant'Anselmo, nel suo Trattato sulla concezione della B. Maria Vergine oppone «la pura semplicità e l’umile devozione» dei poveri, i quali celebrano la festa della Concezione della Madre di Dio, alla «scienza superiore e disquisizione valente» dei ricchi ecclesiastici o secolari, che aboliscono la festa dichiarandola priva di fondamento. Eadmero opta senz’altro per i semplici, perché a loro e non ai superbi Dio si comunica, e «mosso dall’affetto della pietà e della sincera devozione per la Madre di Dio» si pronuncia per la concezione di Maria libera da ogni peccato.
Nel 1435, durante il Concilio di Basilea, il canonico Giovanni di Romiroy si appella alla devozione popolare come al primo motivo che deve indurre i Padri conciliari a porre fine alla controversia circa l’Immacolata concezione. Si toglierebbe così l’occasione di scandalizzare il popolo cristiano, che viene offeso quando sente affermare che Maria è stata macchiata dal peccato originale.
Epoca moderna
Nel corso dei secoli la fede popolare si conferma a favore dell’Immacolata concezione, nonostante l’opposizione di una parte della teologia dotta.
Nel Quattrocento la controversia sull’Immacolata concezione si acuisce soprattutto in occasione di dispute organizzate in cui intervengono i fautori delle due posizioni pro o contro. I fedeli che assistono reagiscono in genere a favore del privilegio mariano.
Sono note la disputa di Imola (1474-75) da cui uscì vittorioso il domenicano Vincenzo Bandello, quella di Roma (1477) indetta da Sisto IV tra Bandello e il Ministro generale dei Minori Francesco Sanson che riportò la vittoria, quelle di Brescia, Ferrara, Firenze..., tutte della seconda metà del secolo.
Tali dispute, e altrettanto si dica della predicazione, sono cause di scandalo o di violenze da parte dei fedeli, che per esempio rumoreggiano e vogliono lapidare il predicatore Battista da Levanto che si rifiuta di asserire apertamente il privilegio, o costringono alla prova del fuoco... Ma qui il senso dei fedeli non può essere preso in considerazione perché appare troppo diviso per l’una o l’altra sentenza.
Progressivamente la posizione immacolista guadagna spazi sempre più vasti. Nel Cinquecento il domenicano Melchior Cano rivendica ai teologi saggi e competenti (e non al volgo) la facoltà di discernere la verità o falsità delle proposizioni in materia di fede. Egli infatti deve riconoscere che se questo compito appartenesse al popolo la questione circa l’Immacolata concezione sarebbe risolta, in quanto appena il volgo sente affermare che la Beata Vergine ha contratto il peccato originale, subito esso si sente «turbato, percosso, torturato».
Anzi, anche in Spagna si rivela impossibile sostenere dal pulpito tale opinione, poiché il popolo reagisce contro i predicatori con mormorii, clamore e perfino violenze. Se Dionigi Certosino (+1471) pronuncia la parola «horremus» («inorridiamo») dinanzi all’attribuzione del peccato originale a Maria, G. Vasquez (+1604) riconosce che la credenza nell’Immacolata concezione è divenuta un fatto universale e profondamente radicato: «Essa è talmente cresciuta e inveterata con i secoli, da far sì che nessun uomo possa esserne staccato o smosso».
Questa fede popolare si esprime nel secolo XVII con l’istituzione di varie Confraternite sotto il titolo dell’Immacolata concezione, con preghiere come l’aggiunta in qualche litania dell’invocazione «sancta Virgo praeservata» (Parigi 1586), con la dedica di cappelle o altari all’Immacolata, con numerose espressioni artistiche, quali 25 tele dedicate alla Purísima dal Murillo (+1685).
