ARMI DA FUOCO

Rispetto agli Statuti del 1556 [in cui (lib. II, capo XII) si fa cenno all'uso illecito di archi, balestre e "schioppi"] ed alle Leggi Nuove del 1576, nelle Riforme del 1587 si presta maggiore attenzione all'uso d'ARMI DA FUOCO(par. 36) "Chi in avvenire con archibuggi, ò pistole, ò da ruota, ò da miechia meno di palmi tre, e un terzo di canna, balestriglie,ò fuzelli ferirà o farà ferire qualcuno, amazzando ò no, e rispetto agli archibuggi sudetti sparerà o farà sparare per offendere ancor che non faccia colpo, incorra nella pena di morte naturale..."(il par.37 ribadisce la pena di morte per chi si avvalga contro nemici di altri archibuggi lunghi più delli suddetti): l'uso di armi da fuoco fu novità crescente per la giustizia.
Il testo del 1587 cita la pistola, arma della cavalleria, destinata, per maneggevolezza, ad un gran ruolo in criminologia.
Ideata per scontri ravvicinati, senza strumenti da appoggio come per balestre, archibugi (mediamente a ruota) e "schioppi", l'arma si evolse dal tipo "a miccia" a quello (metà '500) "a ruota", per cui si sfregava un pezzo di pirite fra le ganasce di un cane che provocava l'accensione della carica nella canna: l'introduzione del sistema di accensione a "pietra focaia" rese presto l'arma più comoda, ideale non solo per soldati e truppe regolari, oltre che per le forze di polizia, ma anche per banditi e lestofanti che la celavano fra le pieghe degli abiti (arma corta).
La rivoluzione delle ARMI DA FUOCO condizionò pure la "medicina legale" e l'opera dei vulnerarii o medici-chirurghi di guerra.
l'astigiano Botallo, discepolo del Falloppio, fatta esperienza di Chirurgo militare dal 1544 presso le truppe francesi in Italia, in un'opera di medicina militare, seguendo il Paré, scrisse che le "ferite d'ARMA DA FUOCO non erano AVVELENATE e potevano trattarsi CON PIU' POSSIBILITA' DI SUCCESSO e in modo MENO TRAUMATICO rispetto a quelle delle ARMI BIANCHE (frecce, dardi o lame, che secondo un'usanza rinascimentale, si spalmavano con VELENI.
Un discorso a parte, molto complesso, riguarda poi le armi da fuoco collettive cioè l'ARTIGLIERIA in continua evoluzione come attesta la stessa distruzione del CASTELLO DI DOLCEACQUA: in effetti durante i primi assedi ai castelli con armi da sparo a polvere pirica si utilizzavano le BOMBARDE. Delle BOMBARDE si ha notizia già nel XIII sec. ed erano fatte di verghe di ferro disposte come le doghe delle botti e saldate e rinforzate esternamente da cerchi di ferro> in tempi successivi vennero fuse in ferro, bronzo od altre leghe metalliche (erano costituite di due parti: la "tromba" in cui si metteva la palla in pietra , od anche vario materiale contundente, e la posteriore -detta "gola" o "coda"- dove stava la carica di lancio.
Con il termine BOMBARDA si indicò generalmente l'"artiglieria" fino all'avvento del CANNONE a fine '400- e, tenendo conto che le BOMBARDE erano soprattutto in dotazione a truppe assedianti è fattibile che assai spesso corrispondessero alla tipologia del MORTARO o TRABOCCO tipica arma delle forze di terra impegnate nel tentativo di forzare la difesa di un castello o di una città fortificata
L'Alto Medioevo, con l'esaltazione del combattimento episodico, centrato sulla figura del cavaliere, non fu certo favorevole allo sviluppo delle ARTIGLIERIE., proprie di un esercito organizzato.
