cultura barocca
Riproduzione/inforatizzaz. di B. E. Durante

Valentina Ducceschi nel sito "Tesi on Line" con encomiabile minuzia, all'interno di un lavoro veramente importante, ha elencato i contenuti di questa opera di Cartesio:
Cartesio :
Le passioni dell’anima
Articolo
1:
Le scienze che abbiamo ricevuto dagli antichi in nulla dimostrano così bene la loro insufficienza quanto in ciò che riguarda le passioni.
Articolo
4:
Il calore e il movimento procedono dal corpo; i pensieri provengono dall’anima.
Articolo
6:
La morte non capita mai per colpa dell’anima, ma solo perché si corrompe qualcuna delle parti fondamentali del corpo.
Articolo
16:
Tutti i movimenti che noi facciamo senza il contributo della nostra volontà, dipendono soltanto dalla conformazione delle nostre membra e dal corso che gli spiriti, eccitati dal calore del cuore, seguono naturalmente nel cervello, nei nervi e nei muscoli allo stesso modo che il movimento di un orologio è prodotto dalla sola forza della sua carica e dalla forma dei suoi ingranaggi.
Articolo
17:
Quali sono le funzioni dell’anima.
Niente resta in noi da doversi attribuire alla nostra anima se non i pensieri; i quali sono principalmente di due tipi:
gli uni costituiscono le azioni dell’anima; gli altri sono le sue PASSIONI.
le azioni dell’anima sono tutti gli atti volontari, atti che dipendono soltanto da essa; le passioni sono invece percezioni o conoscenze di ogni sorta che l’anima riceve dagli oggetti.
Articolo
18:
I nostri atti volontari sono di due specie:
gli uni, sono azioni dell’anima che hanno il loro termine nell’anima stessa, gli altri sono azioni che hanno il loro termine nel nostro corpo.
Articolo
19:
Le nostre percezioni sono pure di due tipi, e le une hanno per causa l’anima, le altre il corpo.
Hanno per causa l’anima le percezioni dei nostri atti volontari e di tutti gli atti immaginativi.
Articolo
21:
Fra le percezioni causate dal corpo, la maggior parte dipende dai nervi.
Articolo
25:
Le percezioni che si riferiscono esclusivamente all’anima son quelle i cui effetti si sentono come se fossero nell’anima stessa:
tali i sentimenti, le passioni (dell’anima).
Articolo
26:
Non è possibile ingannarsi a proposito delle passioni:
esse sono tanto vicine e intime all’anima nostra, che essa non può sentirle senza che siano proprio come le avverte.
Non sarebbe mai possibile sentirsi tristi o commossi da qualche passione, se non fosse perfettamente vero che l’anima ha in sé tale passione.
Articolo
27, 28, 29:
Definizione delle passioni dell’anima.
Si possono chiamare percezioni se si intende con tale termine delle conoscenze non evidenti.
Si possono anche chiamare sentimenti, in quanto sono ricevute dall’anima al modo stesso degli oggetti esterni, ma meglio ancora si possono chiamare emozioni dell’anima, perché di tutti i pensieri che essa può avere, non ce ne sono di altri che la agitino e la scuotano con tanta forza come queste passioni.
Articolo
31, 32:
L’anima è congiunta con tutto il corpo, ma esercita le sue funzioni in modo più specifico soltanto in una sua parte.
La parte de corpo in cui l’anima esercita immediatamente le sue funzioni non è affatto il cuore, e nemmeno tutto il cervello, ma solo la parte più interna di questo, che è una certa ghiandola molto piccola, situata in mezzo alla sua sostanza.
Tutte le altre parti del cervello sono doppie, come son doppi tutti gli organi dei nostri sensi esterni.
Poiché abbiamo d’una cosa, in un certo momento, un solo e semplice pensiero, è necessario che ci sia qualche luogo in cui le due immagini provenienti dai due occhi, o le altre duplici impressioni, si possano unificare prima di giungere all’anima, in modo che non le siano rappresentati due oggetti invece di uno:
e si può concepire che queste impressioni, si riuniscano in questa ghiandola.
