grande castello di Gaesbeek) diventarono rifugio e punto d'incontro di un folto gruppo di esuli, di tendenza moderata, e attivo centro di contatti tra questi e numerosi esponenti della cultura romantica e liberale europea. Animatrice ne fu la moglie Costanza; l'A., il generoso finanziatore.
Intimi degli Arconati e ospiti abituali furono, per alcuni anni a partire dal 1824,Giacinto Provana di Collegno (che poi sposò Margherita Trotti cognata dell'A.); dal 1826 Giovanni Arrivabene, ma soprattutto G. Berchet, con il quale Costanza mantenne una assidua corrispondenza. Più tardi a questa cerchia si aggiunsero Giovita Scalvini e Giuseppe Massari. Ospiti per alcuni periodi furono anche G. Borsieri (1827), Pellegrino Rossi, T. Mamiani (1827), F. Confalonieri (1837), P. Borsieri (1839), e tra gli stranieri il Fauriel con Mary Clarke (1829), l'economista inglese N. W. Senior, il ministro inglese whig Adair, il poeta Longfellow, il giurista tedesco E. Gans, i liberali belgi A. Quételet, S. van de Weyer, F. de Mérode. L'A. sovvenzionò la scuola fondata a Bruxelles nel 1829dall'esule bresciano P. Gaggia, nella quale insegnò dal 1835al 1845il Gioberti; quest'ultimo tenne sempre a distinguersi dal "crocchio" Arconati; ma fu allora uno dei confidenti dell'A. e anche in seguito mantenne con lui contatti cordiali.
A intrecciare rapporti, creare scambi di cultura, i cui benefici venivano subito estesi a tutto il gruppo, servirono anche i numerosi viaggi degli Arconati. A Parigi, a Heidelberg, a Bonn, a Berlino frequentarono lezioni e ambienti culturali, riportandone ai loro amici e corrispondenti gli echi, spesso gli appunti, inserendosi nella discussione dei grandi temi che interessavano il mondo cattolico liberale d'Europa.
La rivoluzione del 1830-31 in Belgio, dove gli amici liberali salivano al potere, rafforzò ulteriormente la posizione dell'A., che si limitò a partecipare assai marginalmente alla guerra contro l'Olanda, nel 1831, come colonnello delle guardie civiche del suo cantone. Per quanto riguardava la situazione italiana, gli Arconati, che subito dopo la rivoluzione di luglio in Francia avevano inviato G. Arrivabene a Ginevra a chieder consiglio a Pellegrino Rossi, furono contrari ad ogni azione immediata.
Nel 1839 la morte improvvisa del figlio Carletto e la speranza di un ritorno a Milano, suscitata dall'amnistia concessa dall'imperatore d'Austria, indussero l'A. e la moglie a lasciare Gaesbeek. In realtà, l'amnistia non si applicava ai contumaci condannati a morte, ma nel 1840 gli Arconati ottennero il permesso di recarsi, e poi, come stranieri, di soggiornare temporaneamente a Milano. L'anno successivo fissarono il domicilio a Pisa, dove ritrovarono vecchi amici, come la famiglia Manzoni, e furono immediatamente introdotti nei circoli moderati gravitanti intorno all'università: S. Centofanti, P. Capei, G. Giusti, G. Montanelli, G. B. Giorgini, e a Firenze G. Capponi. Negli anni successivi condivisero gli entusiasmi e le esitazioni del movimento cattolico liberale: se nel 1843 parvero dapprima approvare gli attacchi della estrema destra piemontese contro il Gioberti - che se ne ebbe assai a male - in seguito si riavvicinarono a lui, pur avendo verso Il Primato le stesse riserve che esprimerà il Balbo nelle Speranze d'Italia. Nel febbraio 1846 l'A. partecipò alla manifestazione organizzata da G. Montanelli e dai circoli giobertiani di Pisa contro l'apertura di un convento di suore del Sacro Cuore voluta dai gesuiti. In seguito a ciò, nel 1847, era costretto a trasferirsi da Pisa a Firenze. Insieme con la moglie, del resto, si allontanò spesso in quegli anni dalla Toscana: nel 1846 fu a Genova per il Congresso degli scienziati, nel marzo del 1847 a Roma per esprimere il proprio entusiasmo per le riforme pontifice, prima di manifestare a Firenze quello per le riforme granducali.
