Inform. B. Durante

La presenza umana nel territorio fanese risale già all’epoca preistorica: il ritrovamento di selci e fondi di capanna sul colle di S. Biagio testimonia il popolamento della campagna fanese a partire dall’epoca neolitica.
Nei pressi della foce del Fiume Metauro, lungo la via Flaminia e in posizione dominante sul mare, in epoca romana nacque un centro abitato. Il primitivio villaggio sviluppatosi intorno al "Fanum Fortunae", di cui resta traccia solo nel toponimo, si trasformò progressivamente in una città. C. Giulio Cesare nel "De bello civili" ci informa che nel 49 a.C. fece presidiare da una coorte, tra le altre, anche "Fanum". Tra il 31 e il 28 a.C. l’Imperatore Cesare Ottaviano Augusto dedusse sul posto la " Colonia Iulia Fanestris ". La realtà archeologica documenta lo splendore della città almeno fino al VI secolo d.C.
La sorte che toccò a tutte le città dell’Impero con le invasioni barbariche non risparmiò neppure Fano che venne sottoposta agli incendi e alle distruzioni durante la guerra greco-gotica (535-553 d.C.).
Abbracciata la nuova religione cristiana, che ebbe a Fano punti di riferimento nei Santi Paterniano (vescovo dal 302), Eusebio (vescovo dal 502), Fortunato (vescovo dal 597) e Orso (vescovo dal 625), la città si risollevò dalle distruzioni barbariche e godette di nuovo di pace e prosperità quando entrò a far parte della Pentapoli Marittima insieme con le città di Ancona, Senigallia, Pesaro e Rimini.
Alla fine del X secolo i Fanesi si resero finalmente indipendenti, giungendo ad avere il parlamento e i consoli. Con l’inizio del libero Comune presero l’avvio le guerre municipali e le discordie tra le famiglie più in vista della città. Il matrimonio diplomatico di Guido II del Cassero e Orianna da Carignano nel 1291 non servì a calmare le lotte. Due cruenti episodi che interessarono le due famiglie fanesi vennero raccontati da Dante: nel 1298 il Marchese Azzo d’Este fece uccidere nel territorio padovano Jacopo Del Cassero (V canto del Purgatorio); i sicari di Malatestino Malatesta nel 1304 uccisero al largo di Cattolica Guido del Cassero e Angiolello da Carignano (XXVIII canto dell’Inferno).
Nel 1357 Galeotto Malatesta divenne vicario pontificio ottenendo così il governo di Fano: iniziò allora una nuova fase di vita della città che per centosette anni prosperò, si abbellì e si fortificò. Signori incontrastati del litorale adriatico, i Malatesta, nelle persone di Galeotto, Pandolfo III e Sigismondo, ampliarono l’impianto urbano della città, la arricchirono di fortificazioni e di edifici.
L’assedio del 1463, operato dal Duca di Urbino Federico da Montefeltro, segnò la fine della dinastia malatestiana a Fano: fu l’avvento della cosiddetta "Libertas Ecclesiastica" che la città fu fermamente decisa a mantenere.
Le lotte intestine finirono per mettere la città nelle mani della oligarchia nobiliare, cosa che ebbe come aspetto positivo quello di favorire in città la fioritura delle lettere e delle arti. Nel corso del Seicento fu attiva l’Accademia degli Scomposti, l’Università Nolfi e si tennero molti spettacoli nel Teatro della Fortuna.
Per più di due secoli Fano partecipò di momenti drammatici della storia italiana ed europea per risollevarsi poi al termine dell’ultimo conflitto bellico che le costò, tra le altre cose, la vandalica distruzione di torri e campanili ad opera delle truppe tedesche in ritirata.
[Testo: Alessia Polidori]




FANO nei secoli XVII-XVIII: "Inevitabile che un tale stato di cose e tante lotte intestine finissero per gettare la città in mano ad un’oligarchia nobiliare egoista e litigiosa, origine e causa di ambizioni, odi e gelosie che non fecero altro che incrementare il già disastroso stato di depressione economica e amministrativa. Il Consiglio civico, in mano ad abili maneggiatori, fu pressoché interdetto ai cittadini migliori. E questo perché l’appartenenza al Consiglio generale, articolato in un più ristretto Consiglio speciale e in varie Congregazioni settoriali, era un privilegio riservato ai soli cittadini fanesi appartenenti alla nobiltà, con esclusione assoluta di artigiani ed esercenti le arti meccaniche e mercantili. Una carica, peraltro, non ereditaria, ma frutto di un’aggregazione per chiamata, ciò che rese possibile nel tempo (soprattutto durante i secoli XVII e XVIII e non senza adeguato esborso di denaro) anche immissioni di elementi non appartenenti originariamente al patriziato. Tutto ciò sotto l’occhio costantemente vigile di un Governatore prelato, di diretta nomina pontificia; indipendente, quindi, dal governo della Marca e anche da quello (dopo la devoluzione del ducato roveresco nel 1631) della legazione di Urbino, con carica rigorosamente annuale e con il compito di presiedere il Tribunale. Una città, dunque, tutta costellata di chiese e conventi, costantemente immobile all’interno della sua cinta di mura e bastioni, come quello cinquecentesco del Sangallo, destinato a proteggerla dai temuti sbarchi dei corsari turchi e saraceni, con il suo seicentesco porto-canale e con il fitto reticolato di strade e stradette del nucleo urbano, affiancate da basse casette a schiera alternate a severe dimore patrizie. Fra gli aspetti positivi, da segnalare il mecenatismo di nobili e prelati che portò ad operare per Fano artisti famosi le cui opere abbelliscono ancora le maggiori chiese e palazzi cittadini; un mecenatismo che sostenne ed alimentò gli studi e la cultura con la pubblicazione di opere letterarie, storiche e giuridiche, con la fondazione di accademie, l’allestimento di spettacoli, l’esecuzione di musiche corali e strumentali, la costruzione di biblioteche e l’apertura di scuole, seminari e collegi, anche a livello universitario come fu per l’Università di Nolfi, nata nel 1680 come collegio degli studi, promossa al rango di università nel 1729 e soppressa purtroppo nel 1824".