cultura barocca
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La tassonomia ufficiale include la CANAPA [di cui nell'immagine si vede una PIANTA MASCHILE (clicca qui per vedere una PIANTA FEMMINILE)] nella famiglia delle Cannabacee o Cannabinacee (Cannabaceae = Cannabinaceae) appartenente all'ordine delle Urticali (Urticales). Le Urticali sono generalmente piante legnose o erbacce con fiori poco appariscenti, che possono essere isolati o riuniti a gruppi.
I fiori sono spesso unisessuali e le piante possono essere monoiche o dioiche.
Varia è la morfologia del frutto: in alcune Urticali si hanno frutti secchi (es.: Canapa, Ortica); in altre si hanno infruttescenze (es.: Albero del pane, Fico, Gelso).
Le foglie sono munite di stipole e in varie parti della pianta possono comparire delle formazioni caratteristiche (es.: ghiandolari nelle Cannabacee).
L'importanza economica delle Urticali è legata alla produzione di FIBRE TESSILI oltre che di frutti, droghe, legname, ecc.
Alla famiglia delle Cannabacee appartengono piante erbacee erette o rampicanti, con foglie alterne od opposte.
I fiori maschili sono disposti in pannocchie e hanno cinque tepali fusi alla base e cinque stami; quelli femminili sono riuniti in gruppi di 2/6 brattee formanti delle corte spighe.
Ciascuno di essi è composto da un calice contenente un ovulo pendulo e da uno o due pistilli.
Questa famiglia si suddivide in due generi: Cannabis e Humulus (es.: Luppolo). Sono piante della flora spontanea dei paesi a clima temperato o, nel caso dell'Humulus, anche a clima temperato freddo dell'emisfero boreale. Tutte le specie di cannabacee, in misura maggiore la Canapa, attraverso le formazioni ghiandolari precedentemente citate, producono delle secrezioni contenenti lo stesso principio attivo: il tetraidrocannabinolo.
La maggior parte dei botanici segue la classificazione di D.E. Janichewsky (1924), un botanico sovietico che studiò vari esemplari di piante selvatiche e classificò la Canapa in tre diverse specie: Cannabis sativa, alta fino a tre metri e dalla forma piramidale, Cannabis indica, più bassa e con un maggior numero di rami e foglie Cannabis ruderalis, alta al massimo mezzo metro e priva di rami.
Nel 1753, Linneo parlò esclusivamente di Cannabis sativa. La sua tesi è stata confermata dai canadesi Small e Cronquist nel 1976, i quali, in una proposta di classificazione alternativa a quella di Janichewsky, affermarono che esiste una sola specie molto variabile, C. sativa, con due sottospecie: sativa, tipica dei paesi settentrionali e usata per fibra e olio; indica, tipica dei paesi caldi e ricca di resina e THC.
La Canapa è una pianta annuale e dioica, in altre parole esistono esemplari con fiori maschili ed altri con fiori femminili.
In ambienti particolarmente ostili possono verificarsi casi d'ermafroditismo.
Essa presenta una lunga radice a fittone e un fusto ruvido la cui altezza varia da 80 cm a 3 m.
In caso di crescita in masse fitte, le piante sviluppano pochi corti rami con gli internodi lontani, altrimenti esse presentano fitte ramificazioni, che in alcune varietà possono essere lunghe come lo stelo centrale (È ramificata in ragione inversa alla densità della piantagione).
Le foglie sono opposte, picciolate, palmate, e sono composte da foglioline lanceolate e seghettate.
Inizialmente si sviluppano opposte poi, durante la fioritura, alternate.
Sono composte dapprima di una fogliolina, poi di 3, 5, 7, fino ad un massimo di 13, secondo la quantità di luce quotidiana.
I fiori femminili, portanti il seme, sono composti da un calice contenente un ovulo pendulo e da uno o due pistilli.
