Alessandro Magno (Pella, Macedonia, 21 luglio 356 a.C. - Babilonia 10 giugno 323 a.C.) ufficialmente Alessandro III (qui in una scultura custodita al Britsh Museum) re di Macedonia a partire dal 336 a.C., fu uno dei più celebri conquistatori e strateghi del mondo antico. È conosciuto anche come Alessandro il Grande, Alessandro il Conquistatore o Alessandro il Macedone.
In soli dodici anni il celeberrimo condottieroconquistò l'impero persiano, l'Egitto e altri territori spingendosi fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India settentrionale.
Le sue vittorie sul campo di battaglia, accompagnate da una diffusione universale della cultura greca e dalla sua integrazione con elementi culturali dei popoli conquistati, diedero l'avvio al periodo ellenistico della storia greca.
Il suo straordinario successo, già durante la sua vita, ma ancor più negli anni successivi alla sua morte, ispirò una tradizione letteraria nella quale egli appare come un eroe mitologico, assimilato ad Achille.
Dopo la sua morte il suo regno fu suddiviso tra i generali che lo avevano accompagnato nella sua spedizione e si costituirono i regni ellenistici, tra cui quello tolemaico in Egitto, quello degli Antigonidi in Macedonia e quello dei Seleucidi in Siria, Asia Minore, e negli altri territori orientali.
La vita e la figura di Alessandro Magno hanno presto assunto colorazioni mitiche. Storie a lui riferite si ritrovano non solo nelle letterature occidentali. Nel Corano, il misterioso Dhu al-Qarnayn (il Bicorne o letteralmente Quello dalle due corna) viene per lo più identificato con lui.
Alessandro era figlio del re Filippo II di Macedonia e della sua seconda o terza moglie, Olimpiade, principessa di origine epirota. La famiglia di Filippo vantava una discendenza da Eracle e quella di Olimpiade dall'eroe Achille.
Secondo la leggenda, in parte da lui stesso alimentata dopo essere salito al trono, e riferita da Plutarco, il suo vero padre sarebbe stato tuttavia lo stesso dio Zeus.
All'epoca della nascita di Alessandro sia la Macedonia che l'Epiro erano considerati stati semibarbari, alla periferia settentrionale del mondo greco. Filippo volle dare al figlio un'educazione greca e, dopo Leonida e Lisimaco di Acarnania, scelse come suo maestro nel 343 a.C. il filosofo Aristotele, che lo educò come un vero greco, insegnandogli la scienza e l'arte, gli preparò appositamente un'edizione annotata dell'Iliade e gli restò legato, come amico e confidente, per tutta la vita.
All'età di dodici o tredici anni si narra che il giovane Alessandro manifestasse la propria straordinaria natura riuscendo a domare da solo il cavallo Bucefalo regalatogli dal padre Filippo: avendo infatti notato che era spaventato dalla propria ombra, lo mise col muso rivolto verso il sole prima di montargli in groppa.
L'unicità del personaggio si riscontra persino in una sua singolare caratteristica fisica: aveva, infatti, un occhio di colore azzurro e l'altro nero.
Nel 340 a.C., a soli sedici anni, durante una spedizione del padre contro Bisanzio gli fu affidata la reggenza in Macedonia. L'anno successivo (339 a.C.) Filippo volle divorziare da Olimpiade per sposare Euridice, nipote del suo generale Attalo, che prenderà quindi il nome di Cleopatra.
Nel 338 a.C. Alessandro guidò la cavalleria macedone nella battaglia di Cheronea.
Nel 336 a.C. Filippo venne assassinato durante le nozze della figlia Cleopatra con il re Alessandro I d'Epiro, da un ufficiale della sua guardia di nome Pausania , immediatamente ucciso dalle guardie macedoni dopo l'assassinio di Filippo. Si riteneva tradizionalmente, seguendo il racconto di Plutarco che della congiura fossero almeno a conoscenza, se non direttamente coinvolti, sia Olimpiade, che Alessandro, venuto a contrasto con il padre a causa del suo divorzio dalla madre, ma è invece possibile che l'assassinio sia stato istigato dal re di Persia Dario III, appena salito sul trono.
