cultura barocca
Inf. di B. Ezio Durante Canzoni italiane, popolari e non e i canti della Nostalgia = l'emigrazione italiana

"Anche Genova ha il suo posto nella storia della canzone, e non solo per merito dei cantautori genovesi che negli Anni Sessanta conquistarono un posto di primo piano nel nuovo corso della canzone firmata. Gino Paoli, Umberto Bindi, Luigi Tenco, Bruno Lauzi hanno avuto degli antesignani: i poeti COSTANZO CARBONE (paroliere, fra l'altro, della famosa canzone BACCICIN) e RAFFAELLO COGORNO, i musicisti ATTILIO MARGUTTI e ALDO CROTTO, ma sopra tutti MARIO CAPPELLO, un cantante che si unì a loro per dare vita, nel 1924, alla canzone genovese, promuovendo concorsi e fondando una COMPAGNIA DI CANTO (l'immagine sopra proposta appartiene al Museo della Canzone di Vallecrosia) che ottenne non soltanto il plauso del pubblico di Genova, ma intraprese una tournee itinerante dalla Liguria al Piemonte, al Veneto (a Trieste, il produttore Stefano Pittaluga li chiamo per inaugurare il Teatro Fenice).
La Stampa del 16 marzo 1926 così recensiva il concerto di Torino: "A Genova si erano detti: a Venezia si canta sulla laguna, a Firenze si canta sui colli, a Torino si canta a Porta Palazzo, a Napoli si canta dappertutto, l'Italia non è che canto e musica, e Genova non dovrebbe cantare?... Il miracolo fu che, desiderate le canzoni che ancora non c'erano, sorsero d'un tratto poeti e musicisti per fabbricarle, e sorsero anche innumerevoli pubblici per applaudirle. Ieri sera udimmo così alcune piccole, graditissime cose, che hanno un loro modo e un sentimento caratteristico. Fu un applauso unico, generale, cordialissimo a questa Piedigrotta genovese".
Artefice in primo piano il cantante MARIO CAPPELLO, divenuto poi l'autore dei motivi più noti: il cantautore nel 1924, denominato il messaggero della canzone genovese, acclamato interprete anche all'estero.
Stralciamo dal giornale Caffaro: "Chiamato ad incidere sui dischi della Parlophon, la più grande casa discografica del mondo, Mario Cappello ebbe a Berlino trionfi ed onori; tutti i giornali berlinesi con articoli e pubblicazione di fotografie, esaltarono questa brillantissima propaganda genovese che sta facendo il giro del mondo".
Tra le tante canzoni dialettali che onorano Genova nel mondo e di cui qui si propone una selezione non si può non citare del cantautore MARIO CAPPELLO, esponente di punta della COMPAGNIA DELLE CANZONI GENOVESI è rimasta a ricordo la bellissima e nostalgica canzone
***************MA SE GHE PENSO***************
una sorta di poetica commemorazione, musicata da ATTILIO MARGUTTI, della grande "EMIGRAZIONE LIGURE OLTREOCEANO" con quello di
GENOVA CONSIDERATO IL PRIMO GRANDE PORTO DELLA SPERANZA PER IL VIAGGIO VERSO UNA NUOVA VITA OLTRE OCEANO".






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Il TRALLALERO è un canto di origine contadina che in Liguria, e a Genova in particolare, è divenuto nel tempo patrimonio dei lavoratori del porto, delle industrie metallurgiche, dei gruppi operai e delle confraternite artigiane. È fiorito in taverne come la leggendaria Latteria, gestita negli anni Trenta dal tenore Tugni, e ha codificato in quell'epoca uno stile vocale affermatosi nelle oltre cento formazioni che animavano anche competizioni fra quartieri. La polifonia del Trallallero è organizzata intorno alla voce di tenore ("u primmu" nel dialetto genovese), al falsetto ("u segundu", oppure "cuntretu"), alla chitarra (imitazione dello strumento con una voce nasale emessa tenendo il dorso della mano contro le labbra), al baritono ("u cuntrubassu") e a una serie di bassi. Sul tenore, che generalmente dà l'avvio al canto, grava la responsabilità di iniziare nel tono giusto ("u sciu tun"); la chitarra ha una funzione ritmica, i bassi assicurano sostegno armonico al gruppo. Il numero ideale per una formazione è di otto canterini - così si chiamano le voci del Trallallero - che dispongono in cerchio, come intorno a una tavola, concentrati sulla presenza ideale di un nono canterino: il vino. Il repertorio conta meno di cento brani, brevi e perlopiù anonimi. Alcuni sono di ispirazione religiosa, altri occhieggiano all'opera, molti risentono di influenze orientali, quasi tutti non trattano più soggetti rurali, com'era in origine, ma ne conservano le parole e il ricordo, mentre i paesaggi evocati dalle parole guardano piuttosto verso il mare.





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