cultura barocca
Inform. B. Durante Leggi uno STRALCIO SULLE STREGHE dal Malleus

DA COLLEZIONE PRIVATA: NELL'IMMAGINE, IL FRONTESPIZIO DELL'ULTIMA CINQUECENTINA DEL MAGLIO DELLE STREGHE TESTO STORICO DELLA CACCIA ALLE STREGHE.
DI SEGUITO SI VEDA POI QUI COME, NELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO RECUPERATO E SUBLIMATO DALL'ARTE FIGURATIVA, ERA RAPPRESENTATA UNA STREGA.



























In uno dei caposaldi dell' INQUISIZIONE e della CACCIA ALLE STREGHE, il MALLEUS MALEFICARUM si legge: "Il modo in cui si compie la professione sacrilega, in base ad un PATTO DI FEDELTA' esplicito con i vari diavoli, è vario a seconda delle diverse pratiche cui attendono le stesse STREGHE per fare le loro stregonerie.
Per la comprensione di questo fatto dapprima bisogna premettere che ci sono TRE TIPI DI STREGHE, come si è accennato nella prima parte del trattato, cioè quelle che procurano lesioni, ma che non sono capaci di curare, quelle che curano, ma che, per un singolo patto intrapreso con il diavolo, non procurano lesioni, e quelle che procurano lesioni e curano.
Tuttavia, fra quelle che procurano lesioni, vi è un tipo superiore agli altri, e quelle che sono di questo genere sanno perpetrare tutte le dtverse stregonerie che le altre esercitano singolarmente.
Percio descrivendo la loro professione, si fa luce abbastanza anche sulle altre specie.
Vi sono certe che, contro l'inclinazione della natura umana e persino di tutte le belve, sono solite DIVORARE E MANGIARE I BAMBINI della propria specie.
Questa è la SPECIE SUPREMA nel compiere le stregonerie
: queste sono infatti quelle che procurano altri innumerevoli danni.
Infatti esse scatenano grandinate, venti dannosi con fulmini, procurano sterilità negli uomini e negli animali, i bambini che non divorano li offrono ai diavoli, come apparve sopra, o li uccidono in altro modo.
Ma questo accade ai bambini non rinati nel fonte battesimale, mentre quelli che divorano sono rinati, come sarà chiaro, e ciò non senza il permesso di Dio.
Sanno anche gettare bambini nell'acqua quando vi camminano vicino, senza che nessuno le veda e al cospetto dei genitori; far imbizzarrire i cavalli sotto i cavalieri, passare da un luogo all'altro nell'aria sia corporeamente, sia immaginariamente, far cambiare le disposizioni dei giudici e dei magistrati affinchè non siano in grado di nuocere loro, procurare a sè e agli altri il silenzio durante i tormenti scatenare un gran tremito nelle mani e negli animi di coloro che le catturano, manifestare ad altri cose occulte, e predire alcuni avvenimenti futuri per informazione dei diavoli, quelli cioè che possono avere una causa naturale, scorgere le cose assenti come se fossero presenti, mutare le menti degli uomini verso un amore o un odio disordinati; e ancne dar mortre per un colpo di fulmine chiunque vogliano, sia uomini sia animali, privare della potenza generativa oppure della potenza di coito, procurare l'aborto, uccidere i bambini nell'utero della madre con il solo contatto esterno, e anche con il solo sguardo senza contatto, ed eventualmente stregare uomini e animali e dar loro la morte, dedicare ai diavoli i propri figli; in breve sanno procurare, come è stato premesso, tutte quelle cose pestifere che le altre streghe fanno singolarmente, quando la giustizia di Dio permette che avvengano tali cose.
Dunque quelle che appartengono a questo GENERE SUPERIORE sanno perpetrare ciò, ma non in senso contrario.
Questo tuttavia è comune a tutte: praticare sporcizie carnali con i diavoli.
Pertanto dal modo di professare di quelle che appartengono al GENERE SUPERIORE, facilmente si potrà capire il modo delle altre streghe.
Furono tali recentemente alcune, trent'anni fa, nei CONFINI SABAUDI, verso il dominio di Berna, come racconta Nider nel
Formicarium.
