VENOSA: nell'immagine il monumento forse più ricco di fascino della città, la così detta CASA DI QUINTO ORAZIO FLACCO [
si tratta di un edificio romano, nel quale in reltà sono stati più correttamente individuati ambienti termali (di sicuro un calidarium); la facciata è ancora in mattoni a legatura reticolata, mentre a sinistra dell'ingresso è murato un bassorilievo]
VENOSA (di cui ORAZIO fu certo il figlio più illustre, ma non l'unico che si segnalò alla gloria del mondo) vede la presenza dei Romani a partire dal 291 a.C. Essi vi si insediano dopo averla sottratta al dominio dei Sanniti.
Sappiamo, da Dionigi di Alicarnasso, che Venosa aveva un proprio Senato, proprie leggi, cinta muraria, proprio esercito, propria moneta. La sua importanza strategica è tale da imporre a Roma, non solo la semplice occupazione, ma il trasferimento in questo sito di ben 20.000 coloni.
Quindi a partire dal 291 a.C. la storia di Venosa si compenetra della storia di Roma: la città consolida i suoi confini geografici, aumenta la sua popolazione, partecipa alla guerra civile (90-88 a.C.). Si schiera dalla parte che soccombe nel conflitto, ma ciò non influisce sui suoi processi di crescita, anzi, li accelera. Roma le conferisce il titolo di Municipium, ossia città romana, estendendo il diritto di voto e di cittadinanza ai suoi abitanti.
Dal 89 a.C. al 43 a.C. Venosa rafforza la sua condizione di appartenenza a Roma ed è comunque per la città un periodo di crescita.
In questo periodo, nel 65 a.C. , nasce in Venosa, figlio di un esattore di vendite all'asta, Quinto Orazio Flacco.
Il grande poeta latino vive a Venosa la sua fanciullezza, e inizia gli studi di grammatica nella scuola locale. Porterà il ricordo in tutte le sue opere, della sua fanciullezza trascorsa tra la Fons Bandusiae ed il Monte Vulture.
Ragazzo, sarà mandato a Roma per completare il proprio "cursus studiorum".
Dal 43 a.C. ai primi secoli dell'era cristiana Venosa si trova in un periodo particolare di floridezza, che è testimoniata nell'aumento demografico, nell'allargamento dei confini fortificati, nell'incremento dell'edilizia privata e di quella pubblica : ville, palazzi, templi, terme...
Di tutto questo edificare, possiamo leggere le tracce dal riutilizzo del materiale di risulta nelle architetture medioevali: abitazioni private, edifici pubblici, chiese e luoghi di culto portano inglobati nelle loro mura, cippi funerari, capitelli, conci, ornie ….
La fortuna di Venosa proviene in larga parte dalla sua posizione geografica: per molto tempo essa fu una delle principali stazioni della Via Appia, forse la più importante arteria di comunicazione dell'antichità, strada che congiungeva Roma con Brindisi, vettore e canale obbligato degli scambi tra il Mondo Occidentale e quello Orientale.
Forse è questo il motivo per il quale a far data dal 70 d.C. la città si popola di una colonia Ebraica, probabilmente la più antica d'Italia.
È forse l'esempio più alto di pacifica convivenza tra etnie mai realizzato, che possiamo leggere anche nella rete urbanistica: non esiste un quartiere ebraico, e la collina della Maddalena, posta appena fuori le mura fortificate, raccoglie nelle sue cavità sia le sepolture ebree sia quelle degli abitanti cristiani.
A tal proposito vi sono ampie possibilità che in questa contrada il Vangelo sia stato portato proprio dagli Ebrei. Presenti con le attività mercantili già nel 1018.
In seguito Federico II "stupor mundi" la rende importante mercato cerealicolo, grazie proprio a tali specifiche attività.
I Goti prima di porre definitivamente il proprio centro amministrativo, economico e politico nella vicina Acerenza , nel 493 d.C. lo avevano infatti spostato dalla Val d'Agri a Venosa.
L'importanza della città è legata a quella della Via Appia, e la sua storia si intreccia con i traffici e le truppe che attraversano l'arteria. Le dominazioni che si succedono nella città sono comuni a quelle delle contrade del Sud.
Odoacre nel 476 d.C., nel 570-590 d.C. i Longobardi la eleggono Gastaldato, nel 842 e nel 985 i Saraceni la saccheggiano. Seguono i Bizantini che succeduti ai Longobardi, dopo la epica battaglia del fiume Olivento, sconfitti dalle truppe Normanne di Arduino nel 1041 sono costretti ad abbandonarla in favore dei nuovi signori dell'Italia Meridionale.
Nel 980 sono già presenti Monaci Greci del monastero di San Nicola di Morbano, latinizzato nel 1400. Nella spartizione normanna Venosa viene assegnata a Drogone di Altavilla.
Federico II (1194 - 1250) la infeuderà nei possessi demaniali, appannaggio esclusivo della corona. È di questo periodo l'edificazione di un Castello , sorto in luogo di un preesistente fortilizio Longobardo del XI secolo, a cui lo stesso Federico assegnerà la funzione di Tesoro del Regno (Ministero delle Finanze).
Dal 1200 tale costruzione diverrà convento dei Frati Agostiniani e poi passerà ai Salesiani ed infine ai Padri Trinitari, che ancora oggi operano in questa struttura. Contemporanea alla venuta dell'Ordine Agostiniano è attestata la presenza di monache del monastero di San Benedetto, in località Montalbo dal 1177.
In questo lasso di tempo e di dominazioni si erge quello che è il monumento storico più importante, incerto e discusso di Venosa: il complesso della S.S. Trinità.