E' nel calice che si trova la più alta concentrazione di resina ed è lì che, in caso di fertilizzazione, comincia a formarsi il seme.
I fiori maschili, di color bianco - giallognolo, giunti a maturazione rilasciano il polline e la pianta maschio, giunta alla fine del suo ciclo, muore.
La Canapa risulta essere una pianta di notevole variabilità morfologica e fisiologica, con forme precoci e tardive, diverse per l'aspetto delle foglie e dei semi.
La pianta predilige i climi temperati e l'assenza di vento, temperature di poco superiori allo zero per la germinazione, di 20° C per la fioritura e di 13° C per la maturazione.
Si adatta a quasi tutti i terreni ma predilige quelli soffici, profondi e permeabili.
Si chiamano con il nome di CANAPA anche alcune FIBRE TESSILI che si ottengono da altre specie di piante: la canapa del Bengala (o canapa di Calcutta, o canapa sun) è data da alcune specie di Crotalaria e la canapa di Bombay (o canapa del Mahot, o di ibisco) si estrae dalla corteccia dell'Hibiscus cannabinus, mentre Hibiscus sabdariffa (carcadè) fornisce la canapa di Giava o canapa rosella.
La canapa della Nuova Zelanda, più nota come lino della Nuova Zelanda, si ricava dal formio; la canapa sisalana, nota commercialmente come sisal, si ricava dall'Agave sisalana.
Come per tutte le piante coltivate fin da tempi molto remoti, è difficile stabilire il luogo d'origine della canapa, che comunque si presume sia l'Asia centrale.
Sappiamo che in Cina era coltivata già nel III millennio a. C., mentre in Europa fu introdotta molto più tardi.
Ora cresce spontanea in una vasta zona che va dal basso Danubio alla Cina ed è coltivata in tutte le regioni a clima temperato umido: richiede terreni soffici, profondi, permeabili e ben concimati; l'eccessiva temperatura nella prima fase di sviluppo può causarne la prefioritura, fenomeno che risulta assai nocivo sia per la qualità sia per la quantità del prodotto.
Si semina in primavera, a righe parallele, usando ca. 50 kg/ha di semente per le piantagioni da fibra e quasi la metà per avere piante da seme.
Si raccoglie quando l'antesi sta per terminare, generalmente a partire dalla fine di luglio, lasciando le piante tagliate alla base o sradicate sul terreno finché hanno perso le foglie.
Quindi gli steli (bacchette) vengono raggruppati secondo la lunghezza e grossezza (tiratura), privati della cima (svettatura), riuniti in fasci (mannelli) e infine posti a essiccare in cumuli di forma conica, detti pile o pirle, del diametro alla base di due o tre metri.
Ultimato l'essiccamento, è possibile ottenere direttamente la separazione delle fibre mediante sbattimento meccanico (stigliatura in verde), che dà una resa del 25%, ma il procedimento più seguito consiste nella macerazione, mediante la quale si sciolgono le sostanze pectiche che tengono uniti i fasci fibrosi agli altri tessuti. Essa viene eseguita in diversi modi: in acqua (corrente o stagnante), in terra o con procedimenti industriali.
In Italia si effettua in acqua naturale: i mannelli vengono immersi in acqua più o meno stagnante dove, legati fra loro in gruppi di 60-90 (zattere), vengono tenuti sommersi, a seconda della temperatura, per circa una settimana. Durante questo processo si ha emissione di gas putridi che si diffondono anche a notevole distanza.
Quando la corteccia inizia a staccarsi dal canapule, si sospende la macerazione, i mannelli vengono sciacquati energicamente e posti nuovamente ad asciugare; il prodotto viene quindi inviato ai canapifici per le ulteriori lavorazioni.
Se la coltivazione è effettuata per ottenere il seme (canapuccia), il raccolto avviene a piena maturazione.
I semi danno un olio essiccante (olio di canapa) alquanto fluido usato per la preparazione di saponi e vernici