Mentre ora, nei CONFINI DELLA LOMBARDIA, verso il dominio del duca d'Austria, dove appunto l'inquisitore di Como, come si eè trattato nella parte precedente, in un anno fece bruciare quarantuno streghe, e cio avvenne nell'anno del Signore 1485, e ancora oggi si affatica in una continua inquisizione.
Il modo dunque di professare è di due tipi.
Uno SOLENNE, per somiglianza al voto solenne, e l'altro PRIVATO, che può essere fatto al diavolo, separatamente, in qualunque momento.
Il SOLENNE ha luogo tra loro, quando le streghe si riuniscono in adunanza a una data stabilita; vedono il diavolo che ha assunto figura umana, il quale le esorta a serbargli sempre fedeltà, con abbondanza di beni temporali e lunga vita, allora le presenti gli raccomandano una novizia affinché la accolga.
Il diavolo chiede se voglia.rinnegare la fede, il culto cristiano, la DONNA IMMENSA (così infatti denominano la beatissima VERGINE MARIA) e se non intenda più venerare i sacramenti: dopo aver trovato la novizia o il discepolo disposti a farlo di loro volontà, allora il diavolo stende la mano e a sua volta il discepolo o la novizia, levando la mano, promette di osservare i PATTI.
Allora il diavolo, ottenute le cose promesse, aggiunge subito che non bastano e, quando il discepolo chiede cos'altro ci sia da fare, il diavolo chiede l'OMAGGIO che consiste nell'appartenergli nell'anima e nel corpo per l'eternità e nel volere, per quanto più possibile, associare a sè chiunque altro, dell'uno e dell'altro sesso.
Aggiunge poi che gli si preparino certi UNGUENTI, tratti dalle OSSA E DALLE MEMBRA DI BAMBINI, soprattutto di quelli RINATI NEL FONTE BATTESIMALE, per mezzo dei quali e con la sua assistenza, potranno eseguire tutte le sue volontà
(H. Institor (Kramer) - J. Sprenger, Il martello delle streghe Malleus Maleficarum, a c. di A. Verdiglione, Venezia 1977, pp. 182-184).





"Tema del mio contributo alla conferenza è la "Instructio pro formandis processibus in causis strigum, sortilegiorum et maleficiorum", o, come si dice in una traduzione del 1661, "Grundlicher Underricht, wie ein rechtlicher Prozeß mit den Unholden, Zauberern und Teufelsbeschwörern solle angestellt werden" (approfondita istruzione, su come dovrebbe essere eseguito un processo giudiziario contro creature mostruose, maghi ed esorcisti). In base alle ricerche di John Tedeschi - a cui io in seguito sono per molti aspetti obbligato - questa è stata emanata al più tardi nel 1623.
Quanto al suo contenuto, il significato di questa disposizione giudiziaria è discusso. Dal punto di vista del diritto materiale, infatti, si manifesta in essa un fondamentale riconoscimento della possibilità della magia nera, dei sortilegi maligni, del patto con il diavolo, del volo delle streghe e delle loro riunioni sabbatiche; dal punto di vista del diritto formale, invece, appare una forte scepsi rispetto alla loro dimostrazione pratica. Ciò ha comportato l'elevarsi delle esigenze in rapporto alla stima delle prove e alle dimostrazioni di colpevolezza, in particolare per quanto riguarda l'autoaccusa così come l'imputazione di terzi nel caso della partecipazione al sabba delle streghe. La comparazione con l'ordinamento processuale contro le streghe, che vigeva dal 1607 nel principato di Colonia e sta qui in modo esemplare a rappresentare i baluardi della persecuzione delle streghe in Germania, illustra concretamente queste differenze fondamentali .
Contestati, o non ancora sicuramente chiariti, sono finora due aspetti:
1. Le precise circostanze della nascita della Instructio, il che include anche la datazione ed il problema dell'attribuzione. Autore ufficiale era il Santo Offizio di Roma, ma quale persona o quale gruppo di persone ha concepito il testo nelle sue singole parti, quando ed in quale contesto?
2. La diffusione. In che proporzioni è stata poi resa nota e recipita? Che influsso ha avuto? Dove e quando?
Dietro queste domande particolari si colloca da ultimo il problema dell'inquadramento dell'Inquisizione protomoderna nella storia intellettuale e giudiziaria europea, sia che la si valuti come conservatrice, inibitoria di ogni progresso, oppure, in ambiti delimitati, come sorprendentemente progressista.