Articolo
33-37:
La sede delle passioni non è nel cuore.
Tutte le passioni sono causate principalmente dal movimento degli spiriti contenuti nelle cavità del cervello.
Articolo
39:
Una stessa causa può eccitare diverse passioni in uomini diversi.
Questo è dovuto dalla differente conformazione del cervello.
Articolo
41:
Le azioni, cioè gli atti volontari, sono assolutamente dipendenti dall’anima e solo indirettamente possono essere modificate dal corpo; mentre le passioni solo indirettamente possono esser cambiate dall’anima, salvo che essa stessa ne sia la causa.
Articolo
45:
L e nostre passioni non possono essere direttamente eccitate o soppresse dall’azione della nostra volontà, ma possono esserlo indirettamente, dalla rappresentazione delle cose che abitualmente sono congiunte con le passioni che vogliamo avere, e che sono contrarie a quelle che vogliamo respingere.
Averne la volontà, non basta a suscitare in sé il coraggio, e a soffocare la paura; bisogna invece soffermarsi a considerare le ragioni, gli oggetti o gli esempi che persuadono che il pericolo non è grande.
Articolo
47:
Ogni lotta si riduce a questo:
la piccola ghiandola posta al centro del cervello può essere mossa, da un lato dall’anima, e dall’altro dagli spiriti animali, che sono solo dei corpi; ora succede spesso che le due spinte siano contrastanti, e che la più forte impedisca l’effetto dell’altra.
Articolo
48:
È dall’esito di questa lotta che ciascuno può misurare la forza o la debolezza della sua anima; perché coloro nei quali il volere trionfa sulle passioni, posseggono senza dubbio le anime più forti.
Nelle anime più deboli la volontà non s’impegna a seguire i giudizi, ma si lascia sempre trascinare dalle passioni le quali, essendo spesso in contrasto fra loro, la fanno lottare con se stessa.
Articolo
50:
Persino le anime più deboli, se ben guidate, potrebbero acquistare un assoluto dominio su tutte le passioni.
Articolo
52:
La funzione di tutte le passioni consiste solo nel disporre l’anima a volere ciò che la natura ci indica come utile, e a perseverare in questa volontà.
Articolo
53:
La MERAVIGLIA.
Quando vedendo un oggetto per la prima volta ne siamo sorpresi, e lo giudichiamo nuovo, o molto diverso da quanto conoscevamo in precedenza, allora ce ne meravigliamo e ne siamo stupiti; e poiché ciò può accadere prima che ci rendiamo conto se l’oggetto conviene o no, la meraviglia appare come la prima di tutte le passioni; ed essa non ha il suo contrario.
Articolo
54:
La STIMA e il DISPREZZO.
Alla meraviglia si congiunge la stima o il disprezzo a seconda che ci meravigliamo della grandezza o della piccolezza delle cose.
E così possiamo stimare o disprezzare noi stessi; di qui le passioni d’orgoglio e di umiltà.
Articolo
56:
L’AMORE e l’ODIO.
Quando una cosa ci è rappresentata come buona nei nostri riguardi, ossia come a noi conveniente, ne deriva amore per essa; e quando ci è rappresentata come cattiva o nociva, questo ci eccita odio.
Articolo
57-67:
Dalla stessa considerazione del bene e del male nascono tutte le altre passioni.
La considerazione del bene presente suscita in noi la GIOIA, quella del male la TRISTEZZA, quando si tratta di un bene o di un male che ci è rappresentato come nostro.
Dal bene passato viene il RIMPIANTO, che è una specie di tristezza; dal male passato viene l’ALLEGREZZA, che è una specie di gioia.
Articolo
69:
Ci sono solo sei passioni primitive:
la meraviglia, l’amore, l’odio, il desiderio, la gioia, la tristezza; tutte le altre sono composte di qualcuna di queste sei, o ne sono delle specie.
