TRENTO, Concilio ecumenico (19°) di T. svoltosi dal 1545 al 1563.
Vista la lotta di supremazia tra Carlo V (Spagna ed Impero) e Francesco I (Francia) fu rinviato più volte l’apertura di un concilio ecumenico in grado di comporre lo scisma aperto da Lutero nel lontano 1517 e che ormai contrapponeva apertamente Cattolici e Riformati di varia estrazione teologica. Finalmente si riuscì a dar vita ad un grande concilio della Cristianità scegliendo (dopo molte controversie) Trento quale città ideale in quanto cattolica e soggetta all’Impera ma vicina alle influenze del mondo germanico e quindi sentita dai protestanti molto più amichevole delle temute città italiane. L’apertura del concilio, con auspici favorevoli vista la forte presenza di vescovi favorevoli ad instaurare un dialogo coi Riformati, si ebbe il 13 dicembre del 1545. Durante le prime sessioni si affrontarono soprattutto questioni dottrinali come la definizione della Sacra Scrittura e della tradizione a fondamento della Rivelazione, la dottrina cattolica del peccato originale ed i decreti sui sacramenti. In un secondo tempo (marzo 1547) la sede del concilio fu trasferita in Bologna ove la discussione si limitò a riflessioni sui sacramenti e ad una condanna della teologia protestante.
Carlo V intuendo un irrigidimento, a lui comunque sfavorevole visti gli interessi che aveva in una Germania pervasa da forti correnti protestante (visto che la sede di Bologna era pericolosamente esposta all’intransigente influenza del Papato) avendo trovato un qualche accomodamento coi luterani, ottenne da questi la solenne promesse di prender parte alle discussioni conciliari purché l’assemblea si fosse ritrasferita a Trento.
Paolo III non gradì affatto l’intromissione del Sovrano e nel febbraio del 1548 ordinò l’interruzione dei lavori: occorsero ben tre anni, di varia diplomazia, prima che il successore Papa Giulio III riaprisse il concilio a Trento nel 1551: qui venne sancito il principio della transustanziazione (miracolo basilare dell’eucarestia nell’interpretazione cattolica contro il principio luterano della consustanziazione) ma tuttavia, pur fra dispute di non poco conto, diversi teologi protestanti parteciparono con assiduità alle riunioni del concilio.
Poiché andavano aumentando i vescovi favorevoli ad instaurare comunque un dialogo coi protestanti, anche perché si temeva apertamente la diffidenza che andava tra loro crescendo col rischi di perdere per sempre la fede cattolica nei paesi germanici, l’intransigente Pontefice Paolo IV (1555-’59) temendo questi atteggiamenti come un’ammissione indiretta delle responsabilità della Chiesa di Roma interruppe ancora lo svolgimento dei lavori conciliari, iniziando piuttosto una campagna apertamente persecutoria contro i prelati propensi a dialogare coi riformati.
La delusione fu enorme perché andava a disegnare un grave solco nella storica compattezza della falange cristiana: tuttavia risorsero delle speranze sotto il successore Pio IV: anche per l’intercessione dei vescovi francesi, che fin a quel tempo non avevano preso parte al concilio, e dell’arcivescovo milanese Carlo Borromeo il concilio venne riaperto nel 1562 sotto la presidenza del cardinale Morone che rivelò notevoli doti di mediazione fra le diverse correnti (francese, romana e spagnola).
Tuttavia i risultati sperati non furono raggiunti ed il concilio chiudendosi (6 dicembre 1563, con la pubblicazione della Professio fidei Tridentinae nel 1564) finì col fissare la condanna del protestantesimo e di un dialogo realmente costruttivo: anzi, il segno del graduale, definitivo, irrigidimento si ebbe con una successione di atti ufficiali, come il solenne riconoscimento del primato del pontefice, la pubblicazione dell’Indice dei libri proibiti ed ancora la stesura, nel 1566, del Catechismo tridentino.
L’irrigidimento e l’incremento della severità dell’Inquisizione ecclesiastica segnò uno dei punti estremi dell'irrigidimento religioso cattolica: cui per parte protestante, soprattutto in ambito calvinista corrisposero atteggiamenti di non minore severità e persecuzione contro quanti praticassero il credo romano-cattolico.