Nel 1848, appena ebbe notizia dell'insurrezione, l'A. partì alla volta di Milano dove con la moglie fu tra i più attivi partigiani dell'unione immediata col Piemonte, predisposto a ciò, come buona parte dell'aristocrazia fondiaria lombarda, oltre che dal propri ideali di moderato - che nella monarchia sabauda trovava una garanzia di stabilità sociale e politica - anche dalla posizione geografica delle sue proprietà, a cavallo tra Lombardia e Piemonte. Nell'aprile l'A. si recò da Carlo Alberto, latore di una mozione di ringraziamento seguita da dodicimila firme, preludio al plebiscito di fine maggio. Ma dopo aver partecipato nell'agosto agli ultimi fatti d'arme insieme alla guardia nazionale mobile, dovette riprendere con la moglie la strada della Toscana. Qui restarono fino alla fine del 1849, personalmente indisturbati, ma irritati e intimoriti dalle rivoluzioni repubblicane di Genova, della Toscana, di Roma, malinconicamente fedeli a Carlo Alberto. Ulteriormente amareggiati dalla caduta del gabinetto Gioberti e dagli avvenimenti del 1849, essi furono spinti dalla paura di moti rivoluzionari su posizioni decisamente conservatrici.
Alla fine del 1849, dopo la restaurazione del granduca in Toscana, gli Arconati si trasferirono in Piemonte, dove risiedettero alternativamente a Torino e nella loro tenuta modello di Cassolnovo, diventata nuovo centro di incontro di moderati e cattolici, come Rosmini, Manzoni, Ricasoli, Minghetti, ecc. L'A., che aveva intanto ottenuto la cittadinanza sarda entrò nel parlamento subalpino come deputato di Vigevano nella IV e nella VI legislatura, e come deputato di Cuggiono nella VII e nell'VIII. In un primo tempo l'A. dominò un gruppo di destra, legato al Collegno e all'Azeglio e poco benevolo verso il Cavour e il Rattazzi, e spesso votò insieme con la destra clericale, soprattutto in materia ecclesiastica. Ma nel 1855 il gruppo dell'A., come il Collegno (e il Rosmini, il cui parere fu richiesto dal governo tramite l'A.), si manifestò favorevole all'intervento in Crimea, e da allora l'A. passò tra i sostenitori del Cavour.
Dopo l'unificazione, l'A. fu nominato senatore nel 1865; anche in senato continuò a sedere sui banchi della destra.
Gli ultimi anni dell'A. furono rattristati dalle cattive condizioni di salute del figlio Gianmartino, nato dopo la morte del primo figlio nel 1839. L'A. morì a Milano l'11 marzo 1873, e con la moglie, (come sopra scritto la cugina, Costanza Trotti Bentivoglio sposata nel 1818 sposò e morta due anni prima) fu sepolto ad Arconate.
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Lettere di Gino Capponi e di altri a lui, raccolte e pubblicate da A. Carraresi, I-VI, Firenze 1882-1887, v. Indice; Correspondance de Fauriel et Mary Clarke, publiée par Ottmar de Mohl, Paris 1911, v. Indice; Carteggio del conte Confalonieri ed altri documenti spettanti alla sua biografia, a cura di G. Gallavresi, II, Milano 1911, v. Indice; Carteggio di A. Manzoni, a cura di G. Sforza e G. Gallavresi,
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M. Battistini, L'Archivio Arconati-Visconti nel Castello di Gaesbeek, in Riv. stor. degli Archivi toscani, III(1931), pp. 95-99, 162-195, 282-289; E. Li Gotti, Lettere e documenti di storia del Risorgimento Italiano. L'Archivio Arrivabene Valenti-Gonzaga, in Leonardo, IV(1933), pp. 409-413, 466-472; V (1934), pp. 8-13, 306-311, 385-390, 492-497, 530-534; VI (1935), pp. 157-162, 252-257, 305-314; F. Vennekens, La seigneurie de Gaesbeek (1236-1795), Abbaye d'Affligem-Hekelgem 1935, pp. 224-226; D. Scioscioli, Il dramma del Risorgimento sulle vie dell'esilio, I-II, Roma 1937-1955, passim; M. Battistini, All'ombra del Castello di Gaesbeek. Il processo civile d'Arc-Masson-Arconati Visconti (1821-1827), Pescia 1952;
Z. Arici, G. Berchet e Costanza Arconati Visconti. Anni di esilio e di attesa (1821-1838), in Studi sul Berchet pubblicati per il primo centenario della morte, Milano 1951, pp. 171-200; R. Van Nuffel, Constance Arconati en Belgique, in Risorgimento (Bruxelles), 1958, n. 2, pp. 67-89; Encicl. Ital., IV, p. 127.
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