La VIPERA COMUNE (Vipera aspis, fam. Viperidi) è un serpente lungo fino a 60 cm in media, riconoscibile rispetto agli altri serpenti italiani per il capo piatto e triangolare, rivestito di piccole squame, e ben separato dal resto del corpo. Altri connotatori di questo rettile sono il muso rivolto all'insù, le squame carenate, la pupilla ellittica e verticale, il corpo massiccio, che termina in una breve coda piuttosto breve. Si alimenta principalmente di piccoli mammiferi, che uccide col veleno, iniettato con le due zanne superiori canalicolate e mobili che, a riposo, tiene ripiegate sul palato (il meccanismo di inoculazione della vipera -per quanto il suo veleno [ad effetto non neurotossico ma causa di emorragie del sistema vascolare della vittima] non sia paragonabile per potenza a quello di un mamba o di un cobra- è al limite massimo dell'evoluzione di questo apparato nei rettili (come accade anche per i crotali o serpenti a sonagli): la vipera è infatti un "Ofidio solenoglifo" un rettile cioè i cui denti velenosi sono molto grandi e vengono tenuti ripiegati contro il palato, assumendo la positura eretta solo quando la bocca viene aperta tramite un'interazione delle ossa e dei muscoli del capo. Oltre a ciò nei denti si riconosce un condotto velenifero perfettamente chiuso, che fa capo ad una ghiandola velenosa che viene premuta al momento del morso dai muscoli compressori sicché il veleno è inoculato a pressione attraverso il dente, entrando più velocemente nel circolo sanguigno della vittima: il vantaggio per un serpente velenoso dotato di questo meccanismo di attacco consiste nel dover rimanere pochissimo a contatto della vittima ed in grado di attendere al sicuro, senza rischio di pericolose reazioni dell'aggredito, che il veleno compia il suo effetto).
La colorazione della vipera è estremamente variabile ed essa può risultare del tutto nera o più frequentemente con variazioni di colore che vanno dal grigio al bruno con barrature dorsali più scure (talora unite).
La vipera è attiva di giorno, ma non disdegna di cacciare anche nel corso delle ore notturne se la temperatura è abbastanza alta. I maschi adulti si affrontano in combattimenti rituali; dopo l'accoppiamento la femmina partorisce 6-8 piccoli vivi.
La vipera ancor oggi è esageratamente temuta dall'uomo per il quale non è quasi mai mortale: oltretutto non è aggressiva e non attacca mai l'uomo se non viene disturbata o calpestata.
In Italia esistono quattro specie di vipere, tutte velenose: la vipera comune (Vipera aspis), il marasso (Vipera berus), la vipera dell'Orsini (Vipera Ursinii) e la vipera dal corno (Vipera ammodytes).
Come detto le vipere non sono aggressive e non attaccano l'uomo se non vengono disturbate: il loro morso, inferto con le due lunghe zanne superiori canalicolate, è rapidamente letale per i piccoli vertebrati di cui abitualmente si nutrono, ma per l'uomo non è così pericoloso come si è sempre creduto. E' certo un evento da non sottovalutare (ed intanto giova ricordare che la lesione da morso di vipera si distingue facilmente da quello di altri serpenti per la presenza di due caratteristici forellini distanti circa un centimetro e mezzo)ma bisogna tenere presente che il tempo di azione del veleno è piuttosto lungo (tre-sei ore a seconda del peso della persona colpita) e che quindi resta di solito il tempo di trasportare il ferito con calma presso il primo Ospedale (o il primo medico).
I sintomi iniziali sono dolore vivo al momento dell'inoculazione, abbondante sudorazione, agitazione, senso di sete e quindi stato di shock: non bisogna però sottovalutare l'eventuale reazione psicosomatica: talora i sintomi di progressivo effetto del veleno sono infatti determinati dall'insorgenza di un grave stato panico-emozionale che si manifesta appunto in ambito psicosomatico sotto forme eclatanti e spesso fuorvianti.
Come soccorso di emergenza, in caso di morso - dopo aver pulito la zona intorno alla ferita - occorre fasciare l'arto strettamente e immobilizzarlo come se fosse rotto: è sbagliato rimedio quello di somministrare alcolici ed eccitanti che agevolerebbero la messa in circolo delle tossine. Non bisogna altresì mai incidere né succhiare il sangue dalla ferita, che potrebbe facilmente penetrare nel circolo sanguigno attraverso qualche ulcerazione della bocca.
L'espediente migliore è quello di tranquillizzare al massimo il ferito per evitare che, emozionandosi e affaticandosi, corra il rischio di aumentare la propria circolazione sanguigna con il risultato di trasportare sempre più veleno in circolo.
La somministrazione del siero antiofidico è una pratica assai pericolosa per la possibilità di reazioni allergiche: va riservata al medico o a quelle situazioni in cui appare chiaro che passeranno molte ore prima che il ferito venga visto in un Ospedale: peraltro in questo caso, seguire attentamente le istruzioni della casa farmaceutica che produce il siero, e in particolare stare molto attenti alla data di scadenza e alle modalità di conservazione del siero.
Nella tradizione culturale ligure, come del resto in quella vasta area geografica ed antropica che corrisponde all'Europa mediterranea, il terrore atavico per la vipera ha comunque fornito materia a favole, espedienti, teorie mediche perlomeno discutibili: a titolo esemplificativo si possono qui menzionare due rimedi empirici.
Il primo appartiene alla cultura contadina ed è connesso alle proprietà contro il morso della vipera attribuite alla lavanda il secondo, o meglio i secondi, appartengono alla tradizione culturale della medicina ufficiale seicentesca che ha finito per produrre libri sospesi fra suggerimenti terapeutici e visioni parte orrorifiche parte etico-moraleggianti come nel caso di questo prezioso volume: per farsi poi un'idea dei rimedi della medicina ufficiale si può studiare le proposizioni terapeutiche contro i veleni registrate entro il manoscritto medico dei primi dell'ottocento redatto dal medico Gibelli di Perinaldo e generalmente codificato come Codice Wenzel