Articolo
70-76:
La MERAVIGLIA.
La meraviglia è una sorpresa improvvisa dell’anima, per cui essa si volge a considerare con attenzione gli oggetti che le sembrano rari ed eccezionali.
In questa passione non si verifica nessuna modificazione, né del cuore, né dell’anima in quanto essa non ha per oggetto né il bene né il male.
Il che non toglie che la sua forza sia grande a causa della sorpresa prodotta dalla novità.
Della meraviglia può dirsi in particolare che è utile per farci apprendere e ricordare le cose che prima ignoravamo; infatti ammiriamo solo ciò che ci sembra raro e straordinario.
Benché una certa inclinazione verso questa passione sia un bene, in quanto ci dispone all’acquisto delle scienze, dobbiamo tuttavia, in un secondo momento, cercare di liberarcene il più possibile.
Articolo
79-85:
L’AMORE e l’ODIO.
L’amore è un’emozione dell’anima che la incita ad unirsi volontariamente agli oggetti che sembrano convenirle.
L’odio è un’emozione che incita l’anima a desiderare d’esser separata dagli oggetti che si presentano ad essa come nocivi.
Una netta distinzione tra le varie forme d’amore può essere fatta in base alla valutazione che si fa dell’oggetto amato in confronto a se stessi:
quando lo stimiamo meno di noi, abbiamo per esso una semplice AFFEZIONE; quando lo stimiamo uguale a noi, abbiamo dell’AMICIZIA; quando lo stimiamo più di noi, la nostra passione può esser chiamata DEVOZIONE.
La differenza che corre tra queste tre specie di amore si manifesta soprattutto negli effetti.
Nella semplice affezione preferiamo sempre noi stessi all’oggetto amato; mentre al contrario, nella devozione si preferisce talmente la cosa amata a se stessi che non si teme la morte pur di conservarla.
Tanto gli oggetti dell’amore quanto quelli dell’odio possono essere presentati all’anima o dai sensi esterni,oppure dai sensi interni e dalla ragione.
Nascono due specie d’amore:
quello che si prova per le cose buone e quello che si prova per le cose belle.
Dalla medesima distinzione traggono origine due specie d’odio, una riferita alle cose malvagie, l’altra riferita alle cose brutte.
Articolo
86-90:
il DESIDERIO.
La passione del desiderio dispone l’anima a volere per l’avvenire le cose che essa si rappresenta come convenienti.
Il desiderio è una passione priva del suo contrario.
Il desiderio che si prova nel tendere a qualche bene è accompagnato da amore, e quindi da speranza e gioia; il medesimo desiderio, invece, quando tendiamo ad allontanarci dal male contrario a quel bene, è accompagnato da odio, paura e tristezza.
Articolo
91-94:
La GIOIA e la TRISTEZZA.
La gioia consiste nel godimento da parte dell’anima del bene che le viene rappresentato come proprio.
La tristezza al contrario, consiste nel disagio che l’anima riceve dal male che le viene rappresentato come suo proprio.
La gioia deriva dalle nostre opinioni di possedere un bene; la tristezza dalla nostra opinione di avere un male o un difetto, ma spesso accade anche di sentirsi contenti o tristi senza poter così distintamente rilevare il bene o il male che ne son causa.
Di solito la gioia segue al piacere, il dolore produce la tristezza.
Articolo
96-111:
Quali sono i movimenti del sangue e degli spiriti che cagionano le cinque passioni fondamentali.
Articolo
112-136:
Molti sono i segni esteriori che accompagnano in genere queste passioni.
I più importanti fra questi segni sono i moti degli occhi e del volto, i mutamenti di colore, i tremiti, il languore, gli svenimenti, il riso, le lacrime, i gemiti, i sospiri.
Il legame tra anima e corpo è tale che una volta collegata un’azione corporea a un pensiero, in seguito l’una non si presenterà senza l’altro.

