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Pergamo (Pergamon), città della Misia in Asia Minore, acquistò grande importanza a partire dal III secolo a.C. quando, sotto la dinastia degli Attalidi, divenne capitale dell'ellenistico "Regno di Pergamo", che raggiunse l'apice nei secoli II-I a.C.
Nel VIII secolo vi s'installarono popolazioni anatoliche, ma fama, ricchezza e splendore vennero grazie a Lisimaco, luogotenente di Alessandro <../altro/Alessandro.html> che investì buona parte dei bottini conquistati nel corso delle vittoriose campagne militari accanto al Macedone, proprio in questa città. Filétero, eunuco e suo uomo di fiducia, colto e illuminato, fondò, grazie sempre al tesoro di Alessandro, un regno vero e proprio. Eumene II, figlio adottivo di Filétero, prese in seguito le redini dell'amministrazione della cosa pubblica. Attalo salì al trono dopo Eumene, prese il titolo di re e diventò uno dei più fedeli alleati di Roma <../Roma/Roma.html>, il che procurò privilegi e benefici alla città. In quei tempi Pergamo venne ulteriormente arricchita di monumenti egregi, letteratura e scienza trovarono mecenati generosi e la raffinatezza dei costumi prese a gareggiare con quella della Città Eterna. Ogni cronista dell'antichità che ebbe occasione di visitarla rimase rapito dal suo fascino.
Il numero dei manoscritti conservati nella sua biblioteca arrivò a 200.000. Si trattava di papiri provenienti dall'Egitto vergati dagli amanuensi di Pergamo e debitamente riposti ben arrotolati.
È qui che ha inizio la storia del libro: infatti furono i bibliotecari di Pergamo che ebbero l'idea di tagliare i fogli e rilegarli con la forma che oggi conosciamo.
Inoltre, nei pressi dell'antica Pergamo esisteva un centro importantissimo di cura di molte malattie, l'Asklepieion, una sorta di grande tempio-ospedale dove i medici curavano malati che arrivano qui da zone anche lontanissime.
Nel 133 a.C., Attalo III, morendo senza eredi, lasciò il regno in eredità al popolo romano: la Lidia, la Caria, la Pamfilia, la Psidia, la Frigia divennero così la Provincia d'Asia di Roma.
Da questo momento ebbe inizio l'irreversibile decadenza della città, che nulla riuscì ad arrestare.
Oggi se ne visitano le rovine grandiose, come grandioso fu il suo splendore passato.
La città, beneficiando del mecenatismo degli Attalidi, divenne una delle più grandi e belle città greche. La biblioteca di Pergamo era la seconda del mondo greco dopo quella di Alessandria, e fu proprio a Pergamo che venne inventata la pergamena per ovviare alla rarità del papiro in Asia Minore.
Secondo Plutarco, Marco Antonio, dopo l'incendio della biblioteca di Alessandria nel 47 a.C., comprò tutti i manoscritti della biblioteca di Pergamo per farne dono a Cleopatra.
In città vi erano numerosi templi, come il grande santuario di Asclepio e il monumentale altare di Zeus e Atena (di quest'ultimo esiste una parziale ricostruzione, con elementi solo in parte originali, nel Pergamon Museum di Berlino).
Fu, inoltre, Pergamo la prima città dell'Asia che introdusse ufficialmente il culto dell'imperatore: già nel 29 a.C. Augusto autorizzò la costruzione di un tempio dedicato alla dea Roma e a lui stesso.
Probabilmente per questa abbondanza di idolatria, nella lettera alla chiesa di Pergamo si parla della città come del "trono di Satana"; forse più che in ogni altra città dell'Asia i cristiani erano colà tentati dall'idolatria e, per converso, con la loro fedeltà si assumevano forti rischi: il martirio di Antipa ne è testimonianza.
Sul sito dell'antica Pergamo sorge oggi la città di Bergama.
Nel 1873, durante la costruzione di una strada, un ingegnere tedesco notò tra le mani di un operaio turco una lastra di marmo coperta di bassorilievi: fu l'inizio casuale della scoperta dell'antica Pergamon.