Solamente la necessità imposta dagli assedi del gran numero di castelli che ostacolavano le operazioni militari, costrinse l'arte militare medievale a mantenere in vita macchine da guerra (come le BALISTAE o gli ONAGRI, molto simili a CATAPULTE perfezionate ed abbastanza mobili: armi comunque già molto sviluppate ai tempi degli eserciti di Roma ed estremamente efficienti sia negli assedi che in determinati combattimenti navali> naturalmente, col passar del tempo ed il miglioramento delle fortificazioni, queste armi, data anche la loro limitata manovrabilità, finirono per risultare insufficienti a grosse imprese di demolizione. Bisogna tuttavia rammentare che, per gli eserciti romani in cui esisteva, estremamente ben organizzata ed irregimentata, questa artiglieria nervobalistica messa in tiro e funzione da reparti specializzati, l'importanza di tali grosse armi -in grado anche di scagliare in un sol colpo un notevole numero di dardi pesanti e di proiettili demolitori- fu assai rilevante e permise di ottenere a forze imperiali abbastanza ridotte vittorie impreviste su soverchianti forze di barbari invasori) .
La rivoluzione delle ARTIGLIERIE fu prodotta dalla polvere da sparo, ma per quanto le prime esperienze datino al 1200, le ARTIGLIERIE a polvere pirica (guanna, ballista mirabilis, igniferens tubus furono le prime denominazioni del pezzo di ARTIGLIERIA) impiegarono poi duecento anni ad affermarsi.
Causarono il ritardo l'etica militare dell'epoca (I'uso di tali mezzi di guerra era ritenuto sleale tra cristiani), le buone prestazioni raggiunte dalle Artiglierie nervobalistiche (che anche permettevano di lanciare ostaggi o prigionieri "vivi" oltre le mura), la poca garanzia delle prime armi da fuoco. Queste (BOMBARDE) erano in 2 pezzi, detti mascolo e tromba, che talora si separavano all'atto della esplosione, facendo strage di serventi.
Queste bocche da fuoco lanciavano un po' di tutto: massi di pietra, dardi, quadrelle.
L'affermazione delle ARTIGLIERIE a polvere pirica si ebbe tra fine '400 e XV sec., quando la loro maggiore rapidità di tiro, la relativa semplicità di trasporto e l'economia di costruzione, le anteposero gradualmente alle macchine da guerra tradizionali. Contriburono inoltre al loro successo le evidenti qualità balistiche.
Nell'IMMAGINE si vede una SPINGARDA (conservata al "Museo Poldi-Pezzoli" di Milano: altri simili esemplari si trovano a Torino -Museo Nazionale d'Artiglieria- ed a Firenze: altri esemplari sono a Copenaghen, "Tojhusmuseet"). Era una variante di cannone, tipica di artiglierie sottili e ad anima lunga.
In seguito, nel tipo a mascolo, l'arma entrò nell'uso delle artiglieria mobile e da campagna ed era incavalcata su affusti a ruote trainati da muli o cavalli (si elaborarono anche accoppiamenti di SPINGARDE ed anche TERNE in modo da ottenere un fuoco più micidiale. La BOMBA che sparava era di ferro colato o piombo con una cavità destinata a contenere la CARICA (da un terzo alla metà in peso del proiettile) costituita di polvere più potente di quella usata per artiglierie ad anima corta o mezzana.
La traiettoria tesa dei
CANNONI
(prescindendo dalla varia tipologia: da postazione, forte o castello, da campagna, da vascello ecc.) li rendeva efficacissimi contro opere murarie) e le svariate potenzialità di impiego
Spetta al Sovrano francese Carlo VIII durante la campagna d'Italia del 1494 lo sfruttamento ottimale della mobilità delle nuove ARTIGLIERIE (trainate da veloci cavalli), che devastarono le truppe fiorentine e napoletane.
Il cannone tipico di questo secolo era realizzato in unico pezzo, con fusione di leghe diverse e poi di bronzo, ad avancarica (esperienze di armi a retrocarica con chiusura a vite furono piuttosto frequenti nel 1400, ma gli ostacoli tecnico-costruttivi non permisero una chiusura affidabile), montato su un affusto di legno, senza possibilità di brandeggio ed elevazione, trainato da coppie di buoi prima, cavalli o muli in seguito.
Nei secc. XIV e XV, si esperirnentò un'arma da fuoco più leggera, destinata ad essere impiegata da un uomo solo.
Si trattava dei cannoni a mano, di non oltre 19 mm di calibro, che evolvendosi in due diverse direzioni, originarono l'archibugio, la colubrina , e più estesamente l' Artiglieria Ieggera.
