LE MURA E LE PORTE DELLA CITTA'

Di Nino Lamboglia (Ventimiglia Romana, Ist. Intern. di Studi Liguri, Bordighera, 1964, pp.17 e seg.) è forse la più semplice, chiara ed efficace descrizione del complesso della cinta muraria di Ventimiglia romana:

Della cinta muraria si conoscono con sicurezza tre lati: quello sud, verso il mare (se ne conserva in vista un tratto, incorporato in una casa privata), al centro del quale fu scoperta nel 1885 la porta su cui doveva sboccare il cardine massimo (via principale da Nord a Sud) della città, la Porta Marina ; quello ovest, distrutto parzialmente per la costruzione del Teatro e in parte messo in luce di recente a sud della via Aurelia, pure raso quasi alle fondamenta; infine quello nord, di cui fa parte anzitutto la Porta Praetoria ("Porta di Provenza"), scoperta dietro il teatro, con due torricircolari in arretrato l'una rispetto all'altra (esempio unico di Porta Scea finora conosciuto in Occidente) e con scala di accesso e cortile d'armi interno.
Del complesso delle mura ne fanno pure parte due tratti intravisti più a levante (dietro la chiesa di CRISTO RE), la cui posizione è fondamentale per stabilire l'estensione del perimetro urbano.
Il lato est, come il collegamento fra il teatro e la collina, resta tuttora indeterminato, ed è probabile che vi appartengano i due tratti, formanti angolo, rilevati al tempo del Rossi.. Questo circuito di mura, come risulta ormai dalle osservazioni e dagli scavi compiuti in molti tratti del percorso, risale alla prima metà del I secolo a. C., probabilmente fra il 70 e il 50, e non è escluso che esso sia direttamente o indirettamente legato all'azione di Cesare durante la conquista delle Gallie. Esso rappresenta certamente la conclusione del processo di romanizzazione e fonde in un solo corpo urbano la parte nord della città, in pendio, dove gli edifici romani si sono sovrapposti con andamento meno regolare agli edifici preromani, e la parte sud, ove il castrum romano a guardia degli indigeni, e le insulae romane che ne derivano, sono impiantati sulle dune di sabbia vergine formatesi nell'età preromana, come poi continuarono a formarsi nel Medioevo.

Il quartiere alto, ligure-romano, e il quartiere basso, puramente romano, sono nettamente separati da una grande strada lastricata in pietra della Turbia, il "decumanus maximus", che attraversava la città da oriente a occidente e ne usciva per la Porta di Provenza, correndo rettilinea alla base della collina.
Essa è stata vista a più riprese e si scorge nel suo tratto terminale dietro il Teatro; un tratto è stato pure rimosso
(con la relativa porzione di marciapiede = crepido) e salvato nel 1950 sotto le pile del Cavalcavia ed è ora conservato in una aiuola sovrastante.
La strada è percorsa al centro dalla cloaca maxima la rete fognaria, che partiva dalla porta dietro il Teatro e si dirigeva verso il Nervia ; la strada è larga m. 2,95 ed ha ai suoi lati due marciapiedi (crepidines) perfettamente conservati. Lungo questa strada, verso est e oggi totalmente nascosto sotto la linea ferroviaria, doveva trovarsi il foro, coi principali edifici pubblici; esso dovette costituire in origine anche il punto d'incontro fra la città indigena e il castrum romano e vi convergeva altresì, come oggi, la via interna della val Nervia, attraverso la quale, piuttosto che per la val Roia, e probabile si diramasse la strada verso il colle di Tenda e verso l'attuale Piemonte.
Dal decumano massimo si dipartiva verso sud una rete di strade e di insulae in direzione ortogonale e regolarissima, più volte alterata tuttavia dalle successive ricostruzioni e dall'addensamento edilizio che la pax romana provocò nella città
.
G. Rossi scrisse che la città romana "... era difesa a mezzogiorno, cioè dalla parte del mare, da un cerchio di mura solidissime dello spessore di metri 2,10 formate di piccoli materiali gettati alla rinfusa, rivestite però di durissimo cemento, mura che si possono ritenere ancora conservate, a partire dalla casa Parodi a ponente, sino alla villa Aprosio a levante. Uno scavo casuale praticato nel 1884 nella proprietà del comm. Secondo Biancheri ridonò in luce, con una porzione di dette mura, una porta ad arco tondo dell'altezza di metri 3,30 e della luce di metri 1,79 la quale si vide esser destinata a dar comunicazione al mare, trovandosi ancora internamente la via lastricata di bei massi quadrilateri di pietra calcarea. Stavano ivi a terra rovesciati due rocchi di colonne di marmo bianco striato, ed al lato sinistro di chi entrava si trovarono i resti di un grandioso edificio, al quale si aveva accesso merce di tre lunghi gradini in pietra interamente conservati. Tale scoperta raffermò un'antica tradizione paesana, che cioè la città nostra fosse stata anticamente difesa a sud da una lunga cerchia di mura " (v. Not. Sc., 1884, p. 338).
L'edificio visto dal Rossi, che è andato perso come la PORTA MARINA, sembrerebbe, per la descrizione, di natura pubblica ma la mancanza di dati impedisce di giustificarne la prima funzione (posto militare ?) e di finalizzarne l'evoluzione in senso civile (emporio? qualche tipo di ufficio?).
Non si dimentichi che una città marinara come Ventimiglia, nella romanità, doveva avere dei punti di riferimento obbligatori (attrezzature, magazzini, uffici vari) verso la linea di meridione.









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