Secondo Aristotele, Pausania, amante di Filippo, avrebbe ucciso il re macedone perché oltraggiato dai seguaci di Attalo, zio della nuova moglie Euridice. Il fatto che esistessero complici in attesa di Pausania in fuga, depone tuttavia a favore dell'esistenza di un complotto organizzato e non semplicemente di un episodio legato a faccende private.
Dopo la morte di Filippo, Alessandro, all'età di 20 anni, fu acclamato re dall'esercito e immediatamente si occupò di consolidare il suo potere, facendo sopprimere i possibili rivali al trono. Perirono Aminta, il figlio di Perdicca III di cui Filippo era stato tutore, diversi fratellastri di Alessandro e Cleopatra, la giovane moglie di Filippo, il cui zio Attalo fu raggiunto da un sicario in Asia Minore. Consolidato il suo potere in Macedonia, egli cominciò ad espandere la propria autorità nei Balcani cominciando dai Greci. Arrivato a Larissa, egli ribadì ai tessali le proprie buone intenzioni nei loro confronti, cioè come protettore nei confronti dei Persiani. A un'assemblea della Lega Tessalica, Alessandro fu eletto capo, gli fu affidata l'amministrazione delle entrate e gli fu promesso l'appoggio nella Lega Ellenica. Successivamente gli stati greci nella Lega di Corinto, eccetto Sparta, proclamarono Alessandro comandante, delle loro forze contro la Persia.
Appoggiato da tutti i Greci, Alessandro avviò la campagna dei Balcani contro i Triballi e gli Illiri. Avanzando nella Tracia, egli sterminò quasi completamente tutti i suoi nemici. Egli trascorse quasi 4 mesi nei Balcani orientali prima di puntare a ovest ed entrare nel territorio degli agriani. Clito, figlio di Bardilo II, che regnava in quello che è l'odierno Kosovo sui Dardani e Glaucia, re dei Taulanti (presso Tirana), erano in rivolta. Saputo ciò Alessandro raccolse tutti i suoi uomini: circa 25000 fanti e 5000 cavalieri. La battaglia cruciale si combatté a Pelio occupata da Clito e la battaglia fu vinta grazie ad una mossa geniale di Alessandro nel "Passo del lupo", presso Pelio. In Grecia, tuttavia, si sparse la voce che Alessandro fosse rimasto ucciso in battaglia, e questa notizia provocò una nuova ribellione delle città greche, alimentata dai Persiani. Con una marcia rapidissima di più di 200 km, Alessandro raggiunse Tebe, la circondò e la rase al suolo, risparmiando unicamente i templi degli dei e la casa del poeta Pindaro, ottenendo la sottomissione completa delle altre città, eccetto Sparta.
La prima spedizione greco-macedone inviata da Filippo II in Asia Minore, al comando del generale Parmenione, era stata respinta sulla costa dall'esercito persiano, comandato dal generale rodio Memnone, che teneva la città di Abido, dove sarebbe dovuto sbarcare l'esercito greco. Nel 334 a.C. Alessandro, dopo aver consolidato la sua posizione in Grecia e Macedonia (dopo la morte del padre Filippo) e dopo aver lasciato Antipatro come suo rappresentante in patria, sbarcò in Asia Minore con un esercito di circa 35.000 uomini. Il nucleo era formato dall'esercito macedone, rafforzato dagli scarsi contingenti provenienti dalle città greche.
Memnone sosteneva la tattica della terra bruciata, davanti alle truppe macedoni appena sbarcate, ma i satrapi persiani non vollero abbandonare i propri territori al nemico e preferirono scontrarsi subito con l'esercito invasore.
Nel maggio del 334, presso il fiume Granico, vicino al sito della leggendaria Troia (sulla strada da Abido a Dascylium, vicino all'odierna Ergili), si svolse il primo contatto tra gli eserciti.
