L'immagine riproduce il FRONTESPIZIO della prima traduzione italiana del CORANO ed è tratta da un volume di A. Malvezzi noto islamista postosi il principio scientifico di dimostrare la grande ignoranza che sull'Islam è passata, attraverso i secoli, per l'Europa e comunque per il Mondo Occidentale onde giungere fino alla contemporaneità.
L'autore, come esempi di mistificazione a danno del mondo musulmano, cita vari testi tra cui in particolare il De Orbis Terrae Concordiae (1544) di Guglielmo Postello, alcuni libri spagnoli [e francesi] e questa traduzione dell'Arrivabene cui dedica le seguenti, ironiche osservazioni(pp.209 - 212): "Altra prova che la minaccia del Turco aveva creato in Europa alla metà del secolo XVI è data dalla pubblicazione della prima versione del Corano in lingua volgare e precisamente in quella italiana, fatta a Venezia nel 1547 da Andrea
Arrivabene. Quel libro è oggi
rarissimo e ne sono noti solo pochi esemplari nelle pubbliche e private biblioteche d' Europa.
L'Arrivabene ripetutamente afferma che la traduzione del
Corano fu fatta eseguire da lui sull'originale arabo, mentre invece essa è una parziale traduzione italiana della versione latina di Roberto di Chester, sicché è il ristretto di un compendio. Nel Corano dell'Arrivabene le Sure hanno poi una nuova numerazione, che rende ancor più difficile collazionarle col testo originale. Ma ciò ha poca importanza, poiché, per se stesso, il testo raffazzonato del Corano ha per noi scarso interesse, mentre ne hanno i motivi dati dall'Arrivabene per averlo stampato.
Innanzi tutto, all'evidente scopo di premunirsi da noie o peggio per la pubblicazione di un libro così pericoloso quale il Corano, l'editore lo pose sotto l'egida di Gabriel Puetz Barone d'Aramon, Ambasciatore di Francia a Costantinopoli dal 1546 al 1553, ove negoziò l'alleanza del Re Cristianissimo [Francesco I di Francia in guerra coll'imperatore Carlo V] con Solimano il Magnifico.
L'Arrivabene poi nella lettera dedicatoria della sua opera al d'Aramon afferma che essa è utilissima, anzi necessaria, per fare conoscere gli usi e costumi dei Turchi in questi turbolentissimi tempi ne i quali la religione insieme con tutte l'altre cose christiane, sono per avventura in maggior travaglio che mai più si sieno state in tutti i passati secoli. Perciò è necessario porsi in
grado di difendere e conservare la nostra
religione, la libertà nostra e tutti gli altri honesti
commodi e civili ornamenti.
L'Arrivabene evidentemente non si rendeva conto della incongruenza di esprimere questi pensieri intorno ai Turchi proprio in una lettera indirizzata a chi, con scandalo di tutta Europa, aveva, proprio allora, stretto con essi alleanza. Come si conviene, il testo del Corano è preceduto, nella pubblicazione dell'Arrivabene, da un compendio storico intorno all' Islam che risulta ricalcato sopra i ben noti, pressoché millenari testi; infatti vi si torna a leggere la oramai stucchevole stereotipata frase intorno ai deserti d'Arabia i quali come sono fecondissimi di venenose fiere, così son sempre stati produttori di pestilenti heresie e pernitiose sette . Così dunque, a metà del cinquecento, si torna daccapo a ragionare dell' Islam eresia cristiana. I1 Sommario abbonda inoltre di nomio storpiati o immaginari, come, ad esempio, quello di un Alun Karitz Re di Alessandria contemporaneo di Maometto, vissuto perciò in un tempo quando l' Egitto non era un regno, bensì molto notoriamente una provincia dell' Impero bizantino.
Zeppa di madornali errori di questo genere, la pubblicazione dell'Arrivabene non portò alcun contributo alla conoscenza dell' Islam, anzi confermò le false notizie che se ne avevano e non ha oramai altro valore che quello di una rarità bibliografica [la copia di cui il Malvezzi si servì la diede come "esemplare della libreria Malvezzi de' Medici" (quindi raccolta privata); a livello di biblioteche pubbliche ho riscontrato 2 copie: una alla "Biblioteca universitaria Alessandrina" di Roma ed un'altra alla "Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II" ancora di Roma]".
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