Le TERME di Ventimiglia romana furono espressione non certo insignificante di quei COMPLESSI TERMALI che risultarono attraverso i secoli un giusto vanto architettonico e soprattutto IGIENICO-SANITARIO sanitario della romanità:
per proporne un'idea al massimo esauriente, fra tante strutture ancora ben conservate, visti la recente apertura al pubblico e gli interrogativi che ancora le riguardano si propone qui la visualizzazione delle TERME SUBURBANE DELLA VII REGIONE DI POMPEI.
Infatti delle TERME di Ventimiglia romana, per quanto estese e verisimilmente belle ai tempi del massimo splendore imperiale ma gravemente danneggiate per le spoliazioni antichissime e poi in dipendenza dei lavori agricoli che si condussero sul terreno che le ricoprì per secoli, si è conservato poco a confronto di ciò che la spaventosa eruzione vesuviana salvò dei bagni pubblici della città campana: tuttavia anche a Ventimiglia non mancano testimonianze interessanti della struttura, vieppiù riportata alla luce dall'operosità delle varie Sovrintendenze.
Delle TERME intemelie dunque si son trovati due praefurnia: in entrambi i vani la zona est serviva per la legna da ardere e qui un servo sorvegliava e riforniva il forno dell'hypocausis (come in tutte le terme romane, negli edifici pubblici, nei quartieri militari, nelle case dei patrizi romani l'IPOCAUSTO era un sistema di riscaldamento che consisteva nel far circolare aria calda prodotta da un forno centrale dentro intercapedini poste sotto il pavimento e lungo le pareti).
I forni, per via di un condotto, raggiungevano i caldaria o stanze per il bagno caldo. Un'aula era una piscina ad acqua calda come si vede dal doppio sedile in muratura diviso da uno schienale ricoperto di lastre di marmo.
Qui il pavimento è in tegole rovesciate, amttoni lavorati ed uno zoccolo pure in tegole lavorate: il pavimento poggia su colonnine (suspensurae) quadrate o rotonde con un pavimento impermeabilizzato con calce e cocciopesto: l'aria calda circolava in questo spazio e poi, tramite tubi di coccio o mattoni internamente vuoti, passava alle pareti garantendo un buon riscaldamento.
Questa tecnica serviva per ottenere il bagno primario o caldo, che garantiva l'apertura dei pori della pelle e preparava i vantaggi del bagno freddo nella piscina predisposta per il nuoto vero e proprio
Un'alternativa a ciò era il bagno di aria calda nella cella natatoria o laconicum dove l'aria calda, oltre che per il sistema delle suspensurae, penetrava tramite il vaporarium, un grosso tubo: in questo locale non si son rinvenuti sedili ma una nicchia che ha fatto pensare ad una finestra volta ad ovest su un giardino, un luogo di relax ove riposare, discutere di affari, intrattenersi cogli amici giocando o chiacchierando.
Come in altri consimili edifici della romanità imperiale anche nelle TERME di Albintimilium esistevano vani, archeologicamente meno decifrabili di quelli appena descritti, adibiti a spogliatoi ed unctoria, cioè predisposti per il trattamento cosmetico e l'unzione del corpo ove operavano medici, estetisti, massaggiatori ed altri terapeuti od esperti della bellezza del corpo.
Costoro si servivano abitualmente di vari attrezzi, vasi, balsami, strigili per un lavoro di cosmesi dalla ricca precettistica e formulistica: un bell'insieme di questa oggettistica è per esempio studiabile da un RITROVAMENTO ARCHEOLOGICO DI CORREDO FUNEBRE in una città tuttoggi notoriamente termale come ACQUI TERME (AQUAE STATIELLAE)
Ad Ovest delle Terme, in Ventimiglia romana, durante l'Impero, stava forse una PALESTRA mentre più a nord era il mosaico detto di Arione e vicino, a un livello inferiore di 96 cm., una piscina a 32 quadri decorati a motivi vegetali (datata del I sec. d.C.).
Ai primi del 1880 venne condotta un'inchiesta nelle province di Porto Maurizio, Genova e Massa-Carrara.
La Relazione edita nel 1884 non è risultata reperibile nelle sedi naturali di conservazione del materiale documentario e degli atti pubblici, sicché ad iniziare da Narciso Drago che per primo l'ha riproposta in tempi moderni si è dovuto ricorrere alla trascrizione di quanto, della summenzionata Relazione è stato ripreso, in modo apparentemente del tutto oggettivo, sul periodico "La Liguria - Giornale di Oneglia" nel febbraio e nel marzo del medesimo anno.
E' fuor di dubbio che dall'inchiesta governativa trapelò un quadro a tinte fosche sulla qualità della vita in Oneglia e in vari altri centri vicini, un quadro (peraltro già variamente sottolineato dalla CULTURA MEDICA PONENTINA) che finiva per mettere in evidenza la grave situazione della PUBBLICA IGIENE quale effetto sia di CARENZE SANITARIO-PROFILATTICHE che di crescente diffusione di uno stato già cronico di PAUPERISMO.
