INF. B. DURANTE

IL CONTINENTE AUSTRALIANO E' UNA TERRA RICCA DI CONTRASTI: ALLE ARIDE E STEPPOSE REGIONI DEL NORD E DEL CONTRO SI CONTRAPPONGONO I FERTILI TERRENI DELLA PARTE MERIDIONALE PIENA DI VIGNETI E DI FATTORIE (CAMERA PRESS LONDON - PRIMI DECENNI '900)















L’AUSTRALIA conta una popolazione di circa 15 milioni di persone di cui 2.200.000 di origine europea. Gli italiani che vivono in Australia sono circa un milione; di questi 262.000 sono nati in Italia e altrettanti hanno almeno un genitore nato in Italia. Essi costituiscono la maggiore comunità nazionale di lingua non inglese.
L’emigrazione italiana verso questo paese comincia nel 1870 (non partecipa quindi, se non per qualche caso limite, della FEBBRE DELL'ORO che data alla prima metà del XIX secolo) quando l’Italia viene colta da collasso socio-economico per le risultanze della rivoluzione industriale e l'assoluta non competitività del mondo agricolo.
I primi flussi erano costituiti da operai, pastori e pescatori, infatti, i sindacati australiani volevano solo braccianti, non persone specializzate: per braccianti si intendevano anche coloro che potessero cooperare nel campo agronomico, in quello dell'allevamento bovino ed ancora della pastorizia su larga scala.
Nel 1883, in un trattato firmato a Roma, le autorità australiane autorizzarono l’ingresso in Australia anche di immigrati qualificati, che avrebbero favorito lo sviluppo del paese e l’afflusso di capitali.
Il sentimento anti-italiano perdurò fin dopo la I guerra mondiale nel Queensland e nell’Australia occidentale.
Le restrizioni aumentarono nel 1901 con la costituzione della Federazione delle Colonie. Il Governo Federale decise di limitare l’immigrazione vietando l’accesso prima a persone di colore e in seguito, per conservare inalterato il carattere anglo-irlandese della Confederazione, anche agli immigrati dell’Europa del sud. Il divieto restò in vigore fin dopo la II Guerra Mondiale.
Negli anni ’50 e ’60 il problema della mafia produsse un’altra ondata anti-italiana.
Il censimento del 1881 registrava la presenza di 1.880 italiani, che risiedevano per lo più nello stato di Victoria. Il flusso degli arrivi aumentò ogni anno di circa 250 unità. Il censimento del 1901 ne contava 5.678. Agli inizi del ‘900 il flusso medio annuo raggiunse le 700 unità, ma la guerra lo arrestò. L’emigrazione italiana in Australia riprese dal 1922, Nel 1957 la popolazione italiana in questo paese ammontava a 57.700 unità.
Gli italiani s’impiegarono nelle miniere, nella pesca, nelle fonderie, nella costruzione delle linee ferroviarie ed altri, in città, si adeguarono ad ogni tipo di lavoro, divennero sarti, albergatori, cuochi, falegnami, camerieri. Non mancarono gli agricoltori, che fondarono le comunità rurali di Mildura, Shepparton, Myrtleford, Ballarat, Wangaratta e Warribe nello stato di Victoria; Goulburn, Lightgow e Lismore nella Nuova Galles del Sud. Nel New South Walles, che fa capo alla cittadina di Griffith, si formò un’intera comunità di italiani, soprattutto veneti, che inizialmente lavorarono la terra, di cui poi divennero proprietari. La coltura della canna da zucchero nel Queensland è oggi attività quasi tutta italiana, i primi ad insediarvisi furono persone provenienti dal Monferrato, dalla Valtellina e dal Veneto. I primi anni del Novecento inizia ad affermarsi la stampa italiana con il periodico "Uniamoci" che chiude però nel 1904, con "L’Italo-australiano" che chiude nel 1909 ed "Oceania" che viene diffuso fino agli inizi della prima guerra mondiale.