F
Il "Voto del sangue"
Un movimento promozionale senza analogie si determina nel Seicento a partire dalle Università: quello includente il giuramento di difendere l’Immacolata concezione fino all’effusione del sangue. Ad emettere nel 1617 il votum sanguinis è l’Università di Granada, preceduta da quella di Siviglia e seguita dalle altre spagnole e da alcune italiane. Tale gesto si diffuse presto tra gli Ordini religiosi, i Santi, le Confraternite e i fedeli. Esso provocò pure una lunga controversia, iniziata con l’opposizione di
L. A. Muratori al cosiddetto «voto sanguinario».
In varie opere pseudonime il celebre erudito ha attaccato questo voto bollandolo come imprudente, gravemente colpevole e ispirato da pietà non illuminata. Infatti, per lui non è lecito esporre la propria vita per un’opinione qual è appunto l’Immacolata concezione, non dichiarata di fede dal Magistero. La tesi muratoriana ha suscitato una levata di scudi in varie nazioni dell’Europa; la più efficace apologia resta quella di Sant' Alfonso de Liguori (+1787). Questi ha contestato che affermare l’Immacolata concezione sia opinabile, in quanto esistono due motivi che garantiscono come certa questa dottrina: il consenso dei fedeli e la celebrazione universale della festa dell’Immacolata. Cade pertanto l’argomento del Muratori.
Tra le risposte all’opera del Muratori nella contestazione del voto sanguinario è da ricordare quella del sacerdote ascolano Francesco Antonio Marcucci, fondatore delle Pie Operaie dell’Immacolata concezione, poi Vescovo di Montalto e Vicegerente di Roma (+1798). Nello scritto latino Causa Immaculatae Conceptionis (1743) a noi non pervenuto ma riassunto dallo stesso Marcucci nell’Orazione dell’Immacolata, sotto lo pseudonimo di Syllepsio Picentino, egli prende posizione nei confronti delle opere di Muratori De ingeniorum moderatione in religioso negotio (1714) e De superstitione vitanda sive censura voti sanguinarii in honorem Immaculatae Conceptionis (1740) in cui il grande erudito riteneva dell’Immacolata concezione un’opinione potenzialmente falsa e condannava il «voto di sangue».
A fomentare il senso dei fedeli concorsero alcuni fattori, come la predicazione popolare, specie dei Francescani (che dal 1621 giurarono di difendere l’Immacolata concezione) e fra essi di San Leonardo da Porto Maurizio (+1751), i catechismi di Canisio (+1597), Bellarmino (+1621), Bossuet (+1704), alcuni interventi straordinari quali la visione di Helsin, abate inglese salvato da naufragio purché celebrasse l’Immacolata concezione (verso il 1070); le Rivelazioni di Santa Brigida (+1373) e le apparizioni di rue du Bac (1830).
Soprattutto contribuì a radicare nel popolo la credenza nell’Immacolata concezione la festa liturgica introdotta dall’Oriente in Italia meridionale nel IX secolo (a Napoli un calendario liturgico su marmo porta al 9 dicembre la Conceptio sanctae Mariae Virginis) e in Inghilterra nell’XI secolo: tale festa si diffonde poi dappertutto, e nel 1708 Clemente XI la rende di precetto per la Chiesa universale. Questa pietà mariana immacolista svolse un ruolo efficace nella storia del dogma vincendo le difficoltà teologiche e contribuendo a determinare quel «factum ecclesiae», cioè la realtà viva della prassi ecclesiale, cui si richiamerà Pio IX come al primo motivo della definizione.
Già nell’enciclica Ubi primum (2.2.1849) il Papa aveva chiesto ai Vescovi di «appurare nelle proprie diocesi i sentimenti del clero e del popolo riguardo alla concezione della Vergine immacolata».
Nella stessa bolla Ineffabilis Deus (8.12.1854) Pio IX, definendo l’Immacolata concezione, ritiene di «soddisfare ai piissimi desideri del mondo cattolico». La definizione dogmatica del 1854 ha suscitato gioiosa accoglienza nel popolo paragonabile a quella della proclamazione della Theotókos nel Concilio di Efeso (Le Bachelet).
Giustamente si ritiene, perciò, che il sensus fidelium, per il fatto di essere un elemento costitutivo del sensus Ecclesiae, viene ad assumere un ruolo di fondamentale importanza nella definizione dell’Immacolata concezione
" [di STEFANO DE FIORES, La forza della fede e della devozione popolare mariana]