Articolo
137:
Le passioni si riferiscono tutte al corpo, e all’anima solo in quanto si trova ad essere congiunta col corpo; così la loro funzione naturale è quella di spingere l’anima ad approvare le azioni che possono servire alla conservazione del corpo, o a renderlo più perfetto; in tal senso la gioia e la tristezza sono le prime ad essere impiegate.
La tristezza è in qualche modo più necessaria della gioia, l’odio dell’amore, perché respingere le cose nocive e che possono distruggere è più importante che acquistare quelle che aggiungono qualche perfezione, ma senza le quali si può comunque vivere.
Articolo
138:
Descrizione dei difetti delle passioni e illustrazione del modo di correggerli.
Articolo
139-148:
Indicazioni sull’uso che si deve fare delle passioni.
La principale utilità della morale risiede nel controllo del desiderio.
Questo, è sempre buono quando segue una vera conoscenza; quand’è fondato su qualche errore, non può mancare di essere cattivo.
Si dovrebbe sempre desiderare solo le cose che dipendono da noi, cioè dal nostro libero arbitrio.
Fare le cose buone che dipendono da noi, significa seguire la virtù, e non si può mai desiderare la virtù con eccessivo ardore; inoltre, dipendendo solo da noi, ciò che desideriamo a questo modo, non potrà mancare di riuscirci.
Sicché ne riceviamo sempre soddisfazione.
Poiché la maggior parte dei nostri desideri si estende a cose che non dipendono completamente né da noi né dagli altri, dobbiamo distinguere con esattezza quanto dipende esclusivamente da noi, per rivolgere solo a questo il nostro desiderio.
Articolo
148:
Se l’anima avrà sempre di che contentarsi nel suo intimo, nessun turbamento d’origine esteriore potrà nuocerle.
Per ottenere gioie del genere la nostra anima ha solo da seguire rigorosamente la virtù.
L’esercizio delle virtù è un rimedio sovrano contro le passioni.
Articolo
149-152:
La STIMA e il DISPREZZO.
La stima è un’inclinazione dell’anima a rappresentarsi il valore della cosa stimata; la passione del disprezzo invece, è un’inclinazione dell’anima a considerare la bassezza o la piccolezza di ciò che disprezza.
Queste due passioni non sono che forme di meraviglia.
Quando non ci meravigliamo né della grandezza, né della piccolezza dell’oggetto apprezziamo o disprezziamo senza passione.
Queste due passioni si possono riferire ad oggetti d’ogni sorta; ma assumono un particolare rilievo quando cioè stimiamo o disprezziamo il nostro proprio merito.
Articolo
153-161:
La GENEROSITÀ e l’ORGOGLIO.
La vera generosità consiste in parte nel conoscere che nulla ci appartiene in senso proprio se non la libera disposizione della volontà, il cui uso buono o cattivo è il solo motivo per meritar lode o biasimo.
I più generosi sono di solito i più umili.
Chi è generoso è naturalmente portato a fari grandi cose, e tuttavia non intraprende nulla di cui non si senta capace.
È perfettamente padrone delle proprie passioni, e soprattutto dei desideri.
L’orgoglio è solo un grave vizio, tanto più grave quanto più ingiusta è la causa per cui ci si stima; ma il più ingiusto fra tutti è l’orgoglio non motivato.
I suoi effetti sono contrari a quelli della generosità.
In nessuna virtù quanto in quella che commisura la stima di sé al giusto valore ha tanto peso la buona indole con cui si nasce.
È certo tuttavia che una buona educazione sia efficace nel correggere i difetti naturali.
Applicandosi spesso si può acquistare la virtù della generosità, la quale è la chiave di tutte le altre virtù, e un rimedio generale contro tutti gli eccessi delle passioni.
Articolo
162-164:
La VENERAZIONE e il DISDEGNO.
La venerazione è l’inclinazione dell’anima, non solo a stimare l’oggetto per cui si ha riverenza, ma anche a sottomettersi ad esso con un certo timore per renderselo favorevole.
Noi proviamo venerazione solo per la cause libere che giudichiamo capaci di farci del bene o del male, senza sapere quale delle due cose faranno.