I successi delle artiglierie di Carlo VIII e poi di Alfonso d'Este nelle battaglie di Ravenna (1512) e Marignano (1515), determinarono sia un'ulteriore diffusione di queste armi, sia il fervore sperimentale del sec. XVI.
Soprattutto la tecnica costruttiva delle bocche da fuoco si arricchisce nel 1500 delle esperienze sulla fusione dei metalli del senese Vannoccio Biringuccio ( 1480- 1539), e raccolte nella sua Pirotecnia oltre che delle realizzazioni di Giulio Savorgnano (1516-1595) che, a fine secolo, realizzò Artiglierie Iunghe fino a 40 calibri.
Il pezzo di artiglieria, dopo queste esperienze (inizio sec. XVI), è di bronzo, monoblocco, ricavato per fusione e seguente alesatura, munito di orecchioni per il puntamento in I devazione, su affusto a ruote.
II proietto è una palla di ferro fuso o di piombo con un dado di ferro incorporato: il suo calibro risulta diminuito rispetto alle vecchie bombarde, che lanciavano palle di pietra fino a 700-800 mm di diametro.
Appaiono anche i primi proiettili esplosivi, sfere di ferro, vuote all'interno e riempite di polvere da sparo, la cui accensione avveniva per via di una miccia passante attraverso un foro o focone.
La carica di lancio era di polvere da sparo serpentina, i cui componenti (zolfo, carbone e salnitro) erano trasportati in barili separati per ragioni di sicurezza: essi venivano mescolati in un truogolo prima del caricamento dell'arma, ancora ad avancarica.
Un' evoluzione (la cui idea fu già di Leonardo da Vinci) consiste nella realizzazione di un cartoccio di carta, legato alle due estremità e contenente la carica di lancio preconfezionata.
Nel sec. XVII più che perfezionamenti tecnici si ebbero migliorie strutturali conseguenti ad una superiore comprensione del ruolo delle Artiglierie in battaglia: in tale quadro si diversificano così le Artiglierie da assedio e da fortezza (poi dette da piazza), le quali permangono di elevato calibro e peso, mentre si diffondono le Artiglierie da campagna, di piccolo calibro, leggere, maneggevoli e rapide nel tiro.
Le bocche da fuoco di queste ultime erano fuse in metallo più sottile, per farle più leggere, e fasciate, spesso, di cuoio; impiegavano munizionamento preconfezionato con celerità di tiro superiore a quella del moschetto: le trainavano uno o due cavalli e le assistevano due serventi.
Gustavo Adolfo di Svezia inserì scientificamente e con successo le Artiglierie leggere nel suo battaglione di fanteria impiegandole nella guerra dei Trent'anni ("periodo svedese" 1630-35).
L'orientamento a realizzare le Artiglierie secondo le previsioni di impiego divenne fatto scientifico col francese Gribeauval nel sec. XVIII: le Artiglierie risultarono distinte nelle 4 categorie, da campagna, da assedio, da piazza e da costa, ogni arma fu quindistudiata e calcolata in relazione alle caratteristiche volute; si diversi ficano i materiali impiegati; la bocca da fuoco viene ricavata con trapanazione dei pezzi gettati in blocco di fusione, e verificata con uno strumento apposito, la stella mobile: si cominciano pure a calcolare le velocità iniziali del proietto.
A Gribeauval spetta pure l'introduzione del traino a timone e l'irrobustimento degli affusti con assali di ferro, vari perfezionamenti nei sistemi di puntamento e nel munizionamento (la scatola a mitraglia).
Nel Regno sabaudo contemporaneamente si costruirono e usarono (assedio di Torino del 1706) le prime efficaci artiglierie a retrocarica con un meccanismo di otturatore a blocco che scorreva verticalmente.
Con tali cannoni leggeri si ottenne grande rapidità di tiro: in seguito, a metà secolo, sempre a Torino Ignazio Bertola realizzò il primo pezzo scomponibile e someggiabile da montagna, impiegato contro i franco-spagnoli nella campagna del 1744.