Nel mio contributo tratterò, l'uno dopo l'altro, entrambi questi complessi problematici. Innanzitutto, in ognuno dei due paragrafi viene brevemente riportato, in una prima parte, l'attuale stato della ricerca; rispetto a quest'ultimo, in una seconda parte, vengono rispettivamente presentate le nuove conoscenze o, almeno, ipotesi, che è stato possibile formulare sulla base di fonti fino ad oggi ignote, rinvenute specialmente nell'Archivio della Congregazione della Fede.
1) Autore e periodo di stesura.
A. Stato della ricerca.
Charles Henry Lea ha già circa cento anni fa ipotizzato che alla redazione della Instructio avesse partecipato l'inquisitore italiano e padre domenicano Desiderio Scaglia (circa 1569-1639, dal 1621 cardinale).
Negli ultimi decenni John Tedeschi ha sostenuto questa supposizione con due seri argomenti.
a) In una bio-bibliografia dell'ordine domenicano di Andrea Rovetta, apparsa a Bologna il 1691, si trova menzionata anche la Instructio tra le opere dello Scaglia. John Tedeschi avanza delle riserve critiche sulla affidabilità di questa indicazione riguardo alle fonti, visto che Rovetta, come è stato dimostrato, era molto impreciso nelle proprie informazioni e, volentieri, per la fama del proprio ordine, accresceva il numero dei domenicani impegnati in produzioni letterarie. Ma Rovetta, a parer mio, potrebbe anche esser caduto vittima di un errore perdonabile. Infatti, in alcuni manoscritti, la Instructio segue immediatamente le Practica, un manuale per inquisitori che risale indubitabilmente alla penna dello Scaglia.
b) Nel capitolo ottavo delle Practica dello Scaglia viene trattata la questione della magia e del processo alle streghe "con la stessa scepsi e intelligenza" riguardo alla stima delle prove, alla consultazione di medici per l'accertamento di cause naturali, invece che innaturali, delle malattie, e riguardo alla serietà di alcuni esorcisti. Stranamente non vi è però alcuna coincidenza testuale tra il manuale e la disposizione, e non si può nemmeno dire che l'un testo parafrasi aderentemente l'altro anche soltanto in determinati passi. Ciò andrebbe però supposto nel caso di una comune paternità.
John Tedeschi ha comunque rinviato - gliene sono riconoscente - ad un'altra importante fonte. Il padre domenicano e vescovo di Brugneto Giovanni Tommaso Castaldi (nato prima del 1600, + 1655) scriveva nella sua opera apparsa nel 1651 "De potestate angelica" che l'Instructio sarebbe stata "redatta negli anni passati da un certo padre, in carica presso la suprema romana Inquisizione, un uomo profondamente dotto e a me particolarmente caro" (annis elapsis fuit a quodam patre officiali supremae Inquisitionis Romanae peritissimo, mihique charissimo collecta).
Purtroppo il problema non viene con ciò risolto, poichè il significato di "collecta" non è sicuro. Significa "redatta"? Oppure, in senso letterale, "assembrata"? In quest'ultimo caso, allora, da differenti testi-base?
Comunque sia, Castaldi riconosce nella "collectio" del testo il merito di una particolare personalità. Questa non era quindi l'anonimo lavoro collettivo di un'istituzione, ma la prestazione di un singolo. Questi avrebbe tuttavia, come membro della Santa Inquisizione, o agito sotto l'incarico dei suoi superiori, oppure questi si sarebbero appropriati di un'opera originale, ponendola a norma giuridica sotto una denominazione ufficiale.
B. Nuovi ritrovamenti
In questa sede desidero trattare dei nuovi ritrovamenti di fonti che ho già annunciato. Questi ci conducono innanzitutto all'anno 1628, anno in cui la persecuzione delle streghe ha raggiunto in Germania dimensioni prima e dopo sconosciute, con ad esempio 600 esecuzioni nel vescovado di Bamberga e circa 900 nella vicina diocesi di Würzburg, nel corso di tre, quattro anni.