Il disdegno è l’inclinazione dell’anima a disprezzare una causa libera quando la si giudichi capace per sua natura di fare il bene o il male, ma tuttavia, talmente al disotto di noi, da non poterci fare né l’uno né l’altro.
A determinare l’uso buono o cattivo di queste due passioni sono la generosità dello spirito e la sua debolezza; quanto più l’anima è nobile e generosa, tanto maggiore è l’inclinazione a dare a ciascuno ciò che gli è dovuto.
Articolo
165-166:
La SPERANZA e il TIMORE.
La speranza è una disposizione dell’anima a convincersi che i propri desideri si realizzeranno; il timore è un’altra disposizione dell’anima per cui essa si persuade che i desideri non si realizzeranno.
Quando la speranza è tanto forte da sopprimere completamente il timore, cambia natura e si chiama SICUREZZA.
Quando la paura è tanto forte da togliere ogni speranza, si muta in DISPERAZIONE.
Articolo
167:
La GELOSIA.
La gelosia è una forma di timore che si riferisce al desiderio di conservare il possesso di qualche bene.
Articolo
170:
L’IRRESOLUTEZZA.
L’irresolutezza è pure una specie di paura che, tenendo l’anima in sospeso fra parecchie azioni che può realizzare, la porta a non eseguirne alcuna.
Articolo
171:
Il CORAGGIO e l’ARDIMENTO.
Il coraggio è un’agitazione che dispone l’anima a rivolgersi con energia all’esecuzione delle cose che vuol fare, di qualunque natura siano; l’ardimento è una forma di coraggio che dispone l’anima all’esecuzione delle cose più pericolose.
Articolo
174-176:
La VILTÀ e la PAURA.
La viltà si oppone al coraggio, ed è un languore che impedisce all’anima di rivolgersi ad eseguire cose che farebbe, se fosse immune da questa passione; la paura, che è il contrario dell’ardimento, è uno sconvolgimento dell’anima per cui essa è privata del potere di resistere ai mali che suppone prossimi.
La principale causa della paura è la sorpresa:
il mezzo migliore per liberarsene consiste quindi nel riflettere sulle cose in anticipo, preparandoci a tutti gli eventi.
Articolo
177:
Il RIMORSO.
Il rimorso di coscienza è una specie di tristezza proveniente dal dubbio di fare o di aver fatto qualcosa che non sia bene.
Il dubbio ne è un presupposto essenziale.
La funzione di questa passione è di indurci a esaminare se la cosa di cui dubitiamo sia buona o no.
Articolo
178:
La CANZONATURA.
La derisione è una specie di gioia mista d’odio proveniente dallo scorgere qualche piccolo guaio in una persona che ne riteniamo degna.
Ma questo male deve essere piccolo; se è grande, non si può credere che chi lo ha ne sia meritevole, a meno che non abbiamo un’indole molto cattiva, o non proviamo per lui un odio profondo.
Quanti hanno difetti molto appariscenti, sono particolarmente portati alla canzonatura perché, desiderando vedere tutti gli altri disgraziati come loro, si allietano dei mali che toccano al prossimo e li ritengono meritati.
Articolo
182-184:
L’INVIDIA.
L’invidia è un vizio per cui alcuni si dolgono del bene che vedono toccare in sorte agli altri uomini.
L’invidia in quanto passione è una specie di tristezza mista d’odio proveniente dal veder toccare il bene a chi ce ne sembra indegno.
Nessun vizio nuove tanto alla felicità dell’uomo quanto l’invidia:
chi ne è macchiato, oltre ad affliggere se stesso, fa del suo meglio per guastare il piacere degli altri.
Articolo
185-189:
La PIETÀ.
La pietà è una specie di tristezza mista d’amore o di buona volontà verso coloro che vediamo sofferenti per qualche male di cui li riteniamo non meritevoli.
Coloro che si sentono molto deboli o molto esposti alle avversità della sorte sembrano più inclini degli altri a questa passione, perché si rappresentano il male degli altri come qualcosa che può loro accadere.