A riguardo di ONEGLIA, il centro politicamente e demograficamente più rilevante del campione preso in esame (che qui diviene anche guida per un'indagine storica sulla sanità ambientale nella Liguria tardo-antica), si legge:
" Oneglia, il centro più popoloso del Circondario, salvo la via principale attraversante l'intera città, non si vede che una serie di viuzze, non più larghe di un metro e forse meno, oscure, umide, coperte da ponti di reciproco sostegno fra una casupola e l'altra. Tutte queste casupole sono senza intonaco, la muffa copre la base dei muri. Vi sono ingressi che mettono ribrezzo. Nel mezzo della strada corre un rigagnolo che serve di scolo comune e raccoglie le acque che gettansi dalle finestre, il rifiuto della cucina, il residuo degli acquai. Gli escrementi sono deposti lungo i muri delle case specialmente dai fanciulli che tutt'il giorno rotolano in quel lago; ed alle porte delle case si veggono mucchi d'immondizie, ove si pasce un'infinità di insetti, e donde si sprigionano stomachevoli esalazioni. Nella parte più a mare della città d'Oneglia, il fondo delle case stilla acqua; e quando c'è marea, le onde battono contro i muri, lasciandovi una perenne umidità.
In queste case crescono fanciulli rachitici che fa pietà a vederli, e le donne e i ragazzi che vi stentano la vita, sono quasi tutti affetti da mal d'occhi.
I peggiori quartieri della Napoli vecchia, quelle cave, quei fondachi che ora vanno scomparendo sotto il piccone e la mina del progresso edilizio, tanto in Porto Maurizio quanto in Oneglia, sono in minor proporzioni circa l'estensione, ma ragguardevoli in rapporto alla popolazione e riprodotti in tutti i loro orrori.
Convien vederli, quei tuguri per formarsene un'idea giusta! Il viver là dentro, par cosa che degrada la dignità umana. Eppure vi vivono lavoratori a migliaia...
Non sempre con tanta povertà e deficienza d' ambienti si può conseguire lo scopo di tener separati i coniugati dai celibi e le ragazze dai maschi. In molte case di campagna havvi promiscuità di sessi, né si hanno esatte cognizioni di morale: fanciulle e maschi alle volte son costretti a dormire fin oltre l'età adolescente nelle stanze dei coniugati.
Onde l'eccitamento agli istinti sessuali.
A ciò si fa risalire la causa dei facili rapporti sessuali in questi paesi, e l'abbondante contingente di donne che si danno o per capriccio o per istinto o per bisogno (ciò che accade nel maggior numero dei casi) alla prostituzione clandestina.
Lo stesso prefetto di Porto Maurizio, come le minori autorità non ci nascondono che il meretricio ivi si pratica su larga scala".
Per quanto questo quadro fosco di Oneglia dovesse venire contraddetto, in maniera più retorica che sostanziale dall'amministrazione del luogo, i riferimenti della Relazione non paiono scoordinati fra loro ma abbastanza inseriti in un rapporto di causa-effetto e rimandano peraltro al tema piuttosto costante nell'età intermedia del pauperismo cui si cercò di sfuggire in molteplici modi, da forme di emigrazione per giungere sino a momentanee ma violente insurrezioni popolari contro i ceti magnatizi od a rivolte contro la stessa Genova [iniziative peraltro effimere visto che il problema socio-economico oltre che a dipendere dalle peculiarità dell'epoca intermedia nel Dominio di Genova era connaturato ad una serie di convenzioni esistenziali ed agronomiche che sarebbero state divelte con non poca difficoltà].
La RELAZIONE BERTANI tratta a lungo delle pessime condizioni igieniche, dei depositi di immondizia, delle esalazioni pestilenziali: non bisogna dimenticare che oltre un secolo prima di questi eventi Bernardo Ramazzini (Carpi 1633 - Padova 1714) nel suo saggio De Morbis Artificum edito nel 1700 [che lo pone tra i fondatori delle "medicina del lavoro e della medicina sociale"] precisamente al capitolo XIII (Delle malattie dei cava-fosse) dopo aver analizzato l'effetto irritante sugli occhi di questi operai, sino alla siccità, delle pestilenziali esalazioni dei pozzi neri e dei lavori nelle cloache fa anche riferimento al pericolo costituito dai bambini di vivere in ambienti dove scorrono acque nere o giacciono vasi contenenti detriti umani sì da mettere quegli acidi che nuocciono all'"età tenerella" provocando tanti problemi di vista a troppi giovani e giovinette.
Quando nel 1884 a Tolone scoppiò il colera il dottor Francesco Grollero nel n. 18 de "La Liguria" commentando l'eziologia del morbo e la preparazione sanitaria di ONEGLIA preoccupantemente annotò:
"Le condizioni della nostra città sono esse tali da crederci per quanto è possibile premuniti dall'attacco del morbo? Abbiamo un sistema di FOGNE preadamitico, non lastricato, senza sufficiente pendenza, onde il ristagno delle sostanze immessevi, abbiamo gli orinatoi senza fossa di spurgo, essi shoccano nel porto, nello abitato, non direttamente nell'acqua del mare; in esse si versano liquidi di ogni qualità, d'ogni densità, il terreno ad essi circostante è imbevato di una melma nera che non può che penetrare nei pozzi, di cui alcuni danno un'acqua ributtante al palato, ...sostanze liquide e semisolide si gettano per le vie, in alcune delle quali scorre ano schifoso puzzolente rigagnolo, vi sono pozzi aperti in vicoli fetenti, vicini a luridi macelli, si conservano e per molti giorni come preziose reliquie le sostanze escrementizie; abbiamo immediatamente alle spalle del paese il cimitero, non ammazzatoio, non visita alle carni, alle sostanze alimentari, nulla che faccia vedere come a suo tempo si pensi a prevenire una possibile infezione.