Incunabolo del 1480 stampato a Venezia, Bibbia miniata. Col termine "incunabolo" in biblioteconomia si indica un libro stampato con caratteri mobili, alle origini dell'arte tipografica, prima del 1500. "Incunabolo" č voce dotta dal latino incunabula ( = fasce) da cunae = culla: il significato della parola in biblioteconomia venne introdotto da Cornelio von Beughen nel suo repertorio Incunabula typographiae del 1688. Primo "Incunabolo" fu notoriamente la Bibbia a 42 linee del 1455 di Gutenberg considerata il prototipo dei cambiamenti dell"'assetto del mondo tutto" (Bacone). Per lungo tempo perņ nelle biblioteche sarebbero coesistiti i codici della vecchia tradizione manoscritta e i libri stampati, ed anzi inizialmente negli incunaboli (come in questo dell'Aprosiana) si tendeva a riprodurre l'immagine del manoscritto nella scelta e miniatura delle iniziali, nelle preziose decorazioni e nella lunghezza dei margini, anche per non operare uno scarto traumatico dalla tradizione. Nonostante le spoliazioni, alla Biblioteca Aprosiana si puņ leggere tuttora il passaggio dalla biblioteca descritta da Umberto Eco ne Il nome della Rosa, di indubbia ascendenza medievale, a quella di "transizione" del Gutenberg (basta passare dalla visione della sezione manoscritti a quella "incunaboli") per poi scoprire la "biblioteca moderna", quella dei libri moderni e di sempre maggior tiratura propri delle grandi tipografie del XVI secolo (donde uscivano le splendide cinquecentine" raccolte da Aprosio a migliaia), delle botteghee tipografiche commerciali e preindustriali del 600 (da cui uscivano le "secentine") e quindi del '700 (che producevano bei libri, che chiudono il ciclo dei "Fondi storici", detti "settecentine").