Il LINO era conosciuto già seimila anni fa. In Egitto, all'epoca dei Faraoni, si tessevano preziose stoffe con le fibre del Linun usatissimum, come è provato dal ritrovamento di alcune mummie fasciate con bende di questa tela. Inoltre i vestiti delle dame di corte, delle danzatrici e delle sacerdotesse erano in questo tessuto.
Il lino era noto anche ai cinesi, peruviani, greci, romani, galli, germani e agli abitanti dell'antica Iberia.
Il diffondersi del cotone e delle fibre chimiche e sintetiche fece diminuire l'impiego del lino.
Dal Medioevo al Rinascimento l'olio di lino cotto e fatto addensare al sole, era usato dai pittori per dare intensità e brillantezza alle tempere in sostituzione dell'uovo.
Gli steli sono esili, erbacei o semi - legnosi; le foglie sono piccole e strette, piuttosto rade e presentano diverse tonalità di verde, più o meno grigiastro o tendente all'argento.
Le corolle di queste piante sono di vari colori, oltre il classico azzurro-cielo, bianco, giallo, rosa violetto, blu, carminio, porpora, rosso vivo, cremisi, celeste e lilla; infatti, esistono oltre 200 specie di questa pianta.
L'epoca di fioritura va da aprile a settembre, a seconda del clima e della specie.
Il LINO è coltivato per la produzione di fibre tessili, che forniscono tessuti dalla straordinaria leggerezza e dalle sfumature cromatiche particolari, e di semi impiegati in diversi usi.
I migliori dati sulla coltura del LINO provengono dai documenti reperiti in una sua area storica di coltura e lavorazione cioè la Valtellina dove:
la semina: si effettuava nella settimana prima di Pasqua nel campo dissodato e tirato piano o solo con la traccia di minuscoli solchi.
la crescita: dopo 10/12 giorni spuntavano i primi fili. Le cure, in questo momento, dovevano infittirsi: nelle notti più fredde si accendevano, al limitare dei campi, fuochi di sterpi per difendere le pianticelle dalla brina. Quando erano un po' cresciute si procedeva, con le sole mani, alla sarchiatura perché le erbe infestanti non prendessero il sopravvento sui teneri steli. Nelle stagioni secche, bisognava provvedere alla irrigazione. Verso la fine di giugno avveniva la fioritura e si curava il campo perché le piantine rimanessero ritte.
l'estirpazione: nel mese di luglio il lino veniva strappato tirandolo verticalmente a mazzetti con tutte le radici; i mazzi venivano legati in covoni lasciati nel campo per una decina di giorni per portare le capsule dei semi a perfetta essiccazione.
l'estrazione dei semi: si percuotevano con un mattarello le capsule in cui sono racchiusi dai 5 agli 8 semi. Essi venivano utilizzati come becchime, ingrediente della minestra, componente di cataplasmi o medicamenti popolari. L'olio spremuto dai semi con il torchio veniva usato nell'alimentazione , per l'illuminazione e, cotto, per lubrificare le ruote dei carri, diluire il minio e altri colori, verniciare le pareti in legno delle stue e delle camere.
la macerazione: ai primi di agosto i mazzi di lino venivano accatastati nel fienile. Verso la fine dell'estate, venivano portati nei prati, preferibilmente paludosi, perché le ultime piogge estive, facendo fermentare e macerare gli steli, favorissero la separazione della fibra. Se la stagione era eccessivamente secca, bisognava immergere i mazzi nelle fontane o nei ruscelli.
l'essiccazione: in autunno i mazzi venivano ritirati dai prati ed esposti nei luoghi più soleggiati, a ridosso delle case, perché potessero perfettamente essiccare. A questo punto, con una pietra, si liberavano le piante dalla radice.
la gramolatura: a novembre i mazzi venivano triturati con la gramola che riduceva gli steli in fibre che venivano piegate, legate in trecce e riposte in ceste.
la spatolatura: per far cadere dalle fibre gli ultimi frammenti legnosi, si percotevano le fibre dall'alto al basso con una spatola di legno.
la pettinatura: serviva a completare la pulitura delle fibre. Si praticava con il cardo, uno strumento di legno dotato di una fitta losanga di chiodi. Alla fine della pettinatura il lino veniva avvolto in matasse ben strette e poste in grandi ceste.
la filatura: si eseguiva sul medesimo filatoio che si usava per la lana.
l'ammorbidimento delle fibre e il candeggio: le matasse venivano fatte bollire assieme a della cenere per ammorbidire e sbiancare le fibre. Le matasse venivano lasciate raffreddare nella caldaia e, il mattino successivo, portate al fiume per il risciacquo. L'operazione, veniva ripetuta più volte.
la tessitura: prevedeva diverse operazioni preliminari: l'incannatura, l'orditura, l'arrotolamento dell'ordito sul subbio, la passatura.
il candeggio della tela: dopo la bollitura nella caldaia con la cenere, la tela greggia veniva stesa sul prato, al sole, dopo il taglio del primo fieno. Alla sera si ritirava e si immergeva nell'acqua calda saponata perché diventasse morbida. Il giorno successivo si ripeteva l'operazione e ciò poteva protrarsi anche per due settimane consecutive.
impiego della tela: avvolta in rotoli, la tela veniva impiegata per confezionare abiti e lenzuola per il corredo della sposa, tovaglie per l'altare, fasce per i neonati, bende, pezze in cui avvolgere i formaggi o i panetti di burro.