Nei protocolli conclusivi, i Decreti del Santo Offizio, si trova sotto la seduta del 14 settembre 1628 un'interessante annotazione. A partecipare erano Papa Urbano VIII, il cardinale Francesco Barberini, Millini ed altri. Discusso fu uno scritto dell'inquisitore della città di Como, nell'Italia settentrionale. Questo aveva comunicato di aver redatto, fatto stampare ed inviato ai propri vicari una istruzione per la conduzione dei processi alle streghe (ipsum fecisse instructionem circa modum fabricandi processus circa maleficas illamque imprimi fecisse). Di questa iniziativa sarebbe stata occasione un processo alle streghe che il luogotenente svizzero di Lugano avrebbe avviato contro una certa Dominica Cagialla. In seguito a questi fatti il papa ordinò che gli fosse scritto che la Santa Congregazione non aveva gradito che avesse fatto stampare la sua istruzione e la avesse mandata ai suoi vicari senza consultare la Santa Congregazione. Gli si sarebbe dovuta mandare l'istruzione redatta dal defunto Monterenzius, che era stato fiscale del Santo Offizio nella città di Roma, di modo che, su quella base, conducessero simili processi. Questa avrebbe dovuto trasmetterla ai suoi vicari e successori.
La lettera all'Inquisitore, redatta dal responsabile Cardinal Francesco Barberini, è conservata in copia con la data del 16 settembre, quindi due giorni più tardi, nella Biblioteca Vaticana. Sotto un certo rispetto contiene minori informazione del protocolo della seduta. Dell'autore della Instructio che viene posta ad esempio, Monterenzius, non viene fatto nome. Questa mancanza viene però più che compensata attraverso alcuni dati più precisi. Il luogotenente di Lugano avrebbe in base a questi inoltrato il caso della Domenica Cagialla all'inquisizione di Como. Questa quindi non si sarebbe messa in moto da sola. Come disposto nella seduta, viene poi espressa la disapprovazione dei membri della congregazione sul fatto che l'Instructio sia stata data alle stampe di propria iniziativa. A ciò segue un particolare che per noi oggi è particolarmente importante. Il Cardinal Barberini aggiunge con espressione di stupore: "non mancando qui de' simili instructioni, molto più aggiustate et considerate, come è quella, che sì manderà à V.R.".
Due punti meritano di essere sottolineati:
1) Esistevano diverse istruzioni per i processi contro le streghe.
2) Una doveva essere stata redatta da Monterenzius. Questa doveva servire a norma per l'inquisizione di Como.
Chi era Monterenzius? Al di là dell'indicazione del protocollo della seduta (fiscale del Santo Offizio della città di Roma, defunto) si può dire:
Giulio Monterenzi
nato nel 1550 a Bologna, dottore dei diritti
tra il 1591 e il 1603 consultore e procuratore fiscale del Santo Offizio
1610-1618 governatore di Roma
dal 1618 vescovo di Faenza
defunto il 23 maggio 1623 come vicelegato di Ferrara.
Quindi un giurista, che come governatore di Roma era a capo del "tribunale di ultima istanza, a cui faceva riferimento lo stato della Chiesa o come minimo la sua metropoli" (P. Blastenbrei) e che, prima della sua nomina, aveva palesemente acquisito dei meriti come collaboratore del Santo Offizio.
Al di là di questi scarni dati, sono attualmente in grado di indicare un collegamento di Monterenzi al delitto di stregoneria, un'informazione di cui sono riconoscente alla Signora Michaela Valente. Nel 1596 quattro donne furono tratte agli arresti ed accusate di fronte al tribunale di Bitonto (Apulia) per una fattispecie che risulta nei suoi contorni dai protocolli della seduta: spergiuro, superstizione ("superstitiones") e, in questo contesto, maldicenza o diffamazione ("infamia"). Questo lo intendo nel senso che le quattro donne abbiano diffamato sotto giuramento altre persone come streghe, praticando, forse, anche un contro-incantesimo. Alla fine dell'agosto 1596 Papa Clemente VIII ordinò che Giulio Monterenzi, uno dei consultori del Santo Offizio, si recasse personalmente a Bitonto e presentasse una proposta risolutiva. All'inizio di dicembre le donne erano già state dimesse dal carcere. Ebbene il Papa pronunciò il suo giudizio dopo avere raccolto i voti di due consultori di cui non vengono fatti i nomi, uno dei due doveva essere stato Monterenzi: poenitentiae salutares (penitenze purificatorie) per spergiuro e superstizione così come l'obbligazione di ristabilire il buon nome delle persone danneggiate.