La tattica di Alessandro era chiara: aprire dei varchi nella fanteria nemica, lasciando poi spazio alla cavalleria per spezzare l'esercito persiano (che era disposto lungo le ripide rive del fiume), permettendo alla falange macedone di caricare con le sarisse e porre fine alla battaglia. Alle prime luci dell'alba, l'armata macedone si scagliò sui Persiani. Durante l'avanzata, Alessandro fu ferito alla testa e molti degli uomini della sua guardia personale persero la vita, ma il giovane re risultò comunque vittorioso.
La battaglia si era finalmente risolta in uno scontro tra cavallerie, nel quale quella macedone ebbe la meglio, mettendo in fuga la controparte nemica. Molti dei nobili e generali persiani persero la vita nello scontro, tra di essi Farnace, il cognato di Dario. Solo 2.000 dei 20.000 mercenari greci agli ordini di Memnone furono risparmiati e mandati ai lavori forzati nelle miniere del Pangeo.
L'Asia Minore era aperta alla conquista macedone: Sardi fu consegnata senza opporre resistenza e anche Efeso fu facilmente conquistata. Mileto fu presa dopo un breve assedio per terra e per mare e infine anche Alicarnasso dove si era rifugiato Memnone. Il governo della Caria fu affidato ad Ada, ultima sorella di Mausolo, dinasta di quella regione, che aveva appoggiato Alessandro. Tutte le città greche della costa salutavano in Alessandro il restitutore della libertà, mentre i regimi oligarchici, fedeli alla corte persiana, erano rimpiazzati da istituzioni democratiche ed entravano nella Lega di Corinto.
Mentre il grosso dell'esercito svernava in Lidia al comando di Parmenione, Alessandro passava in Licia, in Panfilia, in Pisidia e in Frigia. Qui, nell'antica capitale Gordio si svolse l'episodio del celebre nodo gordiano. Pare che esistesse un antico carro il cui giogo era assicurato da un nodo inestricabile e che un oracolo avesse promesso il dominio dell'Asia a chi fosse riuscito a scioglierlo. Alessandro dopo alcuni tentativi risolse il problema estraendo la spada e tagliando il nodo con un colpo netto.
Nella primavera del 333 a.C., morto il generale Memnone, e riunitosi con il grosso dell'esercito, Alessandro si accinse ad entrare in Siria. Il re persiano Dario III aveva radunato un esercito numeroso, tre o quattro volte superiore a quello greco, che aveva preso posizione nella pianura all'uscita dei passi montani delle "porte siriache" e i due eserciti si fronteggiarono per qualche tempo.
A novembre, infine, il re persiano, temendo che l'inverno lo costringesse a ritirarsi nei quartieri invernali senza aver fermato Alessandro, e fiducioso della superiorità numerica del suo esercito, si spostò alle spalle dell'esercito macedone, nella pianura costiera di Isso, l'odierna Dörtyo. La scelta strategica di Dario non fu ottimale poiché non più di 60.000 poterono essere schierati nella ristretta pianura chiusa tra i monti del Tauro e il mare.
Appena Alessandro caricò con la cavalleria leggera sull'ala sinistra, dove si trovava Dario con la sua guardia personale, il re persiano si diede alla fuga, compromettendo irrimediabilmente l'esito della battaglia (che pure stava volgendo a favore dei Persiani in altri punti). La battaglia si concluse con una completa disfatta dell'esercito persiano e vennero presi oltre ad un immenso bottino anche la madre, la moglie, due figlie e un figlio di Dario. Il Grande Re perse le sue migliori truppe, quasi tutti i più validi ufficiali del suo esercito e soprattutto il proprio prestigio di condottiero, distrutto dalla sua precipitosa fuga davanti al nemico.
