VILLA URBANA

Lungo il "decumano massimo" (la via principale cittadina in direzione Est/Ovest [fornita di marciapiedi o "crepidines", sotto cui correva la rete fognaria della città o "cloaca"] in bella pietra della Turbia di Ventimiglia Romana che si incrociava a perpendicolo col "Cardo" o via principale di Nord-Sud, essendo il complesso urbano quadrangolare tracciato a intervalli regolari, con angoli retti, da percorsi minori, detti "vici" o "subvici"), poco a ponente del complesso teatrale, un'"insula" risulta interamente occupata da una villa, precisamente una "domus" del III secolo.

Si tratta di un'abitazione privata monofamiliare con un vestibolo centrale con ai lati due "negozi" o "tabernae", appunto con l'ingresso volto sulla strada principale di città: una di queste, per quanto l'archeologia ha rinvenuto, doveva costituire un ritrovo [una MESCITA ("termopolium") magari ove gustare sia la "calda" che il "garum" una salsa fatta col sangue e le interiora di certi pesci di mare, lo "scomber" soprattutto, e con cui si inumidivano le ostriche o che veniva assunta di per se stessa come un piacevole eccitante e stuzzicante dell'appetito al modo che si fa oggi col caviale] con la funzione, anche (ad un piano sopraelevato cui si accedeva tramite una scala lignea) di "lupanare".
. Per quanto è stato possibile ricostruire il complesso della casa ricalcava la pianta classica dell'abitazione monofamiliare signorile romana con "atrio quadrangolare" (la prima sala subito dopo l'"ingresso") a quattro colonne, ma in questo caso privo di ambienti laterali, e con una "vasca" idonea alla raccolta ed allo scolo delle acque. A sud dell''"atrio" si riconosce quindi il "tablinum" ai cui fianchi si riconoscono due altri "vani" in uno dei quali si individuano vaghe tracce della "scala d'accesso" che portava ad un "piano superiore".
Ancora da esplorare resta l'area interna della casa a partire dal "peristilio" (cortile intorno al quale si snodavano i vani ed i locali specifici dell'abitazione, quelli cioè destinati alla residenza vera e propria degli abitanti).
Nell'economia dell'epoca le tabernae venivano mediamente concesse in affitto, per vari sevizi (negozi, magazzini, ritrovi pubblici anche a due piani) onde permettere un ulteriore cespite di guadagno ai proprietari dell'abitazione signorile.