Vito Vitale, Breviario della Storia di Genova, Genova 1955, vol. I p. 252-253 opportunatamente scrive: "In un'età tenacemente formalista [come quella costituita dal XVI secolo, ndr] le distinzioni e le apparenze esteriori del potere assumevano un'importanza preminente ed erano gelosamente difese.
Nel 1536 Carlo V concedeva un amplissimo privilegio che equiparava il Doge nel grado e nelle insegne a tutti i duchi d'Italia e del Romano Impero.
In conseguenza, la Signoria stabiliva, il 27 dicembre 1538, che il berretto del Doge venisse ornato di cerchio d'oro, e che questo e la spada non mancassero nelle cerimonie ufficiali.
Come le insegne del potere, così anche i titoli, il cerimoniale e il punto d'onore assumevano una funzione sostanziale come elemento di valutazione per gli individui e per gli Stati, perché ogni deroga poteva significare proposito di recare offesa o di dimostrare minore considerazione; perciò premessa di ogni azione diplomatica era di ottenere tutti i titoli e i segni di rispetto che si ritenevano dovuti all'ambasciatore e allo Stato rappresentato.
Nel 1580 l'ambasciatore Giorgio Doria aveva ottenuto dall'Imperatore, Rodolfo II, (e nella richiesta era il riconoscimento del principio medievale che poneva nell'Impero la suprema fonte del diritto) la concessione del titolo di Serenissimo per il Doge, per il Senato e per tutta la Repubblica; e nel 1587 fu confermato, contro il parere di Gian Andrea Doria, che fosse attribuito al Doge (era allora Ambrogio Negrone) e ai Supremi Collegi il titolo già assunto da altri capi di Stato, ma con l'aggiunta che a questi non fosse dato se essi non lo attribuivano al Doge e alla Repubblica.
Gli ambasciatori ebbero allora l'ordine di essere inflessibili nel pretendere l'uso di quella denominazione.
Fiere le opposizioni, specialmente del Duca di Savoia, che alla fine fu costretto ad arrendersi: su ben altro terreno doveva portarsi tra non molto il conflitto.
Anche più ostinato il Duca di Toscana.
Interminabili vertenze in materia anche con l'Impero, che nei propri riguardi negava la reciprocità soltanto per mercanteggiarla con compensi in denaro, e con la Spagna per caparbia ostentazione di superiorità".
Anche se per consuetudine si parla spesso anche solo di Dominio per Genova ed erroneamente si pensi da molti, anche e colpevolmente da eruditi ed intellettuali, che l'appellativo di Serenissima Repubblica sia stato vanto esclusivo della nemica storica di Genova cioè Venezia le cose non stanno in questi termini: una vasta cartografia è peraltro a disposizione per studiare la
********SERENISSIMA REPUBBLICA DI GENOVA********
e qui, per coprire il secolo di Angelico Aprosio e quel settecento in cui la sua "Libraria" godette ancora di notevole fama, si propone dapprima una emblematica porzione di una carta della Liguria redatta dal belga G.B. Vrints nel 1608 e dedicata al gentiluomo genovese Antoniotto Sivori [per una sorta di "utilitaristico" omaggio all'Aprosio ed alla sua città della gigantesca carta si è riprodotto solo l'estremo Ponente di Liguria] e quindi il tipo cartografico settecentesco redatto dall'ingegnere di guerra colonnello Matteo Vinzoni.
Così per quanto La Serenissima per antonomasia e per abitudine culturale sia stato appellativo di Venezia ed a Genova parimenti per antonomasia ed abitudine culturale sia stato conferito anche più spesso l'appellativo di Superba e/o Dominante a tutti gli effetti giurisdizionali e polici, pariteticamente, è corretto parlare di una Serenissima Repubblica di Genova in cui Aprosio ed i suoi discepoli esplicarono la loro attività culturale, spesso proprio in correlazione con l'altra Serenissima cioè Venezia.