Questo doveva essere uno dei casi che stavano davanti agli occhi di Monterenzi durante la redazione della Instructio: "male grida", come si diceva in Germania, contro innocenti per via di una mentalità superstiziosa. Contro quest'ultima si volgeva la disposizione del papa preparata dai consultori, nella quale spicca la tenue pena contro lo spergiuro. Forse che le quattro donne erano ritenute non completamente capaci di intendere e di giudicare? Fantasticavano forse che loro stesse, ad ogni modo comunque altre persone, avessero preso parte al sabba delle streghe?
Otto anni prima, nel 1588, il Santo Uffizio aveva stabilito, in una decisione a carattere normativo, che le dichiarazioni di "streghe" confesse sopra il sabba non erano affidabili, come ha efficacemente mostrato Giovanni Romeo. Dal 1593 al 1595 furono decisi altri quattro casi in questo senso. Monterenzi in questi tre anni era già consultore della Suprema, poteva quindi essersi personalmente interessato della materia.
L'invio di una Instructio viene nominato, a quanto so, per la prima volta nei Decreti, nel 1610. Destinatario era l'uditore del Cardinale di Milano e Arcivescovo Federico Borromeo, che era stato inviato dal suo superiore nel territorio dei "Rezi" per l'esecuzione di processi contro le streghe. Qui, come anche in molti altri casi, il testo non è più conservato, di modo che resta non chiarito con che ampiezza un testo-base venisse cambiato e aggiustato ai casi da trattare. Ci devono essere state anche redazioni in forma ridotta, come quella che nel 1613 il Cardinal Millini per un caso di ossessione ed accusa di stregoneria spedì al vescovo della lontana Cambrai (Fiandre).
Come mostra la fonte del 1628, non c'era soltanto una, ma diverse istruzioni. Ora è improbabile che queste si differenziassero in aspetti fondamentali, visto che il segnale "cautela nei processi alle streghe" partì al più tardi nel 1588. Ciò nonostante rimaneva naturalmente ancora un ambito per differenti interpretazioni, a maggior ragione per il fatto che i molteplici aspetti del delitto di stregoneria, soprattutto nel diritto procedurale, potevano essere trattati con diversa intensità. Nel 1628 però fu scelta proprio la Instructio di Monterenzi, per porla a modello di fronte agli occhi del frettoloso inquisitore di Como, che aveva redatta la propria disposizione. Nel 1625 l'inquisitore di Genova, Eliseo Masini, aveva già pubblicato l'Instructio (in traduzione) nella nuova edizione del suo manuale per inquisitori, steso in italiano; attraverso ulteriori pubblicazioni questa ebbe, nei decenni successivi, una diffusione ancora maggiore. Nel caso del testo di Monterenzi - come tale non più disponibile - e di quello di Masini, dovrebbe trattarsi di opere differenti? Lo ritengo improbabile, devo tuttavia concedere che il Cardinal Desiderio Scaglia, o all'epoca in cui era ancora commissario del Santo Offizio (1616-1621), oppure in seguito, potrebbe aver avuto un ruolo nella rielaborazione o nella confermazione del testo di Monterenzi. Nel 1628, tuttavia, fu sottolineata la paternità di Monterenzi, non invece una - ipotetica - rielaborazione di Scaglia.
Riassumendo, bisogna ritenere quanto segue: la Instructio risale probabilmente ad un originale che Giulio Monterenzi ha redatto tra il 1593 e il 1604, è quindi nel suo nucleo dai 20 ai 30 anni più antica di quanto finora supposto.
Da ultimo si è già presentato all'orizzonte il problema della diffusione della Instructio. Con ciò passiamo alla seconda parte della conferenza.
2) Diffusione
A. Stato della ricerca
Due anni fa Giovanni Romeo nel suo libro "Esorcisti, confessori e sessualità femminile nell'Italia della Controriforma" ha dubitato che l'istruzione del processo contro le streghe abbia trovato un'ampia considerazione. Anche se fosse stata redatta nel 1624, fino al 1626 non ci sarebbe alcun segno della sua applicazione e anche successivamente, perfino dopo la stampa ufficiale del 1657, avrebbe trovato un'applicazione soltanto limitata. Questo sarebbe caratteristico per la prassi del Santo Offizio alla fine del XVI e nel XVII: "le autorità centrali dettano caso per caso, processo per processo, i criteri di valutazione più appropriati, senza formalizzare scelte giudiziarie pure sostanzialmente omogenee alle raccomandazioni della Instructio".