Tutta la zona delle rovine è situata sulla sommità di un alto colle che domina la piana sottostante. Dopo l'ingresso vi sono i resti poco significativi della biblioteca - il cui prezioso contenuto pare sia stato donato da Antonio a Cleopatra e divenuto parte della Biblioteca di Alessandria - del Palazzo di Eumene II e del tempio di Atena, testimoniati da colonne mozze e basamenti. Ciò che dà maggior emozione e resta decisamente impresso nella memoria è il teatro scavato nelle scoscese pendici della montagna: 10.000 posti e ottanta ordini di gradini che salgono a un'altezza di 50 metri. È piuttosto ben conservato. Oltre il teatro vi sono i templi di Dioniso e l'altare di Zeus, per meglio dire ciò che dell'altare gli archeologi tedeschi hanno avuto la delicatezza di lasciare qui, visto che formelle, fregi e sculture sono esposti al Museo di Berlino.
Asklepion
Venne costruito fuori dalle mura della città, giù a valle: si trattava di uno dei più famosi sacrari dedicati al dio della medicina, Asklepion (latinizzato in Esculapio).
La sua fama raggiunse il massimo nel II secolo d.C. grazie al suo direttore sanitario, chiamiamolo così, il grande medico e chimico Galeno.
Questo illustre clinico e farmacologo dell'antichità nacque a Pergamo (129 - 201 d.C.), ma lavorò a lungo a Roma, prima come chirurgo dei gladiatori e infine come celebratissimo medico dell'imperatore Marco Aurelio.
Il grande merito di Galeno fu di riuscire ad accumulare e assimilare tutta la scienza medica del suo tempo e riorganizzarla secondo principi originali.
Non è difficile immaginare che tra le metodologie curative fondamentali dell'Asklepieion aveva grande rilievo l'assoluta fede e abbandono al dio.
Per raggiungere l'area si percorre la Via Tecta (via Sacra), una via coperta che porta al vasto complesso dove si trovano stoa (cortili porticati), il tempio rotondo dedicato a Zeus Asclepio, molte vasche e piscine e un fabbricato d'incerto impiego che si articolava su due piani collegati da una scala, incredibilmente agibile tuttora.
L'acqua del pozzo dell'Asklepieion non ha, come accertato, proprietà curative, ma la cura con l'acqua aveva un ruolo psicologico e religioso immenso.
L'insieme era completato da un piccolo teatro molto ben conservato e dal tempio di Telesforo, dove i pazienti venivano messi a dormire sulla nuda terra, nella speranza che il dio medesimo o le sue figlie, Hygiea e Panacea, apparissero loro in sogno per indicare il mezzo per guarire. Una curiosità è data dalle latrine collettive.
Un po' ovunque si noteranno fregi e bassorilievi raffiguranti un serpente, l'animale simbolo di Esculapio.
La Corte Rossa
Si vede in lontananza e si raggiunge abbastanza facilmente seguendo le indicazioni dal centro di Bergama.
In turco è chiamata Kizil Avlu ed è quanto resta di un grande tempio costruito nel secolo II d.C. in onore del dio egizio Serapide, il cui elemento sacro era l'acqua.
Infatti le sua fondamenta erano (e sono) posizionate sopra due gallerie dove scorre il Selino, breve fiume locale.
In epoca bizantina fu trasformata in una chiesa dedicata ai santi Giovanni e Paolo, e annoverata tra le 7 chiese dell'Apocalisse (o dell'Asia).
Oggi Kizil Avlu è una piccola moschea.













LIBRI e BIBLIOTECHE A ROMA
Anche i romani avevano i libri e i luoghi in cui conservarli: le biblioteche.
La biblioteca era una grande sala nella quale i libri erano custoditi in scaffali o in appositi armadi.
I libri erano privilegio dei ricchi e la loro copiatura era affidata a schiavi, che scrivevano sotto dettatura, per far più copie dello stesso libro in una sola giornata.
I libri, oltre ad essere fabbricati in casa, erano fabbricati in librerie.
