cultura barocca
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Non solo Padre Vitaliano Maccario dopo aver deciso di erigere la chiesa della Santa Croce sulla Cima della Crovairola a S. Biagio la potè ingrandire e abbellire grazie al ritrovamento in loco di reperti romani venduti nel contesto dell'ottocentesco collezionismo antiquario nell'area indubbiamente ricca - e quella dell'odierna S. Biagio della Cima con la Cima della Crovairola senza dubbio lo era stata- di oggettistica imperiale romana del suburbio interno di Abintimilium ma anche altri trovarono materiale come gli oggetti portati alla luce proprio a S. Biagio della Cima ed al letterato Navone mostrati dall'amico Padre Eugenio tra cui "una lampada funeraria, un logoro stromento di ferro, fatto a guisa di sigillo, varie monete romane, le quai cose erano state di recente rinvenute in un prisco sepolcro, non lungi dalla Parrocchia. Curiosità ci condusse in tal luogo, ove vedemmo avanzi di vecchie mura formate con pietre quadre di romana costruzione". In tempi molto più recenti il Teologo Giovanni Francesco Aprosio, scrisse una lettera non priva di segnalazioni e comunque da vagliare con attenzione ad un abbastanza distratto G. Rossi che neppure la menzionò: prò poi tale lettera -non esente di indicazioni utili magari mescolate con qualche fantasia- fu rivisitata dal Lamboglia e molto dopo ancora da chi scrive in merito a ritrovamenti ulteriori sul Monte S. Croce e nell' "Armantica o Armantiqua" = de Alma Antiqua con cosiderazioni pure su ubi dicitur Almablanca...in territorio Vintimilii (in effetti per rigorosità scientifica la lettera meritava quantomeno già da parte del Rossi una qualche superiore attenzione anche perchè di questo Vitaliano Maccario e dell'abbellimento grazie anche al ritrovamento di materiale antiquario poi venduto e di cui si parlò a lungo della erigenda chiesa dedicata alla Santa Croce atteso anche il fatto che il citato Teologo Giovanni Francesco Aprosio può aver enfatizzato le notizie ma, anche per personale cultura,
non può essersi inventato tutto come nel caso di questa sua importante affermazione
in merito non solo alla cuspide ma a tutto il "vasto areale del S.Croce"con altre notazioni qui non proposte registrate nel volume del 1984 I Graffiti della Storia: "Vallecrosia e il suo retroterra" = del resto -anche in sintonia con certe postulazioni del Maccario- discendendo da siffata altura sin alla chiesa di S. Rocco (numero 5 attivo nella carta) ai Piani di Vallecrosia si son in vari siti fatti rinvenimenti di cui si dà qui contezza, sempre dal citato libro su Vallecrosia del 1984, da cui son riprese anche le immagini fotografiche).
Ma molto tempo prima nell'ambito di una breve quanto importante corrispondenza (anche su vari argomenti compresi anche quelli spiccatamente letterari) tra Domenico Antonio Gandolfo II bibliotecario dell'Aprosiana ed il sillogista Agostino Oldoini (di cui qui si legge la Risposta) parlandosi del luogo natio di Publio Elvio Pertinace: Alba Pompeia in effetti come appurato dalle moderne indagini (anche se fece la sua fortuna a Vada Sabatia con le sue aziende di legname) = ma seppur con cautela, sulla base di una tradizione di ipotesi e reperti "romani", dal I studioso ritenuto "Villa Martis", toponimo antico di un centro demico scomparso prossimo a S. Biagio, e dal II giudicato invece Albenga (o meglio come Oldoini precisa = non averlo fatto nativo di Albenga ma di un oppidum Martis apud Albinganum).
Dunque nel '600 entro la rarissima opera (che accoglie questa disputa tra i due eruditi) cioè il Il beneficato benificante ombreggiato nella Città di Ventimiglia remunerato ne' suoi benefizi fatti all'anime del Purgatorio. Discorso (Genova, Franchelli, 1679, in 12°) Domenico Antonio Gandolfo [amante di reperti antichi come il suo maestro Aprosio scrisse che mentre l'Oldoini sulla base di Michele Ottavio Borlino di Albenga aveva fatto di questa la città natale di Pertinace (ma l'Oldoini nella "Risposta" precisa di ...ho riferito ciò che hò trovato nelli Autori, ch'hanno scritto di lui, & ho seguitato il parere de più...)] suffragato da vari motivi e tradizioni, oltre che sulla base di Giulio Capitolino, sostenne l'esistenza di una Villa Martis come detto antico toponimo di un sito strettamente convergente con S. Biagio seppur lievemente discosto, con rovine molto antiche: essendo altresì vivissima
tra gli abitanti di S. Biagio la convinzione che tal Villa Martis fosse stata la "patria" di Pertinace.
A titolo di chiosa conclusiva e con tutte le riserve del caso val la pena di riferire per pensamenti critici come nel contesto della storia dei rapporti tra Ventimiglia e le sue ville o dipendenze rurali (destinate a darsi economia amministrativa sotto denominazione di "Magnifica Comunità degli Otto Luoghi") che in antico le "Ville" erano in effetti originariamente
"non Otto ma Nove"
dovendosi tra esse annoverare una Villa Colle de Coy registrata in un focatico o censimento del 1340 ma già, nello stesso, data per distrutta ad opera dei ghibellini [e cosa che lascia perplessi è come nell'area del S. Croce, cioè non proprio a S. Biagio, ma assai vicino alla maniera che si legge nella descrizione di Domenico Antonio Gandolfo, esista tuttora un sito prossimo alla chiesa del S. Croce, dal toponimo
Pian de Coy (Cian de Cuy)
(le voci della carta proposta sono tutte attive)]



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