Alessandro si dedicò quindi alle città costiere, per eliminare le ultime basi della flotta persiana. Si sottomisero senza combattere Arado, Biblo e Sidone con le loro squadre navali, mentre Tiro oppose un'accanita resistenza e fu vinta solo dopo un assedio di sette mesi nel 332 a.C.. Per conquistare Tiro Alessandro si servì dei detriti dell'antica città continentale, distrutta anni prima da Nabucodonosor II, per costruire una strada rialzata lunga 800 m e raggiungere così la città insulare. Anche Gaza cedette dopo due mesi di assedio. Gerusalemme invece aprì le porte e si arrese, secondo Giuseppe Flavio (Antichità giudaiche, XI, 337 [viii, 5]), ad Alessandro fu mostrato il libro biblico di Daniele, si pensa l'ottavo capitolo, dov’è indicato che un potente re greco avrebbe assoggettato e conquistato l'impero persiano.
Alessandro aveva rifiutato le proposte di pace di Dario, preferendo la via della conquista all'accontentarsi dei numerosi territori fino a quel momento assoggettati. Invece di proseguire immediatamente verso l'Asia, Alessandro preferì entrare in Egitto al fine di coprire le spalle al suo esercito prima della spedizione successiva.
Tra il 332 e il 331 a.C. fu accolto come un liberatore in Egitto. Infatti, era in quel paese africano che il giogo persiano era maggiormente avvertito e il meno accettato. Alessandro ricompensò gli Egiziani riordinando l'amministrazione non sul modello del satrapo persiano fino ad allora da lui adottato, ma nominando due governatori indigeni, Petisi e Doloaspi. L'amministrazione delle finanze fu invece affidata a un greco residente in Egitto, Cleomene di Naucrati. Ai macedoni e ai greci al seguito di Alessandro e ai membri della sua corte furono assegnate solo cariche militari, ma non civili.
Alessandro dimostrò inoltre grande rispetto per gli dei del paese. A Menphi fece un sacrificio al bue Api, ingraziandosi così i sacerdoti egiziani e si recò fino all'oasi di Siwa nel deserto libico, dove esisteva un celebre santuario oracolare del dio Amon (assimilato dai Greci a Zeus). Il responso dell'oracolo lo dichiarò figlio del dio, offrendogli un punto di partenza per l'istituzione di un culto divino centrato sulla sua persona.
Nella regione del Delta del Nilo, su una stretta lingua di terra tra la palude Mareotide e il mare, dove a un miglio dalla costa sorgeva l'isola di Faro, decise la fondazione di Alessandria d'Egitto, la prima delle molte città a cui diede il suo nome.
Nella primavera del 331 a.C. Alessandro riprese la marcia verso oriente, dove Dario aveva raccolto un esercito nelle pianure dell'Assiria, nelle quali avrebbe meglio potuto sfruttare la propria superiorità numerica. L'esercito greco-macedone passò indisturbato prima l'Eufrate e quindi il Tigri. Il contatto con l'esercito di Dario avvenne il 20 settembre presso il villaggio di Gaugamela, non lontano dalle rovine di Ninive.
La battaglia fu di vitale importanza per Alessandro. Il mito racconta che il macedone avesse solo 30000 fanti e 3000 cavalieri contro 1 milione di persiani [più verisimilmente quasi 600.000 uomini]. Per evitare di essere aggirato da un esercito tanto più numeroso del suo e disteso su un fronte lunghissimo, aveva schierato appositamente una seconda linea dietro il fronte di battaglia. La vittoria fu decisa dall'attacco della cavalleria all'ala destra, guidata dallo stesso re macedone, mentre il generale Parmenione teneva fronte sul lato opposto alla cavalleria nemica.
Caddero nelle mani di Alessandro i magazzini e il tesoro dell'esercito e decine di migliaia di prigionieri. Il re Dario era fuggito nei territori montuosi della Media. Alla fine di ottobre Alessandro entrò in Babilonia dove ricevette la sottomissione del satrapo Mazeo, che fu lasciato al governo della provincia con accanto un comandante militare e un tesoriere greco.
Si spostò quindi a Susa impadronendosi del tesoro che vi si conservava. Poté anche recuperare diverse opere d'arte che Serse aveva sottratto in Grecia nel 480 a.C., tra cui il famoso gruppo statuario dei Tirannicidi Armodio e Aristogitone, che fece rispedire ad Atene.