Romeo sottolinea però, a ragione, che la sua tesi si basa sugli archivi dell'Inquisizioni conservati in Italia, non ancora sull'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, soltanto adesso accessibile.
Alla luce delle fonti recentemente ritrovate, la questione si pone in modo nuovo. Nell'Archivio del Santo Uffizio si trovano in un convoluto - cosa che sorprende - 70 esemplari della stampa del 1657. Prima dell'apertura dell'archivio di questa edizione era noto soltanto un esemplare. La stampa deve essere stata trattenuta di proposito? E nei decenni precedenti, quindi a partire dalla nascita dell'Instructio nel 1593/1600, a che punto era la sua diffusione? I primi, provvisori risultati li presento con una tabella. Per le diverse stampe mi riferisco ampiamente ai risultati di John Tedeschi. Però, per quanto riguarda la tradizione manoscritta, l'Archivio prepara ulteriori sorprese, anche se non ho avuto ancora occasione di scorrere sistematicamente tutti i volumi dei Decreta tra il 1580 e 1670.
B. Nuovi ritrovamenti
Primo punto è la diffusione geografica. Una certa concentrazione al vescovato di Como ed alla confinante "Rezia", quindi innanzitutto all'attuale cantone dei Grigioni, è indubitabile. Questo vale già per la prima documentazione dell'anno 1610, si ripete nel 1628 e nel 1633 e poi culmina negli anni cinquanta.
Sull'ingente persecuzione alle streghe nella Rezia a partire circa dal 1650 fu richiamata l'attenzione dell'Inquisizione romana nell'estate del 1652 attraverso le lettere degli inquisitori di Como e Milano. In seguito a ciò Papa Innocenzo X e i cardinali criticarono il "malum modum procedendi", la cattiva maniera di condurre il processo, dell'autorità laica del posto. Al vescovo di Chur si fece comunicare, attraverso l'inquisitore di Como, "che il Santo Uffizio in Italia, Spagna ed altri luoghi, in cui esiste, procede contro le streghe solo in base alla disposizione", di cui gli venne al contempo inviato un esemplare, quindi un'istruzione processule contro le streghe. "(Inquisitor) notificare faciat episcopo Curiae, quod S. Officium in Italia, Hispania et alibi, ubi viget Sanctum Officium, non procedit contra maleficos nisi iuxta Instructionem hinc ad Inquisitorem mittendam, quam mittat eidem episcopo...". Gli fu intimato di inoltrare il testo ai giudici, affinché si attenessero ad esso.
Questo primo tentativo di Roma, di dissuadere la giustizia laica nei Grigioni dalla sua linea dura nella persecuzione contro le streghe non mostrò alcun successo, quantomeno nessun successo effettivo.
Di ciò il Santo Uffizio divenne consapevole al più tardi nel maggio-luglio 1654, allorché giunse nella città eterna una lettera del nunzio di Lucerna, Carlo Carafa. In questa era scritto che "l'autorità laica dei Rezi" (magistratum secularem Rethorum) voleva giustiziare a morte numerosi fanciulli e fanciulle nell'età tra circa gli otto e i dodici anni per supposta stregoneria (pro maleficis habitos). Per evitare un simile fatto, il mandato proponeva che i giovani fossero accolti e, per via della loro povertà, mantenuti dall'inquisitore di Milano. Tuttavia questo trasferimento doveva accadere il più velocemente possibile, altrimenti sarebbe stata da temere un'esecuzione bestiale (bestialis executio). Il tribunale era pronto a rinunciare all'esecuzione della pena capitale se i fanciulli avessero abbandonato la patria. Le dieci fanciulle ed i cinque giovinetti nell'età di circa otto-dodici anni furono effettivamente portati in salvo a Milano nel 1655.
Uno dei cardinali coinvolti, Francesco Albizzi (1593-1684), nel suo libro "De Inconstantia in jure admittenda vel non" (1683), trattando dell'atteggiamento di Roma rispetto alla questione delle streghe, discusse anche il caso dei giovinetti di Bündner, il che mostra che il loro destino aveva toccato personalmente i membri del Sant'Offizio.