Insensibili alla pietà sono solo gli spiriti malvagi ed invidiosi che odiano naturalmente tutti gli uomini; o quelli che sono tanto accecati dalla buona fortuna, o disperati per la mala sorte da non temere alcun male che possa loro accadere.
Articolo
190:
La SODDISFAZIONE di SÈ.
La soddisfazione di sé è una specie di gioia che nasce dopo che abbiamo compiuto una buona azione.
È la più dolce delle gioie perché dipende solo da noi.
Articolo
191:
Il PENTIMENTO.
Il pentimento è una specie di tristezza derivante dal credere d’aver commesso una cattiva azione; è molto amaro perché dipende solo da noi; ciò non toglie che, quando l’azione di cui ci si pente è veramente cattiva, e ne abbiamo chiara conoscenza, il pentimento sia molto utile, incitandoci a fare meglio un’altra volta.
Articolo
192:
La BENEVOLENZA.
La benevolenza è il desiderio di veder accadere qualcosa di bene a qualcuno cui vogliamo bene.
La benevolenza è una specie di amore, e non di desiderio, benché l’accompagni sempre il desiderio del bene della persona amata; abitualmente è congiunta alla pietà.
Articolo
195:
L’INDIGNAZIONE.
L’indignazione è una specie di odio che si prova naturalmente contro chi fa del male, qualunque male; spesso è mista d’invidia o di pietà, ma il suo oggetto è completamente diverso, perché ci si indigna solo contro chi fa del bene o del male alle persone che non ne sono degne.
Articolo
199:
La COLLERA.
La collera è una specie di odio contro coloro che fanno del male o hanno tentato di farne, non a chiunque indifferentemente, ma in particolare a noi.
Il desiderio di vendetta l’accompagna quasi sempre.
Essa è un miscuglio di amore per se stessi, desiderio e odio.
Articolo
204-206:
La VANAGLORIA e la VERGOGNA.
La vanagloria è una specie di gioia fondata sull’amore di sé, e proveniente dalla convinzione, o dalla speranza, d’essere lodati da altri.
Si tratta di una specie di stima di sé, e al tempo stesso, di una specie di gioia.
La vergogna è una specie di tristezza fondata pure sull’amore di sé, e proveniente dall’opinione o dal timore di essere biasimati; è inoltre una specie di umiltà e di sfiducia in se stessi:
infatti, quando ci si stima tanto da non poter immaginare che nessuno ci disprezzi, non è facile provare vergogna.
La vanagloria e la vergogna hanno la stessa funzione:
ci incitano alla virtù, l’una con la speranza, l’altra con il timore.
Ma non è bene spogliarsi completamente di tali passioni perché, anche se il volgo giudica molto male, non possiamo farne a meno per vivere, e la sua stima ci importa.
Articolo
208:
Il DISGUSTO.
Il disgusto è una specie di tristezza derivante dalla medesima causa da cui prima è venuta gioia; infatti la maggior parte delle cose di cui godiamo son buone per noi solo temporalmente; poi ci vengono a noia.
Articolo
209:
Il RIMPIANTO.
Il rimpianto è una specie di tristezza, particolarmente amara per esser sempre mescolata a una speranza perduta e alla memoria del piacere di cui abbiamo goduto in passato.
Articolo
211-212:
Per loro natura le passioni son tutte buone:
ci resta solo da evitarne il cattivo uso e l’eccesso.
Solo dalle passioni dipende tutto il bene e tutto il male di questa vita.
La saggezza proprio in questo torna utile:
nell’insegnare a rendersi talmente padroni delle passioni, a dirigerle con tale abilità, da far sì che esse cagionino soltanto mali molto sopportabili, e perfino tali che sia sempre possibile volgerli in gioia.
Valentina Ducceschi nel sito "Tesi on Line" con encomiabile minuzia, all'interno di un lavoro veramente importante, ha elencato i contenuti di questa opera di Cartesio:
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