Nel primo dopoguerra l’emigrazione in Australia subisce un incremento dovuto in parte ai problemi economici italiani, in parte al fatto che qui si riversò gran parte del flusso migratorio diretto negli Stati Uniti e bloccato dalla politica di immigrazione restrittiva che il Nord America aveva intrapreso in quel periodo; in quegli anni approdano in Australia Veneti, Lombardi ma non solo, questa ondata coinvolse infatti numerosi meridionali, in particolare siciliani.
Dopo la II Guerra Mondiale l’Australia ha avviato un programma di immigrazione. Tra il 1947 e il 1980 sono giunti circa 280.000 italiani (secondo uno studio del Governo Australiano, che risale al 1978, l’Australia ha attratto circa il 20% di tutta l’emigrazione italiana a partire dal 1946).
Se prima della guerra i nostri emigrati preferivano le zone rurali, negli anni a venire scelsero i grandi centri industriali. La concentrazione maggiore si ha a Melbourne, Sydney e Adelaide. E se all’inizio del secolo gli immigrati provenivano per di più dalla Lombardia e Piemonte, a cominciare dagli anni '60 giungono dalla Sicilia, Calabria, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia, Abruzzi e Campania.
L’ondata migratoria, che è cominciata a diminuire negli anni ’70, negli anni ’80 è scesa al migliaio di arrivi l’anno. Gianfausto Rosoli del Centro Studi Emigrazione di Roma, in uno studio pubblicato dalla Fondazione Agnelli delinea la comunità italiana in Australia di fine anno ‘80 come una collettività calcolata "attorno alle 540 mila unità, di cui 250 mila in possesso della doppia cittadinanza, secondo le stime dell'Ambasciata italiana di Canberra (1986).
Il censimento del 1981 ha registrato 275 mila nati in Italia. "La maggior parte degli italiani vive nelle grandi aree metropolitane del paese (dove peraltro si concentra l'82% degli australiani): l'81% della comunità italoaustraliana vive nei tre stati di Victoria (41,5%), New South Wales (28%) e South Australia (11,5%). La distribuzione è rimasta pressoché identica tra i due censimenti del 1976 e del 1981: il 70% della comunità risiede nelle tre città di Melbourne, Sydney e Adelaide, le capitali degli stati più industrializzati. Del resto il settore industriale è quello che vede la massiccia presenza degli italiani; dopo la crisi che ha investito il settore industriale a metà degli anni Settanta, l'occupazione degli italiani si è diretta in maniera più marcata verso il settore dei servizi".
"La comunità italoaustraliana è caratterizzata da una relativa stabilità occupazionale, a seguito anche dell'elevato numero di proprietari. Forte è anche la loro presenza nel settore delle costruzioni e del commercio. L'alta percentuale di proprietà immobiliare conferma che la maggior parte della popolazione italiana si è ben inserita da un punto di vista economico. Il gruppo etnico italiano è caratterizzato dalla più bassa percentuale di disoccupati".
"Nell'agosto 1987 si rilevava che il 4,8% degli italiani era disoccupato contro il 10,1% degli jugoslavi, il 7,5% dei greci e il 7,3% della media nazionale. Delle 85.000 persone della comunità tra i 15 e i 64 anni, che nel marzo 1987 non lavoravano, 22.100 erano maschi e 63.400 femmine, con una consistente presenza d’anziani.
La comunità si presenta relativamente giovane, a seguito dello sviluppo della seconda generazione. Tuttavia la comunità incomincia a manifestare i segni di una avanzata fase di invecchiamento che colpisce gli italiani della prima generazione. Da un’indagine campionaria effettuata nel 1981 è risultato che un quarto degli italiani residenti nelle otto città capitali aveva superato i 55 anni. Gli anziani si trovano a dover fronteggiare gravi problemi d'ordine sociale ed economico e difficoltà di comunicazione linguistica e culturale".