Giuseppe Caforio, alla voce Artiglieria del Grande Dizionario Enciclopedico della Casa Editrice UTET di Torino, in merito alla grande importanza che la ricerca scientifica sabauda e piemontese ebbe dal '700 nell'evoluzione delle armi da fuoco di grosso calibro, ancora scrive:
"La realizzazione e la diffusione delle Artiglierie a retrocarica si deve tuttavia alle esperienze condotte un secolo dopo dal piemontese Giovanni Cavalli (1808 - 1879), che realizzò anche la rigatura dell'anima della bocca da fuoco. Al pregio di una maggior precisione, dovuta alla stabilità del proietto lungo la traiettoria, le Artiglierie rigate aggiunsero una gittata quasi quadrupla rispetto alle bocche da fuoco tradizionali. Una curiosità storica: i primi ad adottare i cannoni rigati non furono i piemontesi, bensì i francesi, della cui Artiglieria rigata l'esercito sabaudo constatò con sorpresa le migliori prestazioni, quando li ebbe alleati nella seconda guerra di indipendenza (1859). Ancora al Cavalli debbono essere attribuite altre interessanti innovazioni ai diversi congegni costituenti il pezzo di Artiglieria, le quali, unite al miglioramento delle tecniche siderurgiche, alla realizzazione di affusti a deformazione, a studi ed esperienze di altri studiosi, come H.J. Paixhans portarono le Artiglierie ad assumere una importanza fondamentale nei conflitti del sec. XIX".























E' da menzionare, ancora, nei fucili del '700 ad avancarica la CAZALINA (CAZZA per i pezzi d'artiglieria) cioè uno strumento di rame (detto anche cucchiara o cucchiaia che serviva ad introdurre la carica.
La BOMBA e la sua storia comportano un discorso altrettanto vario
Le cronache originarie delle armi da fuoco citano bombe nel 1428, ma esse furono usate ampiamente solo a fine '500.
Peraltro in un primo momento non si poteva parlare di bombe vere e proprie, essendo prive di esplosivo.
Si trattava sfere, di metallo o più spesso ancora di pietra, di cui si sfruttava l'energia di impatto.
Nell'immagine si vedono le BOMBE più esattamente definite PALLE DA CANNONE tra cui le INCATENATE in uso specie contro gli SQUADRONI DI CAVALLERIA ed ancor più nei COMBATTIMENTI NAVALI per SQUARCIARE LE VELE E DISALBERARE I VASCELLI NEMICI.
In seguito le PALLE DA CANNONE vennero sempre più sostituite da BOMBE ESPLOSIVE: dapprima erano grosse sfere cave di ferro fuso, o anche di rame, riempite di polvere, munite di due orecchiette con anelli di ferro per facilitarne il maneggio e l'introduzione nella bocca del mortaio [MORTAIO ALL'ORDINARIA quasi sempre, come nell'immagine, variante di cannone tipico della fanteria e caratterizzata da forte curvatura della traiettoria e normalmente dotata di bocca da fuoco corta, di affusto capace di far assumere alla bocca grandi angoli di inclinazione, di meccanismo di sparo a percussione per gravità o a molla], fornite di una lunga spoletta di ferro con lucignoli e stoppini.
Vicine a queste erano le BOMBE CORRIERE in una cui cavità invece che esplosivo si mettevano notizie e documenti che gli assediati scambiavano con le truppe, all'esterno della piazza assediata, inviate in loro soccorso, per organizzare gli aiuti da prestare o le sortite da parte degli assediati.
Poco dopo vennero le BOMBE A MANO o GRANATE usate da truppe di granatieri nel combattimento ravvicinato.
Comparvero pare nel 1536 all'assedio di Arles e poi a quello di Stettino (1676) fecero la loro apparizione le GRANATE CON BACCHETTA.
Col perfezionamento delle artiglierie e del fucile, all'epoca del del Paixhans, le BOMBE DA CANNONE furono sostituite da GRANATE strutturalmente simili a quelle odierne: viceversa le GRANATE A MANO caddero in disuso. Le BOMBEe le GRANATE A MANO ricomparvero però in seguito forme diverse: le prime nel corso della prima guerra mondiale come BOMBE DA BOMBARDA; le seconde come BOMBE A MANO dapprima nella guerra russo-giapponese per iniziativa nipponica (1905-06), poi nella I guerra mondiale.
Le immagini sono tratte da C.D'EMBSER, Disegni d'ogni sorta de cannoni et mortari..., MS., Torino, Scuola di Applicazione, 1732, tavole varie.







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