Albizzi si ricordava anche con orrore dei molti roghi che aveva visto in Germania nel 1636, durante una missione diplomatica a Colonia. Ancora dopo decenni inorridiva al pensiero di quello "spectaculum horrendum" che si presentava in Germania agli occhi dell'italiano: gli "innumerevoli pali eretti al di fuori di villaggi e città, a cui povere donne, oltremodo da commiserare, erano state consumate dalle fiamme come streghe". D'altronde Albrizzi si è espresso in questo contesto anche in modo celebratorio sui due critici tedeschi dei processi alle streghe, provenienti dall'ordine gesuitico, padre Adam Tanner e l'autore della Cautio Criminalis, il cui nome, Friedrich Spee, egli tuttavia non conosceva.
Torniamo di nuovo all'istruzione processuale contro le streghe:
Il vero impulso per la stampa dovevano averlo dato due processi a Taranto e Napoli nel 1657. In entrambi i casi fu mandata una "Instructio" all'arcivescovo (a maggio) ed al nunzio (in agosto). Almeno nel caso di Taranto era in principio intesa con questo termine una speciale direttiva su come procedere a riguardo delle sei donne incarcerate. A novembre papa Alessandro VII, in una seduta del Santo Uffizio, condannò tre delle donne a delle penitenze nei confronti della Chiesa, le altre ad una reclusione carceraria di tre anni, che, dopo un certo periodo, fu commutata in arresto domiciliare. In queste circostanze gli impiegati dell'arcivescovo e indirettamente anche il loro superiore ricevettero un rimprovero, poichè questi innanzitutto nel procedimento contro un'ulteriore donna, che era morta nel 1656, avevano commesso molti errori e, in secondo luogo, perché non si erano attenuti alla Instructio che era stata loro inviata. Per questa ragione doveva essere ora mandata all'arcivescovo l'Instructio "ordinaria", affinché i suoi dipendenti in futuro conducessero simili processi correttamente ("et ideo mittatur ei instructio ordinaria circa modum procedendi contra striges, sortilegas et maleficas ad hoc, ut in posterum rite et recte in similibus causis procedere possint").
La stampa liberò ovviamente gli impiegati della cancelleria papale dal lavoro di scrittura che comportava il lungo testo. Palesemente il papa ed i cardinali si aspettavano più spesso che nei decenni precedenti richiesta di informazioni, per la quale la Instructio era il mezzo adeguato. Nel novembre 1658 fu mandato un esemplare stampato all'inquisitore di Firenze, un anno dopo un ulteriore esemplare al vescovo di Marsi.
Nel 1659 l'inquisitore di Como spedì di propria iniziativa l'istruzione per i processi alle streghe attraverso l'arciprete di Chiavenna ai "Rezi". Quando la centrale romana ne fu informata, andò di gran lunga più in là. I cardinali, e tra loro Francesco Albizzi, decisero nella seduta del 2 luglio 1659 di inoltrare l'Instructio anche agli inquisitori di Colonia, Besancon e Tolosa. In queste tre città si trovavano postazioni esterne dell'inquisizione romana al di là delle Alpi. Tra l'altro, l'esemplare mandato a Colonia poteva essere quello che, come pezzo unico, è stato conservato al di fuori del Vaticano ed oggi è custodito alla Cornell University.
Nel 1661 l'arcivescovo di Besancon comunicò la consegna della Instructio. Nel libero ducato della Borgogna, che, fino all'annessione francese del 1674, apparteneva alla corona spagnola, la situazione era talmente diversa che proprio l'inquisitore del posto, Pierre Symard, era quel provocatore che, prima in cooperazione, successivamente in concorrenza con la giustizia statale, aveva avviato una lunga serie di processi. La sua procedura era in contrasto con i principi romani, come il cardinale Albizzi rilevava nel suo libro: "E mentre io scrivevo queste cose, l'inquisitore di Besancon aveva consegnato, conformemente alla prassi di quei luoghi, diversi uomini e donne al braccio della legge secolare. I loro processi furono ritenuti successivamente dalla Suprema nulli ed ingiusti (nullitate et iniustitia); per questo motivo furono assolti come incolpevoli. L'inquisitore fu sospeso dal suo incarico ed il suo successore ricevette la rigorosa direttiva di condurre i processi alle streghe in base alla sopra nominata istruzione".