Queste biblioteche librarie non si trovano solo a Roma, ma anche nelle province, perché i libri erano molto diffusi.
Uno stesso libro poteva avere varie edizioni, ovviamente a prezzi diversi: le più care erano soprattutto le opere rare o introvabili.
Le meno care erano quelle che presentavano difetti, scritte su rotoli già utilizzati.
Le biblioteche si dividevano in pubbliche e private.
Inizialmente erano solo private, sia perché i libri erano costosi, sia perché solo i ricchi erano istruiti (fino al I sec. a.C.).
La prima sorta è la biblioteca privata che risale al 167 a.C.; a questa se ne aggiunsero altre, di cui sono illustri esempi la biblioteca di Apellicone di Teo e la biblioteca di Mitridate III re del Ponto.
La sede principale di tutte queste era la villa nobiliare, ed una chiara descrizione della loro struttura ci è data dalla biblioteca di Villa dei Papiri ad Ercolano.
In essa, i rotoli furono prevalentemente ritrovati in un locale con scaffali lungo le pareti, probabilmente un magazzino.
La biblioteca vera e propria difatti, corrispondeva ad una parte della casa, che si sviluppava attorno al peristilio (ampio cortile interno, circondato da un portico a colonne).
Una volta che la villa romana ebbe mutato la sua struttura architettonica, anche le biblioteche cambiarono: non avevano più una sede fissa e i libri erano sistemati in ambienti diversi (alcuni solo per il proprietario della villa, altri anche per gli ospiti).
Le biblioteche pubbliche, invece, sorsero in seguito all'aumentare dei libri in circolazione e del pubblico dei lettori (fine I sec. a.C.).
La prima sorse a Roma nel 39 a.C. (ad opera di Asinio Pollione).
Successivamente ne sorsero altre due sul colle Palatino, entrambe strettamente collegate al palazzo imperiale, tanto che la stessa biblioteca venne usata anche per le riunioni e per i ricevimenti politici.
Atre due famose biblioteche erano quelle sorte nel foro di Traiano (inizio II sec. a.C.); delle due, è giunta fino a noi solo quella occidentale: era costituita da una grande stanza, intorno alla quale c'era un rialzamento di tre gradini per accedere alle nicchie contenenti armadi per i libri e, sull'altro lato, la nicchia doveva contenere la statua della divinità.
All'inizio del IV secolo d.C., si potevano contare a Roma ben 28 biblioteche.
Difficile è stato fin ora identificare con sicurezza, tra gli scavi delle città romane, una o più biblioteche.
Il motivo non va ricercato solo nella mancanza di scavi estensivi, che abbiano cioè riportato alla luce grandi porzioni del terreno urbano, ma anche nel fatto che la biblioteca poteva far parte del foro o di un luogo di culto.
L'esistenza comunque di biblioteche, oltre che a Roma, è documentata a Como, Taronto, Tivoli e Corinto.
La più interessante è quella di Como, della quale si conoscono alcuni elementi decorativi e dove, probabilmente, le terme e la biblioteca facevano parte di uno stesso complesso architettonico.
Lo spazio per la conservazione dei libri, poteva essere ricavato all'interno di opere pubbliche e religiose, e i portici venivano usati per la lettura.
SUPPORTI SCRITTORII
IL PAPIRO E LE TAVOLETTE CERATE
Nelle scuole si usavano due tipi di materiali: le tavolette di legno ricoperte di cera e i fogli di papiro o pergamena.
Il papiro è sempre stato considerato il materiale scrittorio per eccellenza.
Si è diffuso presso i Greci dal VI secolo a.C., ma è stato introdotto a Roma più tardi.
Lo stelo di papiro era tagliato in strisce, che venivano stese affiancate su un piano, per poi disporvi sopra un secondo strato di strisce.
I due strati costituivano un foglio di carta.
Le tavolette cerate si presentavano in varie dimensioni, di forma rettangolare, imbiancate con il gesso e ricoperte di cera.
La cera aveva un colore piuttosto scuro, per questo venivano chiamate "le tavolette tristi".
Esse erano collegate tra loro per mezzo di una cordicina, fatta passare lungo dei fori esterni.