Dopo aver sconfitto un'ultima resistenza presso le porte persiane nelle attuali montagne dello Zagros entrò infine a Persepoli, la capitale del re, dove venne in possesso del tesoro reale e diede alla fiamme il palazzo di Serse, vendicando così la sua invasione della Grecia.
Nel frattempo in Grecia, Antipatro aveva sconfitto nella battaglia di Megalopoli (autunno del 331 a.C.) il re spartano Agide, eliminando definitivamente l'ultima opposizione delle città greche al dominio macedone.
Nel 330 a.C. Alessandro marciò su Ecbàtana, costringendo alla fuga il re Dario che vi aveva passato l'inverno. Questi, durante la fuga fu deposto dal satrapo della Bactriana, Besso, membro della famiglia reale achemenide che, poi, lo fece uccidere al sopraggiungere di Alessandro. Questi riportò indietro il cadavere del re persiano che fece seppellire con tutti gli onori nelle tombe reali.
Ad Ecbàtana, Alessandro congedò i contingenti delle città greche. Il compito di vendicare l'invasione della Grecia da parte di Serse si era infatti ormai concluso.
Alessandro si considerava ora il continuatore della monarchia persiana, e come tale considerò suo dovere punire l'usurpatore Besso, che aveva tradito ed ucciso Dario per dichiararsi re con il nome di Artaserse V. Besso fu inseguito attraverso le regioni dell'Ircania, della Drangiana, oggi Afghanistan occidentale, e della stessa Bactriana, dove Besso fu infine sconfitto presso il fiume Osso (oggi Amu-darja). Una corte di giustizia persiana lo dichiarò colpevole di alto tradimento e venne quindi giustiziato ad Ecbàtana.
In queste regioni fondò una serie di città con il nome di Alessandria, tra cui una presso l'odierna Herat e un'altra presso l'attuale Kandahar, in Afghanistan.
Assoggettò la regione della Sogdiana e giunse quindi ai confini dell'odierno Turkestan cinese, dove fondò un'altra Alessandria che chiamò Eschate, o "Ultima" (odierna Chodjend). Soggiornò ancora a Samarcanda e nella Bactriana e sposò Rossane figlia di un comandante della regione, per rafforzarvi il suo potere.
Il proposito di Alessandro di unificare in un solo popolo Macedoni e Persiani e soprattutto la sua idea del carattere divino della monarchia, gli cominciarono ad alienare le simpatie del suo seguito. L'opposizione si manifestò soprattutto quando decise di imporre il cerimoniale della proskynesis, proprio della corte persiana, anche ai suoi sudditi occidentali. La cerimonia prevedeva infatti che chiunque comparisse davanti al re si prosternasse davanti a lui per poi rialzarsi e riceverne il bacio, e dunque andava contro all'idea greca di omaggio accettabile da parte di un uomo libero ad un altro uomo. Alessandro dovette comunque abbandonare il tentativo di introdurre tale pratica (che comunque non aveva reso obbligatoria), dato che quasi tutti i greci e i macedoni si rifiutavano di eseguirla.
Nel 330 a.C. fu scoperta durante un soggiorno nella capitale della Drangiana una prima congiura contro Alessandro, nella quale fu coinvolto Filota, comandante della cavalleria e figlio di Parmenione, che quanto meno avendone avuta notizia non aveva avvisato il sovrano. Filota fu condannato per alto tradimento dal tribunale dell'esercito e Alessandro fece uccidere dai suoi sicari anche suo padre, il generale Parmenione, rimasto a Ecbàtana con una buona metà dell'esercito, per prevenirne una possibile ribellione.
A Samarcanda nel 328 a.C. Alessandro inoltre uccise in stato di ebbrezza nel corso di un banchetto per una piccola disputa il suo amico d'infanzia Clito che gli aveva salvato la vita nella battaglia del Granico.