"La generazione nata in Australia, o seconda generazione nata da almeno un genitore italiano, è in espansione: nel 1976 aveva una consistenza dell'86% rispetto a quella della prima generazione. Il censimento del 1981 ha mostrato che i nati in Italia da almeno un genitore nato in Italia hanno ormai superato la prima generazione: sono 284.983 con un incremento del 18,5% rispetto all'ammontare nel 1976. Oltre i due terzi degli immigrati nati in Italia hanno acquistato la cittadinanza australiana, segno evidente della tendenza alla stabilizzazione nel paese d’accoglimento.
Dati più analitici sulla struttura e dinamica della seconda generazione possono essere ricavati dalla lettura delle tabelle allegate. Le rilevazioni censuarie australiane permettono di ricostruire la prima e la seconda generazione; inoltre il censimento del 1976, ponendo la domanda sul luogo di nascita dei genitori, ha permesso di identificare, oltre alla seconda generazione, anche i nati da genitori italiani in paesi diversi da Italia o Australia. Non è possibile ricostruire la terza generazione, ma i dati del censimento del 1976 permettono di illuminare il momento della sua formazione: infatti, le classi di età 20-34 anni che negli anni Cinquanta hanno contribuito a formare il nucleo demograficamente propulsivo della comunità, si trovavano al penultimo censimento del 1976 con i figli in età 20-30 anni, che stanno ora dando vita alla terza generazione.
Il demografo australiano Charles Price ha calcolato per il 1978 una popolazione di origine italiana di 595.321 unità, pari al 4,17% della popolazione australiana. La cifra è la media aritmetica tra una popolazione di discendenza paterna di 646.058 unità e una popolazione di discendenza materna di 544.585 unità. Il progressivo costituirsi di questa comunità, il suo espandersi negli anni Settanta e il suo apporto alla composizione etnica della popolazione italiana è illustrato dalla tabella 13. Una analisi in dettaglio delle classi di età ai vari censimenti permette di rilevare il progressivo invecchiamento dei nati in Italia, ma l'importante apporto di crescita demografica dei nati in Australia."
"Gli anni Ottanta sono dunque gli anni decisivi dell'espandersi della seconda generazione e rappresentano un momento critico per la conservazione e la valorizzazione della lingua e della cultura del paese di origine. La maggior incidenza della linea paterna nella costituzione della seconda generazione (infatti i figli con il solo padre nato in Italia sono quattro volte più numerosi dei figli con la sola madre nata in Italia) può esercitare un influsso diretto sulla "lingua materna" appresa in casa da bambino.
Un indice della compattezza del gruppo etnico e del mantenimento di alcuni caratteri è dato dal comportamento matrimoniale intra ed extra-etnico in rapporto alle diverse generazioni. I maschi della prima generazione che hanno scelto moglie all'interno del gruppo etnico italiano rappresentavano il 66% nel periodo 1947-70. Nel 1974-78 la proporzione dei primi è scesa al 37%, mentre la metà ha sposato donne nate in Australia. Per le donne la percentuale di scelta del marito all'interno del gruppo italiano è assai più elevata, ma segue nel tempo la stessa linea discendente (dal 90% nel periodo 1947-60 al 65% nel 1974-78).
La seconda generazione mostra un comportamento diverso: complessivamente circa i due terzi dei maschi e quasi la metà delle femmine si sposano al di fuori del gruppo etnico. È naturale che sia soggetto in particolare ad un processo di allentamento il patrimonio linguistico culturale italiano, in concomitanza con l'allargarsi del numero complessivo di coloro che si richiamano all'origine italiana." "La seconda generazione italoaustraliana sta fattivamente contribuendo con il miglioramento del suo statuto professionale e culturale alla formazione di una più articolata identità etnica, come mostrano le numerose iniziative culturali ed artistiche promosse al suo interno. Si può così ipotizzare che la politica del multiculturalismo potrà favorire un più costruttivo inserimento della comunità italoaustraliana, nella variegata composizione della società australiana e contribuire all'arricchimento del suo patrimonio culturale."