Anche nei Grigioni si iniziò lentamente a riflettere. Il nunzio Federico Borromeo, successore di Carafa, nel 1660 comunicò da Lucerna a Roma, che i Rezi desideravano informazioni sui principi in base ai quali la congregazione procedeva contro le streghe; per questo motivo avrebbe informato i giudici che si attenessero alla istruzione romana dei processi alle streghe. Il papa Alessandro VII ordinò al nunzio di procedere in modo particolarmente accurato e coscenzioso. Chiaramente la spedizione della Instructio ordinata nel 1655 non aveva ancora suscitato alcun decisivo cambiamento di direttiva. Una più ampia diffusione era da sperare grazie alla traduzione tedesca. Questa la portò a termine, nel luglio del 1661, Konrad Hunger, parroco di Einsiedeln (Svizzera).
L'ulteriore sviluppo deve essere ancora indagato. Due punti sono comunque già ora sicuri:
1) L'istruzione processuale contro le streghe era già maggiormente diffusa, rispetto a quanto la ricerca ha fino ad ora supposto. Che non vi siano quasi altri esemplari al di là dell'archivio romano, deve avere altri motivi, per esempio il fatto che la stampa, nel XVIII secolo, non aveva più alcun significato pratico, vista la scomparsa della persecuzione alle streghe, e nemmeno la poco attraente configurazione grafica offriva più alcun stimolo per una più lunga conservazione. Di gran valore informativo è anche il gran numero di manuali per inquisitori, in particolare a partire dal 1650, nei quali era stampata la Instructio. Anche senza una stampa a parte, quindi, molti giudici ecclesiastici dovevano avere conosciuto la disposizione. La situazione era diversa rispetto agli "esterni" come le autorità laiche nella Svizzera cattolica o nella regione del Reno, così come per fanatici ecclesiastici come l'inquisitore di Besancon. A questi ed al loro milieu dovevano essere aperti gli occhi con una mirata spedizione della Instructio. Infine sarebbe da nominare come terza via la diffusione della Instructio per iniziativa di esterni. Attraverso simili vie contorte l'Instructio è divenuta nota nel decennio a partire dal 1660 nella lontana Prussia orientale ed in Polonia ed ha offerto argomenti agli avversari dei processi alle streghe di quei luoghi.
2) Nonostante la sua connaturata intolleranza contro gli eretici l'inquisizione nell'epoca moderna ha anche avuto aspetti positivi. Il suo atteggiamento contro la stregoneria era più cauto e le sue direttive per il processo esecutivo irradiavano più giustizia e umanità rispetto a quelle di molte istituzioni protestanti e cattoliche al di fuori di Italia e Spagna. Questo lo riconobbe già lo storico liberale Charles Henry Lea: "E' un dato di fatto alquanto singolare che, come posso constatare, non è stato riconosciuto in alcun luogo, che il Santo Offizio, così in Spagna come anche in Italia, ha assunto un atteggiamento decisamente scettico riguardo al sabba delle streghe, che ha preservato questi paesi dalla follia imperante in altri paesi". Quanto ha constatato il Lea già da un secolo, giudicando obiettivamente, verrà differenziato grazie ad una una situazione delle fonti e della ricerca nel frattempo notevolmente migliorata, e, comunque, nell'essenziale confermato. Molto rimane ancora da indagare, come ad esempio la questione di storia delle idee e del diritto sulla misura in cui il diritto dell'inquisizione della proto-modernità tragga le proprie radici dall'inquisizione del tardo Medio Evo o dall'umanismo dell'inizio del XVI secolo. Per quanto riguarda la questione delle streghe, mi interessa particolarmente il problema di cosa pensassero il papa ed i cardinali sulla smisurata persecuzione delle streghe in Germania e se vi reagissero in qualche modo. Comunque sia, già si delinea come il contributo dell'Inquisizione alla storia del diritto e della cultura europea, nella prospettiva di oggi, non sia da valutare in modo esclusivamente negativo. In ogni comprensibile ammissione di colpa, lo si dovrebbe sottolineare chiaramente".
[Rainer Decker, Nascita e diffusione dell'istruttoria processuale della curia romana contro le streghe (Conferenza a un Symposium della Università di Frankfurt "Die römischen Kongregationen von Inquisition und Index und die Wissenskulturen der Neuzeit", 18 Maggio 2000) - Traduzione: Marta Zaccagnini] .