Sorto su di un insediamento paleocristiano del V - VI secolo d. C., a sua volta edificato sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Imene, divinità delle Nozze, di cui l'attuale impianto porta ricordo nella colonna popolarmente detta "della Sposa" o "dell'Amicizia", la sua origine è ancora oggi oggetto di dibattito e di confronto in sede storica.
Taluni, tra cui Tommaso Pedìo, lo vogliono edificato dai Longobardi nel 942 a seguito della conversione e della scelta di vita benedettina fatta da Iudulfo, altri , tra cui Giustino Fortunato, annoverano il complesso tra le costruzioni volute da Drogone d'Altavilla.
Sicuro è che l'accoppiata tra dominazione normanna e presenza benedettina sono il volano di crescita e di sviluppo di questo complesso.
La chiesa viene consacrata da Papa Niccolò II nel 1059 e diviene Abbazia.
Nel 1096 perde la sua autonomia, passando prima alle dipendenze dell'Abate di Cava, e poi al Cenobio di Montecassino.
Tra le molte donazioni spicca quella di Roberto il Guiscardo del 1074, che concede alla Trinità "medietatem civitatis Venusii".
Alla fine del 1200 comincia la decadenza economica dell'Abbazia, e Papa Bonifacio VIII, dopo aver soppresso il monastero nel 1292, assegna il complesso e la chiesa nel 1297 al Sovrano Ordine Militare Gerosolimitano dei Templari, poi aiCavalieri di Malta, in quell'azione di reintegro economico e territoriale che essi abbisognano dopo il 1291, ultima crociata, che ha portato ad un impoverimento dell'Ordine, che ha perduto i suoi possedimenti in Palestina.
Essi non si cureranno dell'impianto monastico della nuova chiesa, la cui edificazione si era interrotta con i Benedettini, apporteranno modifiche alla vecchia chiesa, e stanzieranno il proprio quartier generale ( il Palazzo del Balì ) all'interno della città di Venosa.
Gli Angioini reinfeuderanno Venosa agli Orsini, e con il matrimonio di Maria Donata, essa diverrà dote per Pirro del Balzo nel 1443. Questi darà nuovo impulso all'urbanistica di Venosa, edificherà il Castello, per renderla più sicura, nel punto più debole della città : la zona ove si ergeva la cattedrale di San Felice. Dal 1460 al 1470 viene costruito il Castello e la Nuova Cattedrale, intitolata a Sant'Andrea , che si sa terminata solo nel 1502 e consacrata nel 1531.
Nel Regno delle Due Sicilie seguono agli Angioini gli Aragonesi, ed a Venosa ai Del Balzo i Gesualdo, signori dei paesi dell'Irpinia. Nel 1561 vengono nominati feudatari e Principi di Venosa. La città nel contempo a causa della peste è passata dai 18.000 abitanti del 1503 a poco più di 6000.
Distrutta economicamente e socialmente, paradossalmente splende di luce propria sotto il profilo culturale.
Dal 1582 al 1612 nascono, grazie al mecenatismo, l'Accademia dei Piacevoli e dei Soavi, la Scuola di Diritto, e l'Accademia dei Rinascenti.
Figli di questo clima culturale sono Luigi Tansillo (1510 - 1580), poeta , Giovanni Battista De Luca (1614 - 1683), giurista, principe della Chiesa, e la controversa figura di Carlo Gesualdo principe di Venosa, (1560-1613) "eccelso musicologo et prencipe de' musicii", come lo definì l'amico Torquato Tasso, madrigalista sommo. Nel castello di Venosa si dice abbia ucciso la propria sposa, Maria d'Avalos, sua cugina, colpevole di tradimento consumato con Fabrizio Carafa duca di Andria.
Il Principe uxoricida, parente diretto di Carlo Borromeo, dopo una vita tormentata ed un secondo matrimonio con Eleonora d'Este, morirà senza che alcuno erede gli sopravviva, lasciandoci in eredità madrigali nuovi nella forma e nello stile, di una bellezza sublime ed inarrivabile.
Di questo periodo, nel 1589, è il trasferimento, in osservanza alle norme del Concilio di Trento, dell'altro monastero femminile di Venosa detto di Santa Maria della Scala, edificato "extra moenia", ossia fuori dalle mura, già nel 1310.
Dopo questo periodo di grandi fermenti culturali Venosa passa di mano in mano come feudo, dai Ludovisi ai Caracciolo, i quali la tengono fino all'eversione della feudalità. Si ha notizia di Venosa durante la congiura dei Baroni che nel 1701 si oppongono a Filippo d'Angiò re di Spagna dopo la morte di Carlo II.
Alla fine del 1700 i Rapolla insieme ad altri galantuomini venosini, promuovono la costituzione della municipalità repubblicana , della quale poi perdono il controllo ad opera di rivolte capeggiate da popolani.
Nel primo decennio dell' 800 si verificano conflitti tra popolani e galantuomini senza determinare scissioni nette tra la popolazione.
Nel 1808 Venosa è la terza città della provincia di Basilicata dopo Melfi e Matera, per il numero di possedimenti, ad avere diritto attivo e passivo nel Parlamento Nazionale Napoleonico.
Nel 1820 anche Venosa esprime una cospicua rappresentanza nella carboneria, tanto che nel 1848 uno studente venosino, Luigi La Vista, rimane ucciso a Napoli
dalla guardia svizzera durante i moti rivoluzionari.
La città di Venosa, in seguito, pur avendo partecipato al fenomeno del brigantaggio, ne risulta appena coinvolta ; tuttavia nel 1861 si ha testimonianza di una rivolta tra liberali e reazionari cui presero parte bande legate al brigante Crocco che ebbero il sostegno di alcune famiglie venosine.