Nel 327 a.C. fu inoltre scoperta una congiura tra i paggi del re, che furono tutti condannati a morte e giustiziati. Ne fece le spese anche Callistene, nipote di Aristotele e storiografo di corte, strenuo oppositore della cerimonia della proskynesis (prostrazione innanzi al re considerato un Dio) e maestro dei paggi, che venne tenuto per qualche tempo prigioniero e poi giustiziato, alienando ad Alessandro molte simpatie del mondo intellettuale e filosofico greco.
Come continuatore dell'impero achemenide, Alessandro vagheggiava un impero universale e si proponeva forse di arrivare con le sue conquiste fino al limite orientale delle terre emerse. Gran parte dell'India nord-occidentale era stata sottomessa ai persiani al tempo di Dario I, che aveva fatto esplorare l'intera valle dell'Indo. In quel momento la regione era suddivisa in vari regni in lotta tra loro.
Dopo aver preparato un nuovo esercito con truppe in gran parte asiatiche (solo gli ufficiali e i comandanti erano tutti greci o macedoni), nell'estate del 327 a.C. Alessandro varca i confini dello stato persiano presso l'odierna Kabul, accolto come alleato dal re di Tassila e, attraversata l'U??iyana da Ora, l'attuale Udegram, a Bazira, l'attuale Barikot, arriva all'Indo nel 326 a.C.. Sconfisse quindi nella battaglia dell'Idaspe il re Poro (Purushotthama o Paurava) che cadde suo prigioniero. Il re macedone fondò quindi le colonie di Nicea e di Bucefala.
Alessandro aveva forse intenzione di arrivare fino alla vallata del Gange, ma l'esercito giunto sul fiume Ifasi (oggi Beas), stanco delle lunghe piogge tropicali, si rifiutò di seguirlo oltre verso est.
Alessandro seguì quindi la valle dell'Indo fino alla sua foce, dove sorgeva la città di Pattala. Da qui spedì una parte dell'esercito, al comando di Cratero attraverso l'Afghanistan meridionale, mentre egli con un'altra parte seguì la costa attraversando la regione desertica della Gedrosia (attuale Makran nel Pakistan e nell'Iran meridionale).
Inviò inoltre una flotta al comando del cretese Nearco, per esplorare le coste del Golfo Persico sino alle foci del Tigri. La descrizione dei luoghi e dei popoli incontrati, tra cui gli Ittiofagi, fatta da Nearco ci è nota grazie soprattutto all'inserimento del suo diario nella Indica di Arriano.
Nel 324 a.C. il re con l'esercito riunito fece ritorno a Susa. Qui scoprì la cattiva amministrazione di molti dei satrapi che aveva lasciato al potere e anche di parecchi comandanti greci o macedoni. Il re procedette energicamente contro i colpevoli e sostituì molti satrapi locali con governatori macedoni.
Per perseguire il suo scopo di fare di Greci e Persiani un solo popolo spinse ottanta alti ufficiali macedoni alle nozze con nobili persiane e altri diecimila veterani si sposarono con donne della regione. Egli stesso impalmò Statira, figlia di Dario, mentre un'altra figlia del gran re persiano, Dripeti, andava in sposa al suo amico Efestione.
Passò per la prima volta in rassegna il nuovo corpo militare di 30.000 giovani persiani, accuratamente scelti ed addestrati a formare una falange macedone. Diecimila veterani furono congedati e rimandati in Macedonia con Cratero, destinato a sostituire Antipatro venuto a contrasto in patria con la madre di Alessandro, Olimpiade. Questi doveva ora recarsi in Asia con nuove reclute.
Durante l'inverno la corte si ritirò ad Ecbàtana secondo il costume della corte persiana e qui morì Efestione, per il quale Alessandro progettò un grandioso monumento funerario mai cominciato.
Nella primavera del 323 a.C. Alessandro condusse una spedizione contro il popolo montanaro dei Cossei ed inviò una spedizione per esplorare le coste del Mar Caspio. Intanto preparava una spedizione che egli stesso avrebbe guidato per conquistare e circumnavigare l'Arabia.
