Nel De Bello Gallico Cesare intendeva per Gallia il territorio fra l'Oceano Atlantico, i Pirenei, le Alpi ed il Reno. Tale territorio all'epoca della conquista romana nel I secolo a. C. era occupato da diversi popoli di origine celtica. L'organizzazione politica e sociale delle popolazioni celtiche della Gallia aveva la tipologia di molte societa primitive basate sulla vita nomade e guerresca. Successivamente si passò alla vita agricola e ad un'organizzazione sociale, fondata originariamente sul sistema delle tribù consanguinee. Successivamente si ebbe un'evoluzione verso un ordine sociale più evoluto, a carattere pseudonazionale: comparvero i vari a popoli, (Edui, Sequani, Biturigi, Elvezi). In seguito si svilupparono attività commerciali, specie lungo i grandi fiumi. Al III secolo a. C. risalgono le più antiche monete scoperte, esemplate su quelle della colonia greca di Marsiglia. La società celtica, al tempo della conquista romana, era tuttavia lontana dal costituire una struttura organica. I vari "popoli" si consideravano reciprocamente estranei e spesso anzi nemici. Il vincolo comune era dato dalla religione dei druidi ma, secondo alcune interpretazioni oggi però discusse, sarebbe stato tipico delle sole classi dell'aristocrazia fondiaria. Neppure all'interno dei singoli popoli esisteva una vera e propria unità: anzi nell'ambito di ognuno di questi l'aristocrazia fondiaria era notevolmente contrapposta al resto della popolazione.
Di questi antagonismi si giovò Roma nella sua conquista delle Gallie. Questa si limitò dapprima alla Gallia compresa tra le Alpi, il Rodano ed il Mediterraneo che costituì la provincia della Gallia Narbonese o, semplicemente, Provincia (donde l'odierno toponimo di Provenza). Successivamente il dominio romano si estese a tutta la Gallia: tale espansione fu realizzata Giulio Cesare (100-44 a. C.) che, sfruttando abilmente le rivalità tra i diversi popoli, aveva acuito la pressione di popoli germanici sul Reno: facendo leva sull'atteggiamento filoromano dell'aristocrazia, tra il 58 ed il 52 a. C. a sottomise tutta la Gallia. I1 tentativo di scatenare una sollevazione dei Galli delle regioni centrali contro la conquista ro
mana, ideato e capeggiato dall'alverniate Vercingetorige, fu domato dopo una lunga campagna culminata nell'assedio di Alesia (52 a. C.). Da allora la conquista romana delle Gallie risultò compiuta anche se non solidificata visto che ci fu bisogno che trascorressero vari decenni per venire a capo delle numerose sollevazioni che ora l'uno ora l'altro popolo intrapresero contro i Romani. Nel 70 d. C., sotto Vespasiano, la conquista romana di fatto divenne una realtà assoluta e la grande regione finì per costituire uno dei cardini dell'Impero.
Sotto la dominazione romana la Gallia conobbe un lungo periodo di fioritura e sviluppo economico. Si procedette a cospicui dissodamenti di terra, vennero introdotte nuove culture (tra le quali pri
meggia quella della vite destinata a vigoroso sviluppo nella Francia medievale e moderna, i centri urbani si svilupparono e conobbero un notevole sviluppo nella Provincia dove primeggiarono le città di Narbona e di Lione. Roma innestò altresì la Gallia nel grande circuito mercantile dell'antichità e favorendo lo sviluppo del commercio cui si dedicarono principalmente operatori orientali, greci e siriani.
La base portante del dominio romano era l'aristocrazia locale. Questa accettò di buon grado la romanizzazione e se ne fece anzi essa stessa promotrice: educata in scuole latine, essa assimilò presto i costumi e la lingua dei conquistatori e presto ne richiese la fiducia e gli uffici. La romanizzazione si estese anche alle classi inferiori e la lingua
ori e la lingua latina finì per soppiantare
logoramento: in particolare il doppio gravame sulle classi inferiori, da parte dell'aristocrazia fondiaria e da parte del fiscalismo romano venne progressivamente determinando pure in Gallia quel processo di decadenza che caratterizzò il medio e tardo Impero romano d'Occidente: la crisi demografica delle campagne e la riduzione delle imprese economiche nelle città, l'accendersi di sollevazioni contadine (BAGAUDE) sono tra i segnali emblematici della crisi generale. Si fecero dei tentativi per arginare la decadenza ed arrestare tale processo involutivo ma non risultarono definitivi: per esempio si tentò di vincolare i coloni terra, di regolare l'attività delle corporazioni urbane.
Intanto le popolazioni barbariche, che nel secolo IV eran state contenute, in forza del meccanismo della "federazione" (per cui i barbari accolti quali hospites e forniti di terre, assicuravano la difesa delle province esterne) e grazie all'attivismo di imperatori vigorosi quali Giuliano e Valentiniano.
Dal V secolo il complesso difensivo della Gallia romana venne meno di fronte alle orde barbare: nel 406 un'ondata di Vandali e Alani aprì la strada ai Franchi e ai Burgundi che si stabilirono sulla riva occidentale del Reno, mentre la sede della Prefettura delle Gallie veniva trasferita da Treviri ad Arles. Al 412 risale invece lo stanziamento dei Visigoti, quali faederati nella Gallia Narbonese, ove costituirono un florido regno di cui fecero capitale la bella città di Tolosa. Dopo la morte del generale romano Ezio (454), che era riuscito a contenere la pressione dei barbari (fu celebre il suo trionfo sugli Unni di Attila nel 451), gli invasori ripresero la loro demolizione dell'Impero occidentale. I Visigoti si spinsero alla Loira, i Burgundi occuparono il basso corso del Rodano e della Durance. Al nord i Franchi occuparono l'attuale regione del Brabante oltre alle rive occidentali del Reno e della Mosella, mentre, verso prima meta del VI secolo, genti provenienti dalla Britannia si impadronirono della penisola armoricana (donde l'attuale nome di Bretagna). I territori ancora controllati dai Gallo-Romani furono ridotti all'area tra la Loira e la Somme risultando quindi isolati dall'Impero e per conseguenza destinati a cedere entro non molto tempo alla pressione dei nuovi conquistatori.