L’Australia ha indiscutibili potenzialità garantitale da risorse naturali e geografiche, tra l’Oceano Pacifico e quello Indiano, occupa una posizione invidiabile ed essenziale per l’economia mondiale. Anna Banfi Picozzi, emigrata in Australia ed è da anni impegnata nel campo dell’emigrazione lavorando nel patronato Inas-Cisl, punto di riferimento di molti nostri connazionali ed in una radio locale. "La donna italiana in Australia e’ riuscita a dare soddisfazione a molte sue aspirazioni" ha affermato in una intervista qualche tempo fa "Il 90% degli italiani in Australia e’ sistemato bene o molto bene". Altre voci di emigrati affermano che per fare in modo che la cultura italiana con i suoi usi, la sua lingua, le sue tradizioni, siano ricordate e coltivate anche dalle generazioni più giovani e’ opportuno che le associazioni delle minoranze delle diverse regioni collaborino tra loro e trovino aperte le porte del governo italiano per realizzare insieme progetti costruttivi.
Da qui nasce la necessità di essere informati, le radio etniche e le reti televisive che trasmettono in italiano hanno una sostanziale importanza in questo senso, anche se i loro programmi dovrebbero trovare più spazio.
Il multiculturalismo appare in Australia ben affermato, anche se non e’ stato facile il cammino che lo ha portato a consolidarsi come filosofia e come realtà : fino alla seconda guerra mondiale chi proveniva da paesi che non erano le isole Britanniche non veniva bene accolto e lo stesso accadde anche per gli italiani che vi giunsero trarre significativi vantaggi, finanziamenti per avviare anche nelle scuole corsi pomeridiani di lingua italiana, possibilità di promuovere, quindi, l’Italia.
Nonostante le sofferenze e le inevitabili difficoltà ad abitare un paese straniero "L’Australia è stata una madre benigna".
L'indagine realizzata nel 2000 dal Ministero degli Affari Esteri per la realizzazione del volume "I parlamentari di origine italiana nel Mondo" mette in rilievo come gli italiani abbiano "avuto un ruolo di rilievo nel processo immigratorio che ha caratterizzato il popolamento di quel grande Paese che è l’Australia. I primi italiani arrivarono in Australia all’epoca della corsa dell’oro negli anni che vanno dal 1851 al 1860.
Nel 1880 la nostra comunità comprendeva almeno 2000 persone, stanziate per la maggior parte nello Stato sud-orientale del Victoria. Al secondo conflitto mondiale, pur registrando una crescita progressiva nel corso dei decenni precedenti, la collettività italina superava di poco il numero di diecimila unità. E’ infatti dopo la seconda guerra mondiale che l’emigrazione italiana in Australia assume connotati di massa, in particolare nel quadro dell’attività svolta dal Ministerpo Federale all’Immigrazione australiano.
Dal 1945 al 1951 la presenza italiana viene quantificata in 33.000 unità. Negli anni seguenti, con l’estensione del programma federale di immigrazione assistita, si pongono le promesse per quel fenomeno di massa, durato sino ai primi Anni Sessanta, che stabilisce le fondamenta strutturali della comunità di origine italiana in Australia. In quel periodo, una quota pari al 20% del flusso di immigrazione globale in Australia è composto di italiani, per un numero di oltre 25.000 persone. Con un progressivo declino negli anni successivi, l’emigrazione italiana in Australia si esaurisce definitivamente, quale fenomeno di massa, sul finire degli anni Settanta.
Nel corso degli ultimi decenni il movimento italiano è limitato a poche centinaia di unità, secondo una tendenza che coinvolge la direttrice di ritorno nella madrepatria, anche se recentemente risulta in aumento la domanda di stabilimento in Australia da parte di giovani italiani professionalmente qualificati.
Gli italiani sono ormai perfettamente integrati nel tessuto sociale ed economico australiano, sia pure con sfumature e caratteristiche diverse a seconda degli Stati federati di residenza. Il nucleo si trova nel Victoria, con epicentro a Melbourne; segue Sydney con il New South Wales. Vengono quindi le comunità del South Australia, Western Australia e Queensand. Numericamente limitate sono quelle nel Territorio della Capitale Australiana (ACT), in Tasmania e nel Territorio del Nord (Northen Territory)."