Una misteriosa malattia lo colse tuttavia durante i preparativi, portandolo alla morte il 10 giugno del 323 a.C., al tramonto. Così morì Alessandro, a quasi trentatré anni, nel tredicesimo anno del suo regno.
Sulle cause della sua morte sono state proposte varie teorie, che includono l'avvelenamento da parte dei figli di Antipatro o da parte della moglie Rossane, o più probabilmente una ricaduta della malaria che aveva contratto nel 336 a.C..
Ebbe due figli, uno Eracle di Macedonia nato nel 327 a.C. da Barsine, figlia del satrapo Artabazus di Frigia, e Alessandro IV di Macedonia figlio della moglie Rossane, nato nel 323 a.C.. Gli storici successivi gli attribuirono anche numerosi amanti, tra i quali l'amico Efestione e Bagoas.
Al morente Alessandro fu chiesto il nome di colui che aveva scelto come successore. Egli diede una indistinta risposta nella quale certuni compresero Eracle, il figlio di Barsine, e altri Kratisto, ossia "il migliore".
Subito dopo la sua morte l'esercito proclamò re il figlio avuto dalla moglie Rossane, Alessandro e il fratellastro Filippo Arrideo. Poiché tuttavia il primo era ancora in fasce e il secondo era infermo di mente, i comandanti del suo esercito - i Diadochi - elessero tra loro un reggente, Perdicca, che fu formalmente accettato dall'assemblea dei soldati.
Nel 322 a.C. tuttavia Perdicca venne a conflitto con Tolomeo, uno dei diadochi e satrapo d'Egitto e mosse contro questi, ma durante la spedizione rimase ucciso.
Successivamente i diadochi elessero come reggente Antipatro che tuttavia non fu accettato da tutti. Ne nacque una guerra civile nel corso della quale trovarono via via la morte i familiari ancora in vita di Alessandro, tra cui i due figli, la moglie Rossane, la madre Olimpiade, la sorella Cleopatra e la sorellastra Euridice e il fratellastro Filippo.
Le fonti storiche su Alessandro sono piuttosto numerose. Conosciamo l'esistenza di resoconti del suo storico di corte Callistene, del suo generale Tolomeo e del suo architetto militare Aristobulo, oltre che, poco dopo, di Clitarco, che sono tuttavia andati perduti.
I cinque principali storici che successivamente trattarono delle sue vicende sono:
Arriano, storico di Nicomedia ("Anabasis Alexandri", ovvero "Le campagne di Alessandro", scritto in greco)
Curzio Rufo, storico latino ("Historiae Alexandri Magni", biografia di Alessandro in dieci libri, di cui rimangono gli ultimi otto)
Plutarco di Cheronea, storico greco ("Vita di Alessandro" e due orazioni "Sulla fortuna" e "Sulla virtù di Alessandro")
Diodoro Siculo, storico greco (i libri dal XVII al XXI della sua "Bibliotecha Historia" coprono le conquiste di Alessandro e la successiva storia dei Diadochi)
Giustino ci ha invece lasciato un'epitome (o "riassunto") con molti errori ("Epitome della Storia Filippica di Pompeo Trogo").
Ciascuno di questi ci offre una differente immagine del re macedone e, come dice Strabone, "tutti coloro che scrissero di Alessandro preferirono il meraviglioso al vero".
Alessandro divenne una leggenda mentre era ancora in vita ed episodi meravigliosi furono narrati già dai contemporanei che avevano assistito alle sue imprese.
Nel secolo successivo alla sua morte i racconti leggendari sulla sua vita furono raccolti ad Alessandria d'Egitto in un Romanzo di Alessandro, falsamente attribuito a Callistene (l'autore è a volte citato come "pseudo Callistene"). Questo testo ebbe grande diffusione per tutta l'antichità e durante il Medioevo, con numerose versioni e revisioni.
In epoca tardo-antica venne tradotto in latino e in siriaco e da qui tradotto in moltissime lingue, compreso l'arabo, il persiano e le lingue slave, e costituisce forse la fonte della